Cassazione Penale, Sez. 4, 05 maggio 2023, n. 18932 - Sfruttamento dello stato di bisogno dei lavoratori


 

Presidente: DI SALVO EMANUELE
Relatore: RICCI ANNA LUISA ANGELA
Data Udienza: 11/04/2023
 

Fatto



1. La Corte di Appello di Reggio Calabria, con sentenza del 15 settembre 2022, in parziale riforma della sentenza del Giudice per l'udienza Preliminare del Tribunale di Reggio Calabria di condanna di K.K. in ordine al reato di cui all'art. 603 bis cod. pen., commesso in Rizziconi e Gioia Tauro dal 29 giugno 2018 al 5 giugno 2019, ha concesso le circostanze attenuanti generiche, con giudizio di equivalenza rispetto all'aggravante dell'aver reclutato un numero di lavoratori superiore a tre, e ha rideterminato la pena in anni 2 di reclusione.
Secondo la descrizione di cui all'imputazione, confermata dalle sentenze di merito conformi, K.K. (soprannominato C.) aveva reclutato una quantità indefinita di lavoratori extracomunitari, con cadenza pressoché giornaliera (principalmente dalla ex baraccopoli di San Ferdinando, ove gli stranieri vivevano in baracche di fortuna, in condizioni di assoluto degrado igienico sanitario e privi di qualsivoglia mezzo di sostentamento), allo scopo di destinarla a lavori agricoli per conto di R.F., titolare di fatto della Impresa Agricola con sede in Rizziconi, formalmente intestata alla figlia R.R.. e, tramite furgoni nella sua disponibilità, aveva accompagnato i lavoratori reclutati sui luoghi di lavoro e concorso, altresì, nell'utilizzo della manodopera con compiti di vigilanza e direzione.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso K.K., a mezzo del difensore, formulando un unico, articolato motivo con cui ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla affermazione della responsabilità. Il difensore lamenta che la Corte non avrebbe indicato in che modo l'imputato aveva approfittato dello stato di bisogno dei lavoratori ed in che modo aveva tratto utilità dal reclutamento di maestranze nell'interesse di R.F.: nelle sentenze di merito non si fa mai cenno ai vantaggi lucrati dal ricorrente dal reclutamento, ma ci si sofferma solo sullo stato di bisogno dei lavoratori avviati, ovvero su una condizione che K.K. condivideva con gli altri "suoi compagni di sventura".
La Corte di Appello sarebbe anche incorsa nel travisamento della prova nella valutazione del requisito della abitualità della condotta, che sarebbe stato tratto dagli esiti dei controlli effettuati presso le terre di R.F. il 29 giugno e il 5 luglio del 2018, occasioni nelle quali K.K. non era in Calabria, bensì in Campania alle dipendenze dell'azienda agricola di G.C., come comprovato dalla documentazione versata in atti.
La Corte di Appello, inoltre, avrebbe tratto la prova del ruolo predominante di K.K. dalla circostanza per cui questi distribuiva ai lavoratori la paga, argomentando in maniera apodittica che tale compito, in realtà meramente esecutivo, implicherebbe un ruolo di intermediazione svolto in maniera professionale, quando invece l'istruttoria aveva chiarito che la permanenza di K.K. presso l'azienda di R.F. era stata circoscritta a pochi giorni; più in generale la Corte avrebbe fondato l'affermazione della responsabilità del ricorrente su alcun i dati di fatto che sarebbero in realtà insufficienti a provare la condotta di reato in contestazione.

3.Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto Giuseppina Casella, ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.

4. Le parti civili omissis hanno presentato conclusioni scritte con cui hanno chiesto la conferma della sentenza impugnata.

5. L'imputato ha presentato una memoria1 in data 27 marzo 20231 con cui ha insistito per l'accoglimento del ricorso.


 

Diritto

 




1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

2. Nel caso di specie; la Corte di Appello, in coerenza con la sentenza di primo grado, ha confermato l'affermazione della responsabilità dell'imputato in ordine al reato di cui all'art. 603 bis comma 1 n. 1) per avere egli reclutato manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori.
L'art.603 bis cod. pen., a seguito della entrata in vigore della legge 29 ottobre 2016, n. 199, prevede due distinte fattispecie di reato, ovvero il reclutamento illecito, il cd. "caporalato", e l'utilizzo di manodopera in condizioni di sfruttamento. La prima ipotesi ha come soggetto attivo il reclutatore, la seconda ipotesi ha come soggetto attivo il datore di lavoro.
Il legislatore non ha definito la nozione di "sfruttamento", condizione che deve caratterizzare tanto l'attività di reclutamento (art. 603 bis, comma 1, n. 1 cod. pen.), quanto quella di utilizzazione, assunzione o impiego della manodopera (art. 603 bis, comma 1, n. 2), ma ha preferito indicare alcuni indici di sfruttamento elencati al terzo comma della disposizione e così individuati: 1) reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato; 2) reiterata violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie; 3) sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro; 4) sottoposizione dei lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti. Questa Corte ha già avuto modo, peraltro, di precisare che l'elencazione contenuta nella norma non è esaustiva delle condizioni che integrano lo sfruttamento, potendo il giudice individuare anche altre condotte suscettibili di dare luogo al requisito della condotta di abuso del lavoratore (Sez. 4 n. 7857 del 11/11/2021, dep. 2022, Falcone, Rv. 282609).
Dallo sfruttamento deve tenersi distinto l'approfittamento dello stato di bisogno, altro presupposto necessario affinché siano punibili le condotte di reclutamento e di utilizzazione della manodopera. Lo stato di bisogno -ha chiarito la Corte di Cassazione- non si identifica "con uno stato di necessità tale da annientare in modo assoluto qualunque libertà di scelta, ma come un impellente assillo e, cioè una situazione di grave difficoltà, anche temporanea, in grado di limitare la volontà della vittima, inducendola ad accettare condizioni particolarmente svantaggiose" (Sez. 4, Sentenza n. 24441 del 16/03/2021, Sanit rasport soc. coop. Soc., Rv. 281405).
Dalla necessaria compresenza della duplice condotta di sfruttamento e approfittamento dello stato di bisogno discende che la mera condizione di irregolarità amministrativa del cittadino extracomunitario nel territorio nazionale, accompagnata da situazione di disagio e di bisogno di accedere alla prestazione lavorativa, non può di per sé costituire elemento valevole da solo ad integrare il reato di cui all'art. 603-bis cod. pen. caratterizzato, al contrario, dallo sfruttamento del lavoratore, i cui indici di rilevazione attengono ad una condizione di eclatante pregiudizio e di rilevante soggezione del lavoratore, resa manifesta da profili contrattuali retributivi o da profili normativi del rapporto di lavoro, o da violazione delle norme in materia di sicurezza e di igiene sul lavoro, o da sottoposizione a umilianti o degradanti condizioni di lavoro e di alloggio (Sez. 4 , n. 27582 del 16/09/2020, Savoia, Rv. 279961).
Quel che conta, dunque, affinché sia integrato il delitto di reclutamento illecito, è che la manodopera sia reclutata e destinata al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento e che ciò avvenga per approfittamento dello stato di bisogno del lavoratore. La fattispecie incriminatrice non prevede, invece, come sembra ipotizzare il ricorrente, che il reclutatore debba agire a fini di lucro.
2.1. Nel caso oggetto del ricorso, l'attività di reclutamento da parte di K.K. di lavoratori extracomunitari da avviare al lavoro nei campi della azienda Agricola gestita da R.F. non è in contestazione, avendo censurato il ricorrente solo la sussistenza dei presupposti della sfruttamento e dell'approfittamento dello stato di bisogno. La Corte di Appello, a tale fine, ha evidenziato come fosse emerso che i lavoratori, dimoranti in una baraccopoli e in condizioni di grave difficoltà anche solo per reperire i mezzi di sussistenza primaria, venivano portati dai K.K. nei fondi di R.F. e qui lavoravano, con retribuzioni ben al di sotto della soglia minima prevista dalla contrattazione, senza alcun dispositivo di protezione, ed erano sottoposti a condizioni di lavoro e metodi di sorveglianza degradanti. Le operazioni di intercettazione protrattesi per mesi (a dimostrazione del carattere reiterato della condotta, espressamente previsto dalla fattispecie incriminatrice quanto alla corresponsione di retribuzioni inferiori ai minimi previsti e comunque sproporzionate e quanto alla violazione delle norme in materia di igiene e sicurezza sul lavoro), avevano consentito di accertare che il ricorrente faceva da intermediario fra lavoratori da lui reclutati e il datore di lavoro; aggiornava R.F. ed il figlio di questi, P. R., in merito all'andamento dei lavori nei campi della loro azienda e concordava con loro aspetti attinenti alle modalità esecutive dell'attività di raccolta; si occupava della gestione dei pagamenti in favore dei lavoratori e provvedeva egli stesso a consegnare la retribuzione, talora anche in contanti; era alla ricerca di mezzi, ovvero furgoni, da utilizzare per il trasporto della manovalanza sui campi. Tutto ciò nella consapevolezza del carattere illecito della sua opera di intermediazione, comprovato dal fatto che, nel corso di una conversazione, parlando con un soggetto non identificato, lo aveva informato della installazione nel campo da parte delle forze dell'ordine di una telecamera e gli aveva suggerito un percorso da effettuare in modo da non essere ripreso.
2.2.A fronte di tale percorso argomentativo, coerente con i dati di fatti riportati e logico nell'individuare la ricorrenza degli elementi costituivi della fattispecie, motivi di ricorso sono meramente reiterativi delle doglianze già formulate con motivi di appello e, comunque, nella parte in cui tendono alla rivisitazione del compendio probatorio, ovvero a mettere in dubbio le circostanze di fatto indicate dai giudici di merito a sostegno dell'inquadramento giuridico della condotta dell'imputato, sono inammissibili.

3. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente non versasse in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere di versare la somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.
Il Collegio ritiene di dover aderire all'orientamento giurisprudenziale secondo cui, nel giudizio di legittimità, quando il ricorso dell'imputato viene rigettato o dichiarato, per qualsiasi causa, inammissibile, la parte civile ha diritto ad ottenere la liquidazione delle spese processuali senza che sia necessaria Ila sua partecipazione all'udienza, purché abbia effettivamente esplicato, anche solo attraverso memorie scritte, un'attività diretta a contrastare la pretesa avversa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria. Si deve rilevare, tuttavia, che, nel caso in esame, le parti civili si sono limitate a chiedere la conferma della sentenza impugnata, senza contrastare specificamente i motivi di impugnazione proposti e non fornendo un contributo effettivo alla decisione. Pertanto, la liquidazione delle spese processali riferibili alla fase di legittimità in favore delle parti civili non è dovuta (in tal senso, da ultimo, Sez. U, n. 877 del 14/07/2022 dep. 2023, Sacchettino, Rv. 283886).
 

P.Q.M.
 



Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della casa delle ammende
Nulla per le spese in favore delle parti civili.
Deciso in Roma l'11 aprile 2023