Cassazione Penale, Sez. 4, 22 dicembre 2022, n. 48624 - Infortunio mortale dell'autista della betoniera all'interno del capannone in fase di costruzione. Omissione di segnaletica 


 

Nota a cura di Maurizio Prosseda, "Responsabilità penale per l’infortunio mortale in assenza della cartellonistica prescritta Il parere della Corte di Cassazione", in Ambiente & Sicurezza sul lavoro, 2/2023, pp.84-87

 

 

 

Presidente: FERRANTI DONATELLA Relatore: CIRESE MARINA
Data Udienza: 27/09/2022
 

Fatto

 



1. Con sentenza in data 20 ottobre 2021 la Corte d'appello di Napoli ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in data 21 novembre 2017 aveva ritenuto P.V., quale rappresentante legale della Rea Group s.r.l., società appaltatrice dei lavori di abbattimento e ricostruzione e realizzazione dei locali commerciali presso il cantiere di Via Galatina in Santa Maria Capua Vetere, B.F., quale coordinatore dei lavori, direttore dei lavori e coordinatore della sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione, e F.M., quale preposto e capo cantiere, responsabili del reato di cui agli artt. 113, 589 comma 1 e 2 cod. pen. e li aveva condannati alla pena di anni uno di reclusione ciascuno con pena sospesa nonché al risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite da liquidarsi in separata sede.
L'addebito nei confronti degli imputati è quello di aver cagionato per colpa consistita in imprudenza, negligenza ed imperizia e nella violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (come compiutamente contestate nel capo di imputazione) la morte di G.S., dipendente delle Beton Meca con qualifica di autista, a seguito del sinistro avvenuto in data 13 aprile 2011, allorché il camion condotto dalla vittima era entrato in un capannone in fase di costruzione (capannone 2) posto nel cantiere ove si svolgevano i lavori per la realizzazione di un supermercato ed uscendo dal lato opposto all'entrata aveva impattato con la parte della betoniera dove era allocata la pompa contro un " pannello di tompagno", ivi collocato pochi giorni prima e posto ad un'altezza di m. 5,46 che, staccatosi a causa dell'impatto, aveva colpito la cabina dove vi era il conducente che era deceduto per effetto dello schiacciamento del torace e della base cranica.

Dalla ricostruzione effettuata dalle sentenze di merito, si ricava che i funzionari dell'ASL, giunti sul posto nell'immediatezza dei fatti, avevano constatato che a seguito dei rilievi svolti, il cantiere di circa 1000 mq era sprovvisto di segnaletica sia orizzontale che verticale, contrariamente a quanto prescritto per cantieri di tali dimensioni; inoltre risultava che il varco di uscita attraverso cui era transitato il G.S. era più basso rispetto a quello di entrata che vedeva nel terreno un avvallamento per cui l'imbocco non aveva creato problemi.

Risultava altresì che il problema della segnaletica non era sconosciuto al committente dei lavori B.F. in quanto erano state tenute varie riunioni di coordinamento tra le ditte presenti nel cantiere tra cui l'ultima del 15 marzo 2011 in cui si era posto specificamente il problema di predisporre nuovi percorsi carrabili e pedonali in quanto di fatto i compiti di segnalare il percorso e di controllare chi entrava nel cantiere erano affidati da circa un anno a tale S.D., dipendente della Rea Group s.r.l., che il giorno dei fatti era assente senza che nessuno fosse stato designato in sua sostituzione.

Emergeva altresì che il giorno del sinistro nel giornale delle presenze non vi era alcuna indicazione e ciononostante vi erano varie ditte e mai era stata effettuata l'annotazione della Beton Meca e dei suoi dipendenti.
Entrambe le sentenze di merito concludevano quindi che l'incidente occorso al G.S. trovava la principale causa nella mancanza di segnaletica di accesso al capannone, fatto che trova specifica regolamentazione nell'art. 163 d.lgs. n. 81 del 2008, e della altezza massima della sua porta di accesso .

Quanto alla dinamica del'incidente si ricostruiva che il G.S., camionista della Beton Meca, la mattina dell'incidente doveva con la betoniera recarsi alla pesa posta all'interno del perimetro del cantiere dove doveva scaricare il calcestruzzo che trasportava; ma di fatto nel cantiere non vi era alcuna segnaletica che indicasse in termini prescrittivi il percorso da seguire (vedi sul punto in particolare pg. 18 della sentenza primo grado).

Inoltre all'interno del cantiere regnava la massima confusione in quanto non era regolata la viabilità ed in modo particolare l'afflusso continuo di veicoli di grandi dimensioni, né vi era l'indicazione di aree percorribili in sicurezza. Si erano tenute riunioni per la sicurezza ed il coordinamento ma non si era giunti ad un effettivo coordinamento tra le aziende che operavano nel cantiere in applicazione delle regole previste in astratto dal PSC, considerato che nel cantiere operavano più imprese.

Entrambe le sentenze di merito avevano altresì escluso che il comportamento tenuto dal G.S. potesse essere considerato abnorme ed idoneo ad interrompere il nesso di causalità fra le condotte contestate e l'evento lesivo.

Quanto al P.V., legale rappresentante della società affidataria dei lavori, titolare del contratto di appalto, che aveva peraltro subappaltato i lavori ad altre società tra cui la Beton Meca s.r.l. lo stesso è stato ritenuto responsabile della violazione dell'art. 26 del d.lgs. n. 81 del 2008, essendo stato accertato che lungo il perimetro del capannone "2" vi erano solo transenne facilmente rimovibili (peraltro trovate aperte il giorno del sinistro) così come i cordoli posti a lato della strada.

Del pari è stato ritenuta la responsabilità del B.F., in quanto lo stesso quale coordinatore dei lavori nella fase di progettazione e di esecuzione doveva occuparsi, oltre che della predisposizione del piano di sicurezza e di coordinamento delle aziende che lavoravano nel cantiere, anche del controllo e dell'alta vigilanza sulla corretta osservanza da parte delle imprese delle disposizioni ivi contenute.

Veniva altresì ritenuta la responsabilità del F.M. quale preposto al cantiere dovendo lo stesso indicare ai lavoratori delle varie ditte dove andare a lavorare e come raggiungere le rispettive posizioni e che fossero osservate le norme in tema di sicurezza da parte dei lavoratori presenti; oltre a dover registrare giornalmente i lavoratori presenti nel cantiere.

Rilevava altresì la Corte territoriale che il capannone rappresentava un pericolo in quanto da pochi giorni era stato abbassato il varco in uscita non debitamente segnalato. Il G.S., che da qualche giorno non si era recato al lavoro, era ignaro di tale modifica e quindi del concreto rischio non opportunamente segnalato né tantomeno evidenziato dal capo cantiere.

2. Avverso la sentenza d'appello gli imputati, a mezzo dei loro difensori, proponevano con separati atti ricorso per cassazione.

2.1. Ricorso per F.M. : si articola in due motivi di ricorso.

Con il primo deduce deduce l'erronea applicazione della legge penale in relazione alla sussistenza del nesso causale ex art. 40 cod. pen., 19 comma 1, lett. a) d.lgs. n. 81 del 2008 tra la condotta contestata e l'evento.

Rileva che entrambe le sentenze di merito si sono concentrate sulla questione inerente l'assenza di segnaletica nel cantiere pervenendo alla conclusione che l'infortunio era dipeso proprio dalla mancata predisposizione della stessa, trascurando tuttavia di dare rilevo alle marcate divergenze tra le dichiarazioni testimoniali rese dai dipendenti della ditta Beton Meca e da quelli delle altre ditte circa l'esistenza o meno della recinzione costituita dalle transenne intorno al capannone 2 e sulla circostanza che i conducenti degli automezzi passavano a proprio piacimento sotto il capannone . Inoltre non è stato tenuto in considerazione il video acquisito e proiettato in udienza raffigurante lo stato dei luoghi il giorno del sinistro da cui emerge che la viabilità del cantiere era costituita da una strada sterrata perfettamente delimitata da cordoli in cemento che ben individuava il percorso da seguire. La Corte, pertanto, non si è confrontata con la tematica della maggiore efficacia ed idoneità di una cartellonistica (orizzontale e verticale) rispetto ad ingombri fisici quali i cordoli e le barriere metalliche delimitanti il capannone.
La Corte territoriale inoltre non ha chiarito quale sia in concreto il "debito di sicurezza" del F.M. nei confronti del G.S..
Con il secondo motivo di ricorso deduce il vizio di motivazione per manifesta illogicità e mancanza della medesima in riferimento alla sussistenza di cause sopravvenute da sole sufficienti a determinare l'evento di cui all'art. 41 comma 2, cod. pen. Assume che la Corte territoriale non tiene conto e non motiva sul fatto che il comportamento del G.S. è eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare.

2.2. Ricorso per P.V.: si articola in due motivi di ricorso.

Con il primo motivo deduce l'erronea applicazione della legge penale con riferimento alla sussistenza del nesso causale ex art. 40 cod. pen. tra il comportamento dell'imputato e l'evento dannoso verificatosi nonché il vizio di motivazione, anche in termini di perpetuazione delle rilevate violazioni di legge.
Deduce che la Corte territoriale si è limitata ad argomentare in merito all'esistenza della posizione di garanzia in capo all'imputato ed alla conseguente violazione di alcune norme prevenzionistiche tra cui in primo luogo quella di dotare il cantiere di segnaletica orizzontale e verticale mentre invece avrebbe dovuto accertare se, in presenza di cartellonistica, l'attraversamento del corpo di fabbrica 2 si sarebbe o meno verificato cagionando l'evento, tema del tutto pretermesso dalla Corte.

Aggiunge che la Corte non ha dato adeguata risposta agli aspetti posti in rilievo dalla difesa, con particolare riguardo all'esistenza di cordoli delimitanti il percorso e sul fatto che gli stessi non integrino una barriera appropriata.

Con il secondo motivo di ricorso deduce l'omessa motivazione ex art. 606 cod. proc. pen. lett. e) in ordine alla prevedibilità ed evitabilità dell'evento.

Assume che la Corte territoriale non ha fatto buon governo del profilo soggettivo della concreta esigibilità del comportamento doveroso da parte del garante in quanto è stata presupposta la prevedibilità ed evitabilità dell'evento in assenza di elementi anche solo sintomatici del rischio. A ciò va aggiunto che, per stessa ammissione della Corte, nel cantiere vi era un soggetto, nello specifico il S.D., specificamente deputato ad indirizzare singoli operai che giungevano in cantiere e la cui assenza non può ascriversi al P.V., non risultando neppure dimostrato che lo stesso ne fosse a conoscenza.

2.3. Ricorso per B.F.: si articola in due motivi di ricorso.

Con il primo motivo deduce la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione al ruolo e funzioni rivestite dal B.F., nella qualità di coordinatore per la sicurezza nella fase esecutiva, nonché il travisamento della prova per non aver preso in considerazione atti processuali aventi carattere di decisività ed incompatibili con la ricostruzione operata nella sentenza nonché la mancanza e l'assoluta inadeguatezza della motivazione del rigetto delle ragioni fondanti l'impugnazione avverso la sentenza di primo grado.

Rileva che la Corte territoriale ha trascurato il dato emerso nell'istruttoria dibattimentale, e oggetto di doglianza nei motivi di appello, secondo cui il PSC e le sue revisioni, ivi compresa quella del 25.3.2011, era stato regolarmente consegnato e sottoscritto da tutti i datori di lavoro delle imprese che operavano all'interno del cantiere, ivi compresa la Real Group, e che il datore di lavoro della Beton Meca, pur non avendo di fatto partecipato alla riunione, aveva ricevuto l'elaborato grafico con le modifiche apportate anche per la viabilità del cantiere con il conseguente obbligo di informare ed aggiornare i dipendenti.

Rileva inoltre che il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione dei lavori è deputato unicamente a garantire la sicurezza del cantiere in cui svolge la sua attività coordinando le interferenze lavorative mentre non è tenuto a sindacare né le problematiche della sicurezza delle singole imprese né quelle dei lavoratori demandato ad altre figure, avendo peraltro nella specie designato il Gem. S.D. per identificare i soggetti che si recavano nel cantiere.

Con il secondo motivo deduce la violazione di legge in tema di prova dell'esistenza del nesso di causalità ex art. 40 cod. pen. tra le condotte omissive ascritte al B.F. e l'evento verificatosi nonché la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione all'esistenza del nesso causale tra l'assenza di adeguata segnaletica e l'evento.

Rileva che la Corte territoriale ha erroneamente attribuito al contributo professionale dell'Ing. Caiazzo un significato errato laddove lo stesso, incaricato di ottemperare alle prescrizioni dell'Asl, si è limitato ad inserire una segnaletica verticale sicché le segnalazioni orizzontali già presenti sono state ritenute sufficienti. Inoltre la sentenza non ha tenuto conto della presenza di un soggetto deputato a fornire indicazioni a coloro che si recavano in cantiere.


 


Diritto




Va rilevato preliminarmente, come premessa all'esame di tutti i ricorsi, che mentre la dinamica dell'infortunio per cui è processo può ritenersi chiara e definita il tema centrale e dibattuto è quello della segnaletica presente nel cantiere nonché l'individuazione del ruolo e della posizione degli odierni imputati.

1. Esaminando quindi partitamente i ricorsi, quello proposto per F.M. é inammissibile.
Il primo motivo è manifestamente infondato.

Dalla ricostruzione offerta dalle sentenze di merito si evince che la causa del sinistro è da individuare nell'assenza di segnaletica stradale nel cantiere. Peraltro l'esistenza ed il rilievo di tale problema, come posto in luce dalla sentenza impugnata, trova la principale conferma nella circostanza che vi furono varie riunioni sul tema, l'ultima delle quali in data 15.3.2011.
L'omessa predisposizione di segnaletica nel cantiere è centrale anche in relazione al disposto dell'art. 163 d. lgs n. 81 del 2008 che nell'allegato XXVIII dispone che dispone che "Le vie permanenti situate all'esterno nelle zone edificate vanno parimenti segnalate, nella misura in cui ciò si renda necessario, a meno che non siano provviste di barriere o di una pavimentazione appropriate".
Sul punto la Corte territoriale con motivazione adeguata e scevra da contraddizioni alla luce delle risultanze istruttorie ha ritenuto che la pavimentazione del cantiere era costituita da sterrato, i cordoli in cemento posti ai lati della strada erano insufficienti e le transenne per definizione sono rimovibili. Quindi la Corte si è adeguatamente confrontata con l'inidoneità dei cordoli e delle barriere fisiche.
Quanto alle incongruenze rilevate tra le dichiarazioni dei testi della Beton Meca e quelli delle altre ditte presenti, la Corte territoriale ha posto in rilievo che le discrasie rilevate non inficiano comunque il tema centrale della segnaletica nel cantiere e del fatto che la scelta del percorso fosse rimesso ai singoli.
Con riguardo all'addebito colposo ascrivibile al F.M., preposto al cantiere come disposto dall'impresa affidataria dei lavori, lo stesso si concreta, come puntualmente evidenziato nella sentenza impugnata, nella mancata verifica che fosse ro osservate tutte le norme in tema di sicurezza da parte dei lavoratori presenti nel cantiere anche con riguardo alla verifica che il percorso delle betoniere che si recavano alla pesa fosse correttamente segnato. Né può ritenersi , come correttamente rilevato dalla sentenza impugnata, che la sua posizione di garanzia potesse venire meno per la semplice circostanza che si trovasse in un altro punto del cantiere dovendo comunque assolvere gli obblighi di controllo sullo stesso gravanti .
Manifestamente infondato è il secondo motivo.
Poichè le norme di prevenzione antinfortunistica mirano a tutelare il lavoratore anche in ordine ad incidenti che possano derivare da sua negligenza, imprudenza e imperizia, il comportamento anomalo del lavoratore può acquisire valore di causa sopravvenuta da sola sufficiente a cagionare l'evento, tanto da escludere la responsabilità del datore di lavoro e, in generale, del destinatario dell'obbligo di adottare le misure di prevenzione, solo quando esso sia assolutamente estraneo al processo produttivo o alle mansioni attribuite, risolvendosi in un comportamento del tutto esorbitante e imprevedibile rispetto al lavoro posto in essere, ontologicamente avulso da ogni ipotizzabile intervento e prevedibile scelta del lavoratore. Tale risultato, invece, non è collegabile al comportamento, ancorchè avventato, disattento, imprudente, negligente del lavoratore, posto in essere nel contesto dell'attività lavorativa svolta, non essendo esso, in tal caso, eccezionale ed imprevedibile.
Nella specie , la condotta del G.S., come correttamente ritenuto dalle sentenze di merito, non può qualificarsi come abnorme ed idoneo ad interrompere il nesso causale.
Sul punto la sentenza impugnata ha posto in rilievo come il percorso seguito dal G.S. per recarsi alla pesa era quello più breve seguito anche dagli altri autisti, finché non si erano accorti per esperienza diretta che vi era stata una modifica strutturale del varco di uscita di cui il G.S. non era a conoscenza in quanto assente dal lavoro da circa un mese.
2. Del pari inammissibile è il ricorso proposto per P.V..
Il primo motivo evoca la medesima tematica della omessa predisposizione di segnaletica nel cantiere ed è comune a tutti gli imputati ed anche con riferimento al P.V., legale rappresentante della Rea Group impresa appaltatrice dei lavori e che aveva anche subappaltato i lavori ad altre imprese tra cui la Becon Meta, la Corte territoriale con motivazione immune da censure ha ritenuto il nesso di causalità tra l'omessa predisposizione di segnaletica nel cantiere e l'evento.
Manifestamente infondato anche il secondo motivo.
La censura non si confronta con le argomentazioni svolte dalla Corte territoriale in ordine alla ritenuta sussistenza del nesso di causalità tra l'omessa predisposizione della segnaletica nel cantiere e l'evento escludendosi altresì l'abnormità della condotta del G.S..
Né può ritenersi che gli obblighi incombenti sull'imputato potessero essere assolti mediante la mera individuazione di un soggetto, il S.D., (peraltro assente e senza designazione di un sostituto il giorno del sinistro) non potendo tale investitura sostituire le prescrizioni di cui all'art. 163 cit.
3. Inammissibile è anche il ricorso proposto per B.F.. Il primo motivo è manifestamente infondato.
Va premesso che in tema di infortuni sul lavoro, il coordinatore della sicurezza per l'esecuzione dei lavori svolti in un cantiere edile è titolare di una posizione di garanzia - che si affianca a quella degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica - in quanto gli spettano compiti di "alta vigilanza", consistenti:
a) nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell'incolumità dei lavoratori; b) nella verifica dell'idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) e nell'assicurazione della sua coerenza rispetto al piano di sicurezza e coordinamento; c) nell'adeguamento dei piani in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, verificando, altresì, che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi POS. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva riconosciuto la responsabilità del coordinatore per le lesioni subite da un lavoratore, in ragione dell'inidoneità del piano operativo di sicurezza predisposto dall'impresa, che non contemplava specifiche misure contro il rischio di caduta attraverso lucernari, indicato nel piano di sicurezza e coordinamento) (Sez. 4, n. 45862/17, Prina, Rv. 271026).

Quanto al ruolo, va altresì rilevato che il coordinatore per l'esecuzione dei lavori ex art. 92 d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, oltre ad assicurare il collegamento fra impresa appaltatrice e committente al fine di realizzare la migliore organizzazione, ha il compito di vigilare sulla corretta osservanza delle prescrizioni del piano di sicurezza da parte delle stesse e sulla scrupolosa applicazione delle procedure a garanzia dell'incolumità dei lavoratori nonché di adeguare il piano di sicurezza in relazione alla evoluzione dei lavori, con conseguente obbligo di sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, le singole lavorazioni. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto corretta la condanna pronunciata nei confronti dei coordinatori per la sicurezza che nel corso dell'avvicendamento tra due imprese, mentre erano in corso lavori in quota, avevano omesso per alcuni giorni d1 vigilare sulla corretta osservanza delle prescrizioni dei piani di sicurezza, causando lesioni personali ad un lavoratore). (Sez. 4, n. 47834 del 26/04/2016, Rv. 268255).

In particolare - si è condivisibilmente sottolineato (Sez. 4, n. 37597 del 5.6.2015, Giambertone, non mass.) che il controllo sul rispetto delle previsioni del piano non può essere meramente formale, ma va svolto in concreto, secondo modalità che derivano dalla conformazione delle lavorazioni. Essenziale è che alla previsione della cautela segua un'attività di verifica della sua attuazione, che compete alle imprese esecutrici. Attività di verifica che tuttavia non può significare presenza quotidiana nel cantiere ma, appunto, presenza nei momenti delle lavorazioni topici rispetto alla funzione di controllo. L'alta vigilanza della quale fa menzione la giurisprudenza di questa Corte, lungi dal poter essere interpretata come una sorta di contrazione della posizione di garanzia indica piuttosto il modo in cui vanno adempiuti i doveri tipici. Mentre le figure operative sono prossime al posto di lavoro ed hanno quindi poteri-doveri di intervento diretto ed immediato, il coordinatore opera attraverso procedure; tanto è vero che un potere-dovere di intervento diretto lo ha solo quando constati direttamente gravi pericoli (art. 92, co. 1 lett. f) dlgs. n.81/2008).

Ebbene, nella specie, la Corte territoriale, facendo buon governo di tali principi, ha posto in rilievo che il piano di sicurezza e di coordinamento elaborato dal B.F. prevedeva sia la segnaletica stradale che il coordinamento delle aziende che lavoravano nel cantiere ma che il suo precipuo compito, quale coordinatore dei lavori e titolare per legge di una posizione di garanzia, era quello di svolgere i compiti di alta vigilanza consistenti in particolar modo nel controllo circa la corretta osservanza da parte delle imprese delle disposizioni contenute nel piano operativo di sicurezza.

A riguardo se è emerso che il PSC sul piano astratto non presentava anomalie ne é risultata tuttavia carente l'attuazione, sicché le argomentazioni difensive circa la conoscenza del PSC e delle revisioni da parte dei datori di lavoro è irrilevante in quanto non incide sull'obbligo di controllo sullo stesso gravante.
Manifestamente infondata è anche la seconda censura in quanto non si confronta con la sentenza impugnata in ordine al ritenuto nesso di causalità tra l'omissione della segnaletica e l'evento, profilo di cui dianzi si è già dato conto.
4. In conclusione i ricorsi manifestamente infondati vanno dichiarati inammissibili con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle Ammende. Condanna inoltre gli imputati in solido alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili costituite liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.
 



Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende. Condanna inoltre gli imputati in solido alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parti civili costituite liquidate come segue: €300 ciascuno nei confronti di G. A. difeso dall'avv. G.  Ciero, G..G. cl. 1960 difeso dall'avv. G. Stellato; DC.A. in proprio e quale esercente la potestà genitoriale sul figlio G. C., difesa dall'avv. U. Pappadia; € 3600,00 nei confronti di G.G. cl. 1993 e G.G. cl. 1992, entrambi difesi dall'avv. A. Mirra; il tutto oltre accessori come per legge. Così deciso il 27.9.2022