Cassazione Penale, Sez. 4, 12 luglio 2023, n. 30167 - Operaio precipita dall'impalcatura priva dei requisiti. Responsabilità di datore di lavoro, amministratore di fatto e CSE


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SERRAO Eugenia - Presidente -

Dott. BRUNO Mariarosaria - rel. Consigliere -

Dott. CENCI Daniele - Consigliere -

Dott. MARI Attilio - Consigliere -

Dott. NOCERA Andrea - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

A.A., nato a (Omissis);

B.B., nato a (Omissis);

C.C., nato a (Omissis);

avverso la sentenza dei 14/12/2021 della CORTE APPELLO di NAPOLI;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa BRUNO MARIAROSARIA;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. ORSI LUIGI;

Il Proc. Gen. conclude per l'inammissibilità di tutti i ricorsi;

udito il difensore:

E' presente l'avvocato VALLEFUOCO LUIGI del foro di NAPOLI in difesa di C.C. che chiede l'annullamento della sentenza impugnata e l'accoglimento del ricorso;

E' presente l'avvocato GUCCI DARIO del foro di ROMA in difesa di A.A. e di B.B.. Il difensore si riporta ai motivi dei ricorsi ed insiste per l'accoglimento degli stessi.

 

Fatto

 


1. Con sentenza emessa in data 14 dicembre 2021 a seguito di giudizio abbreviato, il Giudice per l'udienza preliminare presso il Tribunale di Napoli Nord ha condannato B.B., A.A. e C.C. alla pena ritenuta di giustizia per il reato di omicidio colposo commesso con violazione delle norme antinfortunistiche in danno di D.D. (capo A) dell'imputazione); ha altresì ritenuto responsabili e condannato i predetti imputati per i reati contravvenzionali a ciascuno ascritti, riguardanti la violazione di specifiche norme antinfortunistiche (capi C), D), E), F), ed H) della rubrica), ravvisando il vincolo della continuazione tra i reati contravvenzionali ascritti agli imputati B.B. e A.A..

Era contestato a B.B. e A.A., datori di lavoro dell'operaio deceduto (rispettivamente legale rappresentante e gestore di fatto della "A.M. costruzioni"), in cooperazione colposa tra loro e con C.C., coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione, di avere cagionato la morte di D.D., dipendente della "A.M. costruzioni"; l'operaio, trovandosi su un'impalcatura priva dei requisiti tecnici richiesti, perchè mancante di parapetti da un lato, intento a disarmare un solaio, precipitava da un'altezza di circa sei metri, decedendo successivamente in ospedale.

La Corte di appello di Napoli ha riformato solo quoad poneam la pronuncia di primo grado, confermando la penale responsabilità degli imputati per tutti i reati a ciascuno ascritti.

L'articolata vicenda, come ricostruita dai giudici di merito nelle sentenze conformi, può essere così riassunta.

In data (Omissis), l'operaio D.D., infortunatosi, venne condotto presso l'ospedale di (Omissis) da due uomini a bordo di una vettura, successivamente identificati in E.E. e F.F.. Quello stesso giorno, trasferito in altra struttura ospedaliera, decedette dopo poche ore.

Nell'immediatezza il E.E. dichiarò che l'infortunio era avvenuto presso un deposito di attrezzature edili sito in Villaricca, precisamente presso la sede della ditta "DRG Costruzioni" di B.B..

Nel corso del sopralluogo effettuato nella immediatezza dal personale di polizia presso la sede della società indicata, emersero talune anomalie e discrepanze che indussero gli inquirenti ad approfondire le indagini. Dall'acquisizione dei dati del sistema "GPS" montato sulla vettura della vittima emerse che la vettura, durante la mattinata, aveva stazionato in altro luogo, precisamente nel Comune di Mugnano. Si giunse così ad appurare che l'infortunio era avvenuto presso un cantiere edile di (Omissis) ove si stavano realizzando lavori di ristrutturazione di un capannone industriale, commissionati da G.G.. Dalle acquisizioni documentali si verificò che i lavori erano stati appaltati dalla "Felixanna Srl ", la quale aveva subappaltato talune lavorazioni alla ditta "A.M. Costruzioni". Di tale ultima ditta risultava essere legale rappresentante A.A., figlio di B.B..

Si appurò dunque che l'infortunio si era verificato in tale cantiere e che, alla luce delle lesioni riportate dall'operaio, il decesso era avvenuto per una precipitazione dall'alto da un'altezza di almeno sette metri. La circostanza della presenza del D.D. nel cantiere di Mugnano venne confermata da F.F..

In data 29 maggio 2019, B.B. rendeva spontanee dichiarazioni confessorie, riferendo di essere stato presente al momento dell'accaduto, di essere gestore di fatto della ditta "A.M. Costruzioni", di avere fornito inizialmente una versione di comodo dell'accaduto per sollevare da eventuali responsabilità la committenza. Quanto alla dinamica dell'infortunio confermava che l'operaio era precipitato al suolo dal ponteggio, precisando che questi aveva calpestato una tavola che si era ribaltata.

I giudici di merito, nelle due sentenze conformi, ritenendo non credibili le dichiarazioni di B.B., sono pervenuti alla conclusione che l'operaio fosse precipitato dall'impalcatura a causa dello spazio vuoto lasciato tra il tavolato ed il manufatto. Osservando le fotografie in atti, alla luce delle prescrizioni elevate dai verbalizzanti ed in considerazione del punto di caduta del corpo, hanno ritenuto che la caduta al suolo fosse stata determinata dal vuoto lasciato in una parte del ponteggio e dalla mancanza di parapetti ai lati.

2. Avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati a mezzo dei rispettivi difensori, articolando i seguenti motivi di doglianza.

A.A. e B.B. 1) Erronea applicazione della legge penale.

La Corte di merito avrebbe dovuto seguire un iter logico diverso da quello indicato in motivazione. La sentenza si limita a richiamare pedissequamente il costrutto argomentativo espresso dal giudice di prime cure, astenendosi dal considerare in modo pieno e soddisfacente le doglianze difensive formulate con l'atto di appello.

Con riferimento alla posizione di A.A., in tema di reati colposi omissivi, la più recente giurisprudenza della Corte di legittimità richiede che sia accertata in concreto l'effettiva titolarità del potere-dovere di gestione della fonte di pericolo alla luce delle specifiche circostanze in cui si è verificato l'evento.

Inoltre, la Suprema Corte afferma come la titolarità di una posizione di garanzia e la violazione di una norma cautelare non possano determinare un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo il principio di colpevolezza non solo la verifica della sussistenza della violazione della regola cautelare, ma anche la prevedibililà ed evitabilità dell'evento dannoso che la regola cautelare violata mira a prevenire, oltre alla verifica della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l'evento dannoso.

La titolarità di una posizione di garanzia non è attribuibile al A.A., il quale, formale intestatario della ditta "A.M. Costruzioni", mai si è interessato in concreto della gestione di tale attività.

La circostanza della sola titolarità formale risulta chiaramente evincibile dalle dichiarazioni rese da H.H., amministratore della "Felixanna Srl ", da F.F., dipendente di "A.M. Costruzioni" e da C.C..

Il primo riferiva di aver saputo dell'incidente occorso ad un operaio della ditta subappaltatrice da alcuni operai, avvisati "dal titolare della predetta ditta, a nome B.B."; il F.F., dipendente della A.M. Costruzioni riferiva di aver tenuto contatti e rapporti con il solo B.B., a cui si rivolgeva per ogni questione riguardante l'attività lavorativa.

Il coimputato C.C. riferiva durante l'interrogatorio di aver avuto contatti soltanto con B.B..

Quest'ultimo, quale effettivo gestore della "A.M. Costruzioni", è stato sempre presente ai sopralluoghi effettuati dalla polizia giudiziaria presso il cantiere in cui si è verificato l'incidente.

Pertanto, nessun obbligo di garanzia può essere attribuito a A.A. solo in ragione della formale intestazione della ditta.

Si critica la decisione della Corte di appello di Napoli di non riconoscere all'imputato le circostanze attenuanti generiche in misura prevalente sulla contestata aggravante di cui all'art. 589 c.p., comma 2; tale decisione, si legge nel ricorso, è fondata su apprezzamenti che appaiono contrastare con l'intero corpo motivazionale e con il principio costituzionale della finalità rieducativa della pena. Si è trascurato di considerare in motivazione la incensuratezza dell'imputato e l'ottimo comportamento processuale serbato.

Per quanto riguarda la posizione di B.B., la difesa sostiene che la Corte di appello sia incorsa in errore, mancando di riconoscere le circostanze attenuanti generiche ed irrogando una pena eccessivamente severa, in contrasto con l'esigenza di adeguamento della sanzione al fatto ed in violazione della finalità rieducativa della pena costituzionalmente garantita.

I giudici avrebbero irragionevolmente omesso di considerare la confessione resa dall'imputato, espressione di effettiva resipiscenza e di una sincera revisione critica del suo operato.

C.C..

1) Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 40 c.p., comma 2, art. 113 c.p., art. 589 c.p., comma 2.

La difesa contesta l'affermazione di responsabilità dell'imputato, assumendo come il ricorrente, coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione, dovesse ritenersi estraneo all'area di rischio a cui era stato esposto il lavoratore.

L'infortunio, lamenta la difesa, è avvenuto in un momento nel quale non vi era alcuna interferenza fra attività lavorative facenti capo ad imprese e soggetti diversi. Per tale motivo non vi era alcun rischio interferenziale ricadente nella sfera di dominio dell'imputato.

I giudici di merito, interpretando in maniera inadeguata le emergenze processuali, hanno ritenuto maggiormente attendibili gli esiti del sopralluogo effettuato a distanza di tempo dagli ispettori dell'ASL, considerando più convincente la tesi che l'operaio fosse caduto nello spazio vuoto esistente tra il ponteggio ed il capannone, e sostenendo l'inattendibilità delle dichiarazioni rese dall'imputato.

Tale ricostruzione oltre ad essere opinabile, non esclude la validità di quanto lamentato nell'atto di appello in ordine alla natura del rischio concretizzatosi nel caso in esame, argomento con il quale la Corte di merito non si confronta.

Il rischio della caduta dall'alto non costituisce un elemento tipico del c.d. rischio generico affidato al coordinatore per la sicurezza. La funzione di "alta vigilanza" propria di tale figura non impone un controllo puntuale e costante delle singole lavorazioni. L'attività a cui era adibito l'operaio (lavori di carpenteria) riguardava una procedura lavorativa specifica di cui era responsabile il solo datore di lavoro.

La Corte territoriale ha finito per configurare una estensione della funzione di garanzia del coordinatore, senza inquadrare la natura del rischio concretizzatosi e mancando di verificare se l'accadimento sia stato conseguenza di un'attività riconducibile all'interferenza fra le lavorazioni di più imprese o se, invece, abbia riguardato l'esclusiva attività della singola impresa.

Avrebbe poi dovuto affrontare la questione della rilevanza della posizione del coordinatore nella fattispecie concreta, in ragione della presenza di una sola impresa nel cantiere, impegnata nel disarmo del solaio.

La ritenuta inattendibilità della dichiarazione del datore di lavoro in ordine alla dinamica dell'infortunio sarebbe irrilevante rispetto alla questione principale connessa all'inquadramento della natura della tipologia di rischio a cui è stato esposto il lavoratore e che ha cagionato l'infortunio.

La decisione viola il principio di diritto stabilito nella giurisprudenza di legittimità, in base al quale, in tema di infortuni sul lavoro, la funzione di alta vigilanza gravante sul coordinatore per l'esecuzione dei lavori ha ad oggetto esclusivamente il rischio c.d. generico e non il rischio specifico, proprio dell'attività dell'impresa appaltatrice o del singolo lavoratore autonomo (cfr. Sez. 4, n. 3288 del 27/09/2016, dep. 23/01/2017, Bellotti, Rv. 269046).

Nella pronuncia da ultimo citata si è escluso che il rischio da caduta dall'alto fosse ontologicamente riconducibile alla categoria dei rischi generici, dovendosi accertare in concreto se lo stesso sia derivato dalla conformazione generale del cantiere ovvero sia riconducibile alla singola lavorazione oggetto del contratto di appalto.

L'erronea conclusione a cui giunge la Corte di merito non muta in ragione della contestazione specifica elevata a carico dell'imputato della violazione del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 92, comma 1, lett. e) in forza della quale il coordinatore per l'esecuzione dei lavori segnala al committente o al responsabile dei lavori, previa contestazione scritta alle imprese esecutrici dei lavori, l'inosservanza delle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, artt. 94, 95, 96 e art. 97, comma 2, e delle prescrizioni del piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'art. 100 del medesimo D.Lgs.. Tali obblighi, invero, non operano allorchè il pericolo inerisca al rischio specifico del datore di lavoro. Le modalità di allestimento del ponteggio non hanno avuto alcun ruolo causale rispetto all'evento e l'impalcatura, nella sua conformazione, non presentava alcun profilo di cedimento, tale da rendere inutile l'accertamento sulla natura del rischio.

La generica motivazione sorvola dunque su aspetti dirimenti del caso concreto: il tema della natura del rischio, su cui la Corte di merito non si sofferma, è essenziale per definire la posizione processuale del coordinatore. Al riguardo, si è significativamente affermato come, al cospetto di un rischio specifico dell'impresa, l'intervento del coordinatore per l'esecuzione dei lavori costituisca un'ingerenza nella gestione dei lavori estranea alla sfera di competenza del coordinatore, comportando la presa in carico di rischi specifici dell'impresa esecutrice (così Sez. F n. 45317/19).

La sentenza impugnata difetta di un apparato motivazionale minimo che illustri il requisito essenziale della natura del rischio, da cui discende la definizione della responsabilità dell'imputato.

2) Violazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 92, comma 1, lett. a); carenza di motivazione.

La condanna riguardante la fattispecie in contestazione non è sorretta da alcuna argomentazione.

 

Diritto


1. I ricorsi proposti dagli imputati tutti devono essere rigettati per le ragioni di seguito indicate.

2. Occorre premettere, quanto alla dinamica dell'infortunio occorso al lavoratore ed alla causa del suo decesso, come i giudici di merito, attraverso un esaustivo richiamo alle circostanze fattuali ed una puntuale analisi delle emergenze probatorie, abbiano ritenuto che il lavoratore fosse deceduto in seguito a precipitazione dal ponteggio allestito presso un manufatto in ristrutturazione nel cantiere individuato dagli inquirenti nei territorio di (Omissis).

Dalla visione delle fotografie allegate agli atti, sulla scorta delle testimonianze acquisite in ordine al punto in cui era riverso a terra il corpo della vittima, sulla base della entità delle lesioni riportate dall'operaio e del contenuto dei verbali di prescrizioni elevati dal personale dell'ASL intervenuto sul luogo del fatto, i giudici di merito hanno ritenuto acclarato che il lavoratore fosse caduto nello spazio vuoto lasciato tra il ponteggio ed il manufatto su cui doveva operare.

Il ponteggio, infatti, si presentava su un lato, per tutta la sua altezza, privo di parapetti ed allestito non in aderenza all'edificio.

Hanno quindi ritenuto, con argomentare logico e coerente, che il fatto fosse riconducibile alla responsabilità di A.A., legale rapp.te della ditta "A.M. Costruzioni", B.B., amministratore di fatto della società e C.C., nominato dal committente coordinatore per l'esecuzione dei lavori.

3. Con riferimento alla posizione di C.C. si osserva quanto segue.

La Corte di merito ha sottolineato come C.C. fosse stato designato coordinatore per l'esecuzione dei lavori, correttamente riconoscendo che a tale figura la legge attribuisce una posizione di garanzia ed un importante dovere di intervento a tutela della salvaguardia della salute dei lavoratori, pur essendo investito, per consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, di funzioni di "alta vigilanza".

In particolare, ai sensi del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 92, il coordinatore per la sicurezza - oltre a dovere assicurare il collegamento fra impresa appaltatrice e committente al fine di realizzare la migliore organizzazione - ha il compito di verificare la corretta osservanza delle prescrizioni del piano di sicurezza da parte delle imprese esecutrici e la scrupolosa applicazione delle procedure a garanzia dell'incolumità dei lavoratori. Ha altresì il compito di adeguare il piano di sicurezza in relazione alla evoluzione dei lavori ed ha l'obbligo di segnalare al committente o al responsabile dei lavori, previa contestazione scritta alle imprese e ai lavoratori autonomi interessati, l'inosservanza delle disposizioni di cui agli artt. 94, 95, 96 e art. 97, comma 1, ed anche di sospendere le lavorazioni in caso di pericolo grave e imminente.

In merito alle doglianze mosse dal ricorrente nel primo motivo di ricorso, è sufficiente richiamare l'elenco degli obblighi gravanti sul coordinatore per l'esecuzione dei lavori per desumere la posizione di garanzia rivestita dall'imputato nell'ambito della vicenda che occupa.

Come sottolineato in sentenza, il coordinatore non poteva esimersi dal verificare che il ponteggio allestito nel cantiere fosse dotato degli accorgimenti diretti ad evitare le cadute dall'alto dei lavoratori e fosse stato allestito in modo da aderire al manufatto, contestando l'inadempienza all'impresa esecutrice ed informando la committenza.

La pronuncia impugnata ha fatto buon governo dei principi interpretativi enunciati dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo i quali "In tema di infortuni sul lavoro, con riferimento alle attività lavorative svolte in un cantiere edile, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori è titolare di una posizione di garanzia che si affianca a quella degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica, in quanto gli spettano compiti di alta vigilanza, consistenti: a) nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento nonchè sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell'incolumità dei lavoratori; b) nella verifica dell'idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) e nell'assicurazione della sua coerenza rispetto al piano di sicurezza e coordinamento; c) nell'adeguamento dei piani in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, verificando, altresì, che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi POS" (Sez.4, n. 44977 del 12/06/2013, Lorenzi, Rv.257167; Sez.4, n. 37738 del 28/05/2013, Gandolla, Rv. 256637).

Giova, sul punto, ribadire che, in tema di prevenzione antinfortunistica, al coordinatore per l'esecuzione dei lavori non è assegnato esclusivamente il compito di organizzare il lavoro tra le diverse imprese operanti nello stesso cantiere, bensì anche quello di vigilare sulla corretta osservanza da parte delle stesse delle prescrizioni del piano di sicurezza e sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell'incolumità dei lavoratori (Sez. 4, n. 27442 del 04/06/2008, Garbaccio, Rv. 240961; Sez. 4, n. 32142 del 14/06/2011, Goggi, Rv. 251177). Da ciò emerge come la suddetta figura professionale sia titolare di un'autonoma posizione di garanzia che, nei limiti degli obblighi specificamente individuati dalla legge, si affianca a quelle degli altri soggetti destinatari delle norme antinfortunistiche (Sez. 4, n. 38002 del 09/07/2008, Abbate, Rv. 241217; Sez. 4, n. 18472 del 04/03/2008, Bongiascia, Rv. 240393), e comprende un controllo effettivo sul concreto rispetto dell'osservanza del POS e dei processi di lavorazione al fine di evitare che siano trascurate o disapplicate le disposizioni ivi contenute. Il coordinatore per l'esecuzione dei lavori è, dunque, tenuto a verificare l'eventuale sussistenza di obiettive situazioni di pericolo nel cantiere, e tanto in relazione a ciascuna fase dello sviluppo dei lavori in corso di esecuzione.

3.1 Secondo la giurisprudenza di questa Corte, sebbene l'alta vigilanza non imponga una presenza diuturna del coordinatore sul cantiere ed un potere-dovere di immediato intervento, obblighi riguardanti altre figure professionali, come i preposti e i dirigenti, è comunque richiesto che tale vigilanza sia effettiva.

Il compito di alta vigilanza deve esplicarsi attraverso manifestazioni tangibili di coordinamento, di informazione e di verifica, sia pure su un piano diverso rispetto a quello proprio del preposto o dirigente, figure "prossime al posto di lavoro" (così Sez. 4, n. 37597 del 5/5/2015, dep. 16/9/2015, Giambertone, n. m.: "L'alta vigilanza della quale fa menzione la giurisprudenza di questa Corte, lungi dal poter essere interpretata come una sorta di contrazione della posizione di garanzia indica piuttosto il modo in cui vanno adempiuti i doveri tipici. Mentre le figure operative sono prossime al posto di lavoro ed hanno quindi poteri-doveri di intervento diretto ed immediato, il coordinatore opera attraverso procedure; tanto è vero che un potere-dovere di intervento diretto lo ha solo quando constati direttamente gravi pericoli (D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 92, comma 1, lett. f)). Può dirsi che il coordinatore per l'esecuzione, identifica momenti topici delle lavorazioni e predispone attività che assicurino rispetto ad esse la attuazione dei piani "attraverso la mediazione dei datori esecutori". Non può esimersi dal prevedere momenti di verifica della effettiva attuazione di quanto esplicato e previsto; ma anche queste azioni di verifica non possono essere quotidiane ed hanno una periodicità significativa e non burocratica (cioè dettate dalle necessità che risultino idonee allo scopo e non routinarie). Parallelamente, l'accertamento giudiziale non dovrà ricercare i segni di una presenza diuturna, ma le tracce di azioni di coordinamento, di informazione, di verifica, e la loro adeguatezza sostanziale").

L'evidente deficienza strutturale del ponteggio allestito nel cantiere, i cui difetti e le cui criticità erano rilevabili ictu oculi, imponevano anche l'intervento del coordinatore della sicurezza, i cui obblighi di tutela, pur sostanziandosi in una funzione di alta vigilanza, non possono non ricomprendere un dovere di attivazione in presenza di macroscopiche violazioni della normativa antinfortunistica, pena lo svuotamento di ogni significativa funzione di controllo che la legge ha pure attribuito a detta figura professionale.

3.2 Quanto al profilo riguardante la natura del rischio a cui era esposto il lavoratore nel caso in esame, è evidente come l'allestimento di un ponteggio non rispondente ai requisiti tecnici e connotato dalla visibile mancanza di parapetti da un lato, per tutta l'altezza, palesi una carenza strutturale della lavorazione in atto nel cantiere, rientrante nell'ambito delle verifiche a cui era tenuto il coordinatore della sicurezza in relazione alla rispondenza delle lavorazioni ai requisiti di sicurezza contemplati nel POS e nel PSC. L'analisi delle connotazioni del pericolo a cui è stato esposto il lavoratore rivela come esso non fosse legato ad uno specifico rischio della lavorazione, ricadente nell'ambito della esclusiva area di governo del suo datore di lavoro.

Bisogna quindi intendersi sulla nozione di rischio specifico e rischio generico, su cui richiama principalmente l'attenzione la difesa dell'imputato, sostenendo la ricorrenza del primo e l'assenza del secondo, con effetti dirimenti in ordine alla mancanza di responsabilità dell'imputato.

La questione presenta aspetti di una certa complessità.

Tradizionalmente si è ritenuto che i rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi siano quelli scaturenti da situazioni contingenti, generatesi estemporaneamente dallo sviluppo dei lavori o quelli relativi a precauzioni dettate da regole che richiedano una specifica competenza tecnica settoriale.

Con peculiare riguardo alla caduta dall'alto, la giurisprudenza di questa Corte è stata sempre incline a riconoscere che tale rischio non sia di natura specifica, ritenendo che rientri nell'area di governo del coordinatore, il quale, come detto in precedenza, deve verificare la conformità delle caratteristiche strutturali di base delle lavorazioni alle norme prevenzionistiche (cfr. Sez. 4, n. 43466 del 2014, Turroni, non massimata, che ha escluso che potesse andare esente da responsabilità il coordinatore per l'esecuzione dei lavori che aveva omesso di attivarsi per prevenire il rischio, definito non specifico, di caduta dall'alto di un operaio issatosi su un ponteggio privo di parapetti; Sez. 4, n. 18149 del 21/04/2010, Cellie, Rv. 247536).

In tempi più recenti, nello sviluppo dei principi inerenti alla tematica in questione, nel ribadirsi che il coordinatore non può essere chiamato a rispondere degli eventi riconducibili al c.d. rischio specifico, proprio dell'attività dell'impresa appaltatrice o del singolo lavoratore autonomo, si è affermato, in linea con l'intento di evitare generalizzazioni riguardanti soluzioni preconcette in relazione alle molteplicità dei casi, come sia preciso compito del giudice accertare se il rischio a cui è stato esposto l'infortunato dipenda dalla conformazione generale del cantiere, ovvero si tratti di un rischio specifico attinente alle attività oggetto del contratto di appalto (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 3288 del 27/09/2016, dep. 23/01/2017, Bellotti, Rv. 269046).

3.3 Tutto ciò premesso, nel caso di specie la Corte di merito ha logicamente ritenuto che, stante l'evidente difformità del ponteggio realizzato nel cantiere rispetto alle norme prevenzionistiche del PSC (si cita in motivazione lo specifico art. 100 del PSC), il coordinatore per l'esecuzione si sia sottratto all'adempimento di un preciso dovere di verifica e d'intervento in relazione ad un'area di rischio ricadente nel perimetro della sua funzione (cfr. pag. 15 della motivazione).

Pertanto, devono ritenersi infondate le censure sollevate dal ricorrente avverso la sentenza impugnata con riguardo all'asserita mancata specificazione della natura del rischio e degli obblighi cautelari gravanti a carico dell'imputato (in termini si veda Sez. 4, n. 2845 del 15/10/2020, dep. 25/01/2021, Martinelli, Rv. 280319: "In tema di infortuni sul lavoro, il compito di controllo del coordinatore della sicurezza per l'esecuzione dei lavori sull'idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) che non preveda le modalità operative di una lavorazione in quota, non è limitato alla regolarità formale dello stesso e alla astratta fattibilità di tale lavorazione con i mezzi ivi indicati, ma si estende alla verifica della compatibilità di tale lavorazione con le concrete caratteristiche degli strumenti forniti e delle protezioni apprestate dall'impresa (In applicazione del principio la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità del coordinatore della sicurezza per il reato di lesioni colpose ai danni di un lavoratore caduto da un ponteggio nel corso della realizzazione della pavimentazione di un balcone privo di barriere protettive, per non avere sollecitato l'appaltatore alla messa a norma di tale ponteggio, pericoloso per carenze strutturali, eccessivo distanziamento dalla parete e carenza di interventi manutentivi)).

L'ulteriore questione agitata nel ricorso, riguardante la mancanza della contestuale presenza di più imprese al momento dell'infortunio, è parimenti infondata. Si tratta di elemento ininfluente ai fini della ricorrenza della responsabilità del coordinatore. La norma, nel definire il perimetro di intervento del coordinatore, non richiede la concomitante presenza, di più imprese o lavoratori autonomi le cui attività siano suscettibili di sovrapposizione od interferenza. Invero, sulla base di quanto si è detto in precedenza, la responsabilità del coordinatore e i suoi compiti di alta vigilanza non sono limitati al governo del solo rischio interferenziale, essendo tenuto al generale controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, indipendentemente dalla circostanza che, al momento dell'infortunio, si trovasse ad operare una sola impresa.

3.4 In ordine alla contestazione della fattispecie di cui al capo H) della rubrica, la Corte di merito ha evidenziato come la difesa si sia limitata a prospettare la tesi del ribaltamento accidentale della tavola del ponteggio. Tale prospettazione, come detto in precedenza, è stata esclusa dai giudici di merito con motivazione del tutto congrua.

4. Il primo motivo di ricorso proposto da I.I. è infondato.

La Corte di merito ha osservato come il ricorrente non fosse solamente legale rappresentante della ditta "A.M. Costruzioni", risultando dal POS che il ricorrente cumulava su di sè anche la qualifica di preposto e capocantiere. Ha quindi ritenuto che egli avesse completamente abdicato ai compiti di vigilanza e controllo che gli competevano sia in qualità di datore di lavoro (sono richiamate in sentenza testimonianze di segno contrario a quelle indicate dalla difesa nel ricorso), sia in qualità di preposto (carica che aveva accettato senza riserve nel POS della ditta dallo stesso firmato).

La difesa insiste nel contestare la qualifica datoriale in capo all'imputato e la sua corresponsabilità in ordine al fatto verificatosi, ponendo in evidenza come il ricorrente avesse ricoperto la carica di titolare dell'azienda solo formalmente, senza mai dedicarsi in alcun modo alle attività proprie dell'azienda e senza esercitare alcuna intromissione nella sua gestione.

Partendo da tale assunto, la difesa sostiene che non si sarebbe potuto addebitare all'imputato la violazione di norme precauzionali in tema di infortuni sul lavoro, essendo rimasto il ricorrente del tutto estraneo alla vicenda.

I rilievi meritano più approfondita considerazione.

Il tema della rimproverabilità che attiene ai reati colposi in materia antinfortunistica deve essere riferito anche all'assunzione soltanto formale della carica di legale rappresentante della società alle cui dipendenze è posto il lavoratore, e su cui i terzi fanno affidamento.

Escludere tale possibilità significherebbe svuotare di significato la responsabilità penale colposa derivante da una posizione di garanzia, i cui obblighi, come è noto, possono derivare dalla legge, da contratto, da precedente attività svolta, o da altra fonte obbligante da individuarsi a cura dell'interprete.

Si consentirebbe, infatti, attraverso l'interposizione fittizia, di vanificare la cogenza della tutela penale per omissione di cautele doverose correlate alla salvaguardia di soggetti ritenuti dall'ordinamento bisognevoli di protezione.

Si è in proposito osservato: "La responsabilità dell'amministratore della società (...)non può venir meno per il fatto che il ruolo rivestito sia meramente apparente e ciò in ragione della posizione di garanzia ad esso assegnata dall'ordinamento. E' noto che per attribuire a una condotta omissiva umana una efficacia casuale è necessario che l'agente abbia in capo a sè una posizione di garanzia, che, cioè, in ragione della sua prossimità con il bene da tutelare, sia titolare di poteri ed obblighi che gli consentono di attivarsi onde evitare la lesione o messa in pericolo del bene giuridico la cui integrità egli deve garantire in base allo schema di cui all'art. 40 c.p., comma 2 ("Non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo"). E' stato affermato che "perchè nasca una posizione di garanzia, è necessario che: vi sia un bene giuridico che necessiti di protezione e che da solo il titolare non è in grado di proteggere; che una fonte giuridica (anche negoziale) abbia la finalità della sua tutela; che tale obbligo gravi su una o più specifiche persone; che queste ultime siano dotate di poteri impeditivi della lesione del bene che hanno "preso in carico" (Sez. 4, n. 38991 del 10/06/2010 Rv. 248847). La ratio sottesa al sistema va ricercata nella finalità di assicurare a determinati beni giuridici una tutela rafforzata, attribuendo a soggetti diversi dai titolari, in ragione del ruolo che rivestono, l'obbligo di evitarne la lesione mediante l'esercizio di doveri di vigilanza e di controllo e ciò perchè gli interessati non hanno il completo dominio delle situazioni che potrebbero mettere a rischio l'integrità dei loro beni. In tale assetto le posizioni di garanzia, come questa corte ha avuto modo di affermare più volte (per tutte Cass. Sez. 4, Sentenza n. 5037 del 30/03/2000 Rv. 219424), risultano connesse a obblighi di solidarietà di rilevanza costituzionale che l'ordinamento giuridico attribuisce a determinati soggetti sia "per proteggere determinati beni giuridici da tutti i pericoli che possono minacciarne l'integrità" (si pensi alla posizione di protezione dei genitori nei confronti dei figli, che è la posizione di solidarietà per eccellenza), sia per "neutralizzare determinate fonti di pericolo, in modo da garantire l'integrità di tutti i beni giuridici che ne possono risultare minacciati" (come nella posizione di controllo attribuita al datore di lavoro nei confronti dei lavoratori alle sue dipendenze)" (così, in motivazione, Sez. 4, n. 49732 del 11/11/2014, Canigiani, Rv. 261181).

La fonte dell'obbligo, nel caso in esame, deve essere individuata nella titolarità del rapporto di lavoro in capo all'imputato, che ha assunto la veste di amministratore della impresa edile, impegnandosi contrattualmente.

Tale interpretazione è confortata dalla lettura del D.Lgs. n. 81 del 2008, artt. 2 e 299 che definiscono la qualifica di datore di lavoro e perimetrano l'esercizio di fatto delle funzioni tipiche di coloro i quali rivestano le qualifiche di datore di lavoro, di dirigente o di preposto.

Il datore di lavoro è il soggetto "titolare del rapporto di lavoro", il quale riveste una posizione di garanzia, indipendentemente dalla effettività dello svolgimento delle mansioni tipiche imprenditoriali e datoriali.

L'aspetto della irrilevanza della intestazione apparente o fittizia ai fini dell'assunzione della posizione di garanzia si ricava dal testo del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 299, che, nel definire l'esercizio di fatto di poteri direttivi, stabilisce che la posizione di garanzia relativa al datore di lavoro grava altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti al soggetto definito nell'art. 2 del decreto legislativo citato.

La norma, nell'estendere gli obblighi di garanzia a coloro i quali, di fatto, svolgono mansioni tipiche delle figure di cui si è detto, non esclude la corresponsabilità di coloro i quali siano formali titolari della qualifica.

Permane, dunque, in capo al datore di lavoro la posizione di garanzia attribuitagli dalla legge a meno che questi non abbia investito altri soggetti delle funzioni prevenzionistiche mediante apposita delega (si veda in argomento Sez. 4, n. 2157 del 23/11/2021, dep. 19/01/2022, Baccalini, Rv. 282568: "In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, la previsione del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 299, elevando a garante colui che di fatto assume ed esercita i poteri del datore di lavoro, amplia il novero dei soggetti investiti della posizione di garanzia, senza tuttavia escludere, in assenza di delega dei poteri relativi agli obblighi prevenzionistici in favore di un soggetto specifico, la responsabilità del datore di lavoro, che di tali poteri è investito ex lege e che, nelle società di capitali, si identifica nella totalità dei componenti del consiglio di amministrazione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la decisione che, in assenza di delega di poteri, aveva riconosciuto la qualifica di datore di lavoro al presidente del consiglio di amministrazione di una società di capitali, nonostante si occupasse della prevenzione un altro componente del consiglio di amministrazione)").

Viene in rilievo, a questo proposito, la complessa tematica della delega di funzioni, contemplata dal D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 16, la quale soltanto può essere causa di esonero da responsabilità, in presenza di determinate condizioni, per colui il quale rivesta la qualifica di datore di lavoro.

In relazione a detto tema, a cui occorre fare riferimento per completezza argomentativa, è sufficiente richiamare i principi stabiliti dalle Sezioni Unite di questa Corte che, nel determinare il perimetro entro il quale può ritenersi conferita una efficace delega di funzioni in campo datoriale hanno così stabilito: "In materia di infortuni sul lavoro, gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro, possono essere trasferiti con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al delegante, a condizione che il relativo atto di delega D.Lgs. n. 81 del 2008, ex art. 16 riguardi un ambito ben definito e non l'intera gestione aziendale, sia espresso ed effettivo, non equivoco ed investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza che sia dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa" (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 261108).

Si tratta di requisiti stringenti, non altrimenti sostituibili, in relazione ai quali grava sul datore di lavoro un preciso onere dimostrativo (cfr. Sez. 4, n. 44141 del 19/07/2019, Macaluso, Rv. 277360: "In materia di infortuni sul lavoro, l'onere della prova circa l'avvenuto conferimento della delega di funzioni - e del conseguente trasferimento ad altri soggetti degli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza incombenti sul datore di lavoro - grava su chi l'allega, trattandosi di una causa di esclusione di responsabilità. (Fattispecie relativa ad infortunio occorso ad un dipendente di un supermercato, in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità dell'amministratrice della società proprietaria che si era limitata a dichiarare di avere attribuito il potere di controllo al preposto al punto vendita in cui era avvenuto l'infortunio, mediante contratto di "distacco" non allegato al ricorso)").

Alla luce delle considerazioni che precedono devono ribadirsi i pur risalenti precedenti di legittimità che hanno affermato come la responsabilità dell'amministratore della società, in ragione della posizione di garanzia assegnatagli dall'ordinamento, non viene meno per il fatto che il ruolo rivestito sia meramente apparente (cfr. la già citata Sez. 4, n. 49732 del 11/11/2014, Canigiani, Rv. 261181, così massimata: "In tema di infortuni sul lavoro, la responsabilità dell'amministratore della società, in ragione della posizione di garanzia assegnatagli dall'ordinamento, non viene meno per il fatto che il ruolo rivestito sia meramente apparente"; Sez. 4, n. 35120 del 6/6/2013, n. m., Sez. 5, n. 1022 del 07/11/1968, dep. 31/01/1969, Miacola, Rv. 110163; Sez. 4, n. 600 del 21/03/1967, Mondrone, Rv. 105066).

Da quanto precede può ricavarsi, pertanto, il seguente principio: "In tema di infortuni sul lavoro, in base alla lettura combinata del D.Lgs. n. 81 del 2008, artt. 2 e 199, la titolarità solo formale della qualifica di amministratore di società, a cui fa capo il rapporto di lavoro con il dipendente, non costituisce causa di esonero da responsabilità in caso di omissione delle cautele prescritte in materia antinfortunistica; le due norme, infatti, prevedono una corresponsabilità sia del formale titolare della qualifica di datore di lavoro, sia di colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, ne eserciti in concreto i poteri giuridici".

5. Del pari infondate sono le doglianze avanzate nei ricorsi proposti da A.A. e B.B. riguardanti la motivazione offerta dai giudici di merito in punto di determinazione della pena.

Con riferimento alla posizione di A.A., è sufficiente rammentare come, secondo consolidato orientamento della Corte di legittimità, il giudizio di comparazione tra opposte circostanze implichi una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, insindacabile in sede di legittimità qualora non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretto, come nel presente caso, da adeguata motivazione (Sez. Un., n. 10713 del 25/02/2010, Rv. 245931; conf. Sez. 2 n. 31543 del 18/6/2017; Rv. 270450; Sez. 4, n. 25532 del 23/5/2007, Rv. 236992; Sez. 3, n. 26908 del 22/4/2004, Rv. 229298, sez. 4, Sentenza n. 4072 del 2021). La Corte di merito, nel considerare la richiesta difensiva, ha ritenuto essere congrua la valutazione di equivalenza ex art. 69 c.p. operata dal primo giudice in ragione della entità del fatto e della personalità dell'imputato.

Con riferimento alla posizione di B.B., la scelta del trattamento sanzionatorio è stata accompagnata da una motivazione logica e puntuale, nella quale la Corte di merito ha dato conto della decisione di negare le circostanze attenuanti generiche, sottolineando la gravità del fatto ed il comportamento serbato dal ricorrente post delictum.

Il ricorso deve essere, dunque, rigettato, avendo il giudice d'appello congruamente e logicamente argomentato la sua decisione sia in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, sia in relazione all'entità della pena in concreto irrogata, la quale non consente la concessione degli ulteriori benefici invocati.

Si rammenta come la ratio dell'istituto di cui all'art. 62-bis c.p. non imponga al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l'indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti.

6. Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
 


P.Q.M.
 

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 6 aprile 2023.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2023