Cassazione Penale, Sez. 4, 06 febbraio 2023, n. 4924 - Infortunio mortale del giovane lavoratore e illecito amministrativo della società 


 

Presidente: DOVERE SALVATORE Relatore: DAWAN DANIELA
Data Udienza: 20/10/2022
 

 

Fatto




1. Il difensore di C.A.M. e della società NETWISP SRL ricorre, nell'interesse di entrambi, con un unico atto, avverso la sentenza della Corte di appello di Milano che, decidendo sull'accordo delle parti, ai sensi dell'art 599-bis cod. proc. pen., previa declaratoria di inammissibilità dei motivi d'appello diversi dalla determinazione della pena e della sanzione amministrativa, in parziale riforma della sentenza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, ha ridotto la pena inflitta al C.A.M.. Ha, altresì, ridotto la sanzione amministrativa comminata all'anzidetta società, rideterminandola in euro 76.000. Ha confermato nel resto la sentenza impugnata e condannato l'imputato e la società NETWISP in solido tra loro alla rifusione delle spese di proseguita rappresentanza e difesa delle costituite parti civili, OMISSIS.

2. L'imputato è stato ritenuto colpevole del reato di cui agli artt. 41, 589, commi 1 e 2, cod. pen., per avere, quale amministratore di fatto della NETWISP SRLS, cagionato la morte di M.A. (di anni 18), con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, così come indicate nei capi di imputazione. L'anzidetta società è stata ritenuta responsabile dell'illecito amministrativo di cui all'art. 25 septies, comma 2, d. lgs. 231/2001.

3. I ricorsi constano di tre motivi.
3.1. Con il primo motivo, si deduce carenza di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio irrogato. La sentenza impugnata, infatti, si limita a riportare unicamente la quantificazione della pena, così come concordata tra difesa e Procuratore generale omettendo una propria valutazione in concreto circa le motivazioni sottese alla congruità di un tale trattamento sanzionatorio.
3.2. Con il secondo motivo, si deduce erronea applicazione della legge penale in relazione alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato di cui al capo di imputazione ovvero per erronea qualificazione giuridica. La Corte territoriale non ha posto in essere il necessario vaglio critico sulla sussistenza degli elementi costitutivi del reati contestati essendosi limitata a prendere atto dell'accordo tra le parti.
3.3. Con il terzo motivo, si deduce violazione dell'art. 111, comma 6, Cost. e art. 125, comma 3, cod. proc. pen., per essere insufficiente la motivazione relativa alla liquidazione delle spese della parte civile.

3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto che il primo e il secondo motivo di ricorso siano dichiarati inammissibili, proponendo invece l'annullamento con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.



 

Diritto



1. I ricorsi sono inammissibili, per essere tutti e tre i motivi manifestamente infondati.

2. In tema di "patteggiamento in appello" ai sensi dell'art. 599-bis cod. proc. pen., come reintrodotto dall'art. 1, comma 56 della legge 23 giugno 2017, n. 103, deve richiamarsi, con riguardo al primo motivo, il principio stabilito da questa Corte secondo cui, è inammissibile il ricorso per cassazione proposto in relazione alla misura della pena concordata, atteso che il negozio processuale liberamente stipulato dalle parti, una volta consacrato nella decisione del giudice, non può essere unilateralmente modificato, salva l'ipotesi di illegalità della pena concordata (Sez. 3, n. 19983 del 09/06/2020, Coppola Francesco Pio, Rv. 279504 - 01).

3. Quanto al secondo motivo, deve osservarsi che il giudice di secondo grado, nell'accogliere la richiesta di pena concordata, non deve motivare sul mancato proscioglimento dell'imputato per una delle cause previste dall'art. 129 cod. proc. pen. in quanto, in ragione dell'effetto devolutivo proprio dell'impugnazione, una volta che l'imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia (Sez. 4, n. 52803 del 14/09/2018, Bouachra Brahim, Rv. 274522 - 01).

4. Con riguardo al terzo motivo di ricorso, infine, il Collegio ne rileva l'aspecificità, atteso che, con esso, non si indica l'errore che si asserisce essere stato effettuato nel computo del calcolo. La giurisprudenza di legittimità ha, invero, affermato il principio a mente del quale non è ricorribile per cassazione, sotto il profilo del vizio di motivazione, il capo della sentenza di condanna relativo alla rifusione delle spese in favore della parte civile, se non vengono indicate, anche in modo sommario, le ragioni di illegittimità della liquidazione e la violazione dei limiti tariffari relativi alle attività difensive (Sez. 6, n. 42543 del 15/09/2016, C., Rv. 268443 - 01. In motivazione, la Corte ha precisato che, qualora la liquidazione operata dal giudice copra le voci di spesa sostenute dalla parte civile e sia contenuta nei valori medi di cui alla tabella allegata al
D.M. n. 55 del 10 marzo 2014, la mancanza della motivazione non determina quel pregiudizio che costituisce la ragione della ricorribilità in Cassazione).

5. All'inammissibilità del ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. I ricorrenti vanno altresì condannati in solido alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalle parti civili Omissis, che sono liquidate in complessivi euro 4800,00, oltre accessori come per legge.

 

P.Q.M.
 


Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna altresì in solido i ricorrenti alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalle parti civili Omissis, liquidate in complessivi euro 4800,00 oltre accessori come per legge.
Così deciso il 20 ottobre 2022