Cassazione Penale, Sez. 3, 27 marzo 2023, n. 12546 - Tenta di baciare la candidata in cerca di un lavoro: tentata violenza sessuale


 


Presidente Andreazza – Relatore Corbetta

 

FattoDiritto

 



1. Con l'impugnata sentenza, in parziale riforma della decisione pronunciata dal Tribunale di Varese e appellata dall'imputato, la Corte di appello di Milano dichiarava non doversi procedere nei confronti di F.G. in relazione ai reati ex artt. 81 cpv. c.p., D.Lgs. n. 231 del 2007, 55, comma 9, 624, 625, comma 2, c.p. perché estinti per prescrizione, e, per l'effetto, rideterminava in dieci mesi e ventisei giorni di reclusione la pena per i restanti reati ex artt. 81,56,609-bis c.p. (capo A) e artt. 81,640 c.p. (capo B), nel resto confermando la sentenza impugnata.

2. Avverso l'indicata sentenza, l'imputato, tramite il difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, che denuncia la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. con riferimento all'art. 609-bis, comma 3, c.p. Assume il difensore che il tentativo di bacio non può che rientrare nell'ipotesi della minore gravità, altrimenti si lascerebbe all'interprete un ampio spazio discrezionale, tale da determinare un'incertezza applicativa della norma.

3. Il ricorso è inammissibile.

4. Come costantemente predicato da questa Corte di legittimità, ai fini del riconoscimento della diminuente per i casi di minore gravità di cui all'art. 609-bis, ultimo comma, c.p., deve farsi riferimento ad una valutazione globale del fatto, nella quale assumono rilievo i mezzi, le modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e psicologiche di quest'ultima, anche in relazione all'età, mentre ai fini del diniego della stessa attenuante è sufficiente la presenza anche di un solo elemento di conclamata gravità (Sez. 4, n. 16122 del 12/10/2016 - dep. 30/03/2017, L., Rv. 269600; Sez. 3, n. 6784 del 18/11/2015 - dep. 22/02/2016, D., Rv. 266272; Sez. 3, n. 21623 del 15/04/2015 - dep. 25/05/2015, K., Rv. 263821).

Con riguardo, poi, all'ipotesi del tentativo, si è chiarito che, ai fini della configurabilità della circostanza attenuante del fatto di minore gravità, non si deve tenere conto dell'azione effettivamente compiuta dall'agente, ma di quella che lo stesso aveva intenzione di porre in essere e che non è stata realizzata per cause indipendenti dalla sua volontà (Sez. 4, n. 18793 del 06/04/2017, dep. 18/04/2017, P., Rv. 270169; Sez. 3, n. 44416 del 09/11/2011, dep. 30/11/2011, C., Rv. 251216), non potendo tuttavia prescindersi, nell'ambito di una valutazione globale del fatto, dalla considerazione delle modalità attuative del reato, degli atti compiuti, del grado di invasività della condotta realizzata nonché del danno psichico direttamente cagionato e non di quello che ipoteticamente sarebbe derivato dal compimento degli atti sessuali (Sez. 3, n. 47700 del 11/04/2018, dep. 19/10/2018, G., Rv. 274968).

5. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei principi dinanzi indicati, individuando, quali elementi ostativi al riconoscimento della "minore gravità", sia la reiterazione degli atti, sia, in particolare, la situazione di debolezza in cui versava la vittima, la quale era alla ricerca "disperata" di un lavoro, situazione artatamente sfruttata dall'imputato, il che è evidentemente sintomatico di un non trascurabile grado di coercizione sulla persona offesa.

A fronte di tale motivazione, il ricorso appare generico, evidenziando unicamente la circostanza che l'atto si sarebbe concretizzato in un mero tentativo di bacio, con ciò dando rilievo a un solo aspetto del caso concreto, ossia la natura degli atti, omettendo, invece, di misurarsi con la valutazione complessiva della vicenda, come accertata dalla Corte di merito in ossequio all'indicata giurisprudenza di questa Corte di legittimità.

6. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'art. 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
 


P.Q.M.

 


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.