Cassazione Penale, Sez. 4, 05 gennaio 2023, n. 90 - Mancanza di protezione nei lavori in quota. Responsabilità del datore di lavoro di fatto e del committente per la caduta del lavoratore. Prescrizione


Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: CIRESE MARINA Data Udienza: 07/12/2022
 

Fatto



1. Con sentenza in data 17.9.2021 la Corte d'appello di Palermo ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Palermo aveva ritenuto DG.N. e S.V. colpevoli del reato di cui all'art. 590 comma 3 cod.pen. (capo B) e, concesse ad entrambi le circostanze attenuanti generiche, li aveva condannati alla pena rispettivamente di mesi otto ed un anno di reclusione con pena sospesa per il DG.N. oltre che al risarcimento del danno patito dalla costituita parte civile per la cui liquidazione aveva rimesso le parti dinanzi al giudice civile. Aveva inoltre dichiarato non doversi procedere nei confronti dei medesimi imputati in ordine al reato di cui agli artt. 110 cod.pen. e art. 111 comma 1, lett. a) d.lgs. n. 81 del 2008 sanzionato dall'art. 159 comma 2 lett. a) (capo A) per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione.
Il fatto, come ricostruito dalle sentenze di merito, è il seguente:
in data 19.8.2013 a seguito di un normale turno di servizio personale del Commissariato di P.S. "Portanuova" di Palermo riceveva la segnalazione di un incidente domestico con relativa caduta di un uomo dal tetto e giunti sul posto vedevano uscire un'ambulanza con i dispositivi acustici in funzione seguita da un'auto. Solo successivamente si accertava che si trattava di un infortunio sul lavoro occorso a R.A. a seguito della caduta dal terrazzino sul tetto situato a circa 4 m. di altezza dell'abitazione di S.V., sita in Palermo, via Altofonte n. 233/A.
Emergeva invero che il R.A., operaio edile di secondo livello con la qualifica di muratore dall'anno 1998 all'anno 2013, aveva lavorato alle dipendenze di DG.N., titolare di una ditta edile, quasi sempre "in nero" in particolare nell'anno 2013 a fronte della somma settimanale di euro 500,00 in contanti.
In particolare il 18.8.2013 aveva ricevuto dal DG.N. l'incarico di effettuare dei lavori sul tetto dell'abitazione del cognato S.V. che lo avrebbe coadiuvato nei lavori.
Il 19 agosto i due erano saliti insieme sul tetto ed avevano iniziato a tagliare il materiale coibentato; ad un certo punto il S.V. era sceso dal tetto per prendere un caffè. Il R.A., rimasto solo sul tetto per un inaspettato cedimento del pannello coibentato su cui stava lavorando, era precipitato violentemente a terra.
Risultava che il S.V. ed il DG.N. avevano seguita l'ambulanza fino all'Ospedale civico ove erano stati identificati e poi erano stati presenti nel corso della degenza in ospedale.
Il giudice di primo grado aveva ritenuto che il R.A. era stato vittima di un infortunio causato dalla mancata adozione delle misure di protezione collettiva contro il rischio di caduta dall'alto come espressamente previsto dall'art. 111 d.lgs. n. 81 del 2008 (la cui assenza era stata accertata dai funzionari della ASL intervenuti sul luogo dell'incidente) sussistendo gli elementi costitutivi del reato di cui all'art. 590 cod. pen.

La sentenza d'appello aveva recepito la ricostruzione operata dal giudice di primo grado concludendo che entrambi gli imputati erano titolari di una posizione di garanzia nei riguardi del R.A., il DG.N. quale datore di lavoro di fatto, il S.V. quale committente e che quindi su di loro incombeva l'onere di far predisporre i parapetti.

2. Avverso la sentenza d'appello DG.N., a mezzo del proprio difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolato in quattro motivi.
Con il primo deduce l'inosservanza o l'erronea applicazione della legge penale per non avere il giudice d'appello rilevato d'ufficio l'intervenuta prescrizione.

Assume che il reato si è consumato il 19.8.2013 e che alla data dell'11 giugno 2021, data della sentenza di secondo grado, erano già decorsi 7 anni e 10 mesi dall'evento e pertanto la prescrizione era già maturata.

Con il secondo motivo deduce l'inosservanza o l'erronea applicazione della legge penale per avere il giudice d'appello qualificato il rapporto di lavoro come subordinato.

Assume che al momento dell'incidente il DG.N. non aveva commesse e nessun cantiere aperto per cui l'incidente non può essere a lui ascritto in quanto datore di lavoro.

Con il terzo motivo deduce la insufficienza e la illogicità della motivazione in riferimento al comportamento abnorme del lavoratore.
Rileva che la Corte territoriale non ha adeguatamente valutato il comportamento del lavoratore il quale si era attardato a scendere dal trabattello perché era al telefono e solo dopo aver chiuso la chiamata nell'atto di scendere dal tetto aveva posizionato il piede sulla parte tagliata della lamiera scivolando e rovinando a terra.
Con il quarto motivo deduce la insufficienza e la illogicità della motivazione in riferimento alle ragioni che avevano indotto la Corte territoriale a ritenere convincenti le dichiarazioni dei testi dell'accusa.
3. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per intervenuta estinzione del reato per prescrizione, ferme le statuizioni civili.

La parte civile ha depositato memoria con cui deduce l'infondatezza del ricorso e nota spese.


 

Diritto



1. Il primo motivo è fondato.

Ed invero premesso che l'infortunio è avvenuto in data 19.8.2013, considerato il termine massimo di prescrizione pari ad anni sette e mesi sei di prescrizione cui vanno aggiunti giorni sessantadue di sospensione per adesione allo sciopero disposto all'udienza del 9.5.2019, il reato si è prescritto in data antecedente alla pronuncia di appello.

Esaminando gli altri motivi di ricorso ai fini delle statuizioni civili, il secondo motivo è infondato.
Va premesso che in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, le norme, di cui al d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, che presuppongono necessariamente l'esistenza di un rapporto di lavoro, come quelle concernenti l'informazione e la formazione dei lavoratori, si applicano anche in caso di insussistenza di un formale contratto di assunzione. (Fattispecie in tema di lesioni personali gravissime riportate sul luogo di lavoro da un lavoratore, stabilmente incardinato tra lavoratori dell'azienda, ma privo di formale contratto di lavoro subordinato).(Sez. 4, n. 38623 del 5.10.2021, Perillo, Rv. 282102)

Nella specie, come correttamente ritenuto dalla Corte territoriale, si trattava di un rapporto di lavoro subordinato di fatto, stante la ritenuta attendibilità del R.A. e come comprovato anche dal comportamento tenuto post factum dal DG.N. (ovvero presenza in ospedale dopo l'infortunio e durante la degenza ed elargizione di cospicue somme di denaro).
Il terzo motivo è inammissibile.

Premesso che la motivazione può essere censurata solo in quanto mancante, contraddittoria o manifestamente illogica, la Corte territoriale con motivazione adeguata anche se sintetica ha all'evidenza escluso una condotta abnorme da parte del lavoratore ritenendo che per un lavoro da eseguire in quota è elemento dirimente la mancanza di adeguate protezioni ascrivibile al datore di lavoro ed al committente.
Il quarto motivo è del pari inammissibile sotto più profili.

In primo luogo per come formulato, sub specie di vizio di motivazione, non potendo il vizio de quo essere dedotto se non come mancanza, manifesta illogicità o contraddittorietà; per il secondo aspetto in quanto l'attendibilità dei testi integra un tipico giudizio rimesso al giudice di merito che non deve specificamente motivare a riguardo salvo che la motivazione della sentenza impugnata sia affetta da manifeste contraddizioni, o abbia fatto ricorso a mere congetture, consistenti in ipotesi non fondate sullo "id quod plerumque accidit", ed insuscettibili di verifica empirica, od anche ad una pretesa regola generale che risulti priva di una pur minima plausibilità (vedi in tal senso Sez. 4, n. 10153 dell'l l.2.2020, Rv. 278609).

In conclusione la sentenza va annullata ai fini penali per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione mentre il ricorso va rigettato per il resto.

Segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile costituita R.A. che liquida in complessivi Euro tremila oltre accessori come per legge.
 

P.Q.M.
 


annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali perché il reato é estinto per prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla costituita parte civile R.A. che liquida in complessivi Euro tremila oltre accessori come per legge.
Così deciso il 7 dicembre 2022.