Cassazione Civile, Sez. 6, 10 febbraio 2023, n. 4181 - No alla rendita al coniuge superstite: pur essendoci stata esposizione ad asbesto, le pleuropatie presenti non potevano avere portato a morte


 

Nell'ipotesi di malattia ad eziologia multifattoriale (come appunto nel caso di specie pneumoconiosi associata a placche pleuriche), il nesso di causalità, relativo all'origine professionale della malattia, non può essere oggetto di semplici presunzioni tratte da ipotesi tecniche teoricamente possibili, ma necessita di una concreta e specifica dimostrazione che può essere data anche in termini di probabilità sulla base della particolarità della fattispecie, essendo impossibile nella maggior parte dei casi ottenere la certezza dell'eziologia; è, tuttavia, necessario acquisire il dato della "probabilità qualificata", da verificarsi attraverso ulteriori elementi, come ad esempio dati epidemiologici, idonei a tradurre la conclusione probabilistica in certezza giudiziale.
Pur essendo stato il de cuius sicuramente esposto ad asbesto perché affetto da pleuropatie che erano un segno di una pregressa esposizione, tuttavia tali patologie non potevano avere condotto a morte il P.C. in quanto non avevano determinato alcun risvolto funzionale e che inoltre era impossibile affermare una relazione causale certa tra segni clinici/strumentali presenti nel periziato e diagnosi di asbestosi.


 

Presidente: DORONZO ADRIANA Relatore: CINQUE GUGLIELMO
Data pubblicazione: 10/02/2023
 

Rilevato che


1. Con sentenza n. 397/2021 la Corte di appello di Palermo ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale di Agrigento con la quale era stata respinta la domanda proposta da G.C. diretta ad ottenere la condanna dell'INAIL alla erogazione della rendita quale coniuge superstite di P.C. deceduto per le conseguenze di una malattia professionale contratta per causa di servizio.
2. I giudici di seconde cure hanno rilevato, condividendo le argomentazioni del Tribunale che aveva a sua volta richiamato quelle del nominato ctu, che, pur essendo il P.C. stato sicuramente esposto ad asbesto, tuttavia la patologia di pleuropatia non poteva averlo condotto a morte in quanto non aveva determinato alcun risvolto funzionale.
3. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione G.C., affidato ad un unico articolato motivo, cui hanno resistito con controricorso l'INAIL e la Comi srl.
4. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, ai sensi dell'art. 380 bis cpc.
5. La Comi srl e G.C. hanno depositato memorie.
 

 

Considerato che


1. Con l'unico articolato motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 3 TU n. 1124/1965 nonché degli artt. 40 e 41 cp, in relazione all'art. 360 n. 3 cpc, per avere la Corte distrettuale fatto riferimento alla tematica della causalità in termini di assoluta certezza in luogo, invece, di una corretta indagine improntata ad una relazione di tipo probabilistico; inoltre, evidenzia che la pacifica ed incontestata presenza di placche pleuriche, associata ad una grave insufficienza respiratoria, non erano state valutate neanche in funzione accelleratoria dell'evento morte e ciò in violazione del principio di equivalenza delle cause.
2. Il motivo non è meritevole di accoglimento presentando profili di inammissibilità e di infondatezza.
3. E' infondato perché la Corte territoriale ha applicato correttamente il principio di diritto secondo cui, nell'ipotesi di malattia ad eziologia multifattoriale (come appunto nel caso di specie pneumoconiosi associata a placche pleuriche), il nesso di causalità, relativo all'origine professionale della malattia, non può essere oggetto di semplici presunzioni tratte da ipotesi tecniche teoricamente possibili, ma necessita di una concreta e specifica dimostrazione che può essere data anche in termini di probabilità sulla base della particolarità della fattispecie, essendo impossibile nella maggior parte dei casi ottenere la certezza dell'eziologia; è, tuttavia, necessario acquisire il dato della "probabilità qualificata", da verificarsi attraverso ulteriori elementi, come ad esempio dati epidemiologici, idonei a tradurre la conclusione probabilistica in certezza giudiziale (cfr. Cass. n. 13817/2017).
4. E' inammissibile, poi, perché il giudizio concernente la sussistenza o meno del nesso di causalità tra l'attività lavorativa svolta e l'insorgenza di una malattia professionale costituisce un tipico apprezzamento di fatto rimesso alla discrezionalità valutativa del giudice di merito (Cass. n. 31511/2022).
5. Nella fattispecie, i giudici del merito, condividendo le conclusioni del nominato ctu, hanno sottolineato che, pur essendo stato il de cuius sicuramente esposto ad asbesto perché affetto da pleuropatie che erano un segno di una pregressa esposizione, tuttavia tali patologie non potevano avere condotto a morte il P.C. in quanto non avevano determinato alcun risvolto funzionale e che inoltre era impossibile affermare una relazione causale certa tra segni clinici/strumentali presenti nel periziato e diagnosi di asbestosi; hanno, infine, precisato che la diagnosi di "insufficienza cardio­respiratoria - asbestosi", risultante dall'esame necroscopico, era una diagnosi formulata in assenza di adeguati dati clinici o strumentali patognomici di asbestosi, né era contenuta in una certificazione secondaria ad un esame autoptico ed era, altresì, priva del riscontro dell'espettorato.
6. Si tratta di un ragionamento sorretto da argomentazioni logiche e coerenti, esenti dai vizi di motivazione, come statuiti dalla nuova formulazione dell'art. 360 n. 5 cpc, e costituenti un accertamento di merito non sindacabile in sede di legittimità.
7. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.
8. Al rigetto segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
9. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
 

PQM


La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore di ciascuno dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio che liquida in euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 dicembre 2022