Cassazione Civile, Sez. 6, 29 dicembre 2022, n. 38056 - Infortunio mortale durante i lavori di movimentazione di mobilio: elevatore installato in modo difforme alle istruzioni indicate nel manuale d'uso. Mancata formazione


 

 

Presidente: DI PAOLANTONIO ANNALISA
Relatore: PONTERIO CARLA Data pubblicazione: 29/12/2022
 

Rilevato che:
1. La Corte d’appello di Venezia ha respinto l’appello di F.N., titolare della ditta individuale F.N. Traslochi, confermando la pronuncia di primo grado, che aveva condannato il predetto a versare all’Inail l’importo corrispondente alle prestazioni economiche erogate in relazione all’infortunio mortale verificatosi il 3.8.2001 in danno del dipendente C.P..
2. La Corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha accertato, in conformità al primo giudice, che nell’esecuzione dei lavori di movimentazione di materiali e mobilio non erano stati presi i necessari provvedimenti affinché l'elevatore fosse installato in conformità alle istruzioni indicate nel manuale d'uso; che in particolare, i piedini di appoggio inferiori dell'elemento scala non erano stati fissati sulla pavimentazione mediante caviglie, chiodi di ancoraggio a terra o altro e che il sig. C.P., rimasto sotto l'elevatore durante il funzionamento, era rimasto schiacciato dall'improvviso cedimento dello stesso, con caduta del pianoforte oggetto del sollevamento; ha ritenuto dimostrato l’assunto che i dipendenti del F.N., tra cui il C.P., nonostante utilizzassero da anni l’elevatore, non avessero ricevuto sufficiente formazione in merito alle corrette procedure di montaggio e d’uso, anche con riferimento alla individuazione delle situazioni di rischio che un impiego scorretto di tale strumento potesse comportare; ha valorizzato, quale ulteriore elemento a sostegno della responsabilità datoriale, la mancata pronuncia in sede penale di sentenza di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. a fronte della richiesta di applicazione della pena, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., da parte del F.N..
3. Avverso tale sentenza F.N. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. L’Inail ha resistito con controricorso.
4. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza camerale, ai sensi dell'art. 380 bis cod. proc. civ..
5. Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. per avere la Corte d’appello riconosciuto valenza solo indiziaria della sentenza cd. di patteggiamento ma, nonostante ciò, omesso di svolgere l’istruttoria sollecitata dalla parte datoriale e idonea a dimostrare il concorso di colpa del dipendente poi infortunatosi.
6. Con il secondo motivo di ricorso è denunciato, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., l’omesso esame di un fatto storico decisivo per il giudizio nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697, comma 2, cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.
7. Si censura la sentenza d’appello per non aver consentito al datore di lavoro di dimostrare la circostanza secondo cui lo spostamento del pianoforte non era programmato per il 3.8.2001 bensì per il periodo successivo alla pausa estiva e con l’assistenza di un’altra società specializzata e per avere, nel contempo, rimproverato allo stesso di non aver dato prova delle istruzioni impartite al dipendente C.P. affinché eseguisse i lavori in condizioni di sicurezza; inoltre, per non aver tenuto conto del comportamento imprevedibile del dipendente, che ha deciso di sua iniziativa di procedere al trasporto del pianoforte usando l’elevatore e che si è posizionato, durante i lavori, al di sotto di questo, violando le regole basilari di prudenza. Si rileva che la squadra che ha eseguito i lavori era composta da operai specializzati, guidati da un operaio, il C.P., con esperienza trentennale. Si contesta la statuizione contenuta nella sentenza d’appello, di novità dell’allegazione del fatto che il C.P. avrebbe deciso, autonomamente e in contrasto con le direttive datoriali, di procedere al trasloco del pianoforte, adducendo che nella memoria erano stati articolati specifici capitoli di prova testimoniale sul punto (capitoli trascritti a pag. 15 del ricorso per cassazione).
8. Con il terzo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2087 e 1227 cod. civ. per avere l’Inail assolto al proprio onere di prova utilizzando le risultanze degli accertamenti svolti in sede penale; inoltre, per essere stata affermata la responsabilità datoriale senza considerare il comportamento imprevedibile e abnorme posto in essere dal dipendente, tanto più rilevante in relazione alla qualifica di preposto (capo squadra) dal medesimo rivestita, e tale da porsi quale causa unica e determinante dell’evento verificatosi.

9. I motivi di ricorso, da trattare congiuntamente, non possono trovare accoglimento.
10. Deve anzitutto escludersi la violazione dell’art. 2697 c.c. poiché la Corte di merito si è uniformata alle regole di distribuzione dell’onere di prova nell’azione di regresso (v. Cass. n. 10529 del 2008; v. anche Cass. n. 12041 del 2020) e, sulla base delle complesse risultanze istruttorie (tra cui gli atti del procedimento penale) ha ritenuto che l’Inail avesse assolto al proprio onere probatorio e che vi fosse prova dell’uso dell’elevatore senza l’osservanza delle misure di sicurezza e della mancata formazione impartita ai dipendenti, tra cui il C.P., sull’utilizzo dell’elevatore medesimo. La sentenza impugnata dà atto di quanto accertato dagli ispettori e cioè che “in violazione di quanto prescritto dall’art. 71, comma 7, decreto legislativo 81/08, il F.N. non aveva individuato una persona specifica che si assumesse la responsabilità dell’uso dell’attrezzatura tanto che […] il C.P. per posizionare l’elevatore e per decidere il punto di appoggio si era consigliato con il collega che aveva concordato sia sul posizionamento dell’elevatore che sul posizionamento del perno”. Il F.N. quindi, secondo i giudici di appello, si era reso responsabile della violazione dell’art. 71, comma 4, lett. a punto 1 (installazione degli strumenti in conformità dei manuali d’uso) e 7, non avendo riservato l’utilizzo del mezzo a soggetti che avessero ricevuto particolare formazione e addestramento. Nessuno dei lavoratori aveva seguito un corso di sicurezza specifico, né la società aveva provato che il C.P., quale preposto alla sicurezza, avesse ottenuto una formazione specifica su questo ruolo, come previsto dagli artt. 36 e 37 del decreto legislativo n. 81/08 (sentenza, pag. 8). La prova della formazione impartita non poteva “essere desunta semplicemente dalla anzianità di servizio (il C.P. aveva 25 anni di esperienza, contro i 15-20 del N.), o dal ruolo di capo squadra assegnato dal datore di lavoro” (sentenza pag. 10). Il C.P., quindi, aveva “subito l’infortunio per un difetto di conoscenza specifica di tutte le modalità concrete di utilizzo dell’attrezzatura in sicurezza” (sentenza pag. 10) e tale elemento è stato considerato logicamente assorbente rispetto all’eventuale imprudenza del medesimo dipendente nel posizionarsi sotto il perno dell’elevatore durante i lavori.
11. I giudici di appello hanno, quindi, accertato l’esclusiva responsabilità di parte datoriale nella causazione dell’infortunio ed hanno escluso un concorso di colpa del lavoratore sul rilievo che questi non avesse ricevuto la necessaria formazione e informazione sull’utilizzo in sicurezza del macchinario; hanno considerato tale condotta omissiva della società datrice di lavoro quale causa autonoma e sufficiente dell’evento lesivo verificatosi ai danni del dipendente.
12. La Corte di appello si è uniformata ai principi enunciati in sede di legittimità, sia nell’escludere l’esistenza di una condotta abnorme da parte del lavoratore, cioè di una condotta “inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell'evento e (tale da) creare condizioni di rischio estranee alle normali modalità del lavoro da svolgere” (così Cass. n. 798 del 2017; v. anche Cass. n. 16026 del 2018) e tale da integrare un rischio elettivo imputabile all’infortunato; sia nella parte in cui ha escluso un concorso di colpa della vittima, in ragione del mancato adempimento, a monte, dell’obbligo di formazione specifica sull’uso dell’elevatore. Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, il datore di lavoro, ai sensi dell'art. 2087 c.c., è tenuto a prevenire anche le condizioni di rischio insite nella possibile negligenza, imprudenza o imperizia del lavoratore, dimostrando di aver messo in atto a tal fine ogni mezzo preventivo idoneo, con l'unico limite del cd. rischio elettivo (v. Cass. n. 16026 del 2018 cit.).
13. La sentenza d’appello ha, inoltre, preso in esame l’allegazione di parte datoriale, secondo cui il C.P. aveva deciso autonomamente di effettuare il trasloco nonostante il diverso ordine ricevuto dal F.N. e dai clienti, ma ha definito tale circostanza del tutto nuova e quindi inammissibile (v. sentenza d’appello, pag. 9, punto 10: “In primo grado la parte convenuta non aveva mai allegato tale circostanza; il F.N. si era limitato a chiedere di provare che la cliente avesse chiesto di provvedere al trasloco dopo le ferie estive (cfr. capitolo di prova n. 8 memoria di costituzione primo grado); nessuna eccezione circa gli accordi in merito all’intervento di una ditta specializzata. Inoltre, la prova non era stata ammessa dal giudice; ordinanza istruttoria non contestata dalla parte interessata né in primo grado né in questo grado”). Le censure mosse col secondo motivo di ricorso, in termini di omesso esame di fatto decisivo e mancata ammissione delle prove sul punto, non si confrontano con la citata ratio decidendi della sentenza impugnata, e si rivelano, comunque, inammissibili poiché investono l’esercizio del potere di selezione e valutazione dei mezzi di prova (la Corte d’appello ha preso in esame il fatto di cui si discute ma ha giudicato i relativi mezzi di prova non ritualmente dedotti, oltre che inconferenti), riservato in via esclusiva al giudice di merito, e censurabile in cassazione nei ristretti limiti del novellato art. 360 n. 5 c.p.c. (su cui v. Cass., S.U. n. 8053 e n. 8054 del 2014), nella specie non rispettati.
14. Per le ragioni esposte, il ricorso deve essere respinto.
15. La regolazione delle spese segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo.
16. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
 

P.Q.M.
 

La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in € 6.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nell’adunanza camerale del 15.11.2022