Cassazione Penale, Sez. 4, 10 febbraio 2023, n. 5714 - Morte sul colpo per la caduta del ramo potato: l'adozione di un adeguato sistema di recinzione dell'area avrebbe evitato l'evento


 

Presidente: SERRAO EUGENIA
Relatore: RICCI ANNA LUISA ANGELA
Data Udienza: 17/01/2023
 

Fatto




1. La Corte d'appello di Firenze con sentenza del 5 ottobre 2020 ha confermato la sentenza, ex art. 442 cod. proc. pen., del Giudice per l'udienza Preliminare del Tribunale di Siena di condanna di L.C. in ordine al delitto di cui all'art. 589 commi 1 e 2 cod. pen. per avere, nella qualità di titolare della ditta individuale "L'erba del vicino", nel corso del lavori di potatura di alcune piante presenti all'interno del giardino della famiglia C., cagionato la morte di F. C. in Sovicille il 30.1.2016.
1.1. L'infortunio è stato ricostruito nelle sentenze di merito, conformi, nel modo seguente. L'imputato, in qualità di titolare della ditta individuale, stava effettuando, per incarico di G.C., lavori di potatura di due cipressi nel giardino del committente con la tecnica del tree climbing, consistente in una arrampicata che consente di accedere alla chioma dell'albero e di passare, tramite imbracatura, da un ramo all'altro; operando imbracato su un cipresso a sei metri di altezza, aveva iniziato a tagliare un ramo tirato con una fune da terra da G. C., cui lo stesso L.C. aveva chiesto di collaborare; a taglio ultimato il ramo era caduto a terra e, impattando sul terreno dalla parte della chioma, era rimbalzato ed aveva colpito al capo F. C., che si trovava nella zona del giardino ove erano in corso le operazioni di potatura; F. C. era deceduto sul colpo a causa di gravi lesioni encefaliche.
1.2. Nei confronti di L.C. sono stati individuati, quali addebiti di colpa, la negligenza e l'imprudenza, per essersi fatto aiutare nella lavorazione da G. C., privo di formazione e di adeguate conoscenze per quel tipo di lavoro, e la violazione delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro ed in particolare degli artt. 109 e 116 primo comma lett. e) del d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81 per non aver preso le misure necessarie e idonee ad impedire l'avvicinamento di persone estranee alla zona di pericolo interessata dai lavori, quali in particolare la delimitazione della zona con transenne ovvero con nastro segnaletico.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputato con il proprio difensore formulando cinque motivi.
2.1. Con il primo motivo ha dedotto l'inosservanza o erronea applicazione della legge penale ed il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza della colpa generica, ravvisata nell'essersi l'imputato fatto aiutare per le operazioni di potatura da un soggetto non formato e non competente. Il difensore osserva che l'istruttoria non aveva confermato l'ipotesi per la quale G. C. non aveva trattenuto adeguatamente il ramo (le spontanee dichiarazioni rilasciate da L.C. e da G. C. menzionate nella sentenza di primo grado non facevano alcun riferimento a tale circostanza) e in ogni caso le regole tecniche del tree climbing non prevedono per il taglio di rami di diametro medio piccolo (quale quello che aveva colpito la vittima) l'utilizzo di sistemi di ritenzione e di discesa vincolata del materiale che viene tagliato, dovendosi pertanto ritenere corretto e conforme alle regole dell'arte l'atterramento dei rami per semplice caduta: la fune di legatura che G. C. doveva tenere in tensione nella fase del taglio era funzionale semplicemente ad imprimere al ramo una traiettoria prestabilita al momento del suo distacco in modo da impedirne la caduta nella rete metallica sottostante. La stessa Corte di Appello -prosegue il difensore- aveva individuato quale causa dell'evento l'omessa predisposizione delle cautele atte ad impedire l'accesso ai non addetti ai luoghi di lavoro ed aveva in tal modo escluso che la partecipazione di G. C. avesse avuto incidenza nella sequenza causale. I giudici, pertanto, avrebbero dovuto escludere l'addebito di colpa generica.
2.2. Con il secondo motivo ha dedotto l'inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione alla rilevanza causale della colpa specifica. Il difensore rileva che la previsione della necessità di delimitazione dell'area delle operazioni è volta ad evitare che le persone, non avvedendosi dei lavori in corso, possano introdursi in tale area e così incorrere in situazioni di rischio per la loro incolumità. Le cautele che nel caso di specie erano state omesse erano volte ad evitare eventi diversi rispetto a quello verificatosi, ovvero l'introduzione nella zona pericolosa da parte di soggetti estranei: nel caso di specie l'evento, invece, aveva coinvolto un soggetto che conosceva benissimo tempi, modalità e luoghi di lavoro (essendo il proprietario dell'area) e quindi era consapevole del pericolo e informato altresì rispetto al comportamento da tenere a tutela della sua incolumità.
2.3. Con il terzo motivo ha dedotto l'inosservanza o erronea applicazione della legge in relazione al mancato riconoscimento della interruzione del nesso causale per effetto del comportamento della vittima. Il difensore osserva che la volontaria e consapevole esposizione al rischio da parte dell'extraneus è elemento che recide il nesso tra la condotta e l'evento. Nel caso di specie, prima di iniziare i lavori, l'imputato aveva fornito ai membri della famiglia C. le indicazioni di comportamento e gli avvertimenti necessari, affinché nessuno si avvicinasse all'areà interessata: il giardino era proprietà privata della famiglia C., sicché gli unici soggetti da avvertire erano appunti i membri della famiglia. A fronte di ciò, F. C. aveva tenuto un comportamento del tutto abnorme ed eccezionale, in maniera imprevedibile per l'imputato ed aveva messo a repentaglio la propria incolumità fisica, spostandosi improvvidamente sotto uno dei due alberi interessati dalla potatura.
2.4. Con il quarto motivo ha dedotto l'inosservanza o erronea applicazione della legge e il vizio di motivazione in relazione al giudizio controfattuale, ovvero alla affermazione per cui l'apposizione delle transenne avrebbe evitato l'evento.
Il difensore afferma in proposito che la presenza delle transenne e del nastro segnaletico non sarebbe valsa ad evitare l'evento, in quanto la vittima con caparbia volontà avrebbe aggirato i segnali di visibilità del cantiere e si sarebbe ugualmente introdotta nella zona dei lavori. La stessa Corte di Appello nella sentenza aveva affermato che non era dato sapere come si sarebbe comportata la vittima laddove le misure precauzionali fossero state adottate ed in tal modo aveva escluso la certezza che il comportamento esigibile dall'imputato sarebbe valso ad evitare l'evento.
2.5. Con il quinto motivo ha dedotto la inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 5 cod. pen. Il difensore, a fronte della motivazione della Corte di Appello che aveva escluso potersi ravvisare il concorso nell'evento del fatto doloso della persona offesa in quanto C. non aveva avuto coscienza e volontà dell'evento, ribadisce che la nozione di fatto doloso deve intendersi quale semplice coscienza e volontà della condotta.

3. Il difensore dell'imputato in data 2 gennaio 2023 ha depositato una memoria con cui ha eccepito il mancato deposito delle conclusioni scritte del Procuratore Generale e nel merito ha insistito per l'accoglimento del ricorso.
 

Diritto




1. Il ricorso deve essere rigettato.

2. Preliminarmente si osserva che l'eccezione formulata con la memoria su indicata dal difensore del ricorrente è infondata. Il rito cartolare disciplinato dalla normativa emergenziale (art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020 n. 137) stabilisce che i ricorsi che dovrebbero essere decisi in udienza pubblica (art. 614 cod. proc. pen.) o in udienza camerale partecipata (art. 127 cod. proc. pen.) siano trattati in camera di consiglio, senza l'intervento delle parti, salvo che il difensore o il pubblico ministero ovvero un'altra parte privata non chieda la discussione. Si tratta di rito strutturato sulla falsariga del rito camerale fX art. 611 cod. proc. pen., in ordine al quale la requisitoria scritta del procuratore generale non è presupposto necessario per lo svolgimento dell'udienza e la trattazione del ricorso (Sez. U, n. 51207 del 17/12/2015 Rv. 265113; da ultimo, S1:z. 2, n. 24629 del 02/07/2020, Rv. 279552), rilevando unicamente che il procuratore generale sia stato messo in condizione di esercitare il diritto di formulare le sue conclusioni.
Nessun rilievo può assumere, dunque, nel caso in esame, ai fini della corretta instaurazione del contraddittorio fra le parti, il fatto che le conclusioni scritte in atti si riferiscano (evidentemente per un mero errore) ad un altro ricorso.

3. Il primo motivo è manifestamente infondato. Nel caso di specie la conferma da parte della Corte di Appello della affermazione della responsabilità dell'imputato in ordine al delitto contestato si è fondata essenzialmente sul profilo di colpa specifica consistita nella violazione, da parte dell'imputato, delle norme previste dal Dlgs. N.81/2008. In replica alla censura formulata con i motivi di appello per cui non vi era prova che la persona da cui L.C. si era fatto aiutare, ovvero G. C., si fosse lasciata sfuggire la presa del ramo tagliato, onde non potevano dirsi sussistenti i profili di colpa generica così come contestati nella imputazione, la Corte di Appello ha richiamato il rapporto informativo dei tecnici della prevenzione, ma ha rilevato in ogni caso che la sussistenza del profilo di colpa specifica inerente la violazione della normativa prevenzioni infortuni sul lavoro rendeva la doglianza non dirimente. Il motivo in esame, dunque, è inerente a un profilo che la Corte di Appello non ha scientemente esaminato, in quanto ritenuto irrilevante a fronte della sussistenza del profilo di colpa specifica su cui invece i giudici si sono adeguatamente soffermati.

4.Il secondo, il terzo ed il quarto motivo attinenti alla individuazione della colpa specifica ed al nesso di causa fra condotta colposa ed evento, sono infondati. Vertendo tali motivi su questioni ontologicamente connesse, saranno trattati unitariamente.
4.1. Nell'affermare la sussistenza della colpa specifica la Corte ha osservato che le mere raccomandazioni orali rivolte da C. ai membri della famiglia C. non potevano essere considerate sufficienti e che la regola cautelare violata, ovvero quella prevista dagli artt.109 e 116 del d.lgs.n. 81/2008, imponeva di delimitare l'area di svolgimento delle operazioni di potatura con predisposizione di transenne, ovvero con adozione di nastro isolante o altro analogo presidio visibile e non surrogabile da inviti verbali.
I giudici hanno anche adeguatamente vagliato il tema della causalità della colpa intesa come introduzione da parte del soggetto agente del fattore di rischio poi concretizzatosi con l'evento, posta in essere attraverso la violazione delle regole di cautela tese a prevenire e a rendere evitabile il prodursi di quel rischio (Sez 4. n. 40050 del 29/03/2018, Lenarduzzi, Rv273870; Sez. 4, n. 17000 del 05/04/2016, Scalise, Rv.266645). Alla censura con cui il ricorrente assume che l'evento verificatosi era diverso rispetto a quello che la regola violata mirava a prevenire e quindi, per ciò solo imprevedibile , la Corte ha obiettato, in maniera coerente, che le cautele omesse erano, invece, volte ad evitare accadimenti quale quello in concreto verificatosi, ossia erano state introdotte dal legislatore proprio al fine di prevenire imprudenze comportamentali dei lavoratori o di terze persone. La lavorazione in corso, ovvero la potatura dei rami comportava, come diretta conseguenza, la caduta al suolo dei rami, sicché la segnalazione e la recinzione doveva ricomprendere tutto il perimetro dell'area entro il quale tale caduta poteva verificarsi. Coerentemente i giudici hanno rilevato che il fatto che i lavori avessero interessato un'area privata e l'infortunato ne fosse stato il committente non valeva ad escludere l'operatività della norma del Testo Unico sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, che prevede un obbligo generalizzato di recinzione dell'area interessata dal cantiere, in modo da impedire la sosta o il transito dei non addetti alle lavorazioni.
4.2. Nel caso di specie, inoltre, i giudici, hanno escluso che la condotta della vittima, consistita nell'avvicinarsi alla zona interessata dai lavori di potatura, avesse interrotto il nesso di causalità, rilevando che la regola cautelare violata dall'imputato era volta a prevenire tali tipo di condotte. La decisione della Corte è ancora una volta rispettosa dei principi che governano l'accertamento della causalità ed in particolare del principio per cui, all'interno dell'area di rischio che il datore di lavoro investito della posizione di garanzia è chiamato a governare, la condotta del lavoratore può ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità, non tanto ove sia imprevedibile, quanto, piuttosto, ove sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (sez. 4 n. 15124 del 13712/2016, dep. 2017, Gerosa e altri, Rv. 269603; sez. 4 n. 5007 del 28/11/2018, dep. 2019, PMT e/ Musso Paolo, rv. 275017); oppure ove sia stata posta in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli e, come tale, al di fuori di ogni prevedibilità da parte del datore di lavoro: oppure ancora vi rientri, ma si sia tradotta in qualcosa che, radicalmente quanto ontologicamente, sia lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (sez. 4 n. 7188 del 10/01/2018, Bozzi, Rv. 272222) .
4.3.Infine la Corte di Appello si è fatta carico anche del c.d. giudizio controfattuale ovvero della verifica in ordine alla idoneità del comportamento alternativo lecito ad evitare l'evento con un giudizio di alta probabilità logica secondo il dictum delle Sezioni Unite n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 261105 e delle Sezioni Unite n. 30328 del 10/07/2002, Franzese, Rv. 222138. Al fine di confutare le pretese lacune lamentate dal ricorrente, ha osservato che il rispetto della regola, ovvero l'adozione di un adeguato sistema di recinzione dell'area, avrebbe impedito alla vittima di avvicinarsi fino al punto di venirsi a trovare nel raggio di caduta dei rami tagliati e che nel caso, indimostrabile, in cui la vittima avesse deliberatamente deciso di non attenersi al rispetto della recinzione, vi sarebbe stato l'obbligo di interrompere la lavorazione in corso ovvero il comportamento.
5.11 quinto motivo è manifestamente infondato. E', invero, orientamento ormai del tutto consolidato (a fronte di una risalente pronuncia in senso contrario: Sez. 4, n. 3741 del 30/01/1989, Occhinegro, Rv. 180762), quello per cui la circostanza attenuante del concorso del fatto doloso della persona offesa di cui all'art. 62 n. 5 cod. pen. richiede l'integrazione di un elemento materiale, ovvero l'inserimento del comportamento della persona offesa nella serie delle cause determinatrici dell'evento, e di un elemento psichico, consistente nella volontà di concorrere a determinare lo stesso evento. E' necessario, dunque, sul piano psicologico, che la persona offesa abbia coscienza e volontà non della sola condotta, ma anche dell'evento del reato sub iudice, ovvero che abbia voluto lo stesso evento avuto di mira dall'agente: l'attenuante, nel richiedere la sussistenza del fatto doloso della persona offesa, rinvia, per la definizione della nozione di dolo, all'art. 43 cod. pen. e presuppone, quindi, che la persona offesa preveda e voglia l'evento dannoso come conseguenza della propria cooperazione attiva o passiva al fatto delittuoso dell'agente (Sez. 2, n. 25915 del 02/03/2018, Bui, Rv. 272945; Sez. 1, 29938 del 14/07/2010, Meneghetti, Rv. 248021; Sez. 5, n. 7570 del 22/04/1999, Traverso, Rv. 213639).
In conformità a tali principi la Corte di Appello ha ritenuto nel caso di specie non configurabile la circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 5 cod. pen, osservando che la vittima con il suo comportamento non aveva avuto coscienza e volontà dell'evento, a meno di non voler ipotizzare, con ricorso ad un evidente paradosso, la volontà di suicidarsi. Il ricorrente, di contro, si è limitato a reiterare in maniera generica l'interpretazione della nozione di fatto doloso motivatamente respinta, senza addurre argomenti in grado di inficiare il percorso argomentativo indicato.

6. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 


P.Q.M.

 



Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.