Cassazione Civile, Sez. 3, 20 marzo 2023, n. 7922 - Responsabilità di Ausl e Cooperativa per la caduta del disabile dal pulmino. Sicurezza nel trasporto


 


Presidente Scarano – Relatore Gorgoni

 

Rilevato che

P.D., tutrice della sorella P.M. , interdetta, conveniva in giudizio la Cooperativa Sociale La Romagnola a r.l. e l'Ausl (omissis), per sentirle condannare al pagamento in solido di Euro 15.628,01, o della somma ritenuta di giustizia, per i danni riportati da P.M. , il giorno 17 aprile 2004, cadendo, nell'atto di scendere dal pullmino che utilizzava tutti i giorni per raggiungere il Centro di Terapia Occupazione di Riccione;

l'Ausl (omissis) declinava la propria responsabilità, attribuendola in via esclusiva alla Cooperativa Sociale La Romagnola a r.l., cui, a seguito di licitazione privata, era stato affidato il servizio di trasporto socio-sanitario per disabili della Provincia di Rimini, e otteneva di chiamare in causa Assitalia Assicurazioni S.p.A., assicuratrice per la r.c.a. del pullmino;

Assitalia Assicurazioni S.p.A., costituitasi, eccepiva l'inoperatività della garanzia r.c.a., perché il sinistro non era riconducibile alla circolazione stradale, ma a difetto di assistenza a persona incapace e, nel merito, chiedeva di accertare la responsabilità esclusiva della Cooperativa La Romagnola e della Ausl (omissis);

la Cooperativa La Romagnola eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva, non avendo alcun rapporto contrattuale con P.M., e, nel merito, ascriveva la caduta ad un fatto accidentale;

il Tribunale di Rimini, con sentenza n. 1682/2010, riconosceva la responsabilità ex art. 2043 c.c. della Cooperativa Sociale La Romagnola, per non avere adottato le necessarie cautele, richieste dalle circostanze del caso, per salvaguardare l'incolumità della passeggera, tenuto conto delle sue condizioni fisiche e psichiche, condannandola, a tale titolo, al pagamento di Euro 7.120,49, escludeva, invece, la responsabilità dell'Ausl (omissis), non ravvisando a suo carico nè una culpa in eligendo, nè una sua ingerenza nell'esecuzione del contratto di appalto che avesse degradato il ruolo della cooperativa a mera esecutrice dei suoi ordini;

la Corte d'Appello di Bologna, con la sentenza n. 2564/2019, ha riformato quella di prime cure, rigettando la domanda proposta da P.D. -nella qualità - condannandola a restituire quanto ricevuto in esecuzione della sentenza del Tribunale ed al pagamento delle spese di lite relative al giudizio di primo grado sopportate dalla società Cooperativa La Romagnola Onlus ed al pagamento delle spese di lite affrontate nel giudizio di appello dalla società cooperativa e dalla Ausl (omissis);

P.D., nella qualità indicata, ricorre, proponendo cinque motivi, per la cassazione di detta sentenza;

resistono con separati controricorsi la Ausl (omissis), Generali Italia S.p.A., la Cooperativa La Romagnola;

la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell'art. 380 bis 1 c.p.c.;

il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte;

hanno depositato memoria la Cooperativa La Romagnola e Generali Italia S.p.A.

Considerato che

1) con il primo motivo è dedotto l'omesso esame di un fatto storico la cui esistenza risulta dagli atti processuali, oggetto di discussione tra le parti e avente carattere decisivo per il giudizio, ai sensi dell'art. 360,1 comma, n. 5, c.p.c., e la violazione dell'art. 111,6 comma, Cost. e dell'art. 132,2 comma, n. 4 c.p.c.;

secondo quanto rappresentato dalla ricorrente, la Corte d'Appello non avrebbe tenuto conto della grave invalidità (100%) di P.M. , dei suoi seri disturbi sul versante comportamentale relazionale, della cerebropatia neonatale, dell'incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita, del fatto che beneficiasse dell'indennità di accompagnamento, come comprovato dalla documentazione medica della AUSL e, in particolare, dalla Certificazione AUSL - Dipartimento salute mentale e Verbale della Commissione medica AUSL accertamento invalidità-accompagnamento, nonché dalla CTU medicolegale e dalla perizia di parte;

dalla CTU e dalla CTP sarebbe emersa anche una condizione di obesità limitante l'autonomia dei movimenti, peraltro già compromessa dalle altre patologie;

2) con il secondo motivo alla sentenza impugnata si imputano la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2699 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c.;

la sentenza sarebbe apodittica e contraddittoria, perché, dopo avere premesso che P.M. era invalida al 100% e affetta da oligofrenia, la Corte di merito l'ha ritenuta completamente autonoma dal punto di vista fisico e nell'espletamento delle attività di base e, quindi, non necessitante di assistenza per salire e per scendere dal mezzo utilizzato per il trasporto dei disabili, avendo, peraltro, accertato - senza, tuttavia, fornire alcuna indicazione delle prove poste a base del suo convincimento - che la tutrice si era accordata con l'autista del pullmino affinché la lasciasse davanti al portone di casa ove P.M. era in grado di rientrare autonomamente, visto che disponeva delle chiavi e che durante le gite organizzate dal CTO di Riccione si era mossa in autonomia ed aveva dato prova di essere in grado di salire e scendere le scale senza ausili;

in aggiunta, avrebbe violato gli artt. 115 e 116 c.p.c., quando ha disatteso il valore legale del verbale della Commissione medica che aveva accertato la condizione di handicap di P.M. , e sarebbe incorsa nel vizio di travisamento della prova, perché l'informazione probatoria utilizzata dal giudice per fondare la sua decisione sarebbe inconciliabile e contraddetta dalle prove documentali non esaminate;

3) con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 2043 c.c. e degli artt. 1218,1176,1374 e 2697 c.c., in riferimento all'art. 360,1 comma, n. 3, c.p.c., nonché l'omesso esame di un fatto storico, ai sensi dell'art. 360,1 comma, n. 5, c.p.c.;

oggetto di censura è la statuizione con cui il giudice d'appello ha escluso la responsabilità della cooperativa, affermando che essa non aveva alcun obbligo di assistenza nei confronti di P.M. a bordo del mezzo utilizzato per il suo trasporto; obbligo che, invece, secondo la tesi della ricorrente, sarebbe derivato dal fatto che P.M. era affetta da una disabilità grave, con la conseguenza che la cooperativa avrebbe dovuto dimostrare di avere adottato tutte le misure idonee a garantire la sua sicurezza ed a prevenire l'evento dannoso, avendo accettato, stipulando il contratto di appalto, di trasportare persone con disturbi comportamentali, fisici e affetta da obesità, di cui doveva garantire l'incolumità anche nelle fasi di salita e di discesa dal mezzo di trasporto;

anche indipendentemente da una specifica previsione del contratto di appalto, che, peraltro, rimprovera alla Corte territoriale di non avere esaminato, la cooperativa sarebbe incorsa in una omissione colposa rilevante ex art. 2043 c.c.;

4) con il quarto motivo la ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,1678,1681 e 2697 c.c., in relazione all'art. 360,1 comma, n. 3, c.p.c.;

la Corte distrettuale non avrebbe considerato che gli incidenti ai trasportati verificatisi in occasione della salita e della discesa dal mezzo di trasporto sono considerati come verificatisi durante il viaggio, essendo operazioni accessorie della prestazione di trasporto, avrebbe omesso di applicare la presunzione di responsabilità di cui all'art. 1681 c.c., che prevede la responsabilità del vettore per i sinistri che colpiscono il passeggero se non prova di avere adottatò tutte le misure idonee ad evitare il danno, avrebbe violato la distribuzione dell'onere probatorio, risultando, nel caso di trasporto di persone, posto a carico del passeggero l'onere di provare il nesso di causa tra il trasporto e l'evento dannoso e sul vettore quello, per andare esente dalla presunzione di responsabilità, di dimostrare che l'evento dannoso non era prevedibile nè evitabile con l'uso della ordinaria diligenza;

5) con il quinto motivo, rubricato "violazione e falsa applicazione delle norme in materia di condanna alle spese ex art. 91 c.p.c.", la ricorrente lamenta di essere stata condannata a rifondere le spese nei confronti dell'Azienda USL (omissis), nonostante non fosse stato proposto appello avverso la sentenza di prime cure, nella parte in cui aveva escluso la responsabilità della Ausl;

6) i motivi dal primo al quarto possono essere esaminati congiuntamente, perché ruotano tutti attorno alla medesima questione: se la Cooperativa, deputata al trasporto di disabili, sia o meno responsabile dei danni occorsi a P.M., invalida al 100% e oligofrenica, cadendo nella discesa dall'autobus che era solita prendere per recarsi presso il centro di terapia occupazionale;

la Corte territoriale, pur prendendo in considerazione la condizione di P.M. (diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente lo stato di invalidità e la oligofrenia sono stati esaminati: cfr. p. 5 della decisione impugnata) con una motivazione che, per le ragioni che saranno chiarite infra, è illogica ed errata in iure, ha negato la responsabilità della cooperativa ed ha attribuito la caduta di P.M. ad un fatto accidentale;

7) è vero che nella decisione impugnata il giudice a quo si è limitato ad affermare genericamente, cioè senza indicare specificamente le fonti probatorie da cui ha tratto origine il convincimento che P.M. fosse in grado di fare autonomo ingresso nella sua abitazione, di muoversi autonomamente e di scendere e risalire le scale senza bisogno di ausili; con ciò ha attestato formalmente che effettivamente sussistevano elementi probatori ritenuti idonei a giustifcare l'esplicitato convincimento; a fronte di essa, "la parte che impugna la sentenza con ricorso per cassazione ai sensi del n. 5 dell'art. 360 non può limitarsi a lamentare un difetto di motivazione per il ricorso da parte del giudice alla suddetta formulazione sintetica, giacché altrimenti la censura postulerebbe la caducazione della decisione non per una concreta lesione sofferta dalla parte stessa, bensì solo per ragioni formali, ma ha l'onere di denunciare in maniera specifica che, contrariamente a quanto asserito dal giudice, nell'ambito degli elementi probatori non ne esistono di idonei a giustificare l'esplicitato convincimento"; a maggior ragione qualora la parte abbia anche denunciato la mancata valorizzazione di alcune risultanze probatorie ad essa favorevoli (cfr. pp. 18 e 19 del ricorso, ove, infatti, la ricorrente deduce che quanto sostenuto dalla Corte di appello sarebbe contraddetto da prove documentali), "poiché in tal modo essa dimostra di bene aver individuato, fra le dette risultanze, quali le siano favorevoli e quali no, e, quindi, di aver percepito da quali elementi probatori il giudice abbia concretamente dedotto il suo convincimento" (così Cass. 10/06/2004, n. 11058);

8) ciononostante, la illogicità della motivazione emerge in tutta evidenza dal fatto che la Corte distrettuale, pur avendo preso atto della condizione di salute e di vulnerabilità della vittima, ne ha escluso il rilievo perché ha dato peso alla capacità di P.M. di muoversi con una certa autonomia (sottolineando che era persino in possesso delle chiavi di casa e che aveva partecipato in precedenza a delle gite), al tipo di invalidità da cui era affetta (di tipo psichico e non fisico), nonché al fatto che nè il Comune che aveva affidato il servizio alla cooperativa nè la sorella tutrice avessero richiesto una particolare assistenza durante il tragitto e/o nelle più delicate fasi di salita e di discesa dal pullmino;

9) la cooperativa aveva in gestione il servizio di trasporto di disabili, vale a dire di persone trovantesi in una situazione di conclamata vulnerabilità, le quali erano ad essa affidate, allo scopo di essere accompagnate dalla loro abitazione al luogo ove svolgevano terapia occupazionale e viceversa; la gestione da parte della cooperativa di tale servizio, anche e proprio perché riservato ad una particolare tipologia di utenti, privi, per essere fisicamente impediti, psichicamente disturbati o comunque in una condizione di difficoltà, della capacità di assumere ed attuare pienamente le proprie opzioni e scelte di carattere domestico ed esistenziali, le imponeva l'adozione di modalità di gestione del servizio di tra-sporto/accompagnamento che comprendessero tutte le idonee cautele, in concreto, necessarie ed esigibili da un operatore diligente (cioè attento ed oculato), prudente (cioè che adottasse le misure precauzionali richieste dalla fattispecie concreta) e perito (cioè di provata conoscenza e capace di sapiente attuazione delle regole tecniche proprie di una determinata arte o professione);

10) il ragionamento della Corte territoriale si rivela, innanzitutto, incongruo ed illogico, perché non ha tratto le conseguenze - sul piano della responsabilità della cooperativa - derivanti dai bisogni e dalle esigenze degli utenti del servizio di trasporto erogato; tanto emerge in tutta evidenza dalla critica rivolta alla sentenza di prime cure per avere esteso alla fattispecie per cui è causa i principi giurisprudenziali relativi al servizio di trasporto scolastico; critica, peraltro, non supportata da alcun argomento; infatti, a p. 4 della sentenza si legge solo che: "il richiamo giurisprudenziale effettuato per analogia dal primo giudice, tra il caso in oggetto e il trasporto dei minori, appare inconferente";

11) il Collegio ritiene, al contrario, che l'indirizzo giurisprudenziale disatteso dalla Corte territoriale offra una griglia di elementi e criteri di valutazione utilizzabili anche nella fattispecie per cui è causa;

12) in linea generale, deve muoversi, come già si è anticipato, dalla considerazione che P.M., pure a fronte della possibilità di essere destinataria di misure di protezione meno severe, quali l'inabilitazione o l'amministrazione di sostegno, era interdetta, quindi era risultata affetta da una infermità mentale avente i caratteri di cui all'art. 414 c.c.;

nel nostro sistema di tutela dei soggetti deboli l'interdizione si rivela, infatti, un'extrema ratio, una misura residuale là dove non vi siano i presupposti per applicare misure meno limitanti della capacità di agire;

pur non potendosi trascurare che gli istituti civilistici che privano il soggetto, del tutto o in parte, della sua capacità legale di agire hanno come termine di riferimento un modello astratto di soggetto economico in grado di produrre ricchezza, curare i propri interessi e garantire certezza alle negoziazioni e che il baricentro delle misure di tutela attorno al quale ruota il sistema di protezione deve considerarsi la preservazione della sfera patrimoniale dell'incapace, resta il fatto inoppugnabile che la malattia mentale di P.M. era stata considerata particolarmente grave, tale da comprometterne integralmente le capacità intellettive e volitive e da privarla, in quanto incapace di curare i propri interessi, della capacità legale di agire e di sostituirla nel compimento di qualsiasi atto patrimoniale e della vita civile; in altri termini, deve ritenersi che il giudice che l'aveva dichiarata interdetta lo avesse fatto, ritenendo che l'interdizione fosse la misura più idonea alla protezione di P.M. , dopo aver proceduto alla sua audizione personale ed aver svolto una realistica valutazione delle sue condizioni e dei pericoli ad essa connessi;

nè può trascurarsi che la condizione giuridica dell'interdetto è modellata su quella del minore, sebbene la minore età e la malattia mentale non siano situazioni equiparabili dal punto di vista naturalistico;

ciò è sufficiente per ritenere P.M. meritevole di particolare cautela ed attenzione, a prescindere cioè da quanto emergerebbe dalle prove documentali asseritamente non esaminate - la necessità di accompagnamento, l'obesità, la presenza di altre patologie - atteso che la denuncia di omesso esame della documentazione medica e delle relazioni tecniche, imputato alla Corte di merito con il primo motivo di ricorso, non risulta formulata rispettando le previsioni dell'art. 366 c.p.c., 1 comma, n. 6 e dell'art. 369, 2 comma, n. 4 c.p.c.; la parte ricorrente è tenuta ad indicare il "fatto storico" il cui esame sia stato omesso, il "dato" (testuale o extratestuale) da cui esso risulti esistente, il "come" e il "quando" tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua "decisività", fermo restando che l'omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. Un., 7/04/2014, n. 8053 e successiva giurisprudenza conforme);

13) per di più, la Corte territoriale ha dato atto che la patologia mentale da cui era affetta P.M. , che aveva, peraltro, contribuito a determinarne la condizione di invalida al 100%, era la oligofrenia, vale a dire una sindrome caratterizzata da un deficiente sviluppo dell'intelligenza con difficoltà di adattamento alla realtà;

14) tutt'altro che da sottovalutare, anzi dirimente nella vicenda per cui è causa, è che il servizio svolto dalla Cooperativa La Romagnola fosse non quello di trasporto di persone tout court, bensì quello di trasporto di persone disabili; vuol dire che era stato predisposto un servizio di trasporto proprio per far fronte alle esigenze di superamento delle barriere architettoniche, da intendersi come qualunque impedimento per la vita sociale e personale, di persone con disabilità (cfr. art. 26 della L. 5/02/1992, n. 404, per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone con handicap);

15) non è necessario elencare le definizioni di disabilità che trovano fonte nella Convenzione internazionale dei diritti delle persone con disabilità, ratificata con la L. 3/03/2009 n. 18, nel diritto unionale che annovera vari regolamenti e direttive (anche nel settore del trasporto), nella legislazione nazionale e regionale, essendo sufficiente rilevare che il loro comune denominatore è costituito dalla circostanza che le persone disabili sono quelle la cui condizione richiede un'attenzione adeguata e un adattamento del servizio fornito per rispondere alle loro esigenze specifiche fino al caso - nell'eventualità di condizioni di disabilità grave - di un'assistenza specifica e continuativa;

tanto premesso, deve riconoscersi che la giurisprudenza formatasi in merito al trasporto degli alunni delle scuole muove da una considerazione comune a quella delle persone con disabilità, data dal fatto che anche gli alunni sono considerati privi della sufficiente capacità di autodisciplina per età, inesperienza e naturale esuberanza e che, per tale ragione, necessitano "di tutte quelle idonee cautele, che, in concreto, si rendano necessarie per la sicurezza del trasporto e del servizio nel suo complesso" e della commisurazione nella predisposizione delle misure occorrenti "al limitato affidamento che può ragionevolmente farsi sul grado di prudenza e di disciplina degli scolari", comprendendo l'accompagnamento tramite lo scuolabus anche "la responsabilità dell'autista del veicolo tutte le volte che... non abbia cura di adottare le ordinarie cautele, suggerite dalla normale prudenza, in relazione alle specifiche circostanze di tempo e di luogo... senza che possano costituire esimenti della responsabilità... le eventuali disposizioni date dai genitori..(quale quelle di lasciare il minore in un determinato luogo) potenzialmente pregiudizievoli per il pericolo che da esse può derivare all'incolumità dello stesso minore" (Cass. 03/03/2004, n. 4359; Cass. 19/02/2002, n. 2380; Cass. 30/12/1997, n. 13125; Cass. 5/09/1986, n. 5424);

15) ebbene, P.M. versava in condizioni di vulnerabilità accertate e note alla cooperativa ed è innegabile che per il fatto che la cooperativa avesse assunto l'obbligo di trasportarla e che si fosse instaurata una relazione con la fonte di pericolo era sorto un dovere di sorveglianza a suo carico, da intendersi alla stregua di un munus e di una funzione liberamente accettati e come tali riconoscibili all'esterno, sì da assumere rilevanza erga omnes (Cass. 16/06/2005, n. 12965), giacché il principio di affidamento implica che un soggetto viene a trovarsi nella sfera di custodia e di vigilanza di altro soggetto che sia in grado di seguirne e controllarne le azioni affinché non si verifichino effetti pregiudizievoli (Cass. 01/06/1994, n. 5306 e successiva giurisprudenza conforme);

16) non poteva non conseguirne la legittima pretesa che la cooperativa tenesse un comportamento "diligente", da valutare ex art. 1176,2 comma, c.c. norma operante anche in ambito extra contrattuale, in ragione dello statuto dell'attività esercitata (Cass. 08/07/2020, n. 14260, la diligenza richiesta nell'espletamento delle attività di controllo e di sorveglianza non può considerarsi in astratto, o in assoluto, ma va commisurata al caso concreto e alle circostanze di tempo e di luogo di volta in volta presenti);

17) risulta, dunque, evidente che il grado di diligenza e di controllo dovesse essere più intenso proprio in considerazione della vulnerabilità dei fruitori del servizio, in ragione delle loro particolari condizioni soggettive;

ad escluderlo, non bastava, nel caso di specie, il fatto che la condizione della vittima non avesse richiesto l'adozione di misure di assistenza specifica o che la stessa non avesse dato prova di necessitarne;

quand'anche ciò possa rilevare - non può non osservarsi che la denuncia mossa alla sentenza impugnata di non avere esaminato il capitolato di appalto relativo al servizio di trasporto disabili tra la Ausl (omissis) e la Cooperativa La Romagnola non è stata formulata, secondo le modalità prescritte dall'art. 366, (è 1 comma, n. 6, c.p.c., come inteso dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr., da ultimo, Cass., Sez Un., 18/03/2022, n. 8540) è sufficiente osservare che il capitolato non è stato riportato nel ricorso neppure per sintesi della parte rilevante, nè il ricorrente ha fatto riferimento alla sua presenza negli atti del fascicolo di merito con modalità atte a localizzarlo - implicherebbe solo il difetto di un obbligo specifico di assistenza speciale a favore di P.M. , ma giammai significherebbe automatico esonero da responsabilità per la cooperativa per il sinistro occorsole, come è stato ritenuto nella sentenza impugnata dalla Corte di merito, la quale infatti dalla mancata assunzione di un obbligo specifico di assistenza ha tratto la errata conseguenza che "La Romagnola non aveva nei confronti di P.M. un obbligo di assistenza a bordo dell'automezzo utilizzato per il trasporto" (p. 5);

anche a prescindere dalle diatribe in ordine alla sussistenza di un comportamento colpevole, dipendenti dall'accezione della colpa - se criterio di valutazione del comportamento o se comportamento riprovevole di chi non abbia fatto uso delle proprie capacità e facoltà per impedire il verificarsi dell'evento dannoso deve partirsi dal presupposto che il danno di cui è stato chiesto il risarcimento era quello conseguente alla caduta dal pullmino per omessa adozione delle misure di cautela necessarie ad impedirlo;

premesso che il giudizio causale assume come termine iniziale la condotta omissiva e che l'evento dannoso è una concretizzazione del rischio che la norma di condotta violata tendeva a prevenire - stante che l'omissione di un certo comportamento rileva quale condizione determinativa del processo causale dell'evento dannoso, soltanto quando si tratti di omissione di un comportamento imposto non solo da una norma giuridica specifica (omissione specifica), ma anche, in relazione al configurarsi della posizione del soggetto cui si addebita l'omissione, siccome implicante l'esistenza a suo carico di particolari obblighi di prevenzione dell'evento poi verificatosi e, quindi, di un generico dovere di intervento (omissione generica) in funzione dell'impedimento di quell'evento - deve ritenersi che esistesse a carico della cooperativa l'obbligo di tenere la condotta omessa;

18) nessun rilievo aveva il fatto che la caduta di P.M. fosse avvenuta a seguito della discesa dal pullmino, perché l'assunzione dei compiti di trasporto dei minori così come delle persone con disabilità deve considerarsi inscindibile "dall'assunzione di compiti di assistenza e di vigilanza sulle persone trasportande durante gli intervalli nei quali questi ultimi doveri non siano ad altri rimessi nè siano assolvibili negli ambiti delle famiglie o della scuola" (Cass., Sez. Un., 20/04/1991, n. 4290); non è consentito disinteressarsi di quanto accade agli studenti e ai disabili anche nella fase prodromica alla salita sul mezzo ed in quella successiva alla discesa, per tutto il tempo in cui i trasportandi non sono affidati alla custodia di altri soggetti (Cass. 5/09/1986, n. 5424);

19) altro errore imputabile alla Corte di merito nella sentenza gravata è quello di avere ritenuto che l'infortunio patito da P.M. sia accaduto per mero fatto accidentale ("il F. ha aperto lo sportello per far scendere la passeggera che tuttavia, nel momento in cui ha appoggiato il piede a terra è caduta"), non riconducibile in alcun modo alla circolazione stradale;

ammesso che l'intenzione della Corte territoriale sia stata quella di precisare, una volta esclusa la ricorrenza di un comportamento omissivo della cooperativa, che l'evento di danno era stato determinato dal caso fortuito, la statuizione è errata;

l'evento fortuito libera da responsabilità solo se si accerti in concreto che esso era imprevedibile ed inevitabile; la Corte territoriale avrebbe, in altri termini, dovuto accertare: i) se la cooperativa avrebbe potuto con la diligenza esigibile prevedere quanto poi in effetti accaduto; ii) se la cooperativa avrebbe potuto concretamente adottare condotte diverse, e salvifiche, rispetto a quella concretamente nella specie tenuta;

tale accertamento nel caso di specie è mancato; la Corte d'Appello, infatti, non ha affatto verificato in concreto la prevedibilità e l'evitabilità dell'evento dannoso, essendosi limitata a postulare in astratto che la caduta della vittima non fosse prevedibile nè evitabile;

pertanto, avendo ritenuto ricorrente l'efficacia esimente del caso fortuito, senza accertare in facto se quel caso fortuito fosse prevedibile od evitabile, essa si rivela erronea anche sotto tale profilo (cfr. Cass. 28/05/2020, n. 9997);

20) non è inutile osservare che la responsabilità della cooperativa sociale non esclude il rilievo, ai sensi degli artt. 1228 e 2049 c.c., di quella della Ausl (omissis) che ad essa aveva affidato il servizio di trasporto dei disabili: la cooperativa, infatti, ha assunto nella vicenda per cui è causa il ruolo di preposto/ausiliario nell'adempimento della prestazione cui la Ausl era tenuta ex lege nei confronti della danneggiata; l'esternalizzazione dell'attività di trasporto dei disabili, cioè la possibilità che essa sia resa anziché dall'ente pubblico da organizzazioni privatistiche si ispira al principio della sussidiarietà (cfr. artt. 55-57 del D.L.gs. n. 117/2017, il c.d. Codice del terzo settore, art. 1 della L. 381/1991, come modificato dall'art. 17, comma 1, del D.Lgs. n. 112/2017); gli enti collettivi privati che perseguano fini di carattere generale (come la cooperativa sociale, nel caso di specie) sono elementi di una nozione ampia di organizzazione pubblica, per cui la loro attività concorre con quella pubblica alla prestazione di servizi di interesse generale, dando attuazione ai principi di solidarietà e di partecipazione (Cass. 08/07/2020, n. 14260); sicché, in applicazione del principio cuius com-moda eius et incommoda, ovvero dell'appropriazione o "avvilimento" dell'attività altrui per l'adempimento della propria obbligazione, deve ritenersi che la Ausl avesse assunto il rischio per i danni risentiti dal terzo o dal creditore della prestazione cagionati dalla cooperativa sociale e che, in applicazione del principio, di conio giurisprudenziale, della mera occasionalità necessaria tra esecuzione della prestazione e danno, tra cui sussista un collegamento obiettivo, dovesse rispondere dei danni cagionati dal preposto/ausiliario (Cass. 18/04/2019, n. 10812; Cass. 14/02/2019, n. 4298; Cass. 22/11/2018, n. 30161);

20) sono meritevoli di accoglimento, nei termini di cui in motivazione, i primi quattro motivi di ricorso, con assorbimento del quinto;

22) la sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte d'Appello di Bologna, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

 

P.Q.M.
 


La Corte accoglie, nei termini di cui in motivazione, i primi quattro motivi di ricorso, dichiara assorbito il quinto, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d'Appello di Bologna, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.