• Datore di Lavoro
  • Lavoratore
  • Infortunio sul Lavoro

 

Responsabilità del legale rappresentante di una srl per infortunio a proprio dipendente il quale, addetto ad una macchina taglierina, apriva manualmente lo sportello per rimuovere del materiale residuo e, nell'occasione, entrava in contatto, con la mano destra, con il rullo lamato ancora in movimento, rimanendo gravemente danneggiato.

 

Condannato in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione -  Inammissibile.

 

"E' stata dunque accertata, ben potendo riconoscersi valore probatorio alle dichiarazioni dello stesso imputato, la presenza del G. nel cantiere con la funzione di dirigente e con competenza estesa alla sicurezza del lavoro. Sua era pertanto la responsabilità di controllare che le macchine che venivano utilizzate nello stabilimento in questione fossero in regola con le norme di sicurezza, il che non avveniva con la "taglierina" in questione, che era priva del necessario dispositiva di blocco."

 

"In tema di infortuni sul lavoro, l'accertamento della qualità di destinatario delle norme va condotto in concreto con riferimento alla singola impresa, alle mansioni svolte, alla specifica sfera di responsabilità attribuita".


 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MARZANO Francesco - Presidente

Dott. ZECCA Gaetanino - Consigliere

Dott. GALBIATI Ruggero - Consigliere

Dott. IACOPINO Silvana Giovanna - Consigliere

Dott. BIANCHI Luisa - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da: 1) G.G. N. IL (OMISSIS);

1) A. S.R.L. PRESSO AVV. FRONTELLA NADIA VIA M.TE NERO 53;

avverso la sentenza n. 4052/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del 28/04/2009; visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/02/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUISA BIANCHI;

udito il P.G. in persona del Cons. Dott. Salvi Giovanna che ha concluso per il rigetto del ricorso.
 
 
 
FattoDiritto

 

In data 27.8.2003 nello stabilimento A. sito in (OMISSIS) si verificava un incidente sul lavoro; l'operaio S. A., dipendente della A. Italia srl, addetto ad una macchina taglierina, apriva manualmente lo sportello per rimuovere del materiale residuo e, nell'occasione, entrava in contatto, con la mano destra, con il rullo lamato ancora in movimento, rimanendo gravemente danneggiato.
Si accertava che il macchinario era sprovvisto del dispositivo di blocco automatico atto ad arrestare immediatamente il rullo in caso di apertura dello sportello. Per tale fatto si iniziava procedimento penale nei confronti di G. G., nella qualità di legale rappresentante della A. Italia srl.

Il Tribunale di Milano - Legnano ravvisava la responsabilità del predetto e lo condannava, concesse le attenuanti generiche equivalenti alla aggravante, alla pena ritenuta di giustizia e al risarcimento del danno in favore dell'operaio infortunato,costituitosi parte civile.

La Corte di appello di Milano confermava la sentenza.

Rispondendo ad apposita censura sollevata dall'imputato sul tema della propria individuazione quale responsabile dell'infortunio, la Corte osservava che il G., come risultava dalle sue stesse dichiarazioni, era stato designato quale responsabile dello stabilimento in cui si era verificato l'incidente anche ai fini del rispetto della normativa antinfortunistica ed aveva accettato ed adempiuto a tale incarico, curando di essere presente nello stabilimento ed avendo piena consapevolezza della situazione di grave irregolarità dal punto di vista della sicurezza, in genere, dei macchinari e, specificamente, della taglierina; ma ciò nonostante egli aveva continuato a far funzionare lo stabilimento come se nulla fosse.
Aggiungeva, al solo dichiarato fine di completezza, che ad analoga conclusione doveva pervenirsi tenendo presente i passaggi e le trasformazioni che avevano interessato la società in questione, dovendosi ritenere che nella complessiva situazione esistente il G. avesse sempre rivestito incarico di amministratore con compiti estesi anche alla cura della sicurezza.

Avverso tale sentenza ha presentato ricorso a questa Corte la difesa dell'imputato.


Deduce il vizio di inosservanza di norme processuali per il mancato proscioglimento ex art. 129 cpp, cui si sarebbe dovuti pervenire non appena preso atto che egli non rivestiva la contestata qualità di amministrare di A. Italia; nonchè quello di difetto di motivazione per non aver tenuto conto, nell'affermazione di responsabilità, di tale circostanza dimostrata dalla visura camerale "storica" di A. Italia; i giudici erano censurabili per non aver attribuito maggior valenza probatoria ai documenti versati in atti, piuttosto che valorizzare, come avevano fatto, le dichiarazioni dello stesso imputato, rilasciate al di fuori del giuramento di rito e nelle quali comunque mai era emerso un espresso riconoscimento circa una propria qualifica di legale rappresentante di A. Italia srl, come contestato nel capo di imputazione.
Le dichiarazioni del G. erano state travisate, avendo egli ribadito che al momento dell'incidente esisteva solo A.Ne. (non menzionata nel capo di imputazione) al cui interno egli non rivestiva nessun specifico ruolo, come dimostrato dalla procura speciale 18.6.2003, prodotta in atti, che non prevedeva alcuna competenza in materia prevenzionale; i giudici, pur consapevoli della sua estraneità a Ampacet Italia, del fatto che al momento dell'incidente esisteva solo A. Ne. con un proprio legale rappresentante nella persona di P.D. e dunque dell'ovvia conseguenza che tale qualifica non poteva essere attribuita al G., hanno comunque, contraddittoriamente, pronunciato condanna contro il medesimo.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile perchè proposto per motivi non specifici, non consentiti, manifestamente infondati.

La Corte di appello, come sopra si è riferito, ha accertato - con valutazione di merito che è insindacabile in questa sede, donde la inammissibilità dei motivi proposti nella misura in cui sono volti a contestare tale accertamento - la presenza del G. nello stabilimento dove si è verificato l'incidente con funzioni di dirigente che si estendevano al controllo della sicurezza.
Il G., secondo quanto lui stesso aveva dichiarato nell'interrogatorio di cui riferisce la sentenza impugnata, "aveva avuto di fatto l'incarico di supervisionare lo stabilimento di (OMISSIS) nonchè, sempre di fatto di fungere da direttore generale dello stesso (testualmente "a quel tempo, siccome non c'era un dirigente nel vero senso della parola, ma solo degli impiegati, ero io, alla fine, che praticamente facevo le vesti del direttore di stabilimento, in quanto ero l'unico dirigente").
Nello stabilimento di (OMISSIS) non era previsto un delegato per la sicurezza per cui (secondo le parole del G. stesso) "ero io che coordinavo un pò le persone come già facevo presso lo stabilimento di (OMISSIS) ... che coordinavo un po' tutti i lavori" frequentando abitualmente tale stabilimento.

E' stata dunque accertata, ben potendo riconoscersi valore probatorio alle dichiarazioni dello stesso imputato, la presenza del G. nel cantiere con la funzione di dirigente e con competenza estesa alla sicurezza del lavoro. Sua era pertanto la responsabilità di controllare che le macchine che venivano utilizzate nello stabilimento in questione fossero in regola con le norme di sicurezza, il che non avveniva con la "taglierina" in questione, che era priva del necessario dispositiva di blocco. In tale situazione, non giova al ricorrente l'insistenza sui passaggi societari che hanno interessato la società A., al fine di dimostrare la mancanza di una formale investitura del medesimo ad amministratore della società.

La posizione di fatto da lui ricoperta era infatti sufficiente a farne sorgere la responsabilità, essendo pacifico (da ultimo sez. 4^ 8.11.2007 n. 47173 rv. 238356) che "In tema di infortuni sul lavoro, l'accertamento della qualità di destinatario delle norme va condotto in concreto con riferimento alla singola impresa, alle mansioni svolte, alla specifica sfera di responsabilità attribuita".


P.Q.M.

La Corte:

- Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1000,00 (mille/00) in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2010. Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2010