Cassazione Penale, Sez. 4, 21 aprile 2023, n. 16981 - Incidente mortale del motociclista. Nessun cantiere aperto sulla strada


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIAMPI Francesco Maria - Presidente -

Dott. FERRANTI Donatella - Consigliere -

Dott. DI SALVO Emanuele - rel. Consigliere -

Dott. CENCI Daniele - Consigliere -

Dott. ANTEZZA Fabio - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

A.A., parte civile, nato a (Omissis);

B.B., parte civile nato a (Omissis);

C.C., parte civile nato a (Omissis);

nel procedimento a carico di:

D.D., nato a (Omissis);

E.E., nato a (Omissis);

F.F., nato a (Omissis);

avverso la sentenza del 10/11/2021 della CORTE APPELLO di NAPOLI;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. DANIELE CENCI;

sulle conclusioni del Pubblico Ministero.
 

Fatto

 


1.La Corte di appello di Napoli il 10 novembre 2021, in integrale riforma della sentenza con cui il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere il 13 novembre 2019, all'esito del dibattimento, ha riconosciuto D.D., E.E. e F.F. responsabili, in cooperazione ex art. 113 c.p., del reato di omicidio colposo, con violazione della disciplina antinfortunistica, fatto commesso il (Omissis), in conseguenza condannandoli, con le circostanze attenuanti generiche, alla pena di giustizia, oltre al risarcimento dei danni alle parti civili, invece ha assolto gli imputati, per insussistenza del fatto.

2. I fatti, in estrema sintesi, come ricostruiti dai Giudici di merito.

2.1. Il (Omissis), alla 19.45 circa, G.G., percorrendo alla guida di una motocicletta la strada statale "(Omissis)" in un tratto extraurbano a due corsie di marcia per ogni direzione e con spartitraffico in cemento al centro, strada che presentava intersezioni ed accessi a case private, con fondo stradale asciutto, discreta visibilità e traffico normale, giunto al termine di un rettilineo in prossimità di una rotonda ove erano in corso lavori di ristrutturazione della strada, ha frenato bruscamente, lasciando una traccia a terra di più di venti metri, ha perso il controllo del motociclo, ha urtato contro lo spartitraffico centrale, è caduto a terra scivolando per tredici metri sino alla rotatoria contro la quale è andato a sbattere per poi fermarsi quattro metri dopo: per effetto degli urti, il motociclista ha riportato gravissime lesioni al cranio, nonostante l'uso del casco, ed al torace, che ne hanno causato la morte.

L'istruttoria ha accertato che i lavori di riqualificazione della strada non erano terminati e che la vittima, che si era allontanata illecitamente dagli arresti domiciliari, al momento dell'incidente era alla guida, a velocità non inferiore ad almeno 90 km / h, di una moto di grossa cilindrata per la quale non era in possesso di idonea patente di guida.

2.2. Sul presupposto fattuale che al momento dell'incidente la strada nel tratto in questione fosse sdrucciolevole per la presenza di terra e di detriti sull'asfalto e che mancasse idonea segnalazione di pericolo, F.F., in qualità di direttore dei lavori di riqualificazione, messa in sicurezza, ristrutturazione ed ampliamento di una strada statale ove è avvenuto l'incidente mortale, E.E., in veste di legale rappresentante della Spa Mirabella, appaltatrice dei lavori in questione, e D.D., in veste di titolare della omonima ditta individuale subappaltarice dei lavori, sono stati rinviati a giudizio e, all'esito del primo grado, ritenuti responsabili della morte di G.G., per avere:

F.F., omesso di intervenire e di segnalare al committente e all'appaltatore le condizioni anomale della strada (presenza cli terriccio e residui dei lavori che rendevano il manto sdrucciolevole e mancanza di adeguata segnaletica di pericolo) ed esigere la rimozione delle stesse;

E.E., omesso di vigilare sulla esatta esecuzione dei lavori affidati alla ditta subappaltatrice ed approvato gli stessi, ordinando il pagamento, nonostante le condizioni non adeguate della strada;

D.D., omesso di adempiere agli impegni contrattuali assunti, non assicurato condizioni idonee alla circolazione, trascurato di adottare misura cautelative volte alla sicurezza degli utenti nel tratto di strada interessato dai lavori.

Il Tribunale non ha mancato di evidenziare la concorrente condotta colposa nella causazione dell'evento della vittima, che viaggiava conducendo la moto a velocità superiore al consentito, senza la necessaria patente ed in stato di inziale ebrezza alcoolica (tasso alcoolemico pari a 126,37 mg/ml).

2.3. La Corte territoriale, invece, ha riformato integralmente la decisione ed ha assolto gli imputati, rispetto ai quali ha escluso la sussistenza di profili colposi nella causazione dell'evento, evento che ha ritenuto unicamente determinato dall'agire, giudicato sconsiderato, del motociclista.

I Giudici di appello, infatti, rivaluto l'esito della complessa istruttoria, hanno ritenuto che, benchè i lavori nel tratto in questione non fossero ancora del tutto terminati, la strada, comunque, fosse asfaltata, priva di buche, crepe e dissesti, libera da ostacoli e da residui di lavorazione quali terra, brecciolino e sabbia, fosse aperta alla circolazione e che vi fossero nel senso di marcia percorso dalla vittima discreta illuminazione pubblica e plurimi, idonei cartelli stradali che indicavano: "restringimento della carreggiata", "deviazione", " spartitraffico e presegnalazione cantiere" e "limite massimo di velocità 30 km/h", cartello quest'ultimo collocato a 250 metri prima della rotonda.

La Corte territoriale ha ritenuto essere stato l'evento causato esclusivamente dalla condotta estremamente imprudente della vittima.

3.Ciò posto, ricorrono per la cassazione della sentenza le parti civili A.A., B.B. e C.C., tramite Difensore di fiducia, affidandosi ad un solo motivo con il quale denunziano promiscuamente violazione di legge e vizio di motivazione. In particolare, lamentano carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione e violazione del combinato disposto degli art. 589 c.p. e artt. 36 e 79 reg. esec. att. C.d.S. (D.P.R. n. 16 dicembre 1992, n. 495).

Ad avviso delle parti civili, infatti, sul luogo del sinistro, al momento dello stesso, non vi sarebbe stata illuminazione sufficiente, anche tenuto conto dell'ora invernale (ore 19.45 del (Omissis)), anzi non ve ne sarebbe proprio stata, come affermato da alcuni testi di polizia giudiziaria, le cui dichiarazioni si riferiscono per stralcio, e ciò costituirebbe violazione degli artt. 36 e 79 reg. esec. C.d.S., secondo cui i cartelli devono essere visibili sia di giorno che di notte ed anche in presenza di pioggia o di scarsa visibilità, con la conseguenza che, allorquando la illuminazione pubblica non sia sufficiente, come - si sostiene - nel caso di specie, i cartelli di cantiere devono essere adeguatamente illuminati da parte di chi ha la responsabilità dei lavori.

Sempre alla stregua di passaggi dell'istruttoria che si richiamano, si ritiene che al momento dell'incidente i lavori non fossero ancora terminati e che vi fosse un cantiere "aperto" sul tratto della strada in questione, circostanza di rilevantissima importanza che sarebbe stata travisata dalla Corte di appello, che non sarebbe riuscita a spiegare perchè ha ritenuto inattendibili alcuni testimoni di polizia giudiziaria (H.H., I.I. e L.L., della Stazione di (Omissis), p. 27 della sentenza) e la relazione dagli stessi redatta per prestare, invece, fede a quanto riferito da altri testi di p.g. (M.M. ed appartenenti al Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di (Omissis)).

Si cita giurisprudenza di legittimità stimata pertinente circa il rilievo da attribuire all'assenza o all'inadeguatezza della cartellonistica di sicurezza stradale.

Riprova della circostanza che, ad avviso dei ricorrenti, quel tratto di strada fosse in condizioni non sicure per la circolazione stradale starebbe nel fatto che la sentenza del 25 febbraio 2014 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, emessa all'esito del processo nei confronti del coimputato N.N., responsabile per la sicurezza in fase di esecuzione, sulla base - si ritiene - delle stesse prove del processo in esame, ha assolto l'imputato con la formula "per non avere commesso il fatto", non già per insussistenza del fatto. Ancora, vi sono documenti ufficiali, anche provenienti dai Vigili urbani, risalenti a poco prima dell'incidente con i quali si sollecita la chiusura delle buche e la messa in sicurezza della strada, documenti che sarebbero stati trascurati dai decidenti.

Si richiama il precedente di Sez. 4, n. 23152 del 03/05/2012, P.G. in proc. Porcu, Rv. 252971, secondo cui "In tema di responsabilità per omicidio colposo da sinistro stradale, la circostanza aggravante della violazione della normativa sulla circolazione stradale è ravvisabile non solo quando la violazione della normativa di riferimento sia commessa da utenti della strada alla guida di veicoli e, pertanto, in fase di circolazione, bensì anche nel caso di violazione di qualsiasi norma che preveda a carico di un soggetto, pur non impegnato in concreto nella fase della circolazione, un obbligo di garanzia finalizzato alla tutela della sicurezza degli utenti della strada. (Fattispecie in cui è stata ritenuta configurabile l'aggravante nei confronti dell'amministratore della società cui erano stati appaltati dalla locale Provincia lavori di manutenzione della strada, che aveva omesso di adottare gli accorgimenti necessari per la sicurezza stradale (presenza di sabbia e terriccio, assenza di segnali luminosi, curva non protetta da idonea barriera ma da rete in plastica), cagionando così la morte del conducente del veicolo che perdendo il controllo dell'auto finiva su una scarpata)".

In definitiva, ad avviso delle parti civili ricorrenti, "il tratto stradale percorso dal centauro era interessato dai lavori ancora in corso non idoneamente segnalati e caratterizzato da condizioni inaccettabili del manto stradale e dall'assenza di segnaletica luminosa, concause, queste, che hanno tutte concorso con la condotta imprudente della parte offesa, all'evento morte dell'G.G.. Il comportamento posto in essere dagli imputati allora configura una grave negligenza/imperizia, rendendo così necessaria la riforma della sentenza qui impugnata a fronte del travisamento di fatto rinvenibile in motivazione" (così alla p. 14 dell'atto di impugnazione).

4. Con memorie, rispettivamente, del 27 dicembre 2022, dell'11 gennaio 2023 e del 12 gennaio 2023 i Difensori di D.D., E.E. e F.F. ha chiesto dichiararsi inammissibile ovvero infondato il ricorso delle parti civili.

5. Il P.G. nella requisitoria scritta del 30 dicembre 2022 ha chiesto il rigetto del ricorso.

6. I ricorrenti con memoria dell'11 gennaio 2023 hanno insistito per l'accoglimento dell'impugnazione.

 

Diritto


1.I ricorsi sono manifestamente infondati, per le seguenti ragioni.

2. La sentenza della Corte di appello, che risulta assistita da motivazione analitica ed ampia, si confronta puntualmente con la motivazione della condanna, sottopone a censura le argomentazioni della decisione di primo grado e le conclusioni da essa raggiunte e spiega in maniera adeguata perchè tali conclusioni non possano essere condivise.

Infatti, come condivisibilmente osservato dal Procuratore Generale nella sua requisitoria scritta, la sentenza impugnata accorda preferenza, spiegando il perchè, ad alcune testimonianze, rispetto ad altre (pp. 16 e ss.), e si basa anche su fotografie "ufficiali", che pone a confronto critico con le immagini prodotte nell'interesse della parte civile (pp. 27-29); infine, con motivazione non illogica nè incongrua, giunge alla conclusione che è da escludersi che al momento dell'incidente vi fosse sulla strada un cantiere "aperto" (pp. 29-30).

L'atto di impugnazione, in larga parte costruito in fatto, si risolve nel richiamo alla sentenza di primo grado, stimata preferibile, e in prospettazioni avversative rispetto alla ricostruzione effettuata ed alle conclusioni raggiunte dalla Corte di appello.

In ultima analisi, dunque, i ricorsi sono manifestamente infondati, in quanto articolati su doglianze non specifiche ma soltanto apparenti, che omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza impugnata (ex plurimis, Sez. 2, n. 42046 dell 17/07/2019, Boutartour Sami, Rv. 277710; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Sammarco, Rv. 255568; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Arnone e altri, Rv. 243838).

3. Essendo, dunque, i ricorsi inammissibili e non ravvisandosi, ex art. 616 c.p.p., assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Costituzionale, sentenza n. 186 del 13 giugno 2000), alla condanna alle spese consegue anche quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, che si stima conforme a diritto ed equa, indicata in dispositivo.

 

P.Q.M.
 

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2023.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2023