Cassazione Civile, Sez. Lav., 10 gennaio 2023, n. 376 - Richiesta di risarcimento del danno per infortunio dovuto allo spostamento di un pesante macchinario. Manca la prova del nesso causale


 

Presidente: ESPOSITO LUCIA
Relatore: GARRI FABRIZIA Data pubblicazione: 10/01/2023
 

Rilevato che


1. M.M. convenne in giudizio la Approdo-Società cooperativa sociale ONLUS per ottenere, per quanto qui ancora interessa, la condanna della convenuta al risarcimento del danno sofferto in conseguenza dell'infortunio sul lavoro occorsogli l'8 luglio 2011 quando era stato incaricato dal datore di lavoro di spostare un pesante macchinario insieme ad altri lavoratori.
2. Il Tribunale di Brescia rigettava la domanda ritenendo insussistente una condotta dolosa o colposa del datore di lavoro ed il nesso causale tra l'attività svolta ed il danno sofferto.
3. La Corte di appello di Brescia confermava la sentenza di primo grado evidenziando che ferma la prescrizione decennale del credito azionato, non era stata offerta la prova dell'esistenza di un nesso causale tra l'infortunio occorso al lavoratore e il danno lamentato dovendo quest'ultimo essere ricondotto ad una preesistente malattia (una discopatia) eventualmente slatentizzatasi in occasione dello sforzo eseguito. Inoltre ha accertato che la macchina, del peso di 34 KG , era stata trasportata da quattro persone contemporaneamente e dunque non vi era violazione della norma antinfortunistica che limita il trasporto da parte di una persona ad un peso non superiore a 25 KG.
4. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso M.M. affidato a quattro motivi. La Approdo-Società cooperativa sociale ONLUS si è costituita con tempestivo controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria.
 

Considerato che
5. Con il primo motivo di ricorso è denunciata l'omessa motivazione circa un fatto decisivo e controverso tra le parti consistente nel peso del macchinario. Sostiene il ricorrente di aver contestato che la macchina trasportata fosse quella indicata dalla datrice di lavoro. Deduce che pertanto sarebbe stato onere di quest'ultima dimostrare che la macchina trasportata era proprio quella indicata e quale ne fosse il peso.
5.1. La censura è inammissibile.
5.2. Va premesso che la Corte territoriale ha esattamente accertato che la macchina utilizzata era proprio quella indicata dal datore di lavoro e che aveva le caratteristiche specificate nella scheda tecnica prodotta. Conseguentemente senza incorrere in alcuna violazione degli oneri probatori ha ritenuto che sarebbe stato onere del lavoratore dimostrare che, al contrario, i fatti si erano svolti in maniera diversa e che non era quella indicata dalla società la macchina trasportata. Non solo, pertanto, la motivazione non omette affatto di prendere in considerazione il fatto ritenuto decisivo. Al contrario, i fatti sono presi in esame e la parte con la sua censura ne pretende piuttosto, inammissibilmente, una diversa valutazione.
6. Con il secondo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione dell'art. 244 c.p.c. e la violazione della tabella delle malattie professionali nell'industria di cui all'art. 3 del d.P.R. 1124 del 1965 e ss. mm. ed integrazioni (all.4 d.P.R. n. 1124 del 1965). Sostiene infatti che erroneamente la Corte avrebbe ritenuto insussistente il nesso causale tra la lombosciatalgia diagnosticata e l'evento traumatico verificatosi, da ancorare a suo dire alla causa violenta - ravvisabile appunto nel trasporto della macchina lucidatrice e nel fatto che essendo venuta meno la presa di uno dei lavoratori addetti al trasporto il peso della macchina era gravato sul ricorrente - e non piuttosto, come ritenuto, ad una patologia cronica pregressa della quale tuttavia non era stato accertato, anche con una c.t.u che pure era stata chiesta, un collegamento con discopatie o ernie preesistenti.
6.1. Anche tale censura, pur denunciando una violazìone di legge, dell'art. 244 c.p.c. e della tabella delle malattie professionali, si sostanzia in una inammissibile richiesta di rivisitazione dei fatti ed in una ricostruzione degli stessi secondo una prospettiva diversa da quella, del tutto plausibile, della Corte di merito. Premesso che il ricorso per cassazione non consente una revisione del ragionamento decisorio, ossia dell'opzione che ha condotto giudice ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che ciò si tradurrebbe, pur a fronte di un possibile diverso inquadramento degli elementi probatori valutati, in una nuova formulazione del giudizio di fatto (Cass. n.16526 del 2016), va evidenziato che la Corte di appello nel pervenire al rigetto della domanda per mancanza di un nesso causale tra l'evento ed il danno ha tenuto conto delle certificazioni mediche prodotte che attestavano l'esistenza di una discopatia LS S1 e, per l'effetto, ha ritenuto che mancasse la prova del fatto che la lombosciatalgia fosse da connettere all'evento traumatico avendo piuttosto accertato che la patologia denunciata costituiva piuttosto l'evoluzione di una malattia già in atto. Così facendo non è incorsa in alcuna violazione della norma che disciplina le modalità di deduzione della prova e la sua corretta applicazione, neppure chiaramente denunciata, né tantomeno è incorsa in una violazione delle tabelle sulle malattie professionali. Ancora la censura si sostanzia in una inammissibile richiesta di nuovo e diverso esame dei fatti che non è consentita al giudice di legittimità.
7. Anche il terzo motivo di ricorso - che denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 2087 c.c. - è inammissibile.
7.1. Sostiene il ricorrente che la responsabilità si radica in capo al datore di lavoro anche quando l'evento dannoso consegua, in ipotesi, ad una negligenza di un collega se il primo abbia trascurato di adottare, come nel caso sarebbe avvenuto, idonee misure protettive e non abbia vigilato sul loro effettivo utilizzo.
7.2. Tuttavia, nel caso in esame la Corte ha verificato che nessuna violazione era stata commessa e dunque, implicitamente, che non vi era alcuna misura da prendere. Inoltre è stato chiarito, ancora una volta all'esito di un accertamento di fatto non censurabile, che anche per il caso in cui uno dei lavoratori che procedevano al trasporto avesse, come effettivamente aveva, perso la presa, in ogni caso il peso della macchina risultava distribuito su tre persone e dunque adeguatamente tenuto conto dei limiti fissati dalle tabelle.
10. L'ultimo motivo di ricorso, con il quale si denuncia la violazione dell'art. 2697 c.c. per avere omesso di pronunciare sulla richiesta di CTU e di prova testimoniale, è ancora una volta inammissibile.
11. Premesso che il ricorrente non chiarisce come e quando abbia sollecitato la nomina di un consulente, va qui ribadito che la consulenza tecnica d'ufficio è sì mezzo istruttorio (ma non è una prova vera e propria) ed è sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito. Rientra nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell'ausiliario giudiziario e la motivazione dell'eventuale diniego può anche essere implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato effettuata dal suddetto giudice (cfr. Cass. 05/07/2007 n. 15219). La consulenza tecnica d'ufficio ha infatti la funzione di fornire all'attività valutativa del giudice l'apporto di cognizioni tecniche che egli non possiede, ma non è certo destinata ad esonerare le parti dalla prova dei fatti dalle stesse dedotti e posti a base delle rispettive richieste, fatti che devono essere dimostrati dalle medesime parti alla stregua dei criteri di ripartizione dell'onere della prova previsti dall'art. 2697 cod. civ. Ciò posto rileva il Collegio che la censura non chiarisce in che modo la mancata ammissione della ctu abbia refluito sull'apprezzamento delle prove da parte della Corte di merito risolvendosi in definitiva in una violazione degli oneri probatori.
12. In conclusione il ricorso è inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell'art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
 

P.Q.M.
 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che si liquidano in € 4.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell'art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.

Così deciso nella Adunanza camerale del 26 ottobre 2022