Cassazione Penale, Sez. 4, 24 luglio 2023, n. 31853 - Infortunio mortale con la pala meccanica dotata di forchettone elevatore durante la movimentazione dei blocchi di marmo



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIAMPI Francesco Maria - Presidente -

Dott. RANALDI Alessandro - rel. Consigliere -

Dott. BRUNO Mariarosaria - Consigliere -

Dott. MICCICHE’ Loredana - Consigliere -

Dott. CIRESE Marina - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
 


sul ricorso proposto da:

A.A., nato a (Omissis);

B.B., nato a (Omissis);

avverso la sentenza del 17/01/2022 della CORTE APPELLO di BARI;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. RANALDI ALESSANDRO;

lette le conclusioni del PG.

 

Fatto


1. Con sentenza del 17.1.2022, la Corte di appello di Bari ha confermato la declaratoria di responsabilità di A.A. e B.B. per il reato di omicidio colposo di C.C..

Secondo la contestazione, A.A., alla guida di una pala meccanica dotata di forchettone elevatore, nell'atto di spostare un blocco di marmo, dopo aver proceduto al taglio del marmo con un filo di acciaio, colpiva con lo scarto del taglio il C.C., che in quel momento si trovava posizionato tra la pala ed il blocco in sollevamento. Il C.C. decedeva all'istante (fatto del (Omissis)). Agli imputati, quali datori di lavoro, sono state contestate plurime violazioni della normativa in materia di sicurezza del lavoro.

2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il difensore di A.A., lamentando (in sintesi) quanto segue:

1^) Violazione di legge e vizio di motivazione, per non avere i giudici territoriali valutato l'abnormità della condotta del lavoratore, visto che il C.C., assegnatario delle operazioni di rimozione degli scarti di lavorazione per mezzo di una pala gommata, nell'occorso era arbitrariamente sceso dal mezzo ed aveva eseguito l'operazione non richiestagli che ne determinò l'exitus.

2^) Violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione al diniego di riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena, in mancanza di una valutazione prognostica.

3^) Mancanza di motivazione in relazione al diniego del beneficio della non menzione.

3. Ha proposto ricorso per cassazione anche il difensore di B.B., lamentando, con unico motivo, violazione di legge e vizio di motivazione, per non avere la sentenza impugnata specificato quale incidenza abbiano avuto l'omissione delle cautele di sicurezza nel determinismo del sinistro mortale. Non è stato indicato il comportamento alternativo lecito esigibile dall'imputato, ancorando la responsabilità del ricorrente solo alla sua posizione di garanzia, quale legale rappresentante della Sas ELMAR, ditta di cui era dipendente il lavoratore deceduto.

4. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto dei ricorsi.

5. Il difensore dei ricorrenti ha depositato conclusioni scritte con cui insiste per l'accoglimento dei ricorsi.

 

Diritto


1. I proposti ricorsi devono essere rigettati.

2. Innanzitutto, va evidenziato che, nel caso di c.d. "doppia conforme", le motivazioni della sentenza di primo grado e dl appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione.

2.1. Occorre, inoltre, rimarcare che il ricorrente non si confronta adeguatamente con le analitiche ragioni esplicitate dal giudice di appello per rigettare analoghi motivi di gravame.

2.2. La Corte territoriale ha, invero, fornito adeguata spiegazione del ragionamento posto a base della propria sentenza, procedendo alla coerente e corretta disamina di ogni questione di fatto e di diritto.

2.3. Sul punto, va ricordato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, cfr. Sez. 4, n. 31224 del 16/06/2016).

2.4. Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l'illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purchè - come nel caso in esame - siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (cfr. Sez. 3, n. 35397 del 20/6/2007; Sez. Unite n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794). Più di recente è stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene nè alla ricostruzione dei fatti nè all'apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell'atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: a) l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l'assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (cfr. Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca e altri, Rv. 255542).

2.5. Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto. Non c'è, in altri termini, come richiesto nel ricorso in scrutinio, la possibilità di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali. Il giudice di legittimità non può procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.

2.6. In realtà il ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione e dell'asseritamente connessa violazione nella valutazione del materiale probatorio, tenta di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito. In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (cfr. Sez. 2, n. 38393 del 20/07/2016; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).

2.7. Non va, infine, pretermesso che, in tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo purchè specificamente indicati dal ricorrente, è ravvisabile ed efficace solo se l'errore accertato sia idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio, fermi restando il limite del "devolutum" in caso di cosiddetta "doppia conforme" e l'intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio (cfr. Sez. 6, Sentenza n. 5146 del 16/01/2014 Ud. - dep. 03/02/2014 - Rv. 258774): ipotesi che, nella specie, deve escludersi.

3. Ciò posto, giova anche rammentare che, nell'ambito della sicurezza sul lavoro, emerge la centralità del concetto di rischio, in un contesto preposto a governare ed evitare i pericoli connessi al fatto che l'uomo si inserisce in un apparato disseminato di insidie.

Rispetto ad ogni area di rischio esistono distinte sfere di responsabilità che quel rischio sono chiamate a governare; il "garante è il soggetto che gestisce il rischio" e, quindi, colui al quale deve essere imputato, sul piano oggettivo, l'illecito, qualora l'evento si sia prodotto nell'ambito della sua sfera gestoria. Proprio nell'ambito in parola (quello della sicurezza sul lavoro) il D.Lgs. n. 81 del 2008 (così come la precedente normativa in esso trasfusa) consente di individuare la genesi e la conformazione della posizione di garanzia, e, conseguentemente, la responsabilità gestoria che, in ipotesi di condotte colpose, può fondare la responsabilità penale.

4. Nel caso che occupa, entrambi gli imputati (quali onerati della "posizione di garanzia" nella materia prevenzionale, come spiegato dai Giudici del merito) erano gestori del rischio e l'evento si è verificato nell'alveo della loro sfera gestoria (cfr. Sez. Un., n. 38343 del 24/04/2014, Rv. 261108).

4.1. Le conformi sentenze di merito hanno ricostruito il fatto in maniera congrua e logica.

E' pacifico che A.A., quale datore di lavoro e preposto alla sicurezza della ditta ELMAR Sas il giorno dell'incidente si trovava alla guida di una pala meccanica dotata di forchettone elevatore; nell'atto di spostare un blocco di marmo, e dopo aver proceduto al taglio del marmo con un filo di acciaio, non riuscendo ad inforcare il blocco per il diretto sollevamento, chiese al dipendente D.D. di mettere "sotto due pietre"; D.D. però si rifiutò di avvicinarsi; a quel punto fu il C.C. a farlo, ponendosi in mezzo alle forche, ma A.A. mosse il mezzo e si staccò il ritaglio del blocco di marmo, che colpì il C.C., causandone il decesso.

E' stato appurato che la movimentazione dei blocchi di marmo avveniva sempre in questo modo: una persona si metteva "in mezzo alla forza; appena sollevato leggermente il blocco dalla pala, la persona infilava due pietre per consentire alle forche di inserirsi sotto il blocco per il sollevamento".

4.2. Sulla base di tale ricostruzione, la sentenza impugnata ha correttamente osservato come la eventuale ed ipotetica condotta abnorme del C.C. non possa considerarsi interruttiva del nesso di condizionamento, poichè essa non si è collocata al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso. In altri termini, la complessiva condotta del lavoratore infortunato non fu eccentrica rispetto al rischio lavorativo che i garanti erano chiamati a governare (cfr. Sez. Un., n. 38343 del 24/04/2014, cit.); nella condotta del C.C. non si possono, invero, riscontrare i requisiti di eccezionalità ed imprevedibilità poichè costui, come ben spiegato dai giudici di merito, aveva dato seguito all'ordine impartito dal datore di lavoro secondo modalità consuete, sebbene non fosse l'originario destinatario dello stesso ordine.

Più esattamente, in tema di prevenzione antinfortunistica, perchè la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia, e ciò - nella specie - non è (cfr. Sez. 4, n. 15124 del 13/12/2016 Ud. - dep. 27/03/2017 - Rv. 269603).

4.3. I giudici di merito hanno logicamente ed esaurientemente argomentato nel senso che se fossero state adottate tutte le misure di sicurezza previste per legge, l'incidente non si sarebbe verificato.

In particolare, è stato accertato che l'occorso era stato la conseguenza di una "pericolosissima prassi consolidata", frutto di plurime violazioni delle norme antinfortunistiche specificamente indicate in rubrica.

4.4. E' stato anche legittimamente stigmatizzato il comportamento tenuto da A.A. il quale, nell'immediatezza dei fatti, aveva riferito ai Carabinieri circostanze non veritiere circa l'andamento del fatto (addirittura sostenendo di non essere stato presente al momento dell'incidente) e aveva anche alterato le tracce presenti sul posto (aveva disposto lo spostamento dei mezzi e la pulizia dell'area); fu solo grazie all'individuazione di tracce ematiche riscontrate nell'area indicata da altro dipendente degli imputati (D.D.) che fu possibile localizzare la zona dell'infortunio; il tutto a riprova della consapevolezza da parte del A.A. di aver commesso, in occasione dell'incidente sopra descritto, plurime violazioni di norme in materia di infortuni sul lavoro.

5. Quanto alla posizione di B.B., la Corte del merito ha ineccepibilmente ritenuto che costui, quale socio accomandatario e legale responsabile della società, era "tenuto a dare direttive per l'esecuzione del lavoro sul cantiere in modo da realizzarlo nella massima sicurezza possibile (...). Su di lui incombeva l'obbligo di verificare che solo i dipendenti addetti e dotati di istruzioni specifiche avessero accesso alle zone esposte a rischio, come quella in esame, ove vi era forte rischio di schiacciamento da pesante materiale calcareo..."; invece è stata accertata "l'assenza sul cantiere di segnali e divieti tale da sollecitare una maggiore attenzione da parte degli operai dipendenti medesimi alla pericolosità delle operazioni, nei momenti di stanchezza e distrazione". Pertanto, è stato ancora una volta evidenziato, coerentemente con l'istruttoria svolta, che la condotta della vittima "fu frutto di una prassi consolidata e voluta e/o tollerata proprio da entrambi i E.E., nelle rispettive qualità...". Per contro, il comportamento alternativo lecito che i prevenuti avrebbero dovuto adottare non poteva che consistere nel rispetto della normativa di sicurezza, con conseguente abbandono della pericolosa prassi consolidata che veniva seguita e tollerata dagli imputati in occasione della movimentazione dei blocchi di marmo.

6. Anche il diniego dei benefici di legge a A.A. è stato congruamente motivato con il comportamento tenuto dal medesimo nell'immediatezza del fatto (v. supra al par. 4.4), quando aveva cercato di sviare le indagini mediante alterazione delle tracce che dovevano servire a ricostruire la vicenda.

Tale valutazione, frutto di una ponderazione non arbitraria nè illogica, sfugge allo scrutinio di legittimità.

7. Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.


Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2023.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2023