Cassazione Civile, Sez. 3, 05 settembre 2023, n. 25922 - Frattura della protesi dentaria di un assistente della Polizia Penitenziaria durante il pasto in mensa. Chi risarcisce?



Presidente Cirillo – Relatore Guizzi

 

Fatto

 


- che R.F. , R.Y. , nonché S.M.T. , tutte in qualità di eredi di R.F. , ricorrono, sulla base di un unico motivo, per la cassazione della sentenza n. 1873/21, del 22 dicembre 2021, del Tribunale di Catanzaro, che - in accoglimento del gravame esperito dal Ministero della Giustizia avverso la sentenza n. 557/17, del 30 marzo 2017, del Giudice di pace di Catanzaro - ha rigettato la domanda di risarcimento danni già proposta dal loro dante causa nei confronti del predetto Ministero, in relazione ad un sinistro occorsogli il 19 novembre 2007;

- che, in punto di fatto, le odierne ricorrenti riferiscono che il loro dante causa, assistente della Polizia Penitenziaria, convenne in giudizio il Ministero della Giustizia, per chiedere il ristoro del danno subito il 19 novembre 2007, consistito nella frattura di una protesi dentaria fissa, per aver masticato una pietra, rivenuta nella pietanza ingerita mentre consumava il pasto presso la mensa dell'Istituto di appartenenza;

- che si costituiva in giudizio il Ministero, eccependo in via preliminare il proprio difetto di legittimazione passiva, e, comunque, chiedendo il rigetto della domanda risarcitoria, a suo dire infondata;

- che su ordine del giudice veniva disposta la chiamata in causa della società Rag. G.P. e figli S.r.l., affidataria del servizio di mensa presso l'Istituto penitenziario di appartenenza del R. ;

- che la terza chiamata, a propria volta, chiedeva ed otteneva di essere autorizzata a chiamare in causa la società Reale Mutua Assicurazioni S.p.a., per essere dalla stessa, eventualmente, manlevata;

- che l'esito del giudizio di primo grado - proseguito dalle eredi del R. , deceduto in corso di causa - consisteva nell'accoglimento della domanda risarcitoria nei confronti del convenuto Ministero;

- che il gravame proposto da quest'ultimo veniva accolto dal giudice di appello, che rigettava la domanda, sul presupposto che il danno micropermanente patito dal R. non fosse stato provato con accertamenti strumentali, così come richiesto dal D.Lgs. n. 7 settembre 2005, n. 209, art. 139;

- che avverso la sentenza del Tribunale catanzarese ricorrono per cassazione le R. e la S. (nelle rispettive qualità di figlie e di moglie del già attore, e dunque di sue eredi legittime), sulla base - come detto - di un unico motivo;

- che esso denuncia - ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) violazione e falsa applicazione degli artt. 2043,2051,1226,2056 e 2059 c.c., per avere la sentenza impugnata erroneamente applicato, al caso di specie, il D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 139, norma di carattere eccezionale, destinata ad operare solo per i danni alla persona derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione di veicoli a motore e di natanti;

- che ha resistito all'impugnazione, con controricorso, il Ministero della Giustizia, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile e, comunque, rigettata, svolgendo, inoltre, ricorso incidentale condizionato sulla base di un unico motivo;

- che esso denuncia - ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) violazione degli artt. 2043,2051,2087 e 1372 c.c., nonché degli artt. 112,113 e 115 c.p.c.;

- che si censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha confermato "la responsabilità dell'Amministrazione negli accadimenti oggetto di causa", affermando che "il sollevato difetto di legittimazione passiva è destituito di fondamento", trattandosi di censura attinente ai rapporti tra il Ministero e la società appaltatrice del servizio di mensa, non svolgendo, invece, "alcun effetto nei confronti della parte attrice", dato che la stessa "era legata da un rapporto di lavoro dipendente" con il Ministero, in forza del quale esso "era tenuto a garantire, ex art. 2087 c.c., le migliori condizioni igieniche e sanitarie dell'ambiente lavorativo";

- che così pronunciandosi, tuttavia, il Tribunale di Catanzaro avrebbe violato l'art. 112 c.p.c., "sconfinando nel diverso campo della responsabilità contrattuale", in assenza, oltretutto, di "allegazione dei fatti costituitivi", mentre la domanda era stata proposta a norma degli artt. 2043 e 2051 c.c.;

- che, inoltre, il ricorrente incidentale lamenta che "il tema di indagine delle "condizioni igieniche e sanitarie dell'ambiente lavorativo" è stato introdotto d'ufficio", donde la violazione dell'art. 115 c.p.c.;

- che, per contro, risulterebbe provato il difetto di legittimazione passiva di esso Ministero, visto che con l'avvenuta conclusione del contratto di appalto - il cui art. 10, peraltro, prevedeva che il servizio di mensa fosse espletato "nel pieno rispetto di tutte le norme e prescrizioni tecniche, igieniche, sanitarie e di sicurezza in vigore" - la responsabilità si sarebbe trasferita in capo alla società appaltatrice;

- che, d'altra parte, neppure potrebbe configurarsi alcuna responsabilità ex art. 2051 c.c., non sussistendo in capo al Ministero (nè essendo stato provato) "un rapporto qualificabile come custodia della res";

- che sono rimaste solo intimate le società Rag. G.P. e Figli e Reale Mutua di Assicurazione.

 

Diritto



- che il ricorso principale va accolto, dovendo, invece, respingersi quello incidentale condizionato;

- che, quanto, infatti all'impugnazione proposta dalle eredi del R. , deve darsi seguito al principio secondo cui i "criteri di liquidazione del danno biologico previsti dall'art. 139 cod. ass., per il caso di danni derivanti da sinistri stradali, costituiscono oggetto di una previsione eccezionale, come tale insuscettibile di applicazione analogica nel caso di danni non derivanti da sinistri stradali" (Cass. Sez. 6-3, ordinanza 11 febbraio 2022, n. 4509, Rv. 664074-01; nello stesso senso già Cass. Sez. 3, sent. 7 giugno 2011, n. 12408, Rv. 618047-01);

- che il ricorso incidentale condizionato proposto dal Ministero va, invece, rigettato;

- che la censura di violazione dell'art. 112 (e dell'art. 115) c.p.c. non è fondata;

- che il giudice di appello, infatti, non ha travalicato i limiti del potere, ad esso spettante, di riqualificazione della domanda risarcitoria;

- che secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, "in tanto è possibile affermare l'illegittimità della modificazione, da parte del giudice d'appello, della qualificazione giuridica della domanda fatta propria dal primo giudice (per la violazione del giudicato interno formatosi in ragione dell'omessa impugnazione sul punto dell'interessato), in quanto detta modificazione della qualificazione giuridica della domanda abbia condizionato l'impostazione e la definizione dell'indagine di merito" (così, da ultimo, Cass. Sez. 6 3, ord. 1 giugno 2018, n. 14077, Rv. 649336-01);

- che, d'altra parte, questa Corte ha già affermato che condotte "astrattamente compatibili con la fattispecie di cui all'art. 2087 c.c.", che siano state dedotte "a sostegno dell'azione risarcitoria, possono essere ricondotte entro il paradigma dell'art. 2043 c.c. purché tale diverso inquadramento abbia ad oggetto i fatti prospettati dalle parti, non potendo l'esercizio di qualificazione giuridica comportare la modifica officiosa della domanda così come definita nelle fasi di merito" (così, in motivazione, Cass. Sez. Lav., sent. 12 agosto 2019, n. 21333, Rv. 655001-01);

- che, pertanto, ben può ritenersi legittima anche l'ipotesi opposta a quella appena delineata, ovvero quella della riconduzione alla fattispecie di cui all'art. 2087 c.c. di pretese risarcitorie inizialmente azionate a norma dell'art. 2043 (e/o dell'art. 2051) c.c., sempre che, beninteso, non vi sia mutamento del suo fatto costitutivo;

- che, nella specie, il fatto costitutivo della pretesa risarcitoria è sempre rimasto l'avvenuta menomazione della propria integrità psicofisica, lamentata da un dipendente dell'amministrazione della giustizia (in particolare, da un assistente di Polizia Penitenziaria) in occasione della somministrazione di un pasto presso la mensa della struttura - l'istituto carcerario - ove il medesimo svolgeva la propria attività, e ciò in ragione di un non adeguato controllo della stessa;

- che, su tali basi, il giudice di appello ha ritenuto applicabile l'art. 2087 c.c., pervenendo a tale conclusione sul duplice rilievo che la preparazione dei cibi, destinati al consumo dei dipendenti di quell'Istituto penitenziario - sebbene oggetto di un servizio che era stato esternalizzato mediante appalto - avveniva non solo in luoghi messi a disposizione dall'amministrazione penitenziaria (art. 2.1., lett. p del capitolato di appalto), ma anche sotto l'ingerenza della stessa, conservando essa il potere di fare controlli a campione (art. 10.2 del medesimo capitolato);

- che, d'altra parte, corretto è il ragionamento della sentenza impugnata anche là dove afferma l'irrilevanza - rispetto alla posizione del soggetto danneggiato - di ogni questione che "attiene ai rapporti tra il Ministero e la società appaltatrice del servizio di mensa";

- che, difatti, in tema di responsabilità ex art. 2087 c.c. per gli infortuni sul luogo di lavoro, "nel caso in cui il danno di cui si invoca il risarcimento consegua a un evento riconducibile, sotto il profilo causale, a più soggetti, questi ultimi, quale che sia il titolo (contrattuale o extracontrattuale) per il quale siano chiamati a rispondere, sono solidalmente responsabili nei confronti della vittima, la quale può conseguentemente pretendere l'intero risarcimento da ciascuno di essi, indipendentemente dalla misura del relativo apporto causale nella determinazione dell'evento (da ultimo, Cass. Sez. Lav., sent. 27 aprile 2021, n. 11116, Rv. 661134-01);

- che, in conclusione, in accoglimento del ricorso principale la sentenza va cassata, con rinvio al Tribunale di Catanzaro, in persona di diverso Magistrato, per la decisione (nel merito oltre che sulle spese processuali, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità), nel rispetto del seguente principio di diritto:

"i criteri di liquidazione del danno biologico previsti dall'art. 139 cod. ass., per il caso di danni derivanti da sinistri stradali, costituiscono oggetto di una previsione eccezionale, come tale insuscettibile di applicazione analogica al di fuori dei casi espressamente previsti da detta norma".

 

P.Q.M.
 


La Corte accoglie il ricorso principale e rigetta quello incidentale condizionato, cassa la sentenza impugnata in relazione e rinvia al Tribunale di Catanzaro, in persona di diverso Magistrato, per la decisione nel merito oltre che sulle spese processuali, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità.