Cassazione Penale, Sez. 4, 27 febbraio 2023, n. 8475 - Mancanza di parapetti a protezione del ciglio degli scavi e frattura da scoppio alla colonna vertebrale del lavoratore


 

 

Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: DAWAN DANIELA Data Udienza: 18/10/2022
 

 

Fatto




1. La Corte di appello di Brescia, in riforma della sentenza del Tribunale di Bergamo, impugnata dalla parte civile Z.A., ha dichiarato la responsabilità, ai fini civili, di S.F. e A.S., in ordine al reato loro ascritto, condannandoli in solido tra loro al risarcimento dei danni patiti dalla parte civile, da liquidarsi in separato giudizio, ed assegnando alla detta parte civile una provvisionale pari ad euro 50.000.

2. S.F., in qualità di titolare della impresa individuale Edil SWF di S.F., responsabile dell'area di cantiere sito in S. Giovanni Bianco, via Cornalita, dove è avvenuto l'infortunio, A.S., quale legale rappresentante della Calepio Scavi s.p.a., datrice di lavoro dell'infortunato, sono stati chiamati a rispondere di avere, con condotte colpose tra loro indipendenti, cagionato a Z.A. , lesioni personali consistenti in frattura da scoppio alla colonna vertebrale, da cui derivava allo stesso una malattia con incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai 40 giorni. Reato ascritto a titolo di colpa generica, nonché per inosservanza delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e, segnatamente, per non aver adottato adeguati parapetti a protezione del ciglio degli scavi o idonee opere provvisionali o comunque precauzioni atte ad evitare cadute; per non avere assicurato con opportune azioni di coordinamento e controllo l'applicazione delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza della Edil SWF e, comunque, vigilato affinché fossero rispettate le norme di tutela della sicurezza. Con riguardo ad A.S., anche per non aver redatto il piano operativo di sicurezza con valutazione dei rischi specifici presenti sul cantiere; per aver omesso di formare ed informare adeguatamente il lavoratore sui rischi specifici cui era esposto in relazione all'attività svolta e con riguardo alle specifiche normative di sicurezza; comunque, per non aver adottato nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, erano necessarie a tutelare l'integrità fisica del lavoratore. Accadeva così che, mentre eseguiva rilievi nell'area del cantiere formalmente di pertinenza della Edil SWF, Z.A. precipitava nello scavo non protetto riportando le lesioni sopra menzionate (31/07/2006).

3. Il Tribunale di Bergamo aveva assolto gli imputati ritenendo non provata, al di là di ogni ragionevole dubbio, la loro colpevolezza, considerata, in particolare, la circostanza che non è stato possibile ricostruire con certezza la dinamica degli eventi determinativi dell'infortunio. La deposizione della persona offesa, costituita parte civile, era stata reputata non dotata dei requisiti di precisione e sufficiente specificità, sia con riguardo al luogo ove si sarebbe verificato l'evento, sia con riguardo alla dinamica del predetto. Neppure le testimonianze assunte avevano, a dire del Giudice di primo grado, portato elementi di certezza in ordine alla dinamica dell'infortunio.

4. La Corte di appello, ritenuto necessario rinnovare l'istruttoria dibattimentale con l'audizione della persona offesa e del teste B.B., tecnico della ASL di Bergamo, ha ritenuto fondato l'appello proposto dalla parte civile, reputando superate le perplessità del Tribunale sulla dinamica dell'infortunio, come ricostruito innanzitutto sulla base delle dichiarazioni dallo rese Z.A. innanzi al Tribunale e alla Corte territoriale. Dichiarazioni che risultano riscontrate dalla documentazione medica in atti e dalle dichiarazioni rese dal UPG tecnico della prevenzione della ASL, B.B., nel giudizio di primo grado ed in sede di rinnovazione istruttoria nel giudizio di appello.

5. Avverso la sentenza di appello ricorrono entrambi gli imputati, per il tramite dei rispettivi difensori.

6. Il ricorso di S.F. si articola su tre motivi:
6.1. Con il primo motivo, si deducono inosservanza ed erronea applicazione di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nell'applicazione della legge penale. La Corte di appello, cui spettava pronunciarsi sull'impugnazione ai soli effetti civili, avrebbe dovuto considerare unicamente gli elementi costitutivi dell'illecito civile, senza riconoscere, neppure incidenter tantum, la responsabilità dell'imputato per il reato estinto. In materia di responsabilità civile, l'onere della prova, ai sensi dell'art. 2087 cod. civ., grava sul lavoratore. Sul punto, la Corte territoriale non ha considerato che l'applicazione della norma di cui all'art 2087 cod. civ. concerne le prestazioni svolte in regime di subordinazione e che la responsabilità del datore di lavoro non può operare nei rapporti con collaboratori esterni non dipendenti. Nel caso di specie, il lavoratore infortunato era dipendente della società Calepio Scavi cui la Edil SWF di S.F. aveva subappaltato i lavori di scavo, di talché non è configurabile una responsabilità del committente per gli eventi verificatisi nell'esecuzione dell'appalto.
6.2. Con il secondo motivo, si deducono la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione alla ricostruzione della dinamica dell'evento, giacché questo è stato ricostruito sulla base delle dichiarazioni rese della sola persona offesa. Va, peraltro, evidenziata la contraddittorietà tra tali dichiarazioni rispetto a quelle dell'organo accertatore. Le dichiarazioni dello Z.A., inoltre, sono risultate non sufficientemente determinate, sia con riguardo al luogo ove si sarebbe verificato l'evento, sia con riguardo alla dinamica dell'infortunio. Parimenti si dica con riguardo alle dichiarazioni del teste B.B..
6.3. Con il terzo motivo, si lamenta la mancanza di motivazione, laddove la Corte di appello, in considerazione del comportamento anomalo intrapreso dal lavoratore, non ha valutato il suo concorso nella causazione dell'evento.

7. Il ricorso di A.S. consta di quattro motivi.
7.1. Con il primo si deduce contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla qualifica, in capo all'imputato, di "datore di lavoro". La Corte di appello di Brescia ha dedicato un apposito paragrafo alla questione se l'imputato potesse reputarsi responsabile attesa la sua posizione di amministratore giudiziario. La Corte di appello non ha letto adeguatamente la visura camerale, già prodotta nel dibattimento di primo grado: da questa risulta che, in data 26/01/1994, era stato nominato direttore tecnico B.L. (coimputato non ricorrente), al quale successivamente erano stati conferiti poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione (come da verbale del consiglio di amministrazione del 16/07/2004). A sovrintendere il cantiere era dunque preposta la persona espressamente incaricata dal consiglio di amministrazione della società. Contraddittoria è, pertanto, la riflessione della Corte di appello laddove non solo ignora la presenza di un'esatta figura di garanzia per le responsabilità del cantiere (il B.L.), ma erra nell'affermare che A.S. non avesse provveduto a rilasciare alcuna delega in materia di sicurezza sul lavoro. L'erronea equiparazione dell'amministratore giudiziario al datore di lavoro ha indotto la Corte di Brescia ad imputare all'A.S. anche la mancata adozione e predisposizione del Pos da parte della società Calepio Scavi s.p.a.. Non questo è il compito dell'amministratore giudiziario, cui spettava verificare le violazioni denunciate nei confronti degli amministratori precedentemente in carica da parte del collegio sindacale, nonché revisionare la contabilità aziendale, assumendo le conseguenti decisioni. Non si comprende, in sostanza, quale posizione di garanzia dovesse rivestire l'amministratore giudiziario attesa la sua funzione eminentemente contabile.
7.2. Con il secondo motivo, si deduce mancanza della motivazione per sottovalutazione di fatti processuali. Il riferimento è all'operato della persona offesa la quale si muoveva tra gli scavi del cantiere con la biro in bocca, il metro in una mano, il block notes nell'altra. Si tratta di un comportamento gravemente irresponsabile.
7.3. Con il terzo motivo, si lamenta contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione al confronto tra le sentenze di primo grado e quella di appello con riguardo alla differente valutazione delle dichiarazioni della persona offesa.
7.4 Con il quarto motivo, si deduce la mancanza e la contraddittorietà della sentenza con riguardo alla affermazione della persona offesa di non aver ricevuto alcun risarcimento del danno, nemmeno dall'Inail. L'assunto è smentito dalla documentazione che il ricorrente allega al ricorso. La provvisionale pari ad euro 50.000 è stata pertanto disposta in ragione delle dichiarazioni inveritiere rese dalla persona offesa.

8. In data 30/09/22, sono pervenute procura speciale e revoca della costituzione di parte civile unicamente nei confronti di A.S.. In pari data, sono pervenuti atto di transazione e memoria degli avvocati Michele Ribaudo e Giovanni Aricò nell'interesse del predetto A.S..

9. Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

 

Diritto



1. Il ricorso di S.F. deve essere rigettato. La sentenza impugnata deve, invece, essere annullata senza rinvio nei confronti di A.S., con conseguente revoca delle statuizioni civili.

2. Ricorso S.F..
Il primo motivo è manifestamente infondato. All'epoca della sentenza di primo grado, come esattamente afferma la sentenza impugnata (p. 21), non risultava ancora decorso il termine di prescrizione del reato ascritto gli imputati; la parte civile aveva proposto appello ai sensi dell'articolo 576, comma 1, cod. proc. pen., ai soli effetti della responsabilità civile, contro la sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio.
Le sanzioni civili nel processo penale presuppongono, come è noto, un accertamento di responsabilità dell'imputato - che, evidentemente, non va confuso con una pronuncia di condanna - proprio in ragione del disposto dell'articolo 185, comma 2, cod. pen., a mente del quale "ogni reato che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale obbliga al risarcimento il colpevole...". Ne deriva che il giudice penale è tenuto ad applicare le regole di giudizio del diritto penale - e non quelle del diritto civile - essendo in questione il danno da reato e non mutando la natura risarcitoria della domanda proposta ai sensi dell'art. 74 cod proc. pen.
La dinamica dell'evento e l'attendibilità della ricostruzione offerta dall'infortunato, oggetto del secondo motivo di ricorso, investono profili di ricostruzione del fatto e di valutazione della prova riservati alla cognizione del giudice di merito, le cui determinazioni, al riguardo, sono insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esauriente ed idonea a dar conto dell'iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum. In tema di sindacato del vizio di motivazione, infatti, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all'affidabilità delle fonti di prova, bensì di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Sez. U, n. 930 del 13/12/1995, dep. 1996, Clarke, Rv. 203428 - 01). Sul punto, la Corte territoriale offre compiuta motivazione sulla ricostruzione del fatto di reato nonché sulle ragioni alla base del giudizio di attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa. Ha ricordato che, al momento dell'infortunio, Z.A. stava effettuando rilievi sulle opere eseguite dalla Calepio per conto della ditta del S.F., in particolare sugli scavi relativi agli scivoli e che questi si trovava in un'area "mista", ove lavoravano la ditta del S.F. e la Calepio Scavi di cui era dipendente. La persona offesa ha precisato che in quest'area non erano stati predisposti parapetti, né dall'una né dall'altra impresa. La Corte di merito ha fondato il giudizio di attendibilità delle dichiarazioni di Z.A. osservando che, pur rese a distanza di tempo, esse risultano « sostanzialmente costanti e non contraddittorie, anche con quanto riferito da Z.A. all'UPG dell'ASL, B.B., in epoca prossima il sinistro e quanto dal medesimo riferito in data 21.11.2006 presso la Direzione Provinciale del Lavoro di Bergamo all'Ispettore del Lavoro» e che esse hanno trovato riscontro, oltre che nella documentazione medica in atti, anche nelle dichiarazioni rese dal B.B. innanzi al Tribunale e, in sede di rinnovazione istruttoria, nel giudizio di appello. La sentenza impugnata osserva, in particolare, che l'avere Z.A., nel giudizio di primo grado, attribuito allo scavo una profondità di circa 2-3 metri anche nel punto in cui egli era caduto - diversamente dalla misura accertata in realtà (un metro e mezzo) - non appare certo riconducibile alla scarsa credibilità della persona offesa ma ad un ricordo ampliato e probabilmente suggestionato dalla rovinosità della caduta e che, comunque, il fatto che egli abbia affermato che gli era mancata la terra sotto i piedi appare compatibile con il distacco/ cedimento dal bordo dello scavo anche di poca terra. La Corte di merito ha ritenuto le dichiarazioni dell'infortunato veritiere anche laddove questi ha escluso di aver scavalcato alcuna recinzione/parapetto quando si è recato verso il ciglio dello scavo per effettuare le misurazioni. Dichiarazioni, si legge nell'impugnata sentenza, confortate anche da un attento esame delle fotografie in atti. Ha, pertanto, reputato pienamente attendibile la persona offesa allorquando questa ha sostenuto che c'erano parapetti solo in alcune zone e che, in particolare, nella zona ove era passata per recarsi sul bordo del ciglio a fare i rilievi ed è poi caduta, c'erano solo dei paletti conficcati a terra ma senza alcuna fodera in legno e che non aveva scavalcato alcun parapetto, così come, del resto, aveva riferito il teste dell'ASL, B.B., allorquando aveva spiegato che i parapetti presenti non erano realizzati correttamente, perché in parte divelti, in parte rotti e, comunque, non completi ed inidonei ad assolvere la loro funzione di protezione dalle cadute.
Il S.F. - che rivestiva una posizione di garanzia, in quanto titolare della impresa individuale Edil SWF di S.F., impegnata nelle lavorazioni dell'area di cantiere dove è avvenuto l'infortunio - ha disatteso gli obblighi su di lui gravanti i quali investivano l'onere di predisporre quanto necessario per garantire la sicurezza sui luoghi di lavoro di coloro che vi operavano e vi avrebbero operato, nulla rilevando, sotto questo profilo, la circostanza che il datore di lavoro dell'infortunato fosse la Calepio Scavi s.p.a. Le argomentazioni della difesa al riguardo sono, pertanto, destituite di fondamento.
Deve essere respinto anche il terzo motivo di ricorso. Quanto alla nozione di "abnormità" del comportamento della persona offesa che il ricorrente ritiene configurabile nella specie e tale da escluderne la responsabilità, il Collegio ritiene che la Corte di appello di Brescia abbia correttamente escluso che il comportamento dell'infortunato possa considerarsi abnorme e idoneo a interrompere il nesso causale fra la condotta contestata all'imputato e l'evento lesivo.
Va ricordato come, secondo il dictum di questa Corte di legittimità, il destinatario dell'obbligo di adottare le misure di prevenzione, è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia stato posto in essere da quest'ultimo del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli - e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro - o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nell'esecuzione del lavoro. Il Collegio ribadisce il principio più volte affermato da questa Sezione Quarta (ex multis, la sentenza n. 3787 del 17/10/2014, dep. 2015, Bonelli, Rv. 261946, in motivazione; la n. 7364 del 14/1/2014, Scarselli, Rv. 259321), secondo cui non esclude la responsabilità del datore di lavoro il comportamento imprudente (o negligente) del lavoratore infortunato che abbia dato occasione all'evento, quando questo sia riconducibile comunque all'insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio derivante dal tale comportamento imprudente. Invero, le norme dettate in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro perseguono il fine di tutelare il lavoratore persino in ordine ad incidenti derivati da sua negligenza, imprudenza od imperizia, sicché la condotta imprudente dell'infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l'evento quando sia comunque riconducibile all'area di rischio inerente all'attività svolta dal lavoratore ed all'omissione di doverose misure antinfortunistiche da parte del datore di lavoro. In proposito, alla luce della più recente giurisprudenza di legittimità sul punto, deve considerarsi che é interruttiva del nesso di condizionamento la condotta abnorme del lavoratore quando essa si collochi in qualche guisa al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso. Tale comportamento é "interruttivo" nonperché "eccezionale" ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri; in tempi recenti, tra le altre, Sez. 4, n. 5794 del 26/01/2021, Chierichetti, Rv. 280914; Sez. 4, n. 15124 del 13/12/2016, dep. 2017, Gerosa e altri, Rv. 269603).
Nella specie, la sentenza impugnata ha escluso che la condotta sopravvenuta del lavoratore possa essere considerata abnorme, eccezionale, eccentrica ed esorbitante e causa da sola sufficiente ad interrompere il processo causale, e ciò in considerazione della inidoneità delle misure di sicurezza adottate, delle carenze nell'individuazione e gestione di un rischio compreso nella lavorazione a cui era stato assegnato il lavoratore deceduto, delle carenze di informazione.

3. La sentenza impugnata, pronunciata sull'appello proposto dalla sola parte civile, deve essere annullata senza rinvio nei confronti di A.S., in considerazione della revoca della costituzione di parte civile intervenuta con esclusivo riguardo a questo imputato, in ragione della transazione di cui si è più sopra dato conto.

4. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di A.S., con revoca delle statuizioni civili. Deve, invece, essere rigettato il ricorso di S.F. che va condannato al pagamento delle spese processuali.


 

P.Q.M.
 



Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di A.S. e revoca le statuizioni civili. Rigetta il ricorso di S.F. che condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 18 ottobre 2022