Cassazione Penale, Sez. 4, 11 gennaio 2023, n. 568 - Omicidio colposo prescritto ma impresa condannata a sanzioni interdittive



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIAMPI Francesco - Presidente -

Dott. ESPOSITO Aldo - Consigliere -

Dott. BRUNO Mariarosaria - Consigliere -

Dott. CENCI Daniele - Consigliere -

Dott. DAWAN Daniela - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

F.LLI A.A. SOCIETA' AGRICOLA SEMPLICE;

avverso la sentenza del 07/06/2021 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. DANIELA DAWAN;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. PEDICINI ETTORE, che ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso.

E' presente l'avvocato GIOIA ALESSANDRO del foro di ROMA che deposita nomina a sostituto processuale dell'avv. MAGGIO GIOVANNI CLAUDIO del foro di CALTANISSETTA difensore della parte civile B.B. unitamente alle conclusioni scritte e alla nota spese alle quali si riporta.

 

Fatto


1. La Corte di appello di Caltanissetta, in parziale riforma della sentenza pronunciata dal Tribunale di Gela nei confronti di C.C., D.D., E.E., ha dichiarato non doversi procedere nei confronti degli stessi in ordine al reato di cui al capo A) loro ascritto (lesioni personali gravi, commesse in violazione delle norme prevenzionali specificate capo di imputazione), in quanto estinto per prescrizione in data antecedente la pronuncia della sentenza di condanna di primo grado, revocando, per l'effetto, le statuizioni civili. Ha, invece, confermato la dichiarazione di responsabilità della "F.lli A.A. Società Agricola Semplice", con riguardo all'illecito amministrativo dipendente dal reato ascritto al predetto capo A) dell'imputazione, per la quale questa società è stata condannata al pagamento della sanzione pecuniaria in misura pari a 150 quote, dell'importo di Euro 400 ciascuna, con le sanzioni interdittive della sospensione delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito per la durata di mesi 6 e, per la medesima durata, del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio.

2. Avverso la prefata sentenza ricorre il difensore di fiducia della "F.lli A.A. Società Agricola Semplice" che solleva un unico motivo con il quale deduce inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, nonchè mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in riferimento alla condanna della società per illecito amministrativo dipendente dal reato di cui all'art. 590 c.p.. Le argomentazioni della Corte di appello al riguardo sono palesemente apodittiche ed illogiche. In sede di appello, si era evidenziata la progressione delle dichiarazioni della persona offesa sulle circostanze e le modalità dell'infortunio, tali da non escludere che lo stesso fosse avvenuto per cause non individuate e non dipendenti dai lavori asseritamente svolti per conto della ditta F.lli A.A., con conseguente impossibilità di affermare la sussistenza del nesso eziologico tra l'omissione ascritta e gli imputati e l'evento, tenuto altresì conto dell'assenza di una contestazione diretta ed immediata da parte degli ispettori del lavoro della commissione della violazione di norme di legge imputata ai fratelli F.F., quali datori di lavoro. La Corte territoriale si è trincerata dietro la valutazione della piena attendibilità e credibilità della persona offesa, così come ritenuta dal Giudice di primo grado, nonostante le sue dichiarazioni non trovassero riscontro alcuno nelle dichiarazioni testimoniali degli altri lavoratori, nessuno dei quali riferiva di essere stato presente al momento dell'infortunio. La Corte territoriale non ha dimostrato che la condotta omissiva contestata fosse funzionale ad un risparmio di spesa in favore della società ricorrente. In mancanza di tale dimostrazione, non può dirsi integrato l'elemento dell'interesse dell'ente, quale criterio oggettivo di imputazione previsto dal D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 5.

3. Il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

 

Diritto


1. Il ricorso è inammissibile.

2. Premesso il principio di diritto secondo cui, in tema di responsabilità degli enti, in presenza di una declaratoria di prescrizione del reato presupposto, il giudice, ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 8, comma 1, lett. b), deve procedere all'accertamento autonomo della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e nel cui vantaggio l'illecito fu commesso che, però, non può prescindere da una verifica, quantomeno incidentale, della sussistenza del fatto di reato (Sez. 4, n. 22468 del 18/04/2018, Eurocos Snc , Rv. 273399 - 01; Sez. 6, n. 21192 del 25/01/2013, Barla ed altri, Rv. 255369 01), deve osservarsi che, nel caso di specie, come esattamente rileva la sentenza impugnata (p.4), nessuna censura è stata proposta, in sede di appello, avverso la dichiarata responsabilità dell'ente per l'illecito amministrativo dipendente dal reato di cui al capo A).

Secondo consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, non possono essere dedotte con il ricorso per Cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunziarsi perchè non devolute alla sua cognizione (così, ex multis, Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745-01). In proposito si è affermato che, dal combinato disposto dall'art. 606 c.p.p., comma 3, e art. 609 c.p.p., comma 2, è ricavabile la regola che non possano formare oggetto di ricorso in Cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, a meno che si tratti di questioni rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio o di questioni che non sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello, evenienze, queste, non ricorrenti nel caso in esame. La ratio di tale principio risiede nella necessità di evitare che possa sempre essere dedotto un difetto di motivazione della sentenza di secondo grado con riguardo ad un punto del ricorso non sottoposto al controllo della Corte di appello, in quanto non devoluto con l'impugnazione (Sez.4, n. 10611 del 4/12/2012, dep. 2013, Bonaffini, Rv.256631- 01). Dalla lettura di tali disposizioni in combinato con l'art. 609 c.p.p., comma 1, che limita la cognizione di questa Corte ai motivi di ricorso consentiti, si evince l'inammissibilità delle censure che non siano state, pur potendolo essere, sottoposte al giudice di appello, la cui pronuncia sarà inevitabilmente carente con riguardo ad esse (Sez. 5, n. 28514 del 23/04/2013, Grazioli Gauthier, Rv. 255577- 01; Sez.2, n. 40240 del 22/11/2006, Roccetti, Rv.235504- 01; Sez.1, n. 2176 del 20/12/1993, dep. 1994, Etzi ed altro, Rv.196414- 01).

3. All'inammissibilità del ricorso segue la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Nulla per le spese.

 

P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 4 ottobre 2022.

Depositato in Cancelleria, il 11 gennaio 2023