Cassazione Penale, Sez. 4, 24 luglio 2023, n. 31816 - Disastro ferroviario sulla tratta Sassari-Chilivani. Omissioni nella valutazione dei rischi e nelle conseguenti e necessarie misure di sicurezza 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOVERE Salvatore - Presidente -

Dott. VIGNALE Lucia - Consigliere -

Dott. CENCI Daniele - Consigliere -

Dott. CIRESE Marina - Consigliere -

Dott. ANTEZZA Fabio - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
 


sul ricorso proposto da:

A.A., nato a (Omissis);

B.B., nato a (Omissis);

avverso la sentenza del 17/11/2021 della CORTE APPELLO di CAGLIARI (SEZ.DIST. di SASSARI);

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere FABIO ANTEZZA;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore OLGA MIGNOLO, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;

udito l'avvocato BONCIANI ELISA, del foro di FIRENZE, in difesa delle PARTI CIVILI "ASSOCIAZIONE IN MARCIA" e LUIGI MURRU, che si associa alle conclusioni della procura generale (depositando anche conclusioni scritte e nota spese);

udito l'avvocato DI LIBERO MARIAFEDERICA, del foro di CASSINO, in difesa del RESPONSABILE CIVILE "RFI" (Rete Ferroviaria Italiana s.p.a.), che si associa alle deduzioni di cui ai motivi dei due ricorsi;

udito l'avvocato MANCA BITTI GUIDO, del foro di CAGLIARI, in difesa di B.B. che si riporta ai motivi del ricorso e insiste per l'accoglimento dello stesso.

 

Fatto


1. La Corte d'appello di Cagliari (Sezione distaccata di Sassari), con la pronuncia indicata in epigrafe, ha confermato la sentenza di condanna di B.B. e A.A., nelle qualità, rispettivamente e con riferimento a Rete Ferroviaria Italiana Spa (di seguito, "RFI"), di responsabile della Direzione Territoriale di Produzione Cagliari (datore di lavoro e comunque dirigente), il primo, e di Responsabile della Gestione operativa Territoriale (Efficienza infrastrutture Rete Ferroviaria), il secondo.

Gli imputati sono stati ritenuti responsabili in merito al disastro ferroviario verificatosi il 19 dicembre 2009 sulla tratta ferroviaria Sassari-Chilivani (di cui agli artt. 113 e 449, commi primo e secondo, c.p.) e all'omicidio colposo del macchinista C.C. (dipendente di Trenitalia s.p.a.), cagionato, oltre che per colpa generica, con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (di cui agli artt. 113 e 589, commi primo e secondo, c.p.). Ne è conseguita altresì la conferma delle statuizioni civili e in particolare della condanna degli imputati e di RFI, quale responsabile civile, al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili.

2. Avverso la sentenza d'appello B.B. e A.A., tramite i difensori, hanno proposto separati ricorsi per cassazione fondati, rispettivamente, su tre e due motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p.).

3. Con i primi due motivi del ricorso proposto nell'interesse di B.B. si deducono violazioni di legge e vizio motivazionale cumulativo con riferimento alla ritenuta prevedibilità ed evitabilità dell'evento, da reputarsi invece eccezionale alla stregua di una valutazione ex ante, laddove la Corte territoriale avrebbe mosso dalla mera constatazione ex post dell'infortunio verificatosi senza peraltro considerare il legittimo affidamento dell'imputato sulla condotta altrui (in particolare sulle strutture tecniche di RFI).

In sostanza i motivi in esame, come peraltro specificati e circostanziati con la memoria depositata in vista dell'udienza, censurano la sentenza impugnata nella parte in cui, dapprima, avrebbe travisato le risultanze processuali e, di conseguenza, avrebbe attribuito a B.B. una mera responsabilità di posizione.

Le risultanze processuali, in particolare le considerazioni tecniche del consulente della difesa circa l'eccezionalità dell'evento tale da renderlo imprevedibile, sarebbero state inopinatamente superate del giudice di merito senza il sostegno di difformi indicazioni scientifiche. Invero, la presenza di massi trattenuti dalle piante nei settant'anni di vita del bosco che separa il costone interessato dal movimento gravitativo dalla linea ferroviaria avrebbe dovuto condurre la Corte a ritenere dimostrata l'idoneità del sistema integrato di protezione (costituito da barriera paramassi e vegetazione) considerato dai tecnici RFI delle strutture territoriali tale da evitare l'evento verificatosi. I giudici di merito avrebbero invece ritenuto l'evento concretizzazione del rischio che avrebbero dovuto evitare proprio le regole cautelari violate, in primis la sua omessa valutazione nel DVR e la conseguente omessa predisposizione di idonei sistemi di protezione. La sentenza d'appello, senza confrontarsi con le deduzioni del consulente della difesa, circa il rapporto tra la maggiore frequenza di eventi franosi, caratterizzanti la zona di riferimento, e la minore intensità degli stessi, avrebbe fatto affidamento solo su una valutazione ex post dei fatti. Al contrario, una valutazione ex ante, in considerazione dell'articolata struttura tecnica della quale disponeva B.B. (in seno a RFI) avrebbe dovuto condurre alla corretta applicazione del principio di diritto per cui "la titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell'evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo il principio di colpevolezza la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione - da parte del garante - di una regola cautelare (generica o specifica), sia della prevedibilità ed evitabilità dell'evento dannoso che la regola cautelare violata mirava a prevenire (cosiddetta concretizzazione del rischio), sia della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l'evento dannoso" (il riferimento specifico è a Sez. 4, n. 21554 del 2021).

Nel caso di specie, prosegue sul punto il ricorso, come riconosciuto dagli stessi giudici di merito, il sistema di protezione aveva sempre mostrato di essere idoneo a prevenire eventi della tipologia di quello in parola e i sopralluoghi eseguiti sulla linea ferroviaria non avevano mai segnalato pericoli o elementi che suggerissero il contrario. Tali informazioni, sulla base delle quali B.B. quale datore di lavoro aveva predisposto il DVR, erano qualificate tecnicamente. RFI si era infatti dotata di una struttura piramidale, della quale l'imputato era il vertice regionale, mentre a livello locale operavano dedicate strutture specializzate, composte da professionalità qualificate, tra cui ingegneri e geologi, alle quali erano demandati specifici compiti in materia di valutazione e accertamento della sicurezza, anche attraverso controlli de visu sulla linea. Si sarebbe trattato di strutture (alle quale si fa riferimento nel ricorso a pag. 7 e ss.) effettivamente operanti come dimostrato dalle verifiche effettuate e dai relativi report e mai evidenzianti anomalie relative al tratto ferroviario interessato.

Contraddittoriamente la Corte territoriale avrebbe invece rilevato (pag. 61) che "l'innegabile complessità e ampiezza di mansioni, prerogative, responsabilità, attribuzioni" di B.B. "si accompagnava alla possibilità di avvalersi e far quindi pieno affidamento su articolate ed efficienti Strutture Organizzative (SOGOT, il cui responsabile era stato individuato nella persona dell'ing. A.A. e (Omissis)), dotate di personale avente le necessarie competenze tecniche, alle quali poteva e doveva rivolgersi". Se, pertanto, è incontestato che tali strutture fossero funzionanti ed efficienti e le verifiche da queste eseguite non avessero segnalato pericoli o anomalie rilevanti per i fatti per cui è processo, nessun addebito, proseguono le censure, avrebbe potuto essere mosso a B.B. che su tali valutazioni e verifiche avrebbe quindi fatto legittimo affidamento. Altrettanto contraddittoriamente la sentenza d'appello (pag. 63) avrebbe imputato in capo a B.B. un difetto di vigilanza sulle attività delegate alle strutture decentrate (SOGOT e (Omissis)), trattandosi di strutture locali in possesso delle necessarie risorse, professionali e organizzative, nel caso di specie puntualmente impiegate. La contraddittorietà dell'apparato motivazionale sul punto emergerebbe altresì dall'aver la stessa Corte territoriale evidenziato il funzionamento delle dette strutture tecniche e che il dirigente responsabile (il coimputato A.A.), in considerazione della funzione ricoperta e dei poteri delegatigli "avrebbe dovuto collaborare con l'Ingegner B.B. fornendogli notizie, dati e quant'altro ritenuto opportuno, beneficiando all'uopo degli assegnati poteri gestionali operativi, alla luce delle proprie attribuzioni finanziarie e contrattuali (si veda: Comunicazione di Servizio n. 9 SPP del 18.02.2004".

Conclude pertanto sul punto il ricorrente nel senso per cui avrebbe errato il giudice d'appello nel confermare la responsabilità dell'imputato nonostante la natura eccezionale dell'evento, come tale imprevedibile, e, comunque, in ragione dell'assenza di colpa di organizzazione od omessa vigilanza da parte di B.B. sulle strutture territoriali di RFI. 3.1. Con il terzo motivo di ricorso si deducono violazioni di legge e vizio motivazionale cumulativo con riferimento alla ritenuta applicabilità delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, segnatamente quelle di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, pur a fronte del verificarsi di un evento legato alla diversa categoria del rischio idrogeologico, comunque influente non sull'ambiente di lavoro bensì sul rischio da circolazione ferroviaria. Ne conseguirebbe quindi l'errore nell'aver ritenuto sussistente la contestata circostanza aggravante di cui all'art. 589, comma 2, c.p., la cui esclusione, invece, avrebbe nella specie condotto a una pronuncia di estinzione del reato di omicidio colposo per prescrizione (in ragione dell'inoperatività del raddoppio dei relativi termini di cui all'art. 157, comma 6, c.p.).

Il ricorrente, come peraltro ulteriormente circostanziato con la memoria depositata, evidenzia che sarebbe la stessa sentenza impugnata (pag. 21 e ss.) a inquadrare il rischio idrogeologico nel diverso perimetro di quelli connessi alla circolazione ferroviaria, dovendo peraltro rilevare la previsione di tale rischio nel DVR in relazione alla circolazione dei treni e all'esercizio ferroviario e non all'ambiente di lavoro. Il settore ferroviario si caratterizzerebbe per la compresenza di norme sulla sicurezza dei lavoratori e di norme sulla sicurezza della circolazione, aventi finalità e destinatari diversi. I giudici di merito, però, avrebbero sovrapposto i due profili di rischio, non facendo buon governo degli insegnamenti della Suprema Corte in merito, equiparando, di fatto, il concetto (e, con esso, le relative interpretazioni giuridiche) dell'espressione "in occasione di un'attività lavorativa" a quello, differente, di "violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro". Al contrario, come avrebbe affermato e recentemente ribadito dal Giudice di legittimità, "ai fini dell'integrazione della circostanza aggravante del "fatto commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro" è necessario che venga violata una regola cautelare volta a eliminare o ridurre lo specifico rischio, derivante dallo svolgimento di attività lavorativa, di morte o lesioni in danno dei lavoratori o di terzi esposti alla medesima situazione di rischio e pertanto assimilabili ai lavoratori, e che l'evento sia concretizzazione di tale rischio "lavorativo", non essendo all'uopo sufficiente che lo stesso si verifichi in occasione dello svolgimento di un'attività lavorativa" (il riferimento esplicito è a Sez. 4, n. 32899 del 08/01/2021).

La Corte d'Appello avrebbe quindi erroneamente inquadrato la regola cautelare cui è connesso il rischio specifico in oggetto nell'ambito delle norme poste a tutela dei lavoratori, pur individuando lo specifico pericolo nel rischio idrogeologico che, tuttavia, afferirebbe alla differente categoria del rischio da circolazione dei treni e connesso all'esercizio della ferrovia.

4. Con il primo motivo di ricorso proposto nell'interesse di A.A., si deducono violazioni di legge e vizio motivazionale cumulativo con riferimento alla ritenuta responsabilità dell'imputato, dipendente di RFI, per aver omesso di informare B.B., anch'egli dipendente di RFI e obbligato alla predisposizione del DVR in quanto attività non delegabile, del pericolo derivante dalle caratteristiche del versante prospiciente alla rete ferroviaria. Ciò sull'assunta applicabilità delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e nonostante fossero emerse deleghe da parte di B.B. ma con esclusione di attività non delegabili (tra cui proprio la predisposizione del DVR).

4.1. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione della legge regionale istitutiva del Piano di Riassetto idrogeologico sardo, quale disciplina giuridica di cui tener conto nell'applicazione della legge penale, e comunque l'omessa motivazione sul punto laddove la Corte territoriale concentra l'attenzione sulla difesa dal rischio, ravvisandone la relativa gestione in capo agli imputati, in luogo dell'obbligo di radicale eliminazione dello stesso, invece incombente in capo alla regione Sardegna.

Con la legge istitutiva del piano di riassetto idrogeologico del territorio sardo si prende difatti atto che la zona poi interessata dal sinistro, ricadente nelle fasce di rischio inserite nell'imputazione, presenta un versante pericolante necessitante di essere eliminato, entro il termine di due anni dal PAI (decorrenti dal 2006), dallo stesso ente regionale mediante adeguate procedure tali da coinvolgere, in via sussidiaria, i terzi (tra cui RFI), con regole e procedure dettate dalla Regione, circostanza realizzatasi solo all'esito dell'evento di cui in rubrica mediante l'eliminazione del versante interessato dal movimento gravitativo. Il dovere, in capo alla Regione, di eliminare il rischio mediante l'eliminazione del versante, a detta del ricorrente, avrebbe nella specie sostanzialmente assorbito quello di difesa dal rischio, invece ritenuto sussistente dalla Corte territoriale in capo agli imputati, con motivazione peraltro sul punto totalmente omessa nonostante specifiche censure d'appello, in ragione della partecipazione, pochi giorni prima del sinistro, a una riunione nel corso della quale la Regione si sarebbe limitata solo ad approvare le difese passive predisposte da RFI (pali e reti di protezione). A quanto innanzi si aggiunge che, peraltro, il giudice d'appello non avrebbe considerato l'assenza di facoltà in capo agli imputati di intervenire, in luogo della Regione, eliminando il versante oltre che l'assenza di disponibilità pecuniaria degli stessi in merito alla costruzione di una galleria protettiva notevolmente costosa, comunque in un contesto che, con riferimento alla posizione di A.A., avrebbe richiesto una delega specifica con capacità di spesa.

5. Le parti hanno discusso e concluso nei termini di cui in epigrafe.

 

Diritto

 

1. I ricorsi, complessivamente considerati, sono infondati.

2. Come sintetizzato in sede di ricostruzione dei fatti processuali, la Corte d'appello ha confermato la condanna di B.B. e A.A., nelle qualità, rispettivamente e con riferimento a Rete Ferroviaria Italiana Spa (di seguito, "RFI"), di responsabile della Direzione Territoriale di Produzione Cagliari (datore di lavoro e comunque dirigente), il primo, e di Responsabile della Gestione operativa Territoriale (Efficienza infrastrutture Rete Ferroviaria), il secondo, in merito a disastro ferroviario (di cui agli artt. 113 e 449, commi primo e secondo, c.p.) e all'omicidio colposo del macchinista C.C. (dipendente di Trenitalia s.p.a.), cagionato, oltre che per colpa generica, con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (di cui agli artt. 113 e 589, commi primo e secondo, c.p.).

2.1. Dai conformi giudizi di merito è emersa la seguente situazione di contesto del sinistro, sostanzialmente condivisa dagli stessi ricorrenti.

Il 19 dicembre 2009, sul tratto ferroviario Sassari-Chilivani (al km 31+530), il treno regionale n. 8921, condotto da C.C., con automotrice revisionata una settimana prima e "normalmente efficiente", ha impattato violentemente contro un grosso masso (di circa 30 tonnellate per un volume di circa 15 metri cubi) posizionatosi sui binari a seguito di una frana. Ciò ha provocato non solo il deragliamento del treno ma anche lo schiacciamento della cabina di guida, con conseguente decesso del citato macchinista, nonostante la puntuale osservanza da parte del lavoratore di tutte le necessarie precauzioni (immediato azionamento del sistema di frenatura rapida alla vista dell'ostacolo presente sui binari, dopo il dovuto rallentamento della velocità del treno all'uscita dalla galleria).

Nel dettaglio, la parte rocciosa sovrastante la sede ferroviaria è stata interessata da un movimento gravitativo classificabile come frana complessa (da ribaltamento e crollo), causata dalla rottura del masso di appoggio del blocco calcarenitico, in corrispondenza di strati più fragili (arenarie) soggetti a fenomeni di erosione, con conseguente cedimento per moto verticale e successiva frantumazione per rotolamento e contatto con il suolo sottostante. Ne è conseguito il posizionamento sui binari del grosso masso innanzi descritto, dopo aver oltrepassato la barriera apposta a protezione dei binari.

2.2. La Corte territoriale, all'esito della ricostruzione di cui innanzi, ha confermato la responsabilità di entrambi gli imputati in merito alle fattispecie agli stessi ascritte, analizzando gli elementi controversi come emergenti tanto dalle difese in primo grado quanto dagli appelli.

Il riferimento è, in particolare, all'accertamento dell'obbligo giuridico di impedire l'evento, con conseguente individuazione delle posizioni gestorie del relativo rischio da ambiente di lavoro e connessa violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. Ciò, segnatamente, per la mancata considerazione dello specifico rischio da parte di B.B., in sede di redazione del DVR e nonostante idonee strutture tecniche di RFI, e di omessa informazione in favore del citato datore di lavoro, da parte di A.A., circa le descritte condizioni di contesto nelle quali si è, poi, effettivamente realizzato l'evento di cui al rischio specifico non considerato ex ante. Trattasi di rischio comunque ritenuto gestibile non solo con un intervento di rimozione del versante roccioso ma anche mediante la predisposizione, da parte di RFI, di una galleria, quale idonea barriera protettiva dei binari. L'evento è stato quindi accertato come essere la concretizzazione del rischio che le regole cautelari violate miravano a prevenire nonchè ritenuto prevedibile ed evitabile con specifica individuazione del comportamento alternativo lecito, tanto in termini di effettiva valutazione del rischio nella redazione del DVR quanto in termini di effettivo intervento protettivo dei binari mediante l'esecuzione di una galleria.

3. Orbene, premesso quanto innanzi sintetizzato circa l'iter logico-giuridico seguito dalla Corte territoriale, priorità logica nell'affrontare il merito cassatorio ha la trattazione delle censure mosse con il terzo motivo di ricorso proposto nell'interesse di B.B. e, in parte, perlomeno per i profili che superano il vaglio dell'ammissibilità, con il primo motivo del ricorso esperito nell'interesse di A.A.. Esse si appuntano difatti sulla ritenuta applicabilità delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro pur a fronte del verificarsi di un evento legato alla diversa categoria del rischio idrogeologico e comunque, per i ricorrenti, influente non sull'ambiente di lavoro bensì sul rischio da circolazione ferroviaria.

3.1. Le doglianze in esame sono infondate, con conseguente esclusione anche dell'errore, prospettato dal ricorrente B.B., nel quale sarebbe incorsa la Corte territoriale in ragione della mancata declaratoria di estinzione del reato di omicidio colposo per decorso del termine di prescrizione che sarebbe dovuta invece conseguire all'esclusione dell'aggravante prevista dall'art. 589, comma 2, c.p., in ragione dell'inoperatività del raddoppio dei termini di cui all'art. 157, comma 6, c.p..

3.2. Occorre evidenziare, sulla scia di Sez. 4, n. 32899 del 08/01/2021, Castaldo, Rv. 281997, che le regole cautelari, e segnatamente quelle in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, presuppongono un preciso "ambientamento", che è poi il contesto entro il quale insorge il rischio lavorativo. Esse impongono comportamenti a un soggetto costituito competente per la gestione del rischio lavorativo e per questo vedono quale beneficiario ordinariamente solo la persona del lavoratore e, altrettanto ordinariamente, questi ne è beneficiario solo mentre svolge l'attività di lavoro. La giurisprudenza di legittimità ha però non di rado sostenuto che le norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro tutelano anche i terzi che, in quanto tali, sarebbero estranei all'area del rischio lavorativo.

3.2.1. Del principio di cui innanzi, che merita di essere ribadito anche in questa sede, sono state di recente con maggiore precisione definite le premesse e individuati i presupposti applicativi da Sez. 4, n. 32899 del 2021, Castaldo (pag. 309 e ss.).

Come ricordato dalla Suprema Corte con la sentenza appena citata, si è difatti affermato che "le norme antinfortunistiche sono poste a tutela non di qualsivoglia persona che si trovi fisicamente presente sul luogo ove si svolge l'attività lavorativa, magari per curiosità o addirittura abusivamente, ma di coloro che versino quanto meno in una situazione analoga a quella dei lavoratori e che si siano introdotti sul luogo del lavoro per qualsiasi ragione purchè a questo connessa" (Sez. 4, n. 7924 del 05/01/1999, Caldarelli, Rv. 214246, che ha di conseguenza assolto il gestore del rischio dall'accusa di avere colposamente causato la morte di tre ragazzi, abusivamente entrati nell'ambiente lavorativo e annegati in una vasca con rampe viscide che non era stata debitamente protetta da parapetti nè segnalata tramite cartelli di pericolo).

Nel medesimo senso, più recentemente si è scritto che, in tema di prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro, le norme antinfortunistiche sono dettate a tutela non soltanto dei lavoratori nell'esercizio della loro attività ma anche dei terzi che si trovino nell'ambiente di lavoro, indipendentemente dall'esistenza di un rapporto di dipendenza con il titolare dell'impresa. Di talchè, ove in tali luoghi si verifichino, a danno del terzo, i reati di lesioni o di omicidio colposi, è ravvisabile la colpa per violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, purchè sussista, tra siffatta violazione e l'evento dannoso, un legame causale e la norma violata miri a prevenire l'incidente verificatosi, e sempre che la presenza di soggetto passivo estraneo all'attività e all'ambiente di lavoro, nel luogo e nel momento dell'infortunio, non rivesta carattere di eccentricità tale da fare ritenere interrotto il nesso eziologico (Sez. 4, n. 32178 del 16/09/2020, Dentamaro, Rv. 280070; del tutto conforme, Sez. 4, n. 44142 del 19/07/2019, De Remigis, Rv. 277691; Sez. 4, n. 2343 del 27/11/2013, dep. 2014, S., Rv. 258436).

In applicazione di questi principi si è ulteriormente puntualizzato che ai fini dell'integrazione della circostanza aggravante del fatto commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, occorre che l'evento realizzatosi concretizzi il rischio che la regola cautelare violata mirava a prevenire. Con la conseguenza che, ove la persona offesa dal reato non sia un lavoratore ma un terzo, la circostanza è ravvisabile solo se la regola prevenzionistica sia dettata a tutela di qualsiasi soggetto che entri in contatto con la fonte di pericolo sulla quale il datore di lavoro ha poteri di gestione e non anche quando la regola prevenzionistica sia posta a beneficio precipuo del lavoratore. In applicazione del principio, Sez. 4, n. 51142 del 12/11/2019, Festa, Rv. 277880, ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva escluso la circostanza aggravante in questione in relazione all'infortunio occorso a un vigile del fuoco durante un intervento volto a domare un incendio di sterpaglie, perchè folgorato da un conduttore della linea elettrica sganciatosi da un palo, in conseguenza dell'omessa manutenzione della linea elettrica.

In conclusione, dalla giurisprudenza che si è rammentata si trae che è ben possibile che nell'evento si sia concretizzato il rischio lavorativo anche se avvenuto in danno del terzo, ma ciò richiede che questi si sia trovato esposto a tale rischio alla stessa stregua del lavoratore. Per tale motivo, in positivo, vengono richieste condizioni quali la presenza non occasionale sul luogo di lavoro o un contatto più o meno diretto e ravvicinato con la fonte del pericolo, e, in negativo, che non deve aver esplicato i suoi effetti un rischio diverso e assorbente.

3.2.2. Ne è dunque conseguito il principio, qui ribadito, formulato dalla sentenza "Castaldo" (la n. 32899 del 2021), per cui: "Ai fini dell'integrazione della circostanza aggravante di cui all'art. 589, comma 2 (e all'art. 590, comma 3) c.p., la locuzione "se il fatto è commesso... con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro" va interpretata come riferita a eventi nei quali risulta concretizzato il rischio lavorativo, per essere quelli causati dalla violazione di doveri cautelari correlati a tale tipo di rischio. Per rischio lavorativo deve intendersi quello derivante dallo svolgimento di attività lavorativa e che ha ordinariamente ad oggetto la sicurezza e la salute dei lavoratori ma può concernere anche la sicurezza e la salute di terzi, ove questi vengano a trovarsi nella medesima posizione di esposizione del lavoratore".

In applicazione di tale principio, la Suprema Corte ha in particolare escluso la configurabilità della circostanza aggravante in relazione ai reati di omicidio colposo ascritti, quali datori di lavoro, a esponenti di Trenitalia Spa e di Ferrovie dello Stato Spa per le morti di soggetti terzi estranei all'organizzazione di impresa, causate dall'incendio derivato dal deragliamento e successivo ribaltamento di un treno merci trasportante GPL, durante l'attraversamento della stazione di Viareggio, determinato dal cedimento di un assile dovuto al suo stato di corrosione, ritenendo le vittime non esposte al "rischio lavorativo" bensì a quello attinente alla sicurezza della circolazione ferroviaria. In esplicita applicazione del medesimo principio la successiva Sez. 4, n. 31478 del 26/05/2020, Gatti, Rv. 283457, ha annullato la decisione di affermazione di responsabilità del titolare di un'azienda per la raccolta di rifiuti urbani in relazione all'investimento di un pedone avvenuto durante la manovra di retromarcia di un mezzo per la raccolta dei rifiuti, omologato mono-operatore e dotato di strumentazione funzionante, ma inidoneo ad assicurare la visuale della zona retrostante.

3.2.3. In questa sede, in ragione delle sollecitazioni offerte dalle specifiche censure sul punto, preme maggiormente evidenziare quanto chiarito dalla citata sentenza n. 32899 del 2021 (paragrafo 4.3., pag. 312) in merito a ciò che necessita per ritenere operante la disciplina in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro in applicazione del suddetto principio.

E' in particolare necessario:

- che sia stata violata una norma a tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori;

- che l'evento, anche quello occorso in danno di un terzo, sia concretizzazione del rischio lavorativo, ovvero del rischio di nocumento del lavoratore in conseguenza dell'attività espletata o del terzo che si trova in analoga situazione di esposizione.

3.3. Ne consegue dunque che, correttamente, anche se in forza dei principi di cui innanzi con i quali il decisum è sostanzialmente in linea, è stata ritenuta operante nella specie la disciplina in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro. L'evento si è difatti concretizzato nell'area di rischio da ambiente lavorativo, che, per il macchinista C.C., ancorchè dipendente di Trenitalia Spa era costituito dall'automotrice da lui condotta e anche dalla rete ferroviaria gestita da RFI, e in presenza di condizioni che, ordinariamente, si associano al rischio lavorativo da gestione della rete ferroviaria. La persona offesa, soggetto "terzo" rispetto a RFI, è stata quindi esposta alla stessa situazione di contesto lavorativo di RFI.

4. Sono suscettibili di trattazione congiunta, in ragione della connessione delle relative questioni, tutte le altre censure, tanto quelle di cui ai primi due motivi fondanti il ricorso di B.B. quanto quelle dedotte con i motivi primo (laddove non già esaminate innanzi) e secondo del ricorso di A.A..

Ferma restando la diffusa esposizione delle ragioni dei ricorrenti in sede di ricostruzione dei fatti processuali (paragrafi 3 e ss. del precedente "ritenuto in fatto"), le censure in esame, in estrema sintesi, spaziando dalla violazione di legge all'omessa motivazione ovvero al vizio cumulativo di essa, attengono all'iter logico-giuridico sotteso alla decisione sotto diversi aspetti, primo tra tutti la ritenuta prevedibilità ed evitabilità dell'evento che, invece, si sarebbe mostrato eccezionale alla stregua di una valutazione ex ante. La Corte territoriale avrebbe mosso dalla mera constatazione ex post dell'infortunio verificatosi senza peraltro considerare il legittimo affidamento sulla condotta altrui (in particolare delle strutture tecniche di RFI e comunque della Regione che avrebbe dovuto eliminare a monte il rischio previa rimozione del versante roccioso).

Sul punto, la sentenza impugnata avrebbe travisato le risultanze processuali in assenza di un reale confronto, circa la prevedibilità dell'evento, con le tesi dei consulenti delle difese, e, di conseguenza, avrebbe attribuito a B.B. una mera responsabilità di posizione e a A.A. una responsabilità con riferimento ad attività datoriale non delegabile, quale la predisposizione del DVR. La Corte territoriale non avrebbe altresì considerato l'obbligo della Regione, in forza del Piano di Riassetto idrogeologico, di eliminare il rischio frana mediante la rimozione del versante roccioso oltre che, in ordine alla c.d. "causalità della colpa", l'idoneità dei presidi predisposti da RFI e, comunque, non avrebbe individuato nello specifico il "comportamento alternativo lecito".

4.1. I motivi in esame sono inammissibili in quanto, al netto della mera reiterazione delle doglianze d'appello e dei ricorrenti tentativi di sostituire proprie valutazioni di merito a quelle della Corte territoriale, non si confrontano con la ratio decidendi sottesa al rigetto degli appelli e, laddove timidamente la lambiscono, si mostrano manifestamente infondati nei termini che seguono.

4.2. Orbene, la Corte territoriale, con motivazione congrua oltre che coerente e non manifestamente illogica, ha confermato la responsabilità di entrambi gli imputati in merito alle fattispecie agli stessi ascritte analizzando gli elementi controversi come emergenti dalle prospettazioni delle difese (anche tecniche).

Il giudice di merito muove evidenziando che la parete rocciosa del rilievo dal cui versante si è staccato il masso (che ha poi concluso la sua corsa sui binari), era già stata classificata dal Piano di stralcio di bacino per l'assetto idrogeologico della Regione Sardegna (di seguito, "PAI"), adottato con D.P.R. n. 67 del 10 luglio 2006, nella più alta classe rappresentativa del fenomeno (classe HG4), "zona in cui sono presenti frane attive, continue o stagionali;... in cui è prevista l'espansione aerale di una frana attiva... (e) in cui sono presenti evidenze geomorfologiche con movimenti incipienti". Come emerso dalla Carta degli Elementi a rischio (tav. n. E 28/9191) del medesimo PAI, era stato altresì assegnato alla detta area un livello di rischio geologico totale (Rg3), in termini di rischio di possibili problemi all'incolumità personale (oltre che di danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture, con conseguente inagibilità degli stessi, e di interruzione di funzionalità delle attività socio-economiche nonchè di danni rilevanti al patrimonio ambientale). La zona in oggetto, infine, dalla carta PAI relativa alle Aree a rischio frana, era stata compresa tra quelle a rischio Rg4, zona ove sono possibili lesioni personali e perdita di vite umane oltre che danni gravi agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale e la distruzione delle attività socio-economiche (con previsione di intensità del fenomeno bassa, come indicato nella scheda informativa B3119 del 19 novembre 2002, redatta dall'Assessorato Lavori Pubblici). Le informazioni di cui innanzi erano conosciute da RFI (e Trenitalia s.p.a.) già a partire dagli anni 2002-2003, sulla base di quanto risulta dalla relazione Generale del Bacino Unico Regionale del PAI. Precisato ciò, la Corte territoriale ha poi evidenziato che eventi gravitativi per frane da crollo si erano verificati in zone geologicamente vicine a quella del sinistro. Nel dettaglio, esse si erano verificate sia nel 1980, con conseguente deragliamento del treno per l'impatto contro un masso e lesioni personali di taluni passeggeri, sia nel 1995.

Qualche giorno prima del sinistro, tra le due gallerie poste all'ingresso di Sassari, si erano distaccati piccoli blocchi di calcare e circa trenta giorni prima dell'incidente, sempre nel contesto spaziale di riferimento, un blocco di calcare di alcuni metri cubi staccatosi da un versante roccioso aveva rischiato di compromettere la funzionalità della strada e la sicurezza del transito, dopo aver divelto una barriera sostanzialmente identica a quella di protezione della ferrovia coinvolta dal sinistro sub iudice. La sede ferroviaria, difatti, al momento del verificarsi dell'evento era protetta da un muro in calcestruzzo armato alto circa 1 m e largo 42 cm, sormontato da elementi in lamiera gregata alta 1,2 m e spessa 4 mm, idoneo solo a sopportare l'urto di massi di piccole dimensioni e non del grosso masso causa del deragliamento della motrice condotta da C.C. (di circa 30 tonnellate e per un volume di circa 15 metri cubi).

4.3. Il giudice d'appello è quindi lungi dall'aver trascurato le deduzioni dei consulenti delle difese in merito alla prevedibilità dell'evento.

La Corte territoriale ha escluso l'eccezionalità della frana verificatasi valutando le deduzioni del perito, peraltro in linea con quelle del consulente dell'accusa e con il perito nominato dal G.i.p., tali da considerare e confutare quelle dei consulenti delle difese (pag. 120 e ss.), facendo altresì specifico riferimento non solo agli eventi già verificatisi, compreso quelli di pochi giorni prima, ma anche ai massi rinvenuti dal perito in loco, frutto di precedenti movimenti gravitativi, di dimensioni sostanzialmente paragonabili a quelle del grosso masso contro il quale ha impattato la motrice condotta da C.C..

Quanto alla posizione degli imputati rispetto allo specifico rischio da gestire il giudice di merito ha poi precisato che le indicazioni del PAI non sono state prese in considerazione dai DVR adottati e sottoscritti da B.B. a breve distanza temporale l'uno dall'altro, il 30 giugno 2009 e il 7 luglio 2009, quest'ultimo vigente proprio al momento del fatto (verificatosi solo circa cinque mesi dopo).

A B.B., differentemente da quanto dedotto con il ricorso, non è stata attribuita una responsabilità oggettiva. Essa è stata difatti ritenuta sussistente, in termini di mancata valutazione del rischio nel DVR nonostante datore di lavoro a conoscenza, da diversi anni, del rischio frana (emergente dal PAI), come dallo stesso confermato, e avente a disposizione strutture tecniche (di RFI) per una approfondita valutazione dello specifico rischio e in ragione della riunione, tenutasi poco prima del sinistro, preordinata alla gestione del rischio nelle situazioni di contesto dei luoghi poi interessati dalla frana, come detto caratterizzate da distacchi di blocchi di calcare anche di dimensioni paragonabili al blocco causante il deragliamento, taluni recentissimi e in un caso in grado di divellere una barriera sostanzialmente identica a quella di protezione della ferrovia coinvolta dal tragico evento sub iudice.

Parimenti inconferente, non cogliendo la ratio della decisione, è la censura mossa da A.A., preposto alla struttura tecnica di controllo di RFI nonchè partecipante alla riunione di cui innanzi, in ordine alla sua accertata condotta omissiva. Essa è stata difatti ravvisata non nella mancata ottemperanza ad attività delegata ma non delegabile, l'adozione del DVR, bensì nell'omessa precisa e formale informazione, cui erano preordinate attività di riscontro sul territorio, in favore del datore di lavoro e alla stregua di una sostanziale messa in mora, circa le descritte condizioni di contesto nelle quali si è, poi, effettivamente verificato l'evento concretizzazione del rischio specifico non considerato, ex ante, nel DVR predisposto da B.B..

Trattasi infine di rischio comunque ritenuto gestibile non solo con un intervento di rimozione del versante roccioso, cui avrebbe dovuto provvedere la Regione in base al PAI, ma anche mediante la predisposizione, da parte di RFI e nell'ambito dell'attività di gestione della rete ferroviaria, di una galleria quale idonea barriera protettiva dei binari, invece protetti da un muro considerato, in forza di una valutazione ex ante, idoneo solo a contenere la caduta di piccoli massi. L'evento è stato quindi accertato, sulla base di una valutazione ex ante e non in ragione della mera sua concreta verificazione, come essere la concretizzazione del rischio che le regole cautelari accertate come violate miravano a prevenire nonchè ritenuto evitabile con specifica individuazione del comportamento alternativo lecito, tanto in termini di effettiva valutazione del rischio nella redazione del DVR da parte di B.B., cui era preordinata l'attività informativa di A.A., quanto in termini di conseguente idoneo intervento protettivo dei binari (mediante costruzione di una galleria), stante anche gli illimitati poteri di spesa in capo a B.B..

Quanto appena evidenziato, infine, in uno con la totale mancata previsione del rischio nel DVR, evidenzia la non conducenza delle deduzioni della difesa di B.B. circa la prospettata mancata considerazione da parte della Corte d'appello dell'idoneità del sistema integrato di gestione del rischio che sarebbe stato in concreto attuato da RFI. Sistema che, invero, è definito integrato dalla difesa in ragione dell'apposizione di una barriera inidonea, in quanto funzionale solo a evitare la caduta di massi di piccole dimensioni, sol perchè posta al termine di un bosco i cui alberi avrebbero potuto, in ipotesi, frenare la corsa di massi di maggiori dimensioni, senza però considerare l'effettiva entità del rischio come innanzi evidenziato dal giudice di merito.

5. In conclusione, al rigetto dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonchè, in solido con il responsabile civile RFI Spa alla rifusione alle parti civili ("Associazione in Marcia" e D.D.) delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.900,00, oltre accessori come per legge.

 

P.Q.M.


Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonchè, in solido con il responsabile civile RFI Spa alla rifusione alle parti civili Associazione in Marcia e D.D. delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.900,00 oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 18 aprile 2023.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2023