Cassazione Civile, Sez. Lav., 04 agosto 2023, n. 23803 - Risarcimento da malattia professionale


 

 

Presidente: DORONZO ADRIANA Relatore: AMENDOLA FABRIZIO
Data pubblicazione: 04/08/2023
 

 

Rilevato che

1. la Corte di Appello di Catania, con la sentenza impugnata, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha condannato la VED Vetroresina Engenering Development S.r.l. al pagamento della somma pari ad euro 45.786,78, oltre accessori, a titolo di risarcimento del danno, in favore di eredi di lavoratore deceduto a seguito di malattia professionale; la Corte ha, invece, confermato la condanna della società al pagamento della somma di euro 231.004,22 in favore dell’INAIL in via di regresso;
2. la Corte territoriale, in particolare e per quanto qui rileva, ha respinto il quarto motivo di gravame della società, argomentando che “l’eccezione dell’appellante, secondo la quale l’azione di regresso è improcedibile ‘in assenza di preliminare procedimento penale a carico del datore di lavoro’, è inconferente, dato che è incontestato che il procedimento penale si è concluso con l’archiviazione”;
3. avverso tale capo di sentenza la società soccombente ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, cui ha resistito con controricorso l’INAIL; entrambe le parti hanno comunicato memorie;
all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;

 

Considerato che


1. con il motivo di ricorso si denuncia la violazione degli artt. 1218 e 2697 c.c. e degli artt. 10 e 11 del DPR n. 1124 del 1965, lamentando il “mancato accertamento in sede civile del fatto reato (in ipotesi, fondante il diritto di regresso da parte dell’INAIL), per le prestazioni erogate a seguito dell’infortunio de quo”; in particolare, si deduce che la Corte siciliana avrebbe accertato la responsabilità della società nella causazione della malattia occorsa al lavoratore “con un ragionamento indiziario che ha indotto i giudici a formulare un mero giudizio probabilistico – cd. ‘ più probabile che non’, (al massimo) idoneo a fondare una responsabilità risarcitoria civile nei confronti degli eredi, ma assolutamente insufficiente a configurare la fattispecie di reato "al di là di ogni ragionevole dubbio" secondo la regola di giudizio da applicarsi in sede penale”;
2. il motivo di ricorso è infondato alla stregua del principio di diritto sancito da Cass. n. 12041 del 2020, cui si rinvia, anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., per ogni ulteriore approfondimento e con il quale la parte ricorrente non si confronta, neanche in memoria: “In tema di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, la disciplina prevista dagli artt. 10 e 11 del d.P.R. n. 1124 del 1965 deve essere interpretata nel senso che l'accertamento incidentale in sede civile del fatto che costituisce reato, sia nel caso di azione proposta dal lavoratore per la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno cd. differenziale, sia nel caso dell'azione di regresso proposta dall'Inail, deve essere condotto secondo le regole comuni della responsabilità contrattuale, anche in ordine all'elemento soggettivo della colpa ed al nesso causale fra fatto ed evento dannoso” (in conformità v. Cass. n. 33639 del 2022);
3. in conclusione il ricorso deve essere respinto; le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo;
ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020);

 

P.Q.M.
 



La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 5.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e spese generali al 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 5 luglio