Cassazione Civile, Sez. Lav., 05 dicembre 2022, n. 35643 - Antisindacale la condotta della società che sanziona disciplinarmente un RSU per aver inviato varie comunicazioni sindacali via mail ai colleghi. Art. 26 dello S.d.L.


 


Presidente Tria – Relatore Leone
 

Fatto


 
 La Corte di appello di Catania con sentenza n. 1413/2017 ha confermato la pronuncia di primo grado del locale Tribunale che, in sede di opposizione ex art. 28 S.d.L., aveva dichiarato l'antisindacalità della condotta tenuta dalla ST M. srl, consistita nel sanzionare disciplinarmente un R.S.U. (M.M.) della Fiom CGIL, per avere inviato, in data 9.9.2008, utilizzando il proprio indirizzo personale di posta elettronica, circa duecento e-mail, contenenti comunicazioni di natura sindacale, ad altrettanti dipendenti, durante l'orario di lavoro, al loro indirizzo aziendale di posta elettronica;
 
 2. la Corte ha considerato regolata la fattispecie dall'art. 26, comma 1, S.d.L. in base al quale "I lavoratori hanno diritto di raccogliere contributi e di svolgere opera di proselitismo per le loro organizzazioni sindacali all'interno dei luoghi di lavoro, senza pregiudizio del normale svolgimento dell'attività aziendale"; ha ritenuto che il diritto di proselitismo sia espressione del più ampio diritto di manifestazione del pensiero, per cui la pretesa dell'azienda "di vietare in modo assoluto - e a prescindere dalle modalità concrete con cui avvenga la comunicazione informatica - che la posta elettronica aziendale sia utilizzata per comunicazioni di contenuto aziendale" non potesse considerarsi conforme all'art. 26 citato; ha concordato con il Tribunale nel ritenere che, nella specie, l'invio delle comunicazioni ai dipendenti all'indirizzo di posta elettronica aziendale non fosse idonea a creare pregiudizio all'attività aziendale;
 
 3. Più in particolare, in ordine alla censura relativa all'invio della comunicazione durante l'orario di lavoro dei destinatari, ha osservato che i lavoratori della società operano su turni di 24 ore, in assenza di un momento di pausa comune, e che, pertanto, l'invio in orario di lavoro non poteva essere limitato in alcun modo.
 
 4. Rer la cassazione di tale sentenza propone ricorso la società con 4 motivi, anche coltivati da successiva memoria, mentre la Fiom - CGIL Federazione Provinciale di Catania non ha svolto attività difensiva.
 
 La Procura Generale concludeva per il rigetto del ricorso.

 

Diritto 


 
 5. Con il primo motivo si denuncia la violazione della L. n. 300 del 1970 artt. 25 e 28 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.) in relazione alla mancata attenzione della corte territoriale circa gli -spazi" in cui può essere esercitata la attività di informazione e proselitismo sindacale. La corte di merito non avrebbe considerato che gli -spazi" in questione devono essere individuati, anche unilateralmente, dal datore di lavoro.
 
 6. Con il secondo motivo è denunciata la violazione degli artt. 26 e 28 della L.n. 300 del 1970 e artt. 2727,2729 e 2697 c.c. (in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3), poiché la corte di merito ha ritenuto che l'attività di proselitismo può ritenersi lecitamente svolta mediante lo strumento informatico se non reca pregiudizio alla normale attività aziendale. Nel caso concreto, la corte d'appello ha valutato che la stessa società aveva messo a disposizione delle rappresentanze sindacali un account destinato alle informazioni sindacali, in tal modo evidenziandosi la liceità della conseguente attività.
 
 La censura sottolinea la violazione dell'art. 26 nella valutazione della corte allorché si è ritenuta la rete aziendale di posta elettronica quale "spazio" utile all'attività sindacale, trattandosi, invece, di strumento inerente alla attività lavorativa, non assimilabile a spazi aperti utilizzabili, su scelta datoriale, anche per l'attività sindacale.
 
 Sotto altro aspetto il motivo è diretto anche a censurare la statuizione della corte in ordine al pregiudizio per l'attività aziendale, escluso, nella fattispecie, dalla circostanza che anche l'azienda utilizzava la posta elettronica per comunicazioni aziendali. Il motivo rileva la erroneità della statuizione poiché l'illecito utilizzo della rete aziendale prescinde dal danno in concreto prodotto (cass.n. 5089/1986). Sottolinea la società la necessità di ancorare l'utilizzo della rete aziendale a regole che lascino la stessa riservata alle comunicazioni di natura lavorativa tra colleghi ed azienda.
 
 I due motivi, da trattare congiuntamente, lamentano la violazione di legge, ma, in realtà sono diretti a censurare la valutazione svolta dalla corte di merito circa la rispondenza dell'attività in questione alle previsioni legislative richiamate.
 
 Il giudice di appello ha enunciato i principi espressi da questa Corte (Cass.n. 5089/1986) secondo cui -La distribuzione di comunicati di contenuto sindacale all'interno dei luoghi di lavoro  (cosiddetto volantinaggio), in quanto assimilabile all'attività di proselitismo, incontra il limite previsto dall'art. 26, comma 1, stat. Lavoratori, sicché è da ritenerli? consentita soltanto se effettuata senza pregiudizio del normale svolgimento dell'attività aziendale. Pertanto, pur non essendovi alcun divieto di svolgere tale attività durante l'orario di lavoro, occorre non solo che essa sia compiuta da lavoratori in regolare permesso (quali i dirigenti della R.S.a.), ma anche che, per le modalità e le cautele in concreto adottate ed avuto riguardo alle caratteristiche organizzative dell'impresa e del tipo di lavoro cui siano addetti i destinatari della distribuzione dei volantini, risulti di fatto non pregiudicato l'ordinario svolgimento della vita aziendale, sotto il normale profilo funzionale e produttivo".
 
 Alla luce di tale consolidato orientamento è stata valutata l'attività oggetto di contestazione rilevando che in una realtà aziendale contrassegnata da turni di lavoro strutturati su un arco temporale di 24 ore, non poteva configurarsi un tempo comune di pausa dei lavoratori, tale da consentire un momento diverso di invio delle comunicazioni che evitasse l'orario di lavoro. La Corte ha poi rilevato che anche la società utilizzava la medesima casella di posta per comunicazioni ai propri dipendenti ed ha infine escluso l'inibizione a priori della modalità comunicativa in questione, in assenza di pregiudizio effettivo all'attività aziendale.
 
 Il tema affrontato dalla decisione in esame è quello del volantinaggio elettronico e, in generale, delle modalità di comunicazione sindacale in sede aziendale. Lo strumento specifico di cui si discute è la casella di posta aziendale attribuito a ciascun dipendente. A riguardo deve osservarsi che certamente l'evoluzione delle modalità di comunicazione che negli ultimi decenni si è andata sempre più affermando anche nelle comunità aziendali, deve far ritenere comprese nella nozione di -spazi" deputati alle comunicazioni sindacali, lo strumento della posta elettronica.
 
 L'art. 25 della L. n. 300 del 1970 nel disporre che "le rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di affiggere, su appositi spazi, che il datore di lavoro ha l'obbligo di predisporre in luoghi accessibili a tutti i lavoratori all'interno dell'unità produttiva, pubblicazioni, testi e comunicati inerenti a materie di interesse sindacale e del lavoro" ha individuato, in linea con le condizioni comunicative all'epoca esistenti, una delle forme attraverso cui garantire lo svolgimento dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro. L'evolversi delle modalità di comunicazione telematica e la maggiore efficacia realizzata attraverso il raggiungimento dei singoli lavoratori per mezzo della personale casella di posta elettronica, non può non essere considerata un aggiornamento necessario della modalità di trasmissione delle notizie, posta a garanzia della reale efficacia dell'attività di sindacale.
 
 Deve peraltro soggiungersi, per completare il quadro di riferimento, che sebbene la disposizioni richiamata, anche nel suo "aggiornamento temporale" sia posta a garanzia della concreta attuazione dell'attività sindacale attraverso la predisposizione di una rete aziendale, ciò non possa essere realizzato anche attraverso una specifica casella di posta elettronica dedicata alle sole comunicazioni di natura sindacale.
 
 Tale possibilità risulterebbe comunque coerente con il disposto dell'art. 26 della L. n. 300 del 1970 secondo cui "I lavoratori hanno diritto di raccogliere contributi e di svolgere opera di proselitismo per le loro organizzazioni sindacali all'interno dei luoghi di lavoro, senza pregiudizio del normale svolgimento dell'attività aziendale", poiché, come già affermato da questa Corte "l'obbligo del datore di lavoro è soddisfatto quando lo stesso mette a disposizione di ognuna delle rappresentanze sindacali aziendali un determinato idoneo spazio all'interno dell'unità produttiva, sicché non può ritenersi antisindacale il comportamento del datore di lavoro che, senza manomettere il materiale affisso sulle bacheche già installate, si limiti a spostare queste ultime in luoghi ugualmente idonei; nè può ritenersi acquisito da parte delle rappresentanze sindacali il diritto all'affissione in un determinato luogo neanche nel caso in cui l'originaria collocazione fosse stata preventivamente concordata, e non può fondatamente parlarsi di detenzione qualificata delle rappresentanze sindacali riguardo alle bacheche, con riferimento al particolare luogo sul quale si è concretizzata la scelta (concordata o meno) operata dal datore di lavorò. (Cass.n. 1199/2000).
 
 La previsione di un -canale" dedicato alle sole informazioni sindacali, messo a disposizione dal datore di lavoro, con soluzioni tecniche poste a suo carico, darebbe concreta attuazione all'obbligo datoriale di predisposizione di -appositi spazi", come richiesto dall'art. 25 richiamato, e potrebbe essere più adeguato per evitare, soprattutto in contesti aziendali di grandi dimensioni, l'eccessivo affollamento della casella di posta aziendale, ove questo determini pregiudizio all'ordinario svolgimento della vita aziendale, sotto il normale profilo funzionale e produttivo (Cass.n. 5089/1986).
 
 Rispetto a tale più ampio contesto di riferimento che includa legittimamente scelte datoriali di individuazione di specifici canali di comunicazione dedicata alla attività sindacale accanto a scelte di differente natura che invece consentano l'utilizzo di un unico canale diffusivo, quanto al caso in esame deve ritenersi che la Corte territoriale (come sopra rilevato) ha espresso una valutazione di merito delle condizioni e dei fatti di causa (turni su un arco temporale di 24 ore, assenza di prova circa un pregiudizio per l'attività aziendale) del tutto coerente con le disposizioni richiamate, correttamente considerando legittimo, in assenza di canali dedicati alle sole comunicazioni sindacali, l'utilizzo della posta aziendale anche per comunicazioni sindacali che non creino pregiudizio all'azienda, in tal modo escludendone il divieto assoluto invocato dalla società. Le censure sono pertanto inammissibili.
 
 7. Con terzo motivo è dedotta la violazione dell'art. 2697 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.). La società denuncia la errata statuizione circa la prova della legittimità della condotta, atteso l'utilizzo della azienda della medesima rete per comunicazioni sindacali.
 
 8. Da ultimo è censurato l'omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) quale l'affermazione del giudice d'appello circa l'utilizzo della posta elettronica in questione per comunicazioni da parte della società. A riguardo la società rileva che tale circostanza era sempre stata contestata e dunque la motivazione in merito addotta dal giudice costituiva motivazione apparente.
 
 Gli ultimi due motivi possono essere trattati congiuntamente e dichiarati inammissibili poiché diretti a confutare semplici argomentazioni che non hanno lo scopo di sorreggere la decisione già basata su altre decisive ragioni, e sono, quindi, improduttive di effetti giuridici e, come tali, non suscettibili di gravame, nè di censura in sede di legittimità (Cass. 11 giugno 2004, n. 11160; Cass. 22 novembre 2010, n. 23635; Cass. 10 dicembre 2019, n. 32257).
 
 Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile. Nulla per le spese, non essendo stata svolta attività difensiva da Fiom Cgil.
 
 Si dà atto della sussistenza, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
 
 

P.Q.M.

 
 Dichiara inammissibile il ricorso.
 
 Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13, ove dovuto.