Cassazione Penale, Sez. 4, 17 maggio 2023, n. 20966 - Sfruttamento del lavoro. Necessaria la condizione di sfruttamento e approfittamento dello stato di bisogno


 

Presidente: SERRAO EUGENIA
Relatore: NOCERA ANDREA Data Udienza: 06/04/2023
 

Fatto




1. Con ordinanza del 2 febbraio 2023, il Tribunale di Caltanissetta in sede di riesame cautelare, rigettava l'appello del pubblico ministero presso la Procura della Repubblica di Caltanissetta avverso il provvedimento del Gip del Tribunale di Caltanissetta del 22.12.2022 con la quale veniva rigettata la richiesta di applicazione di misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di LV.G. in relazione al reato di cui agli artt. 110, 603-bis, commi 1, 2, 3 e 4 cod. pen. La contestazione per la quale è stata formulata richiesta di applicazione della misura cautelare personale nei confronti del LV.G. ha ad oggetto il reato di concorso, in qualità di titolare e legale rappresentante della omonima ditta individuale operante nel settore della coltivazione di alberi da frutta, nel reato di illecita intermediazione e sfruttamento di lavoratori extracomunitari, con regolari permessi di soggiorno, reclutati da una consorteria criminale organizzata facente capo a B.H. per essere destinati al lavoro nelle campagne limitrofe a fronte di paghe irrisorie e con orari stremanti, approfittando delle loro condizioni di indigenza, presso aziende agricole del nisseno e dell'agrigentino i cui titolari trattavano direttamente con l'organizzazione criminale il compenso da corrispondere ai lavoratori.
1.1. La condotta concorsuale del LV.G. nel reato contestato si sarebbe sostanziata nell'aver assunto o comunque utilizzato o impiegato la manodopera straniera reclutata attraverso l'attività di intermediazione illecita operata dai sodali dell'organizzazione criminale nei fondi di proprietà e disponibilità, sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento e approfittamento del loro stato di bisogno. In particolare, al LV.G. (ed al fratello con il quale gestiva l'attività imprenditoriale) veniva contestata la condotta di aver corrisposto ai lavoratori impiegati, per 8 ore di lavoro al giorno, senza pausa (se non una per il pranzo) e spesso senza riposo settimanale un salario di circa 40 € giornalieri, da cui veniva decurtata una parte per la intermediazione illecita, in misura inferiore a quello minimo fissato dai contratti collettivi nazionali o territoriali, nel non aver fornito ai lavoratori i dispositivi di protezione individuale, nel non averli formati e informati dei rischi in cui incorrevano nello svolgimento dell'attività lavorativa, nell'averli fatti lavorare in precarie condizioni igienico-sanitarie e minacciati, per il tramite degli intermediari, in caso di prestazioni lavorative non soddisfacenti, di non corrispondere loro il compenso o di perdita di future occasioni di impiego. Posto che, come ricostruito dal pubblico ministero, attraverso le dichiarazioni rese da LV.M., fratello dell'imputato, nella gestione dell'impresa familiare era costui che si occupa del reclutamento della manodopera, il compendio indiziario a suo carico si fonderebbe sulla attività di intercettazione di conversazioni e sui servizi di geo-localizzazione e controllo, che dimostrerebbero l'impiego dei lavoratori stranieri nell'attività di coltivazione.
1.2. Il Tribunale di Caltanissetta, condividendo le valutazioni del Gip, ha escluso la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di cui all'articolo 603-bis cod. pen. in assenza di prova delle necessarie condizioni dello sfruttamento e di approfittamento dello stato di bisogno dei lavoratori. In particolare, ha valutato insufficiente il contenuto delle conversazioni captate tra LV.G. e B.H. in ordine alle condizioni economiche di impiego dei lavoratori ed al versamento del prezzo per l'intermediazione distratto dalla paga giornaliera concordata.

2. Avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame di Caltanissetta propone ricorso il Procuratore della Repubblica di Caltanissetta, con due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, dopo avere ricostruito il compendio probatorio posto a base della richiesta cautelare, riportando le conversazioni captate relative a LV.G., il pubblico ministero ricorrente deduce la mancanza o illogicità della motivazione del provvedimento impugnato, deducendo che il Tribunale si sarebbe limitato a condividere le valutazioni del diniego di applicazione della misura cautelare espresse dal Gip (che originariamente l'aveva erroneamente disposta nei confronti di LV.M.), in ordine alla carenza di prova circa lo sfruttamento della manodopera illecitamente impiegato e la consapevolezza della "trattenuta" da parte degli intermediari sulla paga corrisposta ai lavoratori, "senza addurre alcuna argomentazione a sostegno".
2.2. Con il secondo motivo deduce, ancora, il vizio della contraddittorietà della motivazione in relazione alla omessa valutazione della continuità della attività di intermediazione svolta dal gruppo facente capo al B.H. in favore del LV.G., comprovata dai colloqui telefonici intercorsi tra giugno e settembre del 2020 e dalle dichiarazioni rese da alcuni operai che avevano lavorato presso la ditta dei fratelli LV.G..
2.3. Il Procuratore della Repubblica deduce, infine, la sussistenza delle esigenze cautelari di cui all'art. 274, lett. c), cod. proc. pen. ovvero il pericolo concreto e attuale che l'indagato, se lasciato in libertà e comunque non sottoposto a limitazioni o controlli possa commettere delitti della stessa specie.
 

 

Diritto




1. Il ricorso è infondato.

2. Occorre premettere che, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (ex plurimis, Sez. 2, n. 27866 del - 17/06/2019. Mazzelli Marco, Rv. 276976 - 01).
Il controllo di logicità, peraltro, deve rimanere "all'interno" del provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate. In altri termini, l'ordinamento non conferisce alla Corte di cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell'indagato, ivi compreso l'apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l'applicazione della misura, nonché al tribunale del riesame.
Il controllo di legittimità è, perciò, circoscritto all'esclusivo esame dell'atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l'altro negativo, la cui presenza rende l'atto incensurabile in sede di legittimità: 1) l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l'assenza di illogicità evidenti, risultanti cioè prima facie dal testo del provvedimento impugnato, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento.

3. Giova, inoltre, evidenziare che, ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 603-bis cod. pen., la mera condizione di irregolarità amministrativa del cittadino extracomunitario nel territorio nazionale, accompagnata da situazione di disagio e di bisogno di accedere alla prestazione lavorativa, non può di per sé costituire elemento valevole da solo ad integrare la fattispecie, caratterizzata, al contrario, dallo "sfruttamento" del lavoratore, i cui indici di rilevazione attengono ad una condizione di eclatante pregiudizio e di rilevante soggezione del lavoratore, resa manifesta da profili contrattuali retributivi o da profili normativi del rapporto di lavoro, o da violazione delle norme in materia di sicurezza e di igiene sul lavoro, o da sottoposizione a umilianti o degradanti condizioni di lavoro e di alloggio.
(Sez. 4, n. 27582 del 16/09/2020, Savoia, Rv. 279961 - 01, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità del "caporale" e del datore di lavoro, essendo lo sfruttamento evincibile dalla penosa situazione personale e abitativa degli extracomunitari, dalla durata oraria della prestazione, svolta senza dotazioni di sicurezza e corsi di formazione e senza fruizione del riposo settimanale, nonché dall'entità della retribuzione, decurtata sensibilmente per spese affrontate dal datore di lavoro; Sez. 4, n. 49781 del 9/10/2019, Kuts Olena, Rv. 277424 - 01).

4. Nella ricostruzione del quadro indiziario relativo al concorso dell'imprenditore nel reato di sfruttamento di manodopera offerto dal Procuratore della Repubblica difetta l'emergenza di tale necessaria condizione di sfruttamento e approfittamento dello stato di bisogno dei lavoratori, nei termini sopra descritti, risolvendosi la condotta ascritta al LV.G. nella mera utilizzazione per l'attività della sua azienda di manodopera reclutata dal B.H., senza provvedervi attraverso canali istituzionali.
4.1 La carenza dell'elemento strutturale dello sfruttamento delle condizioni dei lavoratori è stata rilevata dal Tribunale del riesame e posta a fondamento del rigetto dell'appello del pubblico ministero. Con motivazione congrua ed immune da vizi logici, il Tribunale ha ritenuto che il semplice ricorso all'utilizzazione di manodopera illecitamente reclutata "non è una condotta sussumibile nel reato di cui all'art. 603 cod. pen. né integra altra fattispecie penale", non essendo più prevista dalla legge come reato la mera somministrazione di manodopera.
Inoltre, quanto alle condizioni di sfruttamento e approfittamento dello stato di bisogno dei lavoratori impiegati, il Tribunale ha valutato insufficiente il compendio intercettivo che vede coinvolto quale interlocutore il LV.G.. Dal contenuto dei dialoghi e delle richieste rivolte dall'imprenditore al B.H. non emergerebbe la prova, secondo i giudici della cautela, "dell'eventuale ritorno di tali somme di denaro all'impresa agricola gestita dai LV.G., ma addirittura mancano elementi indiziari da cui poteri desumere che LV.G. fosse financo a conoscenza della "cresta" operata dal mediatore".
In particolare, nei colloqui telefonici analizzati, sinteticamente riportati nell'ordinanza, emerge la semplice preoccupazione del LV.G. circa i controlli di polizia fatti presso la propria azienda agricola e la richiesta di ricercare la documentazione attestante i pagamenti delle giornate espletate dai braccianti agricoli avviati (progr. 58 del 25 giugno 2020), mentre nelle successive conversazioni del 14 settembre 2020 e del 28 settembre 2020 le richieste del LV.G. riguarda il semplice impiego di manodopera senza riferimenti alle indizioni di lavoro tali da far emergere il loro sfruttamento.

5. Il ricorso deve, quindi, essere rigettato.


 

P.Q.M.
 

Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, lì 06 aprile 2023