Cassazione Penale, Sez. 4, 03 febbraio 2023, n. 4604 - Infortunio mortale della lavoratrice "in nero" adibita alla guida del carrello elevatore. Mancanza di formazione


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRANTI Donatella - Presidente -

Dott. CAPPELLO Gabriella - rel. Consigliere -

Dott. PEZZELLA Vincenzo - Consigliere -

Dott. CENCI Daniele - Consigliere -

Dott. SESSA Gennaro - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

A.A., nato a (Omissis);

B.B., nato a (Omissis);

avverso la sentenza del 03/06/2021 della CORTE APPELLO di VENEZIA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

svolta la relazione dal Consigliere Dott.ssa CAPPELLO GABRIELLA;

lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del Sostituto Dott. LIGNOLA FERDINANDO, il quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso;

l'avv. TRAPELLA Patrizia del foro di Rovigo, per le parti civili C.C., in proprio e nella qualità di tutore di D.D. e procuratore speciale di E.E.; F.F., G.G., H.H., in proprio e nella qualità di madre esercente la potestà sui figli I.I., L.L., M.M. e N.N., ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto la conferma della sentenza, con rifusione delle spese di questo giudizio, come da nota spese parimenti depositata.

Fatto


1. La Corte d'appello di Venezia ha confermato la sentenza del Tribunale cittadino, con la quale A.A. e B.B. erano stati condannati - nella qualità di rappresentanti legali della "A.A. & B.B. s.s." e datori di lavoro di O.O. - per il reato di cui all'art. 589 c.p., comma 2, ai danni della predetta lavoratrice, reato aggravato dalla violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro (D.Lgs. n. 81 del 2008, artt. 36 e 37 e art. 70, comma 1 stesso decreto), per colpa generica e specifica, per avere omesso, in particolare, di provvedere e assicurarsi che la lavoratrice ricevesse idonea formazione e informazione prima di essere adibita alla movimentazione dei contenitori di plastica usati per il prodotto ortofrutticolo trattato dall'azienda, mediate impiego di un muletto e di dotare quest'ultimo dei dispositivi di protezione (griglia protettiva, ripari fissi o mobili o sistema di inibizione dei movimenti per prevenire contatti con le parti del corpo dell'operatore del macchinario). Nell'occorso, il (Omissis), la O.O., lavoratrice "in nero", era alla guida del muletto per movimentare i contenitori in plastica vuoti e accatastarli su altri due appoggiati a terra e si era alzata dal sedile del mezzo sporgendosi in avanti, così finendo per infilarsi con l'arto superiore tra i montanti delle forche azionando inavvertitamente con la gamba la leva che faceva abbassare le forche stesse, restando imprigionata e incastrata tra i traversi dei montanti delle forche stesse, riportando le lesioni descritte in imputazione, dalle quali derivava il decesso.

2. Avverso la sentenza d'appello hanno proposto ricorsi i due imputati con stessa difesa e separati atti di contenuto sovrapponibile, con i quali è stato formulato un motivo unico, deducendosi vizio della motivazione e violazione della regola di giudizio di cui all'art. 533 c.p.p..

In particolare, la difesa ritiene che l'istruttoria abbia restituito più ipotesi ricostruttive della dinamica dell'infortunio e che i giudici del merito abbiano aderito a quella recepita nella imputazione sulla scorta di valutazioni di tipo logico, violando la regola dell'oltre ogni ragionevole dubbio e senza escludere motivatamente la tesi alternativa opposta a difesa (quella in base alla quale, cioè, l'infortunio sarebbe stato conseguenza di un investimento della lavoratrice da parte di una terza persona alla guida del muletto).

Sul punto, la difesa contesta l'attendibilità delle dichiarazioni testimoniali acquisite (P.P. e Q.Q.), essendo state le dichiaranti escusse a s.i.t per due volte, con evidenti problemi di linguaggio, siccome straniere, i verbali contenendo versioni diverse, scritte in italiano corretto a opera dei verbalizzanti, i giudici avendo rapidamente liquidato le osservazioni difensive sul punto.

3. Il Procuratore generale, in persona del sostituto Dott. LIGNOLA Ferdinando, ha rassegnato conclusioni scritte, con le quali, riportandosi a quelle rassegnate per l'udienza del 22 settembre 2022, ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

4. La difesa delle parti civili C.C., in proprio e nella qualità di tutore di D.D. e procuratore speciale di E.E.; F.F., G.G., H.H., in proprio e nella qualità di madre esercente la potestà sui figli I.I., L.L., M.M. e N.N., ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto la conferma della sentenza, con rifusione delle spese di questo giudizio, come da nota spese parimenti depositata.

Diritto


1. I ricorsi sono inammissibili.

2. La Corte veneziana ha esaminato le doglianze difensive veicolate con l'atto di appello, sostanzialmente riproposte in ricorso, inerenti alla ricostruzione della dinamica dell'infortunio, tema sul quale si concentra pertanto la presente disamina. Ciò ha fatto muovendo dall'esame del compendio probatorio, arricchitosi anche degli esiti di una perizia. Pur essendo corretto che l'istruttoria aveva restituito più di una spiegazione degli eventi, i giudici del doppio grado, tuttavia, hanno motivatamente ritenuto corretta quella recepita nella imputazione, valutandola come più coerente con le risultanze oggettive. Hanno così affermato che la circostanza che, nell'occorso, la lavoratrice (assunta in nero come molte altre della stessa nazionalità, procacciate mediante un'agenzia rumena, con posizione regolarizzata dopo il decesso) si fosse trovata alla guida del muletto era stata confermata dalla genesi delle lesioni riscontrate, non compatibili con la tesi dell'investimento e neppure con quella per la quale la donna sarebbe rimasta incastrata tra le parti del muletto e un oggetto verticale alle sue spalle, nonchè dalle riscontrate tracce ematiche, in base alle quali lo stesso perito aveva affermato che la donna era rimasta in contatto prolungato con gli elementi verticali del mezzo, ciò che il consulente del pubblico ministero aveva descritto come un vero e proprio effetto "ghigliottina" operato dalle forche del muletto, sulle quali erano state rilevate colature di sostanza ematica.

Ulteriore e definitivo elemento di riscontro, poi, era stato offerto dalle dichiarazioni rese da due colleghe di lavoro, le cui s.i.t. erano state acquisite con il sistema di cui all'art. 512 c.p.p.: le dichiaranti (R.R e S.S ) avevano, infatti, entrambe confermato che, nell'occorso (come in altre occasioni, del resto), la O.O. era stata adibita dai datori di lavoro alla movimentazione dei contenitori con il muletto. Il teste del servizio SPISAL, inoltre, aveva dichiarato di non aver rinvenuto alcuna traccia della formazione ricevuta dalla O.O. circa l'utilizzo del carrello elevatore e la tipologia del lavoro al quale era stata destinata, il macchinario essendo peraltro sprovvisto sia di griglia protettiva dei montanti delle forche, dispositivo che avrebbe certamente scongiurato l'evento e che, infatti, era stato installato dopo l'infortunio; che, in alternativa, di un interruttore automatico che impedisse il movimento accidentale delle forche.

Quanto, poi, all'argomento difensivo che faceva leva sulla asserita impossibilità per il corpo della donna di incastrarsi nello Spazio tra i traversi dei montanti delle forche del muletto, il perito aveva spiegato che ciò era possibile in base a una certa altezza delle forche, potendo la donna raggiungere quella posizione proprio perchè si trovava all'interno del carrello.

Infine, i giudici del doppio grado hanno valorizzato, in chiave confermativa dell'ipotesi accusatoria recepita, altri due riferiti testimoniali, utili a escludere la tesi dell'incidente (la donna era stata trovata a terra dal tecnico SPISAL, intervenuto nella immediatezza, a circa uno/due metri dal muletto, coperta da un lenzuolo): T.T., titolare dell'agenzia che procacciava le lavoratrici, aveva affermato che le altre lavoratrici (le quali, dopo l'infortunio, avevano voluto far ritorno in Romania) gli avevano riferito che la O.O. era salita sul carrello elevatore e aveva toccato qualcosa, restando incastrata nella forca; U.U., dal canto suo, titolare di agenzia funebre contattato da N.N., aveva riferito che costui gli aveva detto che la ragazza era morta manovrando il muletto.

3. Prima di procedere all'esame del motivo di ricorso, pare utile richiamare il diritto vivente in ordine al diverso protocollo di verifica della struttura giustificativa della sentenza censurata, per il caso di doppia conforme, come nella specie (sez. 3 n. 44418 del 16/7/2013, Argentieri, Rv, 257595; sez. 1 n. 1309 del 22/11/1993, 1994, Rv. 197250; sez. 3 n. 13926 del 1/12/2011, dep. 2012, Valerio, Rv. 252615), Va, infatti, ribadito, sempre alla stregua del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, che sono estranei al presente vaglio gli aspetti di giudizio che si sostanzino nella valutazione del significato degli elementi probatori, attinenti interamente al merito, che non possono perciò essere apprezzati dalla Corte di cassazione se non nei limiti in cui risulti viziato il percorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa (sez. 6 n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482), nuovamente affermandosi che è precluso a questo giudice sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (sez. 6 n. 25255 del 14/2/2012, Minervini, Rv. 253099).

Nella specie, tali principi fondano direttamente la manifesta infondatezza delle argomentazioni difensive, con le quali si oppone una diversa lettura dei dati probatori rispetto a quella operata dai giudici di merito, la cui ricostruzione della dinamica non è affidata, come assume la difesa, a inammissibili congetture logiche, in violazione del canone di giudizio dell'oltre ogni ragionevole dubbio, ma è ancorata a dati probatori che dimostrano come, nella specie, la vittima si fosse trovata alla guida di un macchinario sprovvisto dei dispositivi di sicurezza, utilizzandolo senza aver ricevuto, da parte datoriale, una formazione e informazioni sui relativi rischi. Tale ricostruzione è stata ritenuta l'unica possibile sulla scorta delle prove dichiarative (tecnico SPISAL, colleghi di lavoro e soggetti che hanno riferito de relato su quanto saputo dallo stesso datore di lavoro), dell'esame del cadavere e delle spiegazioni affidate al sapere scientifico veicolato nel processo e correttamente esaminato dai giudici del merito, alla stregua delle stesse osservazioni difensive.

La difesa, dal canto suo, ha omesso di confrontarsi con il ragionamento probatorio dei giudici d'appello, essendosi limitata a riproporre, anche in questa sede, una inammissibile rilettura delle prove.

4. Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero in ordine alla causa di inammissibilità (Corte Cost. n. 186/2000), oltre alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili costituite che si liquidano come in dispositivo, con accessori di legge.

P.Q.M.


Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende, oltre alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio di legittimità dalle parti civili: C.C., in proprio e nella qualità di tutore di D.D. e di procuratore speciale di E.E., F.F., G.G., H.H., in proprio e nella qualità di madre esercente la potestà sui figli I.I., L.L., M.M. e N.N., spese che liquida in complessivi Euro 6.332,00 oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2023.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2023