Cassazione Penale, Sez. 4, 27 giugno 2023, n. 27759 - Morte del meccanico socio-lavoratore in officina. Responsabilità del legale rappresentante della Srl o comportamento abnorme del lavoratore?



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Patrizia - Presidente -

Dott. VIGNALE Lucia - Consigliere -

Dott. BRUNO Mariarosaria - Consigliere -

Dott. CENCI Daniele - Consigliere -

Dott. MARI Attilio - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
 


sul ricorso proposto da:

PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI PALERMO;

nel procedimento a carico di:

A.A., nato a (Omissis);

inoltre:

PARTI CIVILI;

avverso la sentenza del 14/01/2022 della CORTE APPELLO di PALERMO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere DANIELE CENCI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Gen. Dott. LUCA TAMPIERI, che ha chiesto l'annullamento con rinvio della sentenza.

udito il Difensore: è presente l'Avv. Giovanni CASTRONOVO, del Foro di PALERMO, in difesa delle PARTI CIVILI B.B., + Altri Omessi, il Difensore chiede di annullare con rinvio la sentenza, e deposita conclusioni e nota spese.

Per A.A. sono presenti i Difensori, Avv. Salvatore BUGGEA e Francesca PICONE, entrambi del Foro di AGRIGENTO. L'Avv. BUGGEA chiede di confermare la sentenza impugnata o, in subordine, di annullare la stessa, per intervenuta prescrizione; l'Avv.ssa PICONE si associa.

 

Fatto


1.La Corte di appello di Palermo il 14 gennaio 2022, in integrale riforma della sentenza, appellata dall'imputato, con la quale il Tribunale di Agrigento il 19 dicembre 2019, all'esito del dibattimento, ha riconosciuto A.A. responsabile del reato di omicidio colposo, con violazione della disciplina anti-infortunistica, fatto commesso il (Omissis) - decesso avvenuto il 24 ottobre 2010, in conseguenza condannandolo alla pena ritenuta di giustizia, oltre al risarcimento dei danni, in forma generica, alle parti civili, ed applicando sanzioni ai sensi della L. 8 giugno 2001, n. 231, alla Srl "(Omissis)", ha invece assolto l'imputato per insussistenza del fatto e ha revocato sia le statuizioni civili sia le sanzioni irrogate all'ente.

2. I fatti, in estrema sintesi.

Nel tardo pomeriggio del (Omissis) il meccanico C.C. è stato trovato a terra sul pavimento dell'officina della "(Omissis)" Scarl , con amplissima parte del corpo ustionata: trasportato di urgenza con eliambulanza in Ospedale specializzato, è morto otto giorni dopo.

Al momento dell'arrivo dei soccorritori, alle ore 19.42, nell'officina era in corso un incendio, localizzato nel veicolo sollevato sul ponte e nella parte alta dell'immobile, come riferito dai Vigili del fuoco intervenuti.

2.1. Ha ritenuto il Tribunale che il meccanico quel giorno si trovasse all'interno della cabina di guida di un furgone Fiat Ducato, collocato in alto su di un ponte sollevatore, intento ad effettuare riparazioni inerenti alla frizione del cambio, tramite una doppia saldatura: dal basso, cioè stando in piedi a terra, attraverso la saldatrice a filo continuo, e dall'alto, cioè agendo all'interno dell'abitacolo, in posizione accovacciata, con il cannello a gas. Trovandosi, appunto, dentro il veicolo, essendovi entrato da un finestrino abbassato, l'operaio ha acceso con fiamma libera un attrezzo per la saldatura munito di cartuccia contenente GPL, da cui in precedenza era uscito del gas, così provocando un'esplosione e, quindi, un incendio che si è subito propagato alle parti incendiabili del veicolo (plastiche, imbottiture, moquette ed alla zona alta della pareti dell'immobile: le fiamme hanno determinato lesioni gravissime (ustioni circa al 95% del corpo), che hanno causato, malgrado i tempestivi soccorsi, la morte dell'uomo, otto giorni dopo.

2.2. A.A. è stato riconosciuto colpevole, in veste di legale rappresentante della Srl "(Omissis)", essendosi ritenuta la vittima solo apparentemente socio-lavoratore della "(Omissis)" Scarl , appaltatrice di servizi dalla "(Omissis)", ma priva di effettiva capacità imprenditoriale e, in realtà, alla luce di svariati indici fattuali, analiticamente indicati in sentenza (alle pp. 51-62), dipendente di fatto di tale società, sotto plurimi profili, analiticamente sviluppati nella decisione di primo grado (pp. 64-70), per avere A.A. omesso ogni valutazione circa l'effettivo rischio di quell'impresa e per avere omesso o inadeguatamente effettuata la doverosa formazione ed informazione del lavoratore.

2.3. La Corte di appello, come accennato, ha integralmente riformato la sentenza ritenendo, in buona sostanza, esistenti plurime e serie lacune nella ricostruzione degli accadimenti (circa le modalità di introduzione della vittima nell'abitacolo dell'auto e di uscita dallo stesso; circa l'assenza di lesioni da esplosione sul corpo del malcapitato; circa la idoneità del "cannellino" ad effettuare l'attività che la persona offesa stava svolgendo; circa la ragione per cui la vittima non indossasse la maschera "da saldatore" di cui pure era munita rispetto alle operazioni da svolgersi, essendo stata la maschera rinvenuta su una sedia, nè la tuta ignifuga), lacune tali da non potersi escludere che il lavoratore abbia posto in essere un comportamento abnorme: si legge, infatti, nella sentenza impugnata, alla p. 7, che "le predette criticità impediscono di recepire come attendibile la ricostruzione della dinamica dell'evento descritta nella sentenza impugnata (...): il che (...) non consente di escludere la tesi dell'abnormità dell'atto del lavoratore".

Si è ritenuto, inoltre (p. 8 della decisione), non superato nel caso di specie il canone dell'"oltre ogni ragionevole dubbio" per la conferma della condanna.

3.Tanto premesso, ricorre per la cassazione della sentenza il Procuratore Generale della Corte di appello di Palermo, affidandosi ad un solo, complessivo, motivo con il quale denunzia violazione di legge, anche sotto il profilo della mancanza di motivazione, e vizio di motivazione, che sarebbe contraddittoria ed illogica.

In particolare, il ricorrente lamenta la illegittimità ed erroneità del ribaltamento della decisione in difetto di una confutazione, specifica e completa, delle argomentazioni della sentenza di primo grado, senza disattendere in maniera argomentata le prove raccolte e peraltro in mancanza di elementi probatori sopravvenuti o nuovi.

La Corte di appello, ad avviso del ricorrente, avrebbe trascurato il contenuto delle dichiarazioni dei colleghi di lavoro della vittima, tra cui D.D., secondo cui spesso C.C. entrava, sia pure con difficoltà, dal finestrino dei furgoni sopraelevati sul ponte per effettuare riparazioni e quel giorno stava effettuando una lavorazione che richiedeva di agire sia dal basso che dall'alto.

Inoltre, segnala criticamente il Requirente che la consulenza dell'ing. E.E. ha posto in luce reiterate e gravissime violazioni della disciplina in tema di sicurezza e gravi carenze informative nei confronti dei lavoratori.

Sottolinea, infine, che le lesioni alle mani e alle zone genitali, secondo quanto ritenuto dalla consulente di parte F.F., sono compatibili con la posizione accovacciata che C.C. aveva all'interno del veicolo al momento del fatto e che il consulente tecnico G.G. ha spiegato perchè, nonostante l'avvenuta esplosione, sul corpo della vittima non siano state trovate lesioni da esplosione.

Si chiede, dunque, l'annullamento della sentenza impugnata.

4. Il P.G. della S.C. nella requisitoria scritta del 29 marzo 2023 ha domandato annullarsi con' rinvio la sentenza impugnata.

5. Con ampia memoria del 5 aprile 2023 A.A. e la soc. "(Omissis)" hanno chiesto dichiararsi inammissibile o, c:omunque, rigettarsi il ricorso del P.G., sviluppando due temi.

In primo luogo, hanno sottolineato le ragioni di fatto per cui la vittima non poteva trovarsi dentro il veicolo al momento dell'incendio, la stranezza e, anzi, la inspiegabilità dell'assenza di ferite da taglio o di graffi sul corpo dell'uomo, ove lo stesso sia uscito attraverso finestrini rotti però l'esplosione, l'assenza di segni di saldatura sul furgone, proponendo la tesi che sia stata la vittima, che era in officina fuori da un giorno lavorativo (sabato pomeriggio) e senza tuta, a manomettere volontariamente la bomboletta del gas e ciò per auto-procurarsi un infortunio e così ottenere del denaro, essendo probabile che la stessa abbia in precedenza perso soldi al video-poker, senza essere poi in grado di controllare le conseguenze distruttive del suo agire scellerato.

In ogni caso - prosegue la memoria - nè l'imputato persona fisica nè la società "(Omissis)" sarebbero mai stati i datori di lavoro della vittima.

E' stata tempestivamente domandata la discussione orale del ricorso.

 

Diritto


1.Premesso che il reato contestato si prescriverà non prima del 24 ottobre 2025 (fatto del 24 ottobre 2010 + 15 anni, oltre ai periodi di sospensione di cui si dà atto alle pp. 1 e ss. della decisione di primo grado), il ricorso è fondato e deve essere accolto, per le seguenti ragioni.

2. A fronte di una sentenza di primo grado ampia (77 pagine) e molto analitica, la decisione impugnata si limita a qualche stringata considerazione (pp. 5-8), in buona sostanza affermando che, non essendo certa, ad avviso della Corte di merito, la dinamica del sinistro, non potrebbe escludersi un comportamento abnorme del lavoratore.

L'argomentare della Corte di merito si pone, però, in netto contrasto con due consolidati principi di diritto cui occorre invece dare continuità:

il primo, che sottolinea la speciale forza persuasiva che deve avere la sentenza di riforma (v., ex plurimis, Sez. 2, n. 50643 del 18/11/2014, PC in proc Fu e altri, Rv. 261327, secondo cui "In tema di motivazione della sentenza, il giudice di appello che riformi la decisione di condanna pronunciata in primo grado, nella specie pervenendo a una sentenza di assoluzione, deve, sulla base di uno sviluppo argomentativo che si confronti con le ragioni addotte a sostegno del "decisum" impugnato, metterne in luce le carenze o le aporie, che ne giustificano l'integrale riforma"; Sez. 3, n. 6880 del 26/10/2016, dep. 2017, P.G. in proc. D.L. n., Rv. 269523, secondo cui "li giudice di appello che, riformando integralmente la sentenza di condanna di primo grado, assolve l'imputato per contraddittorietà del quadro probatorio, ha un dovere di motivazione "rafforzata", consistente nell'obbligo di offrire un autonomo ragionamento che non si limiti ad una valutazione soltanto numerica degli elementi di prova contrapposti, ma consideri anche il peso, inteso come capacità dimostrativa, degli stessi"; e, soprattutto, Sez. U, n. 1480Euro) del 21/12/2017, dep. 2018, P.G. in proc. Troise, Rv. 272430, che ha puntualizzato che "Il giudice d'appello che riformi in senso assolutorio la sentenza di condanna di primo grado non ha l'obbligo di rinnovare l'istruzione dibattimentale mediante l'esame dei soggetti che hanno reso dichiarazioni ritenute decisive, ma deve offrire una motivazione puntuale e adeguata, che fornisca una razionale giustificazione della difforme conclusione adottata, anche riassumendo, se necessario, la prova dichiarativa decisiva");

ed il secondo, in tema di accertamento della abnormità della condotta del lavoratore e delle lacune datoriali in tema di sicurezza: è affermazione costante e condivisibile quella secondo cui "In tema di infortuni sul lavoro, perchè possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione di un "rischio eccentrico", con esclusione della responsabilità del garante, è necessario che questi abbia posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente, così che, solo in questo caso, l'evento verificatosi potrà essere ricondotto alla negligenza del lavoratore, piuttosto che al comportamento del garante. (Fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità del datore di lavoro in quanto la mancata attuazione delle prescrizioni contenute nel Pos e la mancata informazione del lavoratore avevano determinato l'assenza delle cautele volte a governare anche il rischio di imprudente esecuzione dei compiti assegnati al lavoratore infortunato)" (Sez. 4, n. 27871 del 20/03/2019, Simeone, Rv. 276242; nello stesso senso, tra le numerose: Sez. 4, n. 7364 del 14/01/2014, Scarselli, Rv. 259321, secondo cui "In tema di infortuni sul lavoro, non vale a escludere la responsabilità del datore di lavoro il comportamento negligente del lavoratore infortunato che abbia dato occasione all'evento, quando questo sia da ricondurre comunque all'insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio derivante dal richiamato comportamento imprudente. (Fattispecie relativa alle lesioni "da caduta" riportate da un lavoratore nel corso di lavorazioni in alta quota, in relazione alla quale la Corte ha ritenuto configurabile la responsabilità del datore di lavoro che non aveva predisposto un'idonea impalcatura - "trabattello" nonostante il lavoratore avesse concorso all'evento, non facendo uso dei tiranti di sicurezza)"; Sez. 4, n. 37986 del 27/06/2012, Battafarano, Rv. 254365, secondo cui "In tema di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro" in quanto titolare di una posizione di garanzia in ordine all'incolumità fisica dei lavoratori, ha il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici vigilando sulla sussistenza e persistenza delle condizioni di sicurezza ed esigendo dagli stessi lavoratori il rispetto delle regole di cautela, sicchè la sua responsabilità può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in virtù di un comportamento del lavoratore avente i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità e, comunque, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative ricevute, connotandosi come del tutto imprevedibile o inopinabile. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito ha affermato la responsabilità in ordine al reato di cui all'art. 590, comma 3, cod. peti. - dell'imputato, legale rappresentante di una Sas , per non avere adeguatamente informato il lavoratore, il quale aveva ingerito del detersivo contenuto in una bottiglia non contrassegnata, ritenendo trattarsi di acqua minerale)"; e Sez. 4, n. 10121 del 23/01/2007, Masi e altro, Rv. 236109, secondo cui "In tema di infortuni sul lavoro, l'eventuale colpa concorrente dei lavoratori non può spiegare alcun effetto esimente per i soggetti aventi l'obbligo di garantire la sicurezza e che si siano resi responsabili di violazioni di prescrizioni in materia antinfortunistica. (Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto provata la responsabilità del datore di lavoro che non aveva sufficientemente istruito il lavoratore sull'uso della macchina)").

3. A ciò si aggiunga che il passaggio motivazionale che caratterizza p. 7 della sentenza impugnata, secondo cui "le predette criticità impediscono di recepire come attendibile la ricostruzione della dinamica dell'evento descritta nella sentenza impugnata (...) il che (...) non consente di escludere la tesi dell'abnormità dell'atto del lavoratore", sottende il tema, di fondamentale importanza nel caso di specie, dei poteri/doveri del giudice nell'accertamento di fatti che esulino dalle conoscenze, per così dire, "ordinarie" ma che richiedano specifiche competenze tecniche o scientifiche.

3.1. Al riguardo appare opportuno richiamare alcune considerazioni già svolte dalla S.C. nella parte motiva (sub nn. 2, 3 e 4 del "considerato in diritto", pp. 12-19) di Sez. 4, n. 36149 del 07/07/2021, Righi ed alto, non mass., ed inoltre, e specialmente, in quella (sub nn. 5.1, 5.2, 5.3 e 5.4 del "considerato in diritto", pp. 9-14) di Sez. 4, n. 2474 del 15/10/2021, dep. 2022, Masturzo, Rv. 282612, la cui massima ufficiale recita: "Il giudice d'appello che riformi in senso assolutorio la sentenza di condanna di primo grado sulla base del medesimo compendio probatorio, pur non essendo obbligato alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, è tenuto ad offrire una motivazione puntuale e adeguata che dia razionale giustificazione della difforme decisione adottata, indicando in maniera approfondita e diffusa gli argomenti, specie se di carattere tecnico-scientifico, idonei a confutare le valutazioni del giudice di primo grado".

Occorre prendere le mosse dall'art. 220, comma 1, c.p.p., che recita: "La perizia è ammessa quando occorre svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, scientifiche o artistiche".

3.2. Dal tenore testuale della norma si ricava agevolmente che, nella sistematica del codice di rito, il ricorso alla perizia è rimesso alla valutazione discrezionale del giudice: ed infatti "La perizia è un mezzo di prova essenzialmente discrezionale, essendo rimessa al giudice di merito, anche in presenza di pareri tecnici e documenti medici prodotti dalla difesa, la valutazione della necessità di disporre indagini specifiche. Non è, pertanto, sindacabile in sede di legittimità, se sorretto da adeguata motivazione, il convincimento espresso da quel giudice circa l'esistenza di elementi tali da escludere la situazione che l'accertamento peritale richiesto dovrebbe dimostrare" (tradizionale insegnamento di Sez. 1, n. 7570 del 09/06/1993, Nastasi ed altro, Rv. 194776; esattamente in termini, Sez. 5, n. 1476 del 10/12/1997, dep. 1998, Illiano ed altri, Rv. 209805; Sez. 6, n. 34089 del 07/07/2003, Bombino, Rv. 226330; nello stesso senso, ossia che spetta al giudice del merito, fornendo naturalmente motivazione, che, se adeguata, risulta insindacabile in sede di legittimità, valutare le risultanze processuali e la necessità o meno di una perizia, v., tra le altre, Sez. 6, n. 456 del 21/09/2012, dep. 2013, Cena e altri, Rv. 254226; Sez. 6, n. 43526 del 03/10/2012, Ritorto e altri, Rv. 253707; Sez. 4, n. 7444 del 17/01/2013, Sciarra, Rv. 255152; Sez. 2, n. 52517 del 03/11/2016, Russo, Rv. 268815; sino a Sez. U, n. 39476 del 23/03/2017, A ed altro, Rv. 270936).

Valutazione discrezionale - si è detto - che non è sinonimo, però, di valutazione capricciosa. Ed infatti la S.C. ha in più occasioni evidenziato che prudente apprezzamento e libero convincimento del giudice non equivalgono certo ad arbitrium merum (tra le numerose, v., assai autorevolmente, Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, sub n. 9.5. del "considerato in diritto", p. 96).

3.3. La questione che viene in luce, quindi, è quella dell'acquisizione al processo di informazioni scientifiche e tecniche attendibili, a proposito della quale si è - assai condivisibilmente - precisato quanto segue (Sez. 4, n. 16237 del 29/01/2013, Cantore, Rv. 255105):

"Questa Suprema Corte (Sez. IV, 17 settembre 2010, n. 43786, Cozzini, Rv. 248943) ha già avuto modo di porre in luce i pericoli che incombono in questo campo: la mancanza di cultura scientifica dei giudici, gli interessi che talvolta stanno dietro le opinioni degli esperti, le negoziazioni informali oppure occulte tra i membri di una comunità scientifica; la provvisorietà e mutabilità delle opinioni scientifiche; addirittura, in qualche caso, la manipolazione dei dati; la presenza di pseudoscienza in realtà priva dei necessari connotati di rigore; gli interessi dei committenti delle ricerche. Tale situazione rende chiaro che il giudice non può certamente assumere un ruolo passivo di fronte allo scenario del sapere scientifico, ma deve svolgere un penetrante ruolo critico, divenendo (come è stato suggestivamente affermato) custode del metodo scientifico.

Si è pure posto in luce che il primo e più indiscusso strumento per determinare il grado di affidabilità delle informazioni scientifiche che vengono utilizzate nel processo è costituto dall'apprezzamento in ordine alla qualificazione professionale ed all'indipendenza di giudizio dell'esperto. Tuttavia, ciò può non bastare. Infatti non si tratta tanto di comprendere quale sia il pur qualificato punto di vista del singolo studioso, quanto piuttosto di definire, ben più ampiamente, quale sia lo stato complessivo delle conoscenze accreditate.

Pertanto, per valutare l'attendibilità di una tesi occorre esaminare gli studi che la sorreggono; l'ampiezza, la rigorosità, l"oggettività delle ricerche; il grado di consenso che l'elaborazione teorica raccoglie nella comunità scientifica.

Inoltre, è di preminente rilievo l'identità, l'autorità indiscussa, l'indipendenza del soggetto che gestisce la ricerca, le finalità per le quali si muove. Insomma, dopo aver valutato l'affidabilità metodologica e l'integrità delle intenzioni, occorre infine tirare le fila e valutare se esista una teoria sufficientemente affidabile ed in grado di fornire concrete, significative ed attendibili informazioni idonee a sorreggere l'argomentazione probatoria inerente allo specifico caso esaminato.

Naturalmente, il giudice di merito non dispone delle conoscenze e delle competenze per esperire un'indagine siffatta: le informazioni relative alle differenti teorie, alle diverse scuole di pensiero, dovranno essere veicolate nel processo dagli esperti. Costoro, come si è accennato, non dovranno essere chiamati ad esprimere (solo) il loro personale seppur qualificato giudizio, quanto piuttosto a delineare lo scenario degli studi ed a fornire gli elementi di giudizio che consentano al giudice di comprendere se, ponderate le diverse rappresentazioni scientifiche del problema, vi sia conoscenza scientifica in grado di guidare affidabilmente l'indagine. Di tale indagine il giudice è infine chiamato a dar conto in motivazione, esplicitando le informazioni scientifiche disponibili e fornendo razionale spiegazione, in modo completo e comprensibile a tutti, dell'apprezzamento compiuto. Si tratta di indagine afferente alla sfera del fatto e dunque rimessa alla valutazione del giudice di merito; mentre il controllò di legittimità attiene solo alla razionalità ed alla rigorosità dell'apprezzamento compiuto.

Alla stregua di quanto precede risulta chiarito e nobilmente enfatizzato il ruolo di peritus peritorum tradizionalmente conferito al giudice. Nessuna rivendicazione di potere e di supremazia. Piuttosto, l'indicazione di un metodo. Il giudice, con l'aiuto degli esperti, individua il sapere accreditato che può orientare la decisione e ne fa uso oculato, metabolizzando la complessità e pervenendo ad una spiegazione degli eventi che risulti comprensibile da chiunque, conforme a ragione ed umanamente plausibile: il più alto ed impegnativo compito conferitogli dalla professione di tecnico del giudizio. Il perito non è più (non avrebbe mai dovuto esserlo) l'arbitro che decide il processo, ma l'esperto che espone al giudice il quadro del sapere scientifico nell'ambito cui il giudizio si interessa, spiegando quale sia lo stato del dibattito nel caso in cui vi sia incertezza sull'affidabilità degli enunciati della scienza o della tecnologia. Tutto ciò ha a che fare con I temi della legalità, della determinatezza e della colpevolezza. Si vuol dire che l'ontologica "terzietà" del sapere scientifico accreditato è lo strumento a disposizione del giudice e delle parti per conferire oggettività e concretezza al precetto ed al giudizio di rimprovero personale".

Infatti già la sentenza (espressamente richiamata, come si è visto, dal precedente di legittimità appena citato) di Sez. 4, n. 43786 del 17/09/2010, Cozzini ed altri, aveva preso posizione, ancora con maggiore approfondimento argomentativo, sul tema della centralità del sapere scientifico, sulle modalità di introduzione dello stesso nel processo, sul significato da attribuire al tradizionale brocardo iudex peritus peritorum e sul ruolo del giudice, vero e proprio "custode e garante della scientificità della conoscenza fattuale espressa dal processo" (cfr. punti nn. 14-17 dei "motivi della decisione", pp. 36-50): nell'occasione la Corte di legittimità, tra l'altro, aveva posto in luce che, in tema di utilizzazione del sapere scientifico nel processo penale, "occorre in primo luogo considerare che il problema della prova scientifica prende corpo quando l'inferenza probatoria che è alla base dell'accertamento del fatto non può essere articolata sulla base di conoscenze ordinarie, del sapere diffuso" e che la valutazione delle emergenze istruttorie "attiene al fatto, è al servizio dell'attendibilità dell'argomentazione probatoria ed è dunque rimessa al giudice di merito che dispone, soprattutto attraverso la perizia, degli strumenti per accedere al mondo della scienza. Al contrario, il controllo che la Corte Suprema è chiamato ad esercitare attiene alla razionalità delle valutazioni che a tale riguardo il giudice di merito esprime"" (così sub n. 14, pp. 36-37 di Sez. 4, n. 43786 del 17/09/2010, Cozzini ed altri, cit.).

Si tratta di condivisibili affermazioni, peraltro recentemente ribadite (Sez. 4, n. 54795 del 13/07/2017, Grossi, Rv. 271668, sub nn. 2 e 3 del "considerato in diritto", pp. 4 e ss.):

"(...) l'art. 220 c.p.p. prevede l'espletamento della perizia ogniqualvolta sia necessario svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedano specifiche competenze di natura tecnica. La specificità delle competenze va rapportata alle conoscenze ordinarie dell'uomo medio. La perizia va dunque disposta allorchè occorrano competenze che esulano dal patrimonio conoscitivo dell'uomo medio, in un dato momento storico e in un dato contesto sociale (Cass., Sez. 1, n. 11706 dell'11-11-1993, Rv. 196075). Lo svolgimento di indagini comprende la ricerca e l'estrapolazione di dati da una determinata realtà fenomenica nonchè la loro analisi e rielaborazione critica. L'acquisizione di dati implica la rilevazione, selezione e organizzazione di dati già esistenti, in modo funzionale rispetto alle richieste del giudice. L'acquisizione di valutazioni comprende l'individuazione ed enunciazione di nozioni e di regole tecniche, di leggi scientifiche, di massime di esperienza e di inferenze fondate su dati già acquisiti mediante altri mezzi di prova o direttamente ottenuti attraverso le operazioni peritali. E' vero pertanto che l'ammissione della perizia è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice (Cass., Sez. 6, n. 34089 del 7-7-2003; Sez. 5, n. 22770 del 15-4-2004). Tuttavia non si può prescindere dal rilievo che la perizia rappresenta un indispensabile strumento probatorio, allorchè si accerti il ricorrere del presupposto inerente alla specificità delle competenze occorrenti per l'acquisizione e la valutazione di dati, perfino laddove il giudice possieda le specifiche conoscenze dell'esperto, perchè l'eventuale impiego, ad opera del giudicante, della sua scienza privata costituirebbe una violazione del principio del contraddittorio e del diritto delle parti sia di vedere applicato un metodo scientifico sia di interloquire sulla validità dello stesso (Cass., Sez. 5, n. 9047 del 15-6-1999, Rv. 214295). L'ontologica terzietà del sapere scientifico accreditato è lo strumento a disposizione del giudice e delle parti per conferire oggettività e concretezza al precetto e al giudizio di rimprovero personale. E' ben vero infatti che al giudice è attribuito il ruolo di peritus peritorum. Ma ciò non lo autorizza affatto ad intraprendere un percorso avulso dal sapere scientifico, avventurandosi in opinabili valutazioni personali, sostituendosi agli esperti e ignorando ogni contributo conoscitivo di matrice tecnico-scientifica. Il ruolo di peritus peritorum abilita invece il giudice a individuare, con l'aiuto dell'esperto, il sapere accreditato che può orientare la decisione e a farne un uso oculato, pervenendo a una spiegazione razionale dell'evento. Il perito non -è l'arbitro che decide il processo ma l'esperto che espone al giudice il quadro del sapere scientifico nell'ambito fenomenologico al quale attiene il giudizio, spiegando quale sia lo stato del dibattito, nel caso in cui vi sia incertezza sull'affidabilità degli enunciati a cui è possibile addivenire, sulla base delle conoscenze scientifiche e tecnologiche disponibili in un dato momento storico. Toccherà poi al giudice tirare le fila e valutare se si sia addivenuti a una spiegazione dell'eziologia dell'evento e delle dinamiche in esso sfociate sufficientemente affidabile e in grado di fornire concrete, significative ed attendibili informazioni, che possano supportare adeguatamente l'argomentazione probatoria inerente allo specifico caso esaminato. Il sapere scientifico costituisce infatti un indispensabile strumento al servizio del giudice di merito, il quale dovrà però valutare l'autorità scientifica dell'esperto nonchè comprendere se gli enunciati che vengono proposti trovino comune accettazione nell'ambito della comunità scientifica (Cass., Sez. 4, n. 43796 del 17-9-2010, Rv. 248943). Il giudice deve dunque esaminare le basi fattuali sulle quali le argomentazioni del perito sono state condotte; l'ampiezza, la rigorosità e l'oggettività della ricerca; l'attitudine esplicativa dell'elaborazione teorica nonchè il grado di consenso che le tesi sostenute dall'esperto raccolgono nell'ambito della comunità scientifica (Cass., Sez. 4, n. 18678 del 14-3-2012, Rv. 252621), fermo rimanendo che, ai fini della ricostruzione del nesso causale, è utilizzabile anche una legge scientifica che non sia unanimemente riconosciuta, essendo sufficiente il ricorso alle acquisizioni maggiormente accolte o generalmente condivise, attesa la diffusa consapevolezza della relatività e mutabilità delle conoscenze scientifiche (Sez. U., 25-1-2005, Rv. 230317; Cass., Sez. 4, n. 36280 del 21-6-2012, Rv. 253565). Di tale indagine il giudice è chiamato a dar conto in motivazione, esplicitando le informazioni scientifiche disponibili e utilizzate e fornendo una razionale giustificazione, in modo completo e, il più possibile, comprensibile a tutti, dell'apprezzamento compiuto. Si tratta di accertamenti e valutazioni di fatto, insindacabili in cassazione, ove sorretti da congrua motivazione, poichè il giudizio di legittimità non può che incentrarsi esclusivamente sulla razionalità, completezza e rigore metodologico del predetto apprezzamento. Il giudice di legittimità, infatti, non è giudice del sapere scientifico e non detiene proprie conoscenze privilegiate (Cass., Sez. 4, n. 1826 del 19-10-2017), di talchè esso non può, ad esempio, essere chiamato a decidere se una legge scientifica, di cui si postuli l'utilizzabilità nell'inferenza probatoria, sia o meno fondata (Cass., Sez. 4, n. 43786 del 17-9-2010, cit.) La Corte di cassazione ha invece il compito di valutare la correttezza metodologica dell'approccio del giudice di merito al sapere tecnico scientifico, che riguarda la preliminare e indispensabile verifica critica in ordine all'affidabilità delle informazioni che utilizza ai fini della spiegazione del fatto (Cass., Sez. 4, n. 42128 del 30-9-2008)".

4. Ebbene, nel caso in esame i giudici di merito non hanno fatto buon governo dei principi appena esposti.

L'apparato logico posto a base della sentenza impugnata non è esente da un grave vizio logico, quello di considerare, per così dire, ex se "prevalente" il convincimento maturato dal Giudice del grado di impugnazione rispetto a quello del Tribunale, senza considerare che "il giudice di appello, che ripete tutti i poteri decisori da quello di primo grado, e non ha di per sè, in base alla sua costituzione e all'ordinamento giudiziario, una "autorevolezza maggiore" di quello" (così Sez. U, n. 27620 del 28/04/20:16, Dasgupta, Rv. 267487, sub n. 8.1. del "considerato in diritto", p. 12) e, peraltro, senza avvertire la necessità di introdurre nel processo apporti probatori tecnico-scientifici indipendenti ma appoggiandosi soltanto sull'opinione di quelli, tra i vari consulenti che hanno contribuito all'istruttoria (per il P.M., i cc.tt. ing. E.E., esperto in sicurezza, e la Dott.ssa G.G., medico legale; per la Difesa, l'ing. H.H., esperto in sicurezza sul lavoro e prevenzione incendi, e i dottori F.F., medico legale, e I.I., specialista in medicina del lavoro), stimati - soggettivamente - più convincenti.

Si impone, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata affinchè la Corte di appello, eventualmente rinnovata l'istruttoria anche attraverso l'eventuale acquisizione di sapere tecnico-scientifico, ricostruisca la dinamica degli accadimenti, traendone, nella sua autonomia valutativa, le necessarie conseguenze.

5. Infine, un cenno alla memoria del 5 aprile 2023 nell'interesse dell'imputato e della società "(Omissis)": non solo è costruita in fatto ma la lunghezza dell'intervento in questione, svolto ad adiuvandum rispetto alla sentenza impugnata, fa ulteriormente emergere, a contrario, la povertà di argomenti che connota la decisione di appello.

6. Consegue l'annullamento della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d'appello di Palermo, altra Sezione, per nuovo giudizio.

Il Giudice del rinvio provvederà alla regolamentazione delle spese tra le parti anche in relazione al presente giudizio di legittimità.
 


P.Q.M.

 

Annulla la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Palermo, altra Sezione, per nuovo giudizio, cui demanda altresì la liquidazione delle spese tra le parti per questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2023.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2023