Cassazione Penale, Sez. 4, 17 gennaio 2023, n. 1404 - Caduta mortale dalla scala. Lavori in quota, interferenze e prescrizione del MC che vietava i lavori in quota


 

 

...ove fosse stata prevista un'impalcatura per consentire l'accesso in quota del lavoratore, l'infortunio non si sarebbe verificato. In generale tutte le violazioni individuate dai giudici di merito (omessa previsione del rischio interferenziale, omessa vigilanza, violazione della prescrizione del medico competente che vietava al dipendente di effettuare lavori in quota), rientranti nell'area di governo del datore di lavoro, sono suscettibili di realizzare la concretizzazione del rischio che tali disposizioni mirano a prevenire.


 

Presidente: FERRANTI DONATELLA Relatore: BRUNO MARIAROSARIA
Data Udienza: 18/11/2022

 

Fatto
 


1. Con sentenza del 25/11/2021, la Corte di appello di Potenza ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale di Lagonegro, con cui C.G., ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 589 cod. pen., è stato condannato alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione..
Era contestato all'imputato, in qualità di legale rappresentante della "CO.E.O. s. r. l. ", datore di lavoro di C.R., di avere cagionato la morte di quest'ultimo, il quale, intento ad effettuare una lavorazione in quota, precipitava dalla scala sulla quale era salito in conseguenza dell'urto proveniente da un camion deputato allo scarico di materiale nell'area di cantiere.
Era addebitato al ricorrente la violazione delle norme antinfortunistiche riguardanti la formazione del lavoratore e l'omessa adozione di precauzioni in grado di prevenire cadute dall'alto .
A motivi di ricorso la difesa lamenta
I) Violazione e falsa applicazione dell'art. 41, comma 2, cod. pen.
11) Manifesta illogicità della motivazione
111) Motivazione apparente.
2. Il P. G. con requisitoria scritta ha concluso per l'inammissibilit à del ricorso.
La difesa, con memoria scritta, nel riportarsi ai motivi di ricorso, insiste per il loro accoglimento.

 

Diritto
 



1. I motivi di doglianza sono infondati , pertanto il ricorso deve essere rigettato.
2. Nessuna carenza motivazionale è rinvenibile nella sentenza impugnata.
La Corte di appello ha confermato il giudizio di primo grado in ordine alla responsabilità del prevenuto per il reato di omicidio colposo commesso con violazione delle norme antinfortunistiche (artt. 122 e 36 d.lgs. 81/08), condividendo la ricostruzione operata dal Tribunale.
Ci si trova pertanto al cospetto di una c.d. "doppia conforme" pronuncia di responsabilità, in cui le motivazioni delle sentenze di primo e di secondo grado si integrano a vicenda, formando un unico complesso logico-argomentativo che, nel caso in esame, appare certamente congruo e adeguato, oltreché giuridicamente corretto.
I rilievi del ricorrente svolgono prevalentemente censure in punto di mero fatto, come tali non consentite in questa sede , non potendo essere rivalutato nel giudizio di legittimità il compendio probatorio in senso alternativo o diverso rispetto a quanto ritenuto dal giudice di merito; lo scrutinio del giudice di legittimità, infatti, è limitato a compiere una valutazione di adeguatezza logico­ giuridica del percorso argomentativo adottato nella sentenza impugnata; sotto questo profilo, si ritiene che il provvedimento di cui si discute vada esente dalle critiche sollevate dal ricorrente ed i motivi dedotti risultano comunque reiterativi di profili di doglianza già valutati dai giudici di merito e disattesi con congrua motivazione.
3. La vicenda in disamina è stata esaurientemente illustrata in motivazione: nell'area di cantiere, dove la "CO.E.O. s.r.l." si occupava di lavori di ristrutturazione di un immobile, il conducente di un autocarro, intento a scaricare materiale da allocare nell 'immobile commerciale in fase di ristrutturazione, aveva parcheggiato il veicolo in cima ad una rampa, alla base della quale operava il lavoratore issato su una scala.
L'autocarro, pur con il freno di stazionamento azionato, perdeva aderenza, andando ad urtare contro la scala e determinando la caduta del lavoratore .
Si sostiene, con il primo motivo, che la condotta del conducente del camion, il quale aveva lasciato il veicolo in sosta senza assicurarsi che fosse ben stazionato, abbia interrotto il nesso causale, atteggiandosi a causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento.
Il rilievo è privo di fondamento. Proprio il principio dell'equivalenza delle cause, sancito dall'art. 41 cod. pen., consente di ritenere consolidata la responsabilità del datore di lavoro in relazione all'infortunio occorso.
Ed invero, il ricorrente, nella sua posizione di garante dell'incolumità del lavoratore avrebbe dovuto verificare la sicurezza dell'area di cantiere, valutare eventuali rischi interferenziali e prevedere per i lavori in quota adeguate opere provvisionali in grado di scongiurare rischi di caduta (art. 122 T.U. sicurezza). La scala sulla quale si era issato il dipendente, ad un'altezza di oltre sette metri, era inidonea all'uso: oltre alla norma citata nella contestazione, è previsto all'art. 113 del d.lgs. 81/08 che le scale a pioli di altezza superiore a m. 5, fissate su pareti o incastellature verticali o aventi una inclinazione superiore a 75 gradi, debbano essere provviste, a partire da m 2,50 dal pavimento o dai ripiani, di una solida gabbia metallica di protezione avente maglie o aperture di ampiezza tale da impedire la caduta accidentale della persona verso l'esterno; è anche prevista una disciplina nella viabilità dei cantieri e l'obbligo di recinzioni aventi caratteristiche idonee ad impedire l'accesso agli estranei alle lavorazioni .
Lo stazionamento di un autocarro in prossimità della scala sulla quale si trovava il lavoratore non può considerarsi evento eccezionale ed assolutamente imprevedibile: il datore di lavoro avrebbe dovuto vigilare sulla sicurezza dell'area, verificare la presenza di altri lavoratori sul cantiere, impedire l'accesso in prossimità della scala e comunque prevedere un'idonea impalcatura per la lavorazione in quota.
Tanto meno appare decisiva la circostanza che il lavoratore abbia ricevuto l'incarico di salire sulla scala dal committente dei lavori: tale circostanza rende maggiormente evidente l'assenza di vigilanza da parte del datore di lavoro o di un suo preposto.
Peraltro il dipendente, a causa delle sue condizioni fisiche, essendo affetto da diabete, non poteva essere adibito a lavorazioni in quota ("La dott.ssa S.M. aveva espressamente prescritto all'operaio C.R. il divieto di lavori in altezza perché affetto da diabete, con una valutazione glicemica di 130 milligrammi per litro, e di conseguenza a rischio di un calo glicemico di una iperglicemia che può essere causa di perdita di equilibrio e caduta a terra").
4. Il secondo e terzo motivo di ricorso riguardano il giudizio controfattuale.
Non è carente la motivazione della sentenza di merito sul punto, avendo la Corte d'appello osservato che, ove fosse stata prevista un'impalcatura per consentire l'accesso in quota del lavoratore, l'infortunio non si sarebbe verificato. In generale tutte le violazioni individuate dai giudici di merito (omessa previsione del rischio interferenziale, omessa vigilanza, violazione della prescrizione del medico competente che vietava al dipendente di effettuare lavori in quota), rientranti nell'area di governo del datore di lavoro, sono suscettibili di realizzare la concretizzazione del rischio che tali disposizioni mirano a prevenire.
Il vizio di motivazione apparente sul rapporto di causalità lamentato dalla difesa non è individuabile nel tessuto argomentativo della sentenza impugnata ("Pienamente provata è l'efficienza determinante dell'esposizione del C.R. a specifici fattori di rischio, causato e concretizzato a seguito e/ella violazione da parte di C.G. degli artt. 36 e 122 del D.Lvo. 81/08").
Sul punto i rilievi difensivi sono del tutto inidonei a rivelare aspetti di criticità nel ragionamento sostenuto dalla Corte di merito.
5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 

P.Q.M.
 



Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In Roma, così deciso il 18 novembre 2022