Cassazione Civile, Sez. Lav., 26 giugno 2023, n. 18175 - "Patologia discale" a causa della guida di autobus obsoleti. Respinta la domanda del lavoratore



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia - Presidente -

Dott. CAVALLARO Luigi - Consigliere -

Dott. GNANI Alessandro - Consigliere -

Dott. SOLAINI Luca - Consigliere -

Dott. CERULO Angelo - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA



sul ricorso 33132-2018 proposto da:

A.A., rappresentato e difeso, in virtù di procura conferita in calce al ricorso per cassazione, dall'avvocato MASSIMO PASINO;

- ricorrente -

contro

ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO (INAIL), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, in forza di procura conferita in calce al controricorso, dagli avvocati TERESA OTTOLINI e LUCIANA ROMEO, con domicilio eletto in ROMA, VIA IV NOVEMBRE, 144, presso gli uffici dell'Istituto;

- controricorrente -

per la cassazione della sentenza n. 155 del 2018 della CORTE D'APPELLO DI TRIESTE, depositata il 24 agosto 2018 (R.G.N. 17/2015).

Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 23 febbraio 2023 dal Consigliere Angelo Cerulo.

 

Fatto


1.- Il signor A.A. ha allegato di aver contratto una "patologia discale" a causa della guida di autobus obsoleti, che lo avevano esposto a vibrazioni e avevano determinato ripetuti microtraumi assiali, e ha dedotto la natura professionale della malattia, espressamente prevista dal decreto ministeriale 9 aprile 2008, punto 77, lettera a), e comunque causa determinante della patologia riscontrata.

Sulla scorta di tali premesse, il lavoratore ha convenuto in giudizio l'INAIL, al fine di ottenere il riconoscimento dell'indennizzo o della rendita.

Con sentenza n. 328 del 27 novembre 2014, il Tribunale di Trieste ha respinto il ricorso, escludendo la riconducibilità della guida degli autobus alle attività lavorative tabellate e affermando, per altro verso, l'inidoneità lesiva delle vibrazioni patite dal ricorrente, in ragione dell'assenza della probabilità qualificata della concausa lavorativa.

2.- La pronuncia del Tribunale è stata appellata dal lavoratore soccombente, che ha reiterato gli argomenti già svolti in primo grado in ordine tanto alla "presunzione tabellare dell'origine professionale della malattia" quanto all'efficienza causale della prolungata esposizione a vibrazioni.

3.- Con sentenza n. 155 del 2018, depositata il 24 agosto 2018, la Corte d'appello di Trieste, dopo aver esperito consulenza tecnica d'ufficio ambientale e dopo aver disposto un'integrazione della consulenza medico legale, ha respinto il gravame.

3.1.- Quanto alla guida degli autobus, la Corte territoriale ha escluso che si atteggi "come lavorazione tabellata e cioè come causa presunta di ernia discale lombare", alla luce del carattere tassativo dell'elenco di veicoli a motore racchiuso nella fonte secondaria.

Nè rilevano le lavorazioni svolte prima dell'assunzione da parte di (Omissis) Spa , in quanto carenti di ogni prova ed estranee al "limite temporale di indennizzabilità".

3.2.- A fronte d'una patologia multifattoriale, che esula dall'ambito applicativo della presunzione tabellare, si richiede una concreta e specifica dimostrazione del nesso di causa, secondo parametri di "probabilità qualificata".

Tale dimostrazione, nel caso di specie, non è stata offerta.

La Corte d'appello ha esaminato le allegazioni del lavoratore, le prove testimoniali raccolte, le acquisizioni della consulenza tecnica d'ufficio ambientale, integrata da una successiva relazione di chiarimenti, e le considerazioni del medico legale e ha concluso che non sussiste "una probabilità qualificata che le mansioni di autista svolte dal signor A.A. abbiano causato (o concorso a causare) la patologia oggetto di controversia".

In tal senso depongono l'area "di rischio modesto" in cui le vibrazioni patite si collocano e la carenza di "elementi indiziari", idonei a supportare la rilevanza causale della esposizione alle vibrazioni degli autobus.

4.- Il signor A.A. impugna per cassazione la sentenza della Corte d'appello di Trieste, con ricorso notificato il 9 novembre 2018 e affidato a due motivi, illustrati da memoria in prossimità dell'adunanza in camera di consiglio.

6.- Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio dinanzi a questa sezione, in base all'art. 380-bis.1. c.p.c., nella versione antecedente alle modificazioni introdotte dal decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, e applicabile ratione temporis in virtù della disciplina transitoria dettata dall'art. 35, comma 6, del medesimo decreto legislativo.

7.- Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
 

Diritto


1.- Con il primo motivo (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione di plurime disposizioni: il decreto ministeriale 9 aprile 2008, voce n. 77, lettera a); l'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124; il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, artt. 201 e seguenti, da leggere anche in accordo con gli standard Europei; il D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 139, anche alla luce del decreto ministeriale 12 settembre 2014; l'art. 2087 c.c.; la Cost. , artt. 2, 3, 32 e 35 e gli artt. 416, comma 3, e 115 c.p.c..

Avrebbe errato la Corte d'appello di Trieste nell'escludere gli autobus dal novero dei mezzi indicati dal decreto ministeriale 9 aprile 2008, che dovrebbe essere letto anche alla stregua delle previsioni del D.Lgs. n. 81 del 2008 e degli standard nazionali ed Europei, in una interpretazione "costituzionalmente orientata alla tutela della salute dei lavoratori conducenti di autobus".

La "presunzione tabellare" avrebbe dovuto condurre i giudici del gravame ad accogliere la domanda, in difetto di quella prova contraria che spetta all'Istituto fornire.

1.1.- Il motivo è infondato.

1.2.- Il decreto 9 aprile 2008, adottato dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale e recante "Nuove tabelle delle malattie professionali nell'industria e nell'agricoltura", modifica e integra "la tabella delle malattie professionali nell'industria e la tabella delle malattie professionali nell'agricoltura, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 3 e 211" (art. 1) e definisce, nell'allegato, le malattie per le quali opera la presunzione di eziologia professionale (Cass., sez. VI-L, 25 giugno 2018, n. 16619).

Al numero 77, l'allegato menziona l'ernia discale e lombare, indica il periodo massimo d'indennizzabilità (un anno) rispetto alla cessazione della lavorazione e così descrive le lavorazioni rilevanti: "a) Lavorazioni svolte in modo non occasionale con macchine che espongono a vibrazioni trasmesse al corpo intero: macchine movimentazione materiali vari, trattori, gru portuali, carrelli sollevatori (muletti), imbarcazioni per pesca professionale costiera e d'altura. b) Lavorazioni di movimentazione manuale dei carichi svolte in modo non occasionale in assenza di ausili efficaci".

Nel caso di specie, si controverte sull'esegesi della lettera a): alla lettura restrittiva delineata dalla sentenza d'appello e dalla parte controricorrente, si contrappone la lettura più ampia propugnata con il primo motivo di ricorso.

1.3.- Questa Corte è costante nell'affermare che, per le malattie e le lavorazioni elencate nelle apposite tabelle, opera, a favore dell'assicurato, una presunzione di eziologia professionale.

Le elencazioni contenute nelle tabelle hanno carattere tassativo e la tassatività vieta un'applicazione analogica delle relative previsioni, senza precluderne, nondimeno, un'interpretazione estensiva.

Ne consegue che la presunzione può essere invocata anche per le lavorazioni che, pur non espressamente previste nelle tabelle, siano da intendersi come implicitamente incluse, alla stregua dell'identità dei connotati essenziali.

La presunzione, tuttavia, è inapplicabile per quelle lavorazioni che presentino solo alcuni caratteri in comune, unitamente ad elementi non marginali di diversità: in tale ipotesi, si configura una mera somiglianza con la fattispecie inclusa nella lista (per i richiamati principi di diritto, già Cass., S.U., 9 marzo 1990, n. 1919).

1.4.- La sentenza impugnata, in conformità alle enunciazioni di principio di questa Corte, ha osservato che la guida degli autobus non presenta gli stessi connotati essenziali della guida di mezzi come quelli enumerati nella tabella (pagina 8).

Tale valutazione è immune dagli errores in iudicando denunciati con il primo mezzo.

1.5.- La presunzione di eziologia professionale postula la riconducibilità della malattia a una specifica gamma di lavorazioni.

A tale riguardo, la fonte secondaria, alla voce 77, lettera a), ha enucleato le lavorazioni che si avvalgono di particolari macchine, allorchè queste espongono a vibrazioni trasmesse al corpo intero: si tratta di macchine di movimentazione materiali vari, di trattori, di gru portuali, di carrelli sollevatori (muletti), d'imbarcazioni per pesca professionale costiera e d'altura.

Nell'interpretazione dell'elenco, soccorre, anzitutto, il fondamentale canone ermeneutico: "Inclusio unius, exclusio alterius".

Il decreto non si è limitato a impiegare il sintagma, di accezione più lata, "macchine che espongono a vibrazioni trasmesse al corpo intero", ma ha scelto di delimitare la categoria di tali macchine, in ossequio all'esigenza di ancorare l'operatività del meccanismo presuntivo a presupposti definiti.

L'allegato indica in modo puntuale la tipologia di macchine che producono le vibrazioni, anche quando adopera una dizione di più estesa latitudine come "macchine di movimentazione di materiali vari".

La circostanza che la guida degli autobus non sia specificamente inclusa in un elenco che il decreto ha inteso definire in termini circoscritti, senza valorizzare le espressioni onnicomprensive prescelte in altre occasioni, assume un preciso significato ermeneutico e illumina il senso della disposizione (art. 12 preleggi).

Tale esclusione acquista un valore ancor più pregnante se si considera che la guida degli autobus è fenomeno d'innegabile importanza, frequente nella prassi, ben diffuso allorchè le tabelle sono state elaborate.

In questa prospettiva, l'omessa menzione di una lavorazione tipica e ampiamente radicata nella realtà sociale, proprio perchè fa riscontro al richiamo a lavorazioni più settoriali, non può che promanare da una scelta consapevole.

1.6.- A quest'elemento di ordine letterale si affiancano ulteriori rilievi di carattere sistematico.

Anche dal punto di vista dell'esperienza concreta, emergono ictu oculi le differenze che intercorrono tra i mezzi tipizzati dal decreto e gli autobus, con riferimento a dati salienti e dotati d'indubbia valenza distintiva.

Le macchine descritte in termini generali nell'incipit dell'elenco, come destinate alla movimentazione di materiali, e quelle poi analiticamente identificate come trattori, gru portuali, muletti, imbarcazioni per pesca professionale costiera e d'altura, differiscono dagli autobus anche secondo il senso comune.

Le macchine enumerate dal decreto sono accomunate dalla movimentazione di materiali di consistenza apprezzabile e, in tale contesto, dall'interagire della forza applicata dal mezzo e della forza applicata dall'uomo.

Tali caratteristiche, cui è connaturato il rischio di contrarre l'ernia discale e lombare, non contraddistinguono con la stessa evidenza anche gli autobus. Essi, peraltro, possono presentare le tipologie più di Spa rate e dunque richiedere anche sforzi diversificati, comunque non comparabili a quelli propri di chi lavori a contatto con macchine di movimentazione dei materiali, con muletti, con gru portuali, con imbarcazioni per la pesca professionale.

Le differenze indicate, in quanto attengono a elementi sostanziali, si frappongono all'estensione che il motivo di ricorso prefigura, sulla scorta di un'affinità strutturale che l'analisi empirica s'incarica invece di contraddire.

1.7.- Il pur necessario e incessante adattamento delle disposizioni alla mutevole realtà concreta presuppone l'identità delle fattispecie nei loro tratti salienti e non può alterare il significato proprio delle parole, che è l'ineludibile punto d'avvio dell'opera dell'interprete, e così svilire quella tassatività che è pur sempre tratto distintivo della disciplina in esame.

Nè l'interpretazione costituzionalmente orientata, che le censure additano come necessaria anche alla stregua della normativa tecnica, può travalicare l'univoca lettera della legge, che rappresenta un confine invalicabile, come lo stesso giudice delle leggi ha affermato (fra le molte, Corte costituzionale, sentenza n. 78 del 2012, punto 10 del Considerato in diritto).

1.8.- Ne discende, pertanto, l'infondatezza del motivo.

2.- Con il secondo mezzo, il ricorrente censura, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 3 e degli artt. 40 e 41 c.p. e, sotto il profilo dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti.

La sentenza impugnata sarebbe erronea, in quanto avrebbe negato la rilevanza causale dell'esposizione a vibrazioni, senza tener conto della disciplina dell'equivalenza delle condizioni, applicabile anche alle malattie professionali a origine multifattoriale. Ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell'evento avrebbe efficienza causale, in mancanza di fattori estranei all'attività lavorativa di per sè sufficienti a produrre l'evento.

Nel caso di specie, il nesso eziologico tra la patologia discale e l'acclarata esposizione a un fattore lavorativo di rischio sarebbe avvalorato dalle risultanze della consulenza ambientale e dai chiarimenti resi dal medico legale. Sarebbe arbitraria, pertanto, la conclusione della sentenza d'appello, che ha ritenuto di ascrivere la malattia al progredire dell'età e, con "argomentare (...) perplesso e illegittimo", ha negato l'efficacia concausale della prolungata esposizione lavorativa alle vibrazioni.

2.1.- Il motivo è inammissibile.

2.2.- Le malattie riconducibili a lavorazioni diverse da quelle indicate nelle tabelle possono essere indennizzate a condizione che il lavoratore dimostri la causa di lavoro.

Nelle patologie ad eziologia multifattoriale, come quella che viene in rilievo nell'odierno giudizio, il nesso di causalità relativo all'origine professionale della malattia non può essere oggetto di semplici presunzioni, tratte da ipotesi tecniche teoricamente possibili e dotate di carattere astratto e ipotetico (Cass., sez. lav., 15 ottobre 2014, n. 21825).

E' indispensabile una concreta e specifica dimostrazione, che può esser data anche in termini di probabilità, sulla base della particolarità della fattispecie: nella maggior parte dei casi, difatti, è impossibile ricostruire l'eziologia in chiave di certezza.

E' necessario acquisire, tuttavia, elementi connotati da una probabilità qualificata (Cass., sez. lav., 31 maggio 2017, n. 13814), da un rilevante grado di probabilità, che differisce dalla mera possibilità dell'origine professionale (Cass., sez. lav., 12 ottobre 2012, n. 17438).

La probabilità, pertanto, dev'essere corroborata da ulteriori elementi, idonei a tradurre in certezza giuridica le conclusioni probabilistiche del consulente tecnico d'ufficio (Cass., sez. lav., 5 agosto 2010, n. 18270).

2.3.- La sentenza impugnata ha mostrato di condividere tali principi, ribaditi a più riprese da questa Corte, e ha collocato la vicenda controversa entro queste coordinate giuridiche.

La Corte territoriale ha osservato, in linea preliminare, che l'accertamento del nesso di causa non si risolve nella verifica di un rapporto di mera sequenza cronologica (post hoc propter hoc) e ha ripercorso le regole che presiedono a tale accertamento nel precipuo ambito delle patologie a eziologia multifattoriale (pagine 9, 10, 11 e 12).

All'esito di una disamina in concreto, rispettosa delle regole citate, la Corte di merito non ha richiesto un ruolo eziologico esclusivo del fattore correlato all'attività lavorativa e non ha formulato congetture astratte, svincolate dalla vicenda specifica.

Con motivato apprezzamento, i giudici d'appello hanno ritenuto di non potere ravvisare nell'odierna fattispecie quella rilevante probabilità dell'origine professionale della malattia che il dettato normativo impone. E' questo il punto nodale della pronuncia.

La sentenza impugnata ha scrutinato le contrapposte deduzioni delle parti e le osservazioni dei consulenti e ha sottoposto ad accurato vaglio critico anche gli studi epidemiologici prodotti in causa (pagina 21), indicando le ragioni che non consentono di trasporne al caso di specie le valutazioni conclusive, in ragione dell'irriducibile specificità che la vicenda controversa presenta e della diversità del campione esaminato negli studi addotti come termine di raffronto.

La Corte di merito ha vagliato le deposizioni raccolte (pagine 12 e 13) e ha disposto una consulenza tecnica ambientale, allo scopo di identificare il livello di vibrazioni concretamente prodotto da ciascun veicolo, secondo parametri oggettivi e non meramente ipotetici (pagina 17 della sentenza).

La sentenza impugnata, anche con l'ausilio delle cognizioni tecniche del consulente designato, ha soppesato tutti gli elementi sottoposti al contraddittorio processuale: le caratteristiche delle vibrazioni, il tempo per il quale l'esposizione si è protratta, il livello di rischio determinato in modo oggettivo, gli stessi documenti sanitari acquisiti d'ufficio allo scopo di fugare ogni incertezza (pagina 19 della sentenza).

I giudici d'appello pongono l'accento sul fatto, d'importanza primaria, che l'entità delle vibrazioni subite "si colloca in un'area di rischio modesto" (pagina 21).

La sentenza impugnata, movendo da tale premessa, soggiunge che la patologia, riscontrabile in misura significativa nella popolazione che abbia superato i trentacinque anni, si è manifestata in concomitanza con il progredire dell'età, allorchè il parco degli autobus era stato ammodernato. La patologia non è insorta nell'arco temporale in cui il ricorrente "ha guidato gli autobus di costruzione più vecchia e quindi sicuramente più pericolosi" (pagina 20).

Alla stregua di tutte le particolarità del caso concreto, globalmente considerate, i giudici d'appello sono così approdati alla conclusione che la derivazione della patologia discale dall'esposizione a vibrazioni si configura come una "mera possibilità", sfornita di più solidi elementi di conferma e contraddetta da elementi di segno contrario cui la pronuncia ha conferito rilievo preponderante, nel prudente apprezzamento che compete al giudice di merito nella valutazione del materiale istruttorio.

2.4.- Non si ravvisano, nella sentenza impugnata, quelle antinomie e quelle lacune che valgono a rendere apparente la motivazione, così come si denuncia nel motivo di ricorso.

Il percorso logico è intelligibile e consequenziale. La Corte, anche con l'esercizio dei poteri officiosi, ha tratteggiato i molteplici snodi della complessa vicenda, ha acquisito e vagliato ogni elemento utile di giudizio, in un quadro che la difficoltà di ricostruire compiutamente le condizioni ambientali e la novità dei temi dibattuti hanno reso ancor più complesso.

Sotto il profilo della violazione di legge, la parte ricorrente ambisce a ridiscutere in questa sede la valutazione degli elementi di prova che i giudici d'appello hanno compiuto, in termini convergenti con quelli del Tribunale e in una prospettiva unitaria e coerente, conforme ai criteri della "probabilità qualificata" enucleati da questa Corte.

Come traspare dalla stessa diffusa esposizione degli antefatti processuali (pagina da 1 a 74 del ricorso), che prelude all'illustrazione delle doglianze, il motivo si risolve nella contrapposizione di un più appagante coordinamento dei dati probatori, che enfatizza alcuni passaggi della sentenza impugnata, senza scalfirne l'articolato percorso argomentativo e il nucleo essenziale, al netto delle considerazioni marginali e di contorno.

Il fulcro della ratio decidendi s'incentra sulla necessità di accertare la "probabilità qualificata" prescritta dalla legge e sulla verifica, in concreto, d'una mera possibilità, inidonea ad assurgere al rango di causa.

2.5.- Irritualmente articolato, e perciò inidoneo a infirmare l'apprezzamento del fatto, è il motivo formulato in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il ricorrente non ottempera all'onere di dar conto della diversità degli elementi di fatto che sorreggono la pronuncia del Tribunale e quella della Corte d'appello.

Al cospetto d'una pronuncia che conferma in sede di gravame la decisione di primo grado, solo tale diversità, debitamente dedotta e dimostrata con riferimento all'essenza del percorso argomentativo e ai fatti principali oggetto del contendere, consente di superare la preclusione di cui all'art. 348-ter, comma 5, c.p.c. e rende ammissibili le censure proposte (Cass., sez. I, 22 dicembre 2016, n., 26774; di recente, Cass., sez. III, 28 febbraio 2023, n. 5947).

Inoltre, l'omesso esame di un fatto decisivo, per essere utilmente censurato dinanzi a questa Corte, presuppone che si tratti d'un preciso accadimento o d'una precisa circostanza in senso storico - naturalistico e non già di argomentazioni difensive (Cass., S.U., 7 aprile 2014, n. 8053).

La deduzione del vizio di cui all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 non consente di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali e di contrapporre alla stessa una diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione, ad opera di questa Corte, degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito (Cass., sez. II, 19 luglio 2021, n. 20553).

A tale revisione tende la censura di omesso esame di fatti decisivi inerenti al profilo medico-legale della vicenda, in quanto indica circostanze valutate dai giudici d'appello e diversamente inquadrate, in un raffronto complessivo con le altre risultanze di causa.

2.6.- La seconda critica è dunque inammissibile, in tutti i profili in cui si articola.

3.- Il ricorso, pertanto, dev'essere nel suo complesso respinto.

4.- Il ricorrente dev'essere condannato a rifondere alla parte controricorrente le spese del presente giudizio (art. 385, comma 1, c.p.c.), che si liquidano nella misura indicata in dispositivo.

5.- L'integrale rigetto del ricorso impone di dare atto dei presupposti processuali dell'obbligo della parte ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).

 

P.Q.M.
 

rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente a rifondere alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, in Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese generali e agli accessori di legge.

Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, comma 1-bis dell'art. 13, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione civile, il 23 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2023