Tribunale di Cuneo, Sez. Lav., 20 ottobre 2022, n. 154 - Risarcimento del danno derivante da mobbing c.d. verticale


Sentenza n. 154/2022 pubbl. il 20/10/2022

R.G. n. 167/2020

Nota a cura di Marini Paolo, "Mobbing: il datore risponde della mancata protezione dell'integrità psico-fisica del lavoratore", in Il quotidiano giuridico/altalex, 24.02.2023


 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI CUNEO
SEZIONE LAVORO

Il Tribunale civile di Cuneo, in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Michele Basta e in funzione di Giudice del lavoro,

ha pronunciato la seguente
SENTENZA


Nella causa civile di primo grado iscritta al n. r.g.167/2020 promossa da

arch. R. V., nato a ***** il ***** e residente in ***** (CF *****) elettivamente domiciliato in Torino, in via San Quintino 40, presso lo studio dell’avv. Piero Nobile (c.f. ***) che lo rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avv. Sofia Mercaldo (c.f. ***), come da procura speciale,

RICORRENTE

contro

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI E PER IL TURISMO,

(c.f. ***), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino (cod. fisc. *** – fax *** – PEC **), domiciliataria in Torino, Via Arsenale n. 21, RESISTENTE
Si intendono richiamati gli atti delle parti ed i verbali di causa per ciò che concerne lo svolgimento del processo e ciò in ossequio al disposto contenuto al n. 4 dell’art. 132 c.p.c., così come inciso dall’art. 45, comma 17, legge 18.6.2009, n. 69.

 

FattoDiritto


PREMESSO CHE

Con ricorso introduttivo l’arch. R. V. ha agito in giudizio dinanzi al Tribunale civile di Cuneo per chiedere l’accoglimento delle seguenti conclusioni:

“Nel merito:

1. In via principale: accertarsi e dichiararsi che il ricorrente è stato vittima di mobbing a far data dal 1/2/2018 e che il Ministero convenuto ha violato gli obblighi imposti dall’art. 2087 cc; per l’effetto condannarsi l’amministrazione convenuta al risarcimento dei danni tutti, patrimoniali non patrimoniali, subiti in ragione dell’inadempimento dedotto, pari ad € 64.322,94 oltre rivalutazione monetaria ed interessi di legge ovvero alla diversa somma che il giudice riterrà conforme ad equità;

2. In subordine: accertarsi e dichiararsi che il ricorrente è stato vittima di straining a far data dal 1/2/2018 e che il Ministero convenuto ha violato gli obblighi imposti dall’art. 2087 cc; per l’effetto condannarsi l’amministrazione convenuta al risarcimento dei danni tutti, patrimoniali non patrimoniali, subiti in ragione dell’inadempimento dedotto pari ad € 64.322,94 oltre rivalutazione monetaria ed interessi di legge ovvero alla diversa somma che il giudice riterrà conforme ad equità;

3. In ogni caso: con vittoria di spese e di onorari di causa.”.

La parte resistente ha invece concluso chiedendo il rigetto del ricorso, perché ritenuto infondato, con vittoria sulle spese di lite.

Ritenuto che

L’oggetto del presente giudizio attiene al risarcimento del danno derivante da mobbing c.d. verticale.

Occorre al riguardo considerare che il termine “mobbing di tipo verticale “racchiude tutte quelle condotte vessatorie, reiterate e durature, individuali o collettive, rivolte nei confronti di un lavoratore ad opera di superiori gerarchici.

Sono caratteristiche di questo comportamento (cfr. Cass. 11 dicembre 2019 n. 32381; Cass. 6 maggio 2019 n. 11777; Cass. 27 aprile 2018 n. 10285; Cass. 19 settembre 2014 n. 19782; Cass. 23 maggio 2013 n. 12725):

- la sua sistematica protrazione nel tempo attraverso una pluralità di atti (giuridici o meramente materiali, anche intrinsecamente legittimi (cfr. C.Cost. 19 dicembre 2003, n. 359; Cass. SU 4 maggio 2004, n. 8438; Cass. SU 12 giugno 2006 n. 13537; Cass. 4 gennaio 2017 n.74; Cass. 17 settembre 2009 n. 20046; Cass. 29 settembre 2005 n. 19053);

- la volontà che lo sorregge, diretta alla persecuzione o all’emarginazione del dipendente (cfr. Trib. Torino 5 maggio 2011 n. 1398), oppure, anche in assenza di un esplicito fine persecutorio, diretta a vessare e mortificare il lavoratore (cfr. Cass. 5 novembre 2012 n. 18927);

- la conseguente lesione arrecata al lavoratore, attuata sul piano professionale, sessuale, morale, psicologico o fisico;

- il nesso causale tra condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico e pregiudizio all’integrità psicofisica del lavoratore (cfr. Cass. 15 febbraio 2016 n. 2920; Cass. 25 settembre 2014 n. 20230).

Di contro, il datore di lavoro, dal canto suo, è responsabile per i comportamenti “mobbizzanti” da quest’ultimo posti in essere in modo doloso, con la specifica intenzione di discriminare e vessare il mobbizzato sino ad esercitare nei suoi confronti una vera e propria forma di violenza morale (cfr. Trib. Roma 28 marzo 2003).

Tanto premesso e con specifico riferimento al caso di specie, occorre rilevare che tutte le richieste inoltrate dall’arch. I. al ricorrente, i procedimenti disciplinari richiesti dalla stessa, la visita di controllo domandata all’INPS, l’inoltro delle comunicazioni a soggetti terzi non avevano altro scopo che ostacolare l’arch. V. nella sua attività professionale e far apparire lo stesso come totalmente incapace ed inadatto al ruolo da lui rivestito.

Dall’esame dei documenti offerti in comunicazione dal ricorrente non emergono infatti ragioni oggettive che giustifichino la condotta della dirigente del Polo (cfr. docc. 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14 fasc. ricorrente). Tutti i comportamenti descritti risultano quindi pretestuosi e diretti a creare un clima poco sereno per l’arch. V..

Inoltre, tutti gli atti posti in essere dal dirigente nel caso di specie si connotano per sistematicità: le mail sono state inviate giornalmente e sempre per conoscenza a soggetti terzi; l’arch. I. ha creato la figura del vice Direttore a Racconigi con lo scopo di svilire il ruolo del Direttore ed esautorare lo stesso e ogni occasione veniva colta per lamentare una pretestuosa inattività e/o incapacità del ricorrente.

Per le concrete modalità con cui si sono svolti i fatti, l’intento lesivo e persecutorio da parte dell’arch. I. nei confronti del ricorrente risulta evidente ed ha causato danni alla salute del ricorrente.

L’arch. V. è sviluppato in ragione della vicenda narrata un “disturbo dell’adattamento con ansia e umore depresso (DSM-5 F 43.23), disturbo di tipo complicato per la presenza di una polarizzazione dell’ideazione sulle tematiche del lavoro e sull’attuale vicenda”, come certificato dai certificati medici prodotti, compresa la relazione redatta dal Dott. Vitalucci dell’AOU città della Salute e della Scienza per la S.C. Medicina del Lavoro.

Infine, risulta dimostrato dai fatti ed accertato dal medico legale nonché dalla Medicina del Lavoro che sussiste il nesso di causa tra la patologia insorta nel ricorrente in ragione del clima lavorativo e degli atti posti in essere dall’arch. I.: nel certificato della Medicina del Lavoro si legge, infatti, “il nesso di concausa appare congruo e riconoscibile rispetto alle vessazioni subite in sede e di lavoro”; nella relazione del medico legale viene affermato che la condizione di lavoro descritta dal periziato ha svolto “un ruolo causale” nel disturbo psicopatologico insorto nell’arch. V. dopo i fatti per cui è causa (cfr. doc. 54 fasc. ricorrente).

Da tali considerazioni ne deriva l’accertamento della condotta di mobbing perpetrata nel caso di specie. A tal riguardo, è necessario evidenziare che incombe a carico del datore di lavoro o del superiore gerarchico, come accaduto nella vicenda oggetto del presente giudizio, l’onere di provare di aver adempiuto all’obbligo di protezione dell’integrità psicofisica del lavoratore; è posto invece a carico del lavoratore l’onere di provare la lesione dell’integrità psicofisica, nonché il nesso di causalità tra l’evento dannoso e l’espletamento della propria prestazione lavorativa (Cass. 14 maggio 2014 n. 10424; Cass. 19 maggio 2012 n. 4321; Trib. Trieste 5 luglio 2013).

Ne deriva quindi che nel caso di specie risulta oggettivamente provato dall’esame dei documenti in atti offerti in comunicazione da parte ricorrente il carattere persecutorio e reiterato delle condotte poste in essere dall’arch. I.. E’ necessario infatti rilevare che tutte le comunicazioni inviate, in cui si lamentava un’inattività dell’arch. V. o una sua incapacità, sono inoltre state inoltrare per conoscenza a soggetti terzi (quali associazioni sul territorio ed organi politici), a sottoposti del ricorrente (gli addetti alla Fruizione Assistenza e Accoglienza) nonché agli organi centrali del Ministero con il solo evidente fine di danneggiare l’immagine del Direttore. Ancora, è stato richiesto all’arch. V. di porre in essere compiti che erano già stati svolti dal Vicedirettore e già consegnati al Dirigente del Polo. Al ricorrente è stato altresì chiesto di relazionare su episodi completamente estranei alla sua sfera di controllo, con il fine di porre nel dubbio le sue capacità. L’arch. I. ha riferito agli organi di stampa pretesi inadempimenti del ricorrente, privi di ogni riscontro o fondamento. Ancora, è stata inviata una visita fiscale al domicilio del lavoratore quando questi aveva comunicato al Polo che sarebbe stato assente per sottoporsi ad una visita specialistica.

Con specifico riferimento al danno conseguenza risarcibile occorre considerare che la violazione delle disposizioni contenute nell’art. 2087 c.c. costituisce inadempimento contrattuale e, di conseguenza, ai sensi dell’art. 1218 c.c. obbliga colui che lo ha commesso a risarcire il danno subito dalla controparte in tutte le sue componenti sia patrimoniali che non patrimoniali.

Il danno non patrimoniale, secondo i recenti orientamenti del Giudice delle Leggi e della Corte di legittimità, deve essere inteso in modo unitario ed onnicomprensivo, con “l’obbligo per il giudice di merito di tener conto ai fini risarcitori di tutte le conseguenze (modificative in pejus della precedente situazione del danneggiato) derivanti dall’evento di danno, nessuna esclusa, con il concorrente limite di evitare duplicazioni attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici” (da ultimo Cass. 2788/2019).

In sostanza, il Giudice deve accertare in concreto il danno valutando “congiuntamente, ma in modo distinto, la compiuta fenomenologia della lesione non patrimoniale, e, cioè, tanto l’aspetto interiore del danno sofferto (il danno definito morale, da identificarsi con il dolore, la vergogna, disistima di sé, paura ovvero disperazione) quanto quello dinamico relazionale (atto ad incidere in senso peggiorativo su tutte le relazioni di vita esterne al soggetto). La misura standard del risarcimento può essere aumentata (…) in presenza di conseguenze dannose del tutto anomale, eccezionali e del tutto peculiari” (Cass. 2020/2020).

Nel caso oggetto del presente giudizio, risulta dalla certificazione medica prodotta che l’arch. V. in ragione dell’inadempimento posto in essere dal ministero convenuto ha sviluppato un “disturbo dell’adattamento con ansia e umore depresso (DSM-5 F 43.23), disturbo di tipo complicato”; le condizioni lavorative avverse hanno determinato sofferenza personale al lavoratore con ripercussioni fortemente negative “sugli aspetti relazionali e risorse personali con compromissione della qualità della vita, dei rapporti sociali, riduzione
delle abilità propositive e progettuali”.

Tale lesione costituisce evidentemente un danno alla salute, anche nell’aspetto dinamico relazionale, che è stato quantificato dal medico legale nella perizia offerta in comunicazione dal ricorrente pari al 15% di danno biologico permanente; nonché è stata riconosciuta un’invalidità temporanea pari a 10 mesi di cui 1 mese a parziale massima al 50% e due mesi a parziale minima del 25% ed i restanti al 15%. Tali parametri possono essere considerati dal Giudice come misura per quantificare in via equitativa il danno conseguenza risarcibile in favore del ricorrente, considerato al riguardo che, pur essendo gli stessi oggetto di perizia di parte, tuttavia la relativa quantificazione non è stata contestata in modo specifico da parte resistente, la quale ha invece prospettato a tal fine allegazioni solo generiche che non trovano alcun riscontro probatorio, neanche su base indiziaria ex art. 2727 c.c..

Ne deriva pertanto che stante l’età del ricorrente (47 anni) e la previsione delle Tabelle di Milano del 2021 il danno sopra indicato può essere così quantificato:

 

Tabella di riferimento: Tribunale di Milano 2021

 

Età del danneggiato alla data del sinistro

47 anni

 

Percentuale di invalidità permanente

15%

 

Punto danno biologico

€ 2.763,15

 

Incremento per sofferenza soggettiva (+ 31%)

non riconosciuto

 

Punto base I.T.T.

€ 99,00


 

Giorni di invalidità temporanea totale

0

 

Giorni di invalidità temporanea parziale al 50%

30

 

Giorni di invalidità temporanea parziale al 25%

60

 

Giorni di invalidità temporanea parziale al 15%

210

 

Danno non patrimoniale risarcibile

€ 31.914,00

 

Invalidità temporanea parziale al 50%

€ 1.485,00

 

Invalidità temporanea parziale al 25%

€ 1.485,00

 

Invalidità temporanea parziale al 15%

€ 3.118,50

 

Totale danno biologico temporaneo

€ 6.088,50

 

Spese mediche

€ 2.021,30

 

TOTALE GENERALE:

€ 40.023,80


Sulla somma così determinata a titolo risarcitorio devono essere riconosciuti gli interessi compensativi del danno derivante dal mancato godimento dell’equivalente pecuniario del bene perduto, decorrenti, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte Suprema (sent. n. 1712/95), dalla produzione dell’evento di danno fino al tempo della liquidazione e che si calcolano al tasso legale sulla somma devalutata alla data del fatto e via via rivalutata nell’arco di tempo suddetto e non sulla somma già rivalutata; dal giorno della liquidazione all’effettivo saldo decorrono inoltre gli interessi legali sulla somma sopra liquidata in moneta attuale.

In conclusione, dalle considerazioni delineate si evince la fondatezza del ricorso, che deve essere pertanto integralmente accolto, con conseguente condanna a carico della parte resistente di risarcire il danno derivante da mobbing in favore di parte ricorrente nella misura indicata.

Le spese processuali seguono la regola della soccombenza e si liquidano come in dispositivo in applicazione dei parametri previsti dal DM n.55/2014 e, dato atto del modesto grado di difficoltà della decisione, considerando i valori minimi delle seguenti fasi del presente giudizio: studio; introduttiva; istruttoria/trattazione; decisionale.

 

P.Q.M.
 


Il Tribunale civile di Cuneo, in composizione monocratica e in funzione del Giudice del lavoro, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, così dispone:

1) accoglie il ricorso e, per l’effetto, accerta e dichiara tenuta parte resistente a risarcire in favore di parte ricorrente il danno derivante da mobbing, con conseguente condanna di parte resistente a pagare in favore di parte ricorrente l’importo pari ad euro € 40.023,80, con interessi legali e rivalutazione monetaria come indicato in motivazione;

2) condanna parte resistente a pagare in favore di parte ricorrente le spese processuali, che così si liquidano: in euro 4.050 per onorari e compensi; oltre il 15% della somma che precede per spese generali.

IVA e Cassa come per legge.

Cuneo, 20.10.2022

Il Giudice
dott. Michele Basta