Cassazione Penale, Sez. 3, 13 aprile 2023, n. 15437 - Notifica del verbale di ammissione al pagamento della sanzione amministrativa


 

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ai fini dell'estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza ed igiene del lavoro il legislatore non ha prescritto che il verbale di ammissione al pagamento della sanzione amministrativa sia formalmente notificato al contravventore, per cui è sufficiente qualsiasi modalità idonea a comunicare il contenuto dell'atto (ad es. la spedizione di lettera raccomandata a mezzo del servizio postale: cfr. Sez. 3, n. 30176 del 17/01/2017, Zinni, Rv. 270426), rimanendo a carico del destinatario l'onere di dimostrare di essersi trovato, senza sua colpa, nella impossibilità di acquisirne la conoscenza (Sez. 3, n. 45737 del 23/02/2017, Pavone, Rv. 271410), onere che il generico ricorso in alcun modo soddisfa, neppure sul piano di una specifica allegazione.



 



FattoDiritto

 


1. Con sentenza del 5 novembre 2021, il Tribunale di Prato ha condannato l'odierna ricorrente alla pena di 8.000 Euro di ammenda ritenendola responsabile di due contravvenzioni in materia di igiene e sicurezza del lavoro.

2. Avverso la sentenza, a mezzo del difensore fiduciario, l'imputata ha proposto ricorso per cassazione, lamentando che la notifica dell'ammissione del contravventore al pagamento della sanzione amministrativa conseguente all'ottemperanza alle prescrizioni impartite dall'organo di vigilanza non era stata effettuata presso il domicilio eletto, sicchè ella non aveva avuto effettiva contezza delle facoltà previste dalla legge, con conseguente nullità per lesione del diritto di difesa.

3. Con il secondo motivo si deduce la violazione dell'art. 131 bis c.p. per mancata declaratoria della non punibilità per particolare tenuità del fatto, benchè ne sussistessero i presupposti.

3. Il primo motivo è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza.

3.1. Il motivo è innanzitutto generico perchè la ricorrente non si confronta con la sentenza impugnata, nella quale si afferma che il verbale di ammissione al pagamento della sanzione amministrativa è stato notificato presso il domicilio eletto.

In ogni caso, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ai fini dell'estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza ed igiene del lavoro il legislatore non ha prescritto che il verbale di ammissione al pagamento della sanzione amministrativa sia formalmente notificato al contravventore, per cui è sufficiente qualsiasi modalità idonea a comunicare il contenuto dell'atto (ad es. la spedizione di lettera raccomandata a mezzo del servizio postale: cfr. Sez. 3, n. 30176 del 17/01/2017, Zinni, Rv. 270426), rimanendo a carico del destinatario l'onere di dimostrare di essersi trovato, senza sua colpa, nella impossibilità di acquisirne la conoscenza (Sez. 3, n. 45737 del 23/02/2017, Pavone, Rv. 271410), onere che il generico ricorso in alcun modo soddisfa, neppure sul piano di una specifica allegazione.

4. Il secondo motivo è parimenti inammissibile per genericità e perchè proposto per ragioni non consentite.

4.1. Premesso che la ricorrente non deduce il vizio di motivazione, ma soltanto la violazione di legge e che non v'è dubbio sul fatto che, quoad poenam, i reati oggetto di processo sono suscettibili d'essere dichiarati non punibili per particolare tenuità del fatto, il ricorso è irrimediabilmente generico.

Ed invero:

non si allega che la richiesta fosse stata avanzata al giudice di merito e non si lamenta un vizio di motivazione (assente o manifestamente illogica);

riproducendosi il contenuto dell'art. 131 bis c.p., comma 1, ed operandosi un generico rinvio a "a quanto emerge dagli atti di indagine", ci si limita ad apoditticamente ad osservare che "per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'art. 133, comma 1...l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale", senza fare alcun concreto riferimento fattuale alla vicenda sub iudice.

4.2. Inoltre, anche a voler ritenere che la causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p. possa essere rilevata di ufficio dal giudice dell'impugnazione sul rilievo che, per assimilazione alle altre cause di proscioglimento per le quali vi è l'obbligo di immediata declaratoria in ogni stato e grado del processo, la stessa potrebbe farsi rientrare nella previsione di cui all'art. 129 c.p.p. (cfr., anche per ulteriori riferimenti, Sez. 6, n. 2175 del 25/11/2020, dep. 2021, Ugboh Shedrack, Rv. 280707; per un diverso approccio, tuttavia, v. Sez. 4, n. 9204 del 01/02/2018, Di Corato, Rv. 272265), il suo rilievo nel giudizio di cassazione esige che i presupposti per l'applicazione siano immediatamente rilevabili dagli atti e non siano necessari ulteriori accertamenti fattuali (Sez. 6, n. 36518 del 27/10/2020, Rodio, Rv. 280118-02).

Intervenendo di recente sulla questione, le Sezioni unite di questa Corte hanno precisato che la causa di esclusione della punibilità in parola può essere riconosciuta dal giudice all'esito di una valutazione complessiva della fattispecie concreta, che - salve le condizioni ostative tassativamente previste dall'art. 131-bis c.p. per escludere la particolare tenuità dell'offesa o per qualificare il comportamento come abituale - tenga conto di una serie di indicatori rappresentati, in particolare, dalla natura e dalla gravità degli illeciti in continuazione, dalla tipologia dei beni giuridici protetti, dall'entità delle disposizioni di legge violate, dalle finalità e dalle modalità esecutive delle condotte, dalle loro motivazioni e dalle conseguenze che ne sono derivate, dal periodo di tempo e dal contesto in cui le diverse violazioni si collocano, dall'intensità del dolo e dalla rilevanza attribuibile ai comportamenti successivi ai fatti (Sez. U, n. 18891 del 27/01/2022, Ubaldi, Rv. 283064). Una complessiva valutazione di merito che, concernendo circostanze non precisate nella sentenza impugnata, richiederebbe, dunque, accertamenti in fatto in questa sede non espletabili.

5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, tenuto conto della sentenza Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186 e rilevato che nella presente fattispecie non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p., oltre all'onere del pagamento delle spese del procedimento anche quello del versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma equitativamente fissata in Euro 3.000,00.

 

P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2023.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2023