Cassazione Penale, Sez. 4, 24 luglio 2023, n. 31818 - Capocantiere travolto da un masso all'interno dello scavo privo di armatura di sostegno



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOVERE Salvatore - Presidente -

Dott. VIGNALE Lucia - Consigliere -

Dott. CENCI Daniele - Consigliere -

Dott. CIRESE Marina - rel. Consigliere -

Dott. ANTEZZA Fabio - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

A.A., nato a (Omissis);

avverso la sentenza del 26/04/2022 della CORTE APPELLO di TORINO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa CIRESE MARINA;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott.ssa MIGNOLO OLGA, che ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilità del ricorso;

E' presente l'avvocato RONCO MAURO del foro di TORINO in difesa di A.A. che insiste per l'accoglimento del ricorso.

 

Fatto


1. Con sentenza in data 26.4.2022 la Corte d'appello di Torino ha confermato la sentenza con cui il locale Tribunale in data 4.12.2019 aveva ritenuto A.A., quale amministratore unico della Idroterm Spa responsabile del reato di cui all'art. 40 c.p., comma 2, art. 590 c.p., commi 1, 2 e 3, in relazione all'art. 583 c.p., comma 1, n. 1 per avere, per colpa consistita in imprudenza, imperizia e negligenza nonchè nella violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (segnatamente l'art. 2087 c.c. e il D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 96, comma 1, lett. g) e art. 118, comma 2), cagionato a B.B. lesioni personali gravi consistite nella frattura biossea scomposta esposta della gamba sinistra che sono risultate guaribili in più di 40 giorni, e, ritenute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza, lo aveva condannato alla pena di giorni venti di reclusione con concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.

2. Il presente procedimento trae origine dall'infortunio occorso il (Omissis), presso la centrale idroelettrica Viaaret Damount ove erano in corso lavori di scavo per il sondaggio valutativo di una tubatura di una centralina idroelettrica, lavori commissionati da Viaaret Damount Srl a Idroterm Srl che aveva affidato i lavori di escavazione alla ditta individuale C.C..

La dinamica del sinistro sostanzialmente pacifica è la seguente:

dopo che l'escavatorista C.C. aveva sospeso l'attività al momento del rinvenimento della condotta, B.B., operaio specializzato dipendente di Idroterm Srl , all'epoca avente la qualifica di capocantiere, preposto e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, sceso all'interno dello scavo, che era ancora privo di armatura e di protezioni, per un veloce sopralluogo, veniva travolto da un masso derivante dal materiale di riporto o dalla scarpata trattandosi di punto in parte ancora da lavorare. Pur essendo stato avvisato dal C.C., non riusciva ad evitare di essere schiacciato contro la parete della centrale e colpito alla gamba.

Il B.B. riferiva che si trattava di effettuare uno scavo finalizzato alla scopertura della tubazione esistente della centralina per spostarla e migliorarne il rendimento e che la tubazione si trovava a circa tre metri sotto terra; essendo preposto aveva deciso in autonomia ed era entrato con C.C. nello scavo per valutare come procedere nella lavorazione.

L'inchiesta svolta dallo Spresal dell'Asl (Omissis), giunto nell'immediatezza sul luogo dell'infortunio, faceva emergere alcuni profili critici afferenti alla sicurezza della lavorazione data la particolarità dello scavo non ancora messo in sicurezza nonostante la sussistenza di particolari fattori di rischio derivanti dal terreno incoerente e dalla presenza di materiale di riporto sul ciglio. Evidenziava altresì che il POS della ditta era generico e non prendeva in specifica considerazione il cantiere.

Entrami i giudici di merito, sulla scorta delle risultanze processuali, hanno ritenuto provata la responsabilità penale dell'imputato in ordine al reato di lesioni colpose gravi ai danni del B.B.. Hanno invero ritenuto sussistenti profili di colpa specifica a carico dell'odierno imputato in particolare per la violazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 118, comma 2 atteso che lo scavo ove era entrato il B.B. non era stato messo in sicurezza ed anzi alcuni fattori lo avevano messo maggiormente a rischio trattandosi di terreno incoerente dove sul lato erano presenti, oltre al materiale di riporto, svariate pietre di rilevanti dimensioni in posizione instabile, escludendosi quindi che si trattasse di una causa occulta o di una lesione interna del terreno. Inoltre risultava la violazione dell'art. 96, comma 1, lett. g) per l'inadeguata valutazione del rischio di seppellimento e caduta dei materiali dal bordo dello scavo.

Il piano operativo di sicurezza di Idroterm Srl non considerava adeguatamente i rischi da seppellimento o comunque derivanti dalle procedure di scavo, in particolare non affrontava in modo adeguato la procedura per accedere allo scavo ed effettuare i lavori.

Tale profilo di negligenza era ritenuto causalmente connesso alle lesioni gravi subite dal dipendente, quali dimostrate dalla documentazione versata in atti.

3. Avverso la sentenza d'appello, l'imputato, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolato in un unico complesso motivo.

Con detto motivo deduce la nullità della sentenza ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) per erronea applicazione dell'art. 40 c.p., comma 2 e art. 43 c.p., comma 1, alinea 3 nonchè del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 96 comma 1, lett. g) e D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 118, comma 2 e art. 2087 c.c. nonchè ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) per omissione e manifesta illogicità della motivazione.

3.1. In primo luogo assume che la sentenza attribuisce l'evento a colpa del datore di lavoro incorrendo in errore in ordine al concetto della causalità della colpa, trascurando di valutare che nella specie il datore di lavoro non ha omesso alcuna condotta la cui realizzazione avrebbe potuto impedire l'evento. Inoltre avrebbe erroneamente applicato l'art. 2087 c.c. nonchè il D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 96, comma 1, lett. g) e art. 118, comma 2, in quanto il datore di lavoro ha adempiuto correttamente a tutte le prescrizioni che discendono da dette norme.

3.2. In secondo luogo deduce che vi sarebbe stata un'erronea applicazione dell'art. 43 c.p., comma 1, alinea 3 e art. 40 cpv c.p. perchè l'evento si è verificato per un fattore assolutamente imprevedibile che nessun adempimento di carattere cautelare del datore di lavoro avrebbe potuto impedire.

Assume che la ricostruzione della dinamica del sinistro è incongrua avendo disatteso con motivazione omissiva ed illogica le ripetute dichiarazioni del B.B. da cui risulta che l'evento si è verificato per una fatalità imprevedibile, o al massimo per un errore di valutazione della persona offesa, tenuto conto anche che l'incidente si è verificato quando il B.B. stava valutando le modalità con cui armare e mettere in sicurezza il cantiere considerata anche la specifica competenza del medesimo.

Conclude quindi che il datore di lavoro non aveva la concreta possibilità di impedire l'eventuale errore scusabile del preposto e dunque di impedire l'evento e nessun rimprovero soggettivo di colpevolezza può essere al medesimo mosso avendo lo stesso preposto un soggetto formato ed esperto inquadrato nella Idroterm Srl come capo cantiere.

Inoltre deduce l'erroneità della sentenza laddove addebita al datore di lavoro la specifica violazione di norme cautelari.

Per quanto attiene alla violazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 118, assume che nella specie il POS era stato sostituito da un PSS (Piano di Sicurezza Sostitutivo) che erroneamente è stato ritenuto generico con riguardo alle modalità dei lavori di sbancamento e le precauzioni da adottare. Quindi se vi è stato un errore lo stesso è da addebitare unicamente al capo cantiere che aveva l'onere di valutare discrezionalmente la stabilità dello scavo e l'assenza di altri fattori immediati di rischio.

3.3. In terzo luogo censura la motivazione della sentenza impugnata che ha omesso di considerare i documenti allegati dalla difesa che dimostrano il rispetto delle regole cautelari in ordine alla valutazione del rischio e non ha considerato le dichiarazioni dei testimoni soprattutto del capo cantiere che escludono la riferibilità del fatto alla negligenza del datore di lavoro.

 

Diritto


1. Il ricorso è inammissibile.

2. In primo luogo, l'esame della impugnata sentenza consente di constatare come le censure in questa sede proposte ripropongano le medesime doglianze dedotte nel giudizio di appello, cui la Corte territoriale ha fornito una risposta logica ed esauriente.

A riguardo non può che ribadirsi quanto già più volte chiarito da parte di questa Corte di legittimità, secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l'atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre, Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rovinelli, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Cariolo, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Arnone, Rv. 243838- 01).

Deve altresì considerarsi che la Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado che ha dichiarato l'imputato responsabile del reato ascritto configurandosi quindi, nel caso che occupa, una c.d. "doppia conforme" di condanna sicchè le motivazioni della pronuncia di primo grado e di quella di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione.

Con riguardo alla contestata attribuibilità dell'evento a colpa del datore di lavoro, occorre premettere che "in caso di infortunio sul lavoro per omesso approntamento delle armature di sostegno di uno scavo profondo oltre un metro e mezzo, può essere esclusa la responsabilità del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti solo quando l'evento si sia verificato per cause occulte o lesioni interne del terreno preventivamente non riconoscibili nè verificabili da tecnico specializzato tramite consulenza" (Sez. 4, n. 11132 del 19/12/2014, dep. 2015, Stafetta, 12v. 262704). Questo principio, che è stato affermato con riferimento ad una ipotizzata violazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 119 (che riguarda scavi di pozzi o trincee), opera anche con riferimento al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 118, comma 2. Le due norme, infatti, sono espressione del medesimo criterio di cautela, secondo il quale il pericolo di seppellimento dei lavoratori conseguente a frane e smottamenti è insito nelle operazioni di scavo, salvo che il terreno dia tali garanzie di stabilità da consentire di escluderlo e l'evento si sia verificato per cause occulte.

Ai sensi del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 119, nello scavo di pozzi e di trincee profondi più di m 1,50, quando la consistenza del terreno non dia sufficiente garanzia di stabilità, anche in relazione alla pendenza delle pareti, si deve provvedere man mano che procede lo scavo, all'applicazione delle necessarie armature di sostegno.

La "sufficiente garanzia di stabilità, anche in relazione alla pendenza delle pareti", richiesta dalla citata norma ai fini dell'esclusione dell'obbligo di applicare armature di sostegno nello scavo di pozzi e trincee profondi più di m 1,50, va in particolare intesa nel senso per cui la consistenza del terreno dev'essere tale da far ritenere insussistente qualunque pericolo, anche remoto, di franamento o cedimento delle pareti, da valutarsi ex ante, cioè riportandosi al momento dell'effettuazione dello scavo e tenendo presenti tutte le circostanze concretamente conosciute o conoscibili dall'agente che possano in qualsiasi modo contribuire a compromettere la stabilità del terreno anche nel corso del lavoro.

Lo scavo superiore a m 1,50, peraltro, impone la detta verifica della consistenza del terreno onde valutare la necessità di applicare armature di sostegno non al termine ma, secondo la lettera della legge, "man mano che procede lo scavo" stesso (Sez. 4, n. 16831 del 26/04/2022, Pietrafesa, non massimata).

Ebbene, nella specie entrambe le sentenze di merito, hanno dato conto che lo scavo in cui il B.B. era sceso non era stato ancora messo in sicurezza, mediante armature e consolidamento del terreno, nonostante la sussistenza di fattori di rischio derivanti dal terreno incoerente e dalla presenza di materiale di riporto sul ciglio; inoltre le pareti dello scavo arrivavano ad un'altezza di 5 metri e non avevano un'inclinazione tale da impedire franamenti.

Inoltre erano visibili massi di dimensioni importanti sul fronte dello scavo caratterizzato dal deposito sul lato destro di terreno di riporto.

La sentenza ha altresì ritenuto la violazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 96, comma 1, lett. g) per l'inadeguata valutazione del rischio di seppellimento e di caduta dei materiali dal bordo dello scavo (che a fronte di un rischio valutato prossimo al 5 era stato valutato invece a 2) ponendo in rilievo che le previsioni del POS era ritenute generiche dai tecnici Spresal in quanto riferite ad un qualsiasi tipo di scavo e non invece allo specifico cantiere.

Inoltre il fatto che il B.B. fosse un dipendente dotato delle necessarie competenze tecniche e di esperienza non elide l'obbligo di valutare il rischio comunque gravante sul datore di lavoro.

La censura con cui si contesta l'attribuzione dell'evento alla colpa del datore di lavoro mostra quindi di non confrontarsi con il tessuto motivazionale della sentenza impugnata e con gli argomenti logico-giuridici dalla medesima spesi a supportare detta statuizione con conseguente aspecificità della stessa.

Alla medesima conclusione si giunge quanto ai profili di abnormità o imprevedibilità della condotta del lavoratore che, secondo la prospettazione difensiva, varrebbero ad escludere la colpa del datore di lavoro. A riguardo la più recente giurisprudenza di questa Corte ha abbandonato il criterio della imprevedibilità del comportamento del lavoratore nella verifica della relazione causale tra condotta del reo ed evento, ponendosi i due concetti su piani distinti, perchè ciò che davvero rileva è che tale comportamento attivi un rischio eccentrico o, se si vuole, esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto al quale viene attribuito l'evento (per tutte, Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, in motivazione; si vedano altresì per la successiva applicazione e elaborazione del principio, ex plurimis: Sez. 4, n. 15124 del 13/12/2016, dep. 2017, Gerosa, Rv. 269603, anche in motivazione; Sez. 4, n. 27871 del 20/03/2019, Simeone, Rv. 276242, anche in motivazione; Sez. 4, n..22034 del 12/04/2018, Addezio, Rv. 273589, anche in motivazione; Sez. 4, n. 43350 del 05/10/2021, Mara, Rv. 282241, anche in motivazione; Sez. 4, n. 30814 del 11/05/2022, Lo Nero, in motivazione). Ne è conseguita dunque la necessità di individuare l'"area di rischio" oggetto di gestione al fine di accertarne l'eventuale eccentricità rispetto a essa del rischio attivato dalla condotta del lavoratore inseritasi nella seriazione causale. Ai fini di cui innanzi è stato infine chiarito da Sez. 4, n. 30814 del 11/05/2022, Lo Nero che le principali disposizioni di cui al Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro (in particolare il D.Lgs. n. 81 del 2008, artt. 6, 15, art. 18, comma 1, lett. c), art. 28, commi 1 e 2, e art. 29, comma 3) consentono di argomentare nel senso per cui "La condotta colposa del lavoratore è idonea a interrompere il nesso di causalità tra condotta e evento se tale da determinare un "rischio eccentrico" in quanto esorbitante dall'area di rischio governata dal soggetto sul quale ricade la relativa gestione. La delimitazione, nella singola fattispecie, del rischio oggetto di valutazione e misura, quindi da gestire, necessita di una sua identificazione in termini astratti, quale rischio tipologico, e della successiva considerazione con riferimento alla concreta attività svolta dal lavoratore e alle condizioni di contesto della relativa esecuzione, quindi al rischio in concreto determinatosi in ragione dell'attività lavorativa (rientrante o meno nelle specifiche mansioni attribuite)" Orbene, la Corte territoriale si è attenuta al principio di cui innanzi, escludendo nella specie l'interruzione del nesso eziologico tra la condotta del datore di lavoro ("gestore del rischio") e l'evento anche in considerazione della concreta attività svolta e delle condizioni di contesto della relativa esecuzione, le cui modalità sono state rimesse dall'imputato alle determinazioni degli stessi lavoratori e, in particolare, della persona offesa.

Si è trattato, in altri termini, di un evento occorso nell'ambito di uno specifico segmento della attività svolta dal B.B. che non presentava alcuna caratteristica di atipicità rispetto alle mansioni affidatigli tale da porla al di fuori di ogni possibile controllo.

In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si stima equo determinare in Euro 3.000,00.

 

P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 18 aprile 2023.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2023