Responsabilità di un legale rappresentante per aver cagionato lesioni personali gravi ad un proprio dipendente - In particolare, per colpa consistita in imprudenza, imperizia e negligenza e nella violazione del Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 22, ometteva di assicurare a ciascun lavoratore una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro e alle proprie mansioni, ponendo in essere un antecedente causale necessario dell'incidente occorso a Sa. Ce.: quest'ultimo, operaio alle dipendenze della ditta predetta, mentre lavorava con una pressa idraulica alla sagomatura degli induttori di motori elettrici avendo ricevuto solo una sommaria e non adeguata formazione e informazione sulle mansioni lavorative che stava svolgendo, incautamente prima di far partire la pressa, azionava i  pulsanti non utilizzando simultaneamente entrambe le mani bensi' premendo il tasto di sinistra con il ginocchio sinistro e quello di destra con la mano destra, e rimanendo, nel repentino susseguirsi delle operazioni di sagomatura, intrappolato con la mano sinistra, rimasta libera, sotto la pressa e cosi' riportando le lesioni personali gravi suindicate.

Ricorre in Cassazione - Inammissibile.

La Corte afferma che: "si osserva, in ordine al comportamento della persona offesa, che la questione sollevata dalla difesa e' stata compiutamente valutata e disattesa con congrua motivazione dal Giudice d'appello, il quale e' giunto ad escluderne l'abnormita' ed arbitrarieta' e finanche l'imprudenza, sicche' detta censura s'appalesa nettamente aspecifica, avendo la sentenza impugnata precisato persino che, non potendosi parlare di vero e proprio "cambio di mansioni" avvenuto al di fuori e contro le direttive del datore di lavoro e del relativo potere-dovere di vigilanza, e cio' sulla scorta non solo delle dichiarazioni del Sa. ma anche di altri operai ( M. G. e M. G. , addetti alla pressa), "deve pervenirsi alla conclusione che non solo da parte del soggetto depositario della posizione di garanzia venne omesso qualsiasi corso di formazione ed informazione sui rischi in generale, ma anche specifici connessi all'uso di quella pressa....

Infatti la pressa in origine era dotata di due cellule fotoelettriche, che impedivano alla parte in movimento della macchina di muoversi in senso verticale dall'alto verso il basso, in modo da esercitare una notevole pressione sul pezzo metallico da sagomare, quando nei pressi del pezzo e comunque nel raggio di discesa della parte mobile vi era un ostacolo di qualsiasi genere.
In tal modo la pressa rimaneva bloccata, quando l'operatore non aveva ancora tolto le mani dalla parte fissa della pressa utilizzata per poggiare il pezzo da sagomare.
In tal modo veniva assicurata la protezione dell'operatore da rischi di infortuni.
Verificatasi l'avaria delle cellule fotoelettriche, la funzionalita' della macchina veniva ripristinata, in maniera del tutto artigianale, da un dipendente della stessa impresa, tale Tr. Gr. Vi. , il quale disattiva il circuito delle fotocellule e ripristinava il funzionamento della pressa, applicandosi due pulsanti alla base della stessa, da pigiare contemporaneamente al fine di provocare la discesa della parte mobile.
Perseverando nella condotta omissiva, il datore di lavoro non provvedeva ad istruire i dipendenti neppure sull'uso della pressa a seguito della modifica apportata, limitandosi a far apporre un cartello sul quale era stampato l'avviso di pigiare contemporaneamente i due pulsanti con entrambe le mani"."

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCALI Piero - Presidente
Dott. FOTI Giacomo - Consigliere
Dott. MAISANO Giulio - Consigliere
Dott. MASSAFRA Umberto - rel. Consigliere
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA

 

 

sul ricorso proposto da:
1) MO. MI. N. IL (OMESSO);
avverso la sentenza n. 53/2008 CORTE APPELLO di POTENZA, del 16/10/2008;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/03/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. MASSAFRA Umberto;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. GALATI Giovanni che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso;
udito, per la parte civile, avv. Petracci Lorenzo di Brienza, che deposita conclusioni e nota spese e conclude chiedendo la conferma della sentenza.
Fatto

Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Mo. Mi. avverso la sentenza emessa in data 16.10.2008 dalla Corte di Appello di Potenza che, in parziale riforma di quella in data 24.9.2007 del Tribunale di Potenza, dichiarava non doversi procedere nei confronti del Mo. in ordine al reato di cui all'articolo 590 c.p., commi 1, 2 e 3 (in relazione all'articolo 583 c.p., comma 1, n. 1) in danno di Sa. Ce. , (commesso il (OMESSO)) perche' estinto per prescrizione, confermando le statuizioni civili e condannando l'imputato alla rifusione in favore della parte civile costituita delle spese del grado.
Secondo l'imputazione al Mo. era contestato di aver, nella sua qualita' di legale rappresentante della ditta denominata " Te. Ga. s.r.l. " (gia' ditta " Pa. e. Mo. s.r.l.) con sede legale in (OMESSO) zona industriale, per colpa cagionato a Sa. Ce. lesioni personali gravi consistite in "sfacelo traumatico 2, 3, 4 e 5 dito mano sx da cui derivava un'incapacita' di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai 40 gg.
In particolare, per colpa consistita in imprudenza, imperizia e negligenza e nella violazione del Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 22, omettendo di assicurare a ciascun lavoratore una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro e alle proprie mansioni, poneva in essere un antecedente causale necessario dell'incidente occorso a Sa. Ce. , operaio alle dipendenze della ditta predetta il quale mentre lavorava con una pressa idraulica alla sagomatura degli induttori di motori elettrici (pressa dotata di un sistema di sicurezza costituito da due pulsanti, uno a destra e uno a sinistra, che consentiva la discesa della parte mobile della pressa solo se i due tasti venivano simultaneamente premuti al fine di evitare che una delle due mani potesse accidentalmente finire sotto la pressa durante la lavorazione), avendo ricevuto solo una sommaria e non adeguata formazione e informazione sulle mansioni lavorative che stava svolgendo, incautamente prima di far partire la pressa, azionava i predetti pulsanti non utilizzando simultaneamente entrambe le mani bensi' premendo il tasto di sinistra con il ginocchio sinistro e quello di destra con la mano destra, e rimanendo, nel repentino susseguirsi delle operazioni di sagomatura, intrappolato con la mano sinistra, rimasta libera, sotto la pressa e cosi' riportando le lesioni personali gravi suindicate.
Si deducono i seguenti motivi.

1. La violazione dell'articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c) in relazione all'articolo 516 c.p.p., comma 1, articolo 521 c.p.p., comma 2, articolo 522 c.p.p., comma 1 e articolo 598 c.p.p. (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c)), assumendo che, in luogo della condotta penalmente rilevante circoscritta dal capo d'imputazione all'omessa adeguata formazione di ciascun lavoratore in materia di sicurezza e salute con particolare riferimento al proprio posto di lavoro e alle proprie mansioni, la "condanna e' stata pronunciata" perche' la riparazione che, "in maniera del tutto artigianale", era stata effettuata  sulla pressa adoperata dall'infortunato, ne aveva compromesso il corretto funzionamento.
La sentenza, inoltre, non da conto alcuno del contributo del ricorrente e, dunque, prescinde del tutto dal nesso di causalita' tra condotta ed evento.
Peraltro, il contatto di uno dei pulsanti di azionamento con il ginocchio dell'infortunato non era stato accidentale, bensi' proprio col ginocchio l'infortunato aveva deciso di manovrare la pressa, quindi la vicenda non era controllabile ne' dominabile dal ricorrente.
Ed ancora l'infortunato aveva esorbitato dalle direttive ricevute ed aveva assecondato finalita' personali (cioe' finire prima il turno): infatti il tutto accadeva durante la pausa pranzo.

2. L'erronea applicazione del Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 22 e 38 e il vizio motivazionale anche per travisamento della prova in ordine all'obbligo del datore di lavoro di formare il lavoratore (articolo 606 comma 1 c.p.p., lettera b) ed e)).
Si evidenzia l'incompatibilita' logica tra ciclo produttivo caratterizzato dall'intercambiabilita' dei ruoli ed obbligo giuridico del datore di lavoro di fornire adeguata formazione di ciascun lavoratore in materia di sicurezza e di salute in relazione al proprio posto e alle proprie mansioni e che la causa dell'evento non poteva essere l'omessa formazione dell'operaio in quanto non era prevedibile che il lavoratore si adoperasse per lavorare ad un posto riservato ad altri ed in modo nemmeno corretto (impiegando il ginocchio per azionare un pulsante).

3. La carenza assoluta di motivazione in ordine alla valutazione di credibilita' della testimonianza del Sa. (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e)).
Diritto
Il ricorso e' inammissibile.

Quanto ai dedotti vizi di motivazione di cui ai nn. 2 e 3 sopra indicati, si osserva, per un verso, che la Corte territoriale ha condotto, con corretta ed esaustiva motivazione, il completo esame del quadro probatorio e, per altro verso, che le relative censure non sono comunque consentite nella presente sede.
Infatti, in presenza di una causa di estinzione del reato (nella specie, prescrizione), non sono rilevabili in sede di legittimita' vizi di motivazione della sentenza impugnata perche' l'inevitabile rinvio della causa all'esame del giudice di merito dopo la pronuncia di annullamento e' incompatibile con l'obbligo dell'immediata declaratoria di proscioglimento stabilito dall'articolo 129 c.p.p. (Cass. pen. Sez. 4, 18.9.2008 n. 40799, Rv. 241474).
Ancora, e' stato affermato che "E' inammissibile il ricorso per cassazione che deduca il difetto di motivazione della sentenza dichiarativa dell'estinzione del reato per intervenuta prescrizione, in quanto l'inevitabile declaratoria di estinzione anche da parte del giudice del rinvio preclude che l'impugnata sentenza possa essere annullata con rinvio" (Cass. pen. Sez. 6, 29.5.2008 n. 40570, Rv. 241317).

Quanto ai vizi di violazione di legge dedotti sub 1 e 2, si osserva, in ordine al comportamento della persona offesa, che la questione sollevata dalla difesa e' stata compiutamente valutata e disattesa con congrua motivazione dal Giudice d'appello, il quale e' giunto ad escluderne l'abnormita' ed arbitrarieta' e finanche l'imprudenza, sicche' detta censura s'appalesa nettamente aspecifica, avendo la sentenza impugnata precisato persino che, non potendosi parlare di vero e proprio "cambio di mansioni" avvenuto al di fuori e contro le direttive del datore di lavoro e del relativo potere-dovere di vigilanza, e cio' sulla scorta non solo delle dichiarazioni del Sa. ma anche di altri operai ( M. G. e M. G. , addetti alla pressa), "deve pervenirsi alla conclusione che non solo da parte del soggetto depositario della posizione di garanzia venne omesso qualsiasi corso di formazione ed informazione sui rischi in generale, ma anche specifici connessi all'uso di quella pressa....
Infatti la pressa in origine era dotata di due cellule fotoelettriche, che impedivano alla parte in movimento della macchina di muoversi in senso verticale dall'alto verso il basso, in modo da esercitare una notevole pressione sul pezzo metallico da sagomare, quando nei pressi del pezzo e comunque nel raggio di discesa della parte mobile vi era un ostacolo di qualsiasi genere. In tal modo la pressa rimaneva bloccata, quando l'operatore non aveva ancora tolto le mani dalla parte fissa della pressa utilizzata per poggiare il pezzo da sagomare.
In tal modo veniva assicurata la protezione dell'operatore da rischi di infortuni.  
Verificatasi l'avaria delle cellule fotoelettriche, la funzionalita' della macchina veniva ripristinata, in maniera del tutto artigianale, da un dipendente della stessa impresa, tale Tr. Gr. Vi. , il quale disattiva il circuito delle fotocellule e ripristinava il funzionamento della pressa, applicandosi due pulsanti alla base della stessa, da pigiare contemporaneamente al fine di provocare la discesa della parte mobile.
Perseverando nella condotta omissiva, il datore di lavoro non provvedeva ad istruire i dipendenti neppure sull'uso della pressa a seguito della modifica apportata, limitandosi a far apporre un cartello sul quale era stampato l'avviso di pigiare contemporaneamente i due pulsanti con entrambe le mani" (pag. 3 sent).

E deve ritenersi inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni gia' discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici.
Infatti, la mancanza di specificita' del motivo dev'essere apprezzata non solo per la sua genericita', come indeterminatezza, "ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificita' conducente, a mente dell'articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c), all'inammissibilita'" (Cass. pen. Sez. 4, 29.3.2000, n. 5191, Rv. 216473 e successive conformi, quale: Sez. 2, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109).
Infine, e' manifestamente infondata la dedotta violazione del principio di correlazione tra contestazione e sentenza.
Invero, nei procedimenti per reati colposi, la sostituzione o l'aggiunta di un particolare profilo di colpa, sia pure specifica, al profilo di colpa originariamente contestato, non vale a realizzare diversita' o immutazione del fatto ai fini dell'obbligo di contestazione suppletiva di cui all'articolo 516 c.p.p. e dell'eventuale ravvisabilita', in carenza di valida contestazione, del difetto di correlazione tra imputazione e sentenza ai sensi dell'articolo 521 c.p.p. (Cass. pen. Sez. 4 19.5.2009, n. 31968 Rv. 245313).
Cio' vale ancor piu' nel caso di specie, in cui del reato contestato e' comunque gia' stata dichiarata l'estinzione per prescrizione, e laddove le ulteriori argomentazioni sviluppate dalla Corte, delle quali il ricorrente si duole, sono sottese a dimostrare non tanto un ulteriore profilo di colpa, quanto la gravita' della violazione del dovere d'informazione incombente sul datore di lavoro: del resto, tanto e' specificamente evidenziato in prosieguo, ove si sottolinea, sulla scorta delle dichiarazioni del  Sa. , che l'avaria delle fotocellule e la modifica erano intervenute un mese prima dell'incidente e che, ciononostante, gli operai avevano continuato ad adoperare la pressa senza aver ricevuto alcuna idonea informazione sui rischi e sul corretto uso della stessa.

Alla declaratoria di inammissibilita' segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche' (trattandosi di causa di inammissibilita' riconducibile alla volonta', e quindi a colpa, del ricorrente: cfr. Corte Costituzionale, sent. n. 186 del 7 - 13 giugno 2000) al versamento in favore della cassa delle ammende di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in euro 1.000,00 e alla rifusione delle spese relative al presente giudizio in favore della costituita parte civile liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della cassa delle ammende oltre alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel presente giudizio, liquidate in complessivi euro 2.000 oltre accessori come per legge.