Cassazione Penale, Sez. 4, 14 settembre 2023, n. 37486 - Investimento di un pedone nel parcheggio del supermercato al termine delle operazioni di scarico merci



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRANTI Donatella - Presidente -

Dott. SERRAO Eugenia - Consigliere -

Dott. ESPOSITO Aldo - rel. Consigliere -

Dott. BELLINI Ugo - Consigliere -

Dott. CAPPELLO Gabriella - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
 


sul ricorso proposto da:

A.A., nato a (Omissis);

avverso la sentenza del 16/09/2022 della CORTE APPELLO di TORINO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ESPOSITO ALDO;

udito il PG Dott. FIMIANI PASQUALE, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito l'avv. BARSANI ILARIA, in sostituzione dell'avv. CALABRESE ENRICO, nella qualità di difensore della parte civile B.B. e dell'avv. BONA MARCO, nella qualità di difensore delle parti civili C.C., D.D. e E.E., che hanno chiesto dichiararsi l'inammissibilità o il rigetto del ricorso;

udito l'avv. FALETTI GIANCARLO, nella qualità di difensore del ricorrente, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

 

Fatto


1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Torino ha confermato la sentenza del Tribunale di Torino del 22 luglio 2021, con cui A.A. era stato condannato alla pena di mesi due di reclusione, coi benefici della sospensione condizionale e della non menzione della condanna nel certificato giudiziale, nonchè al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, in relazione al reato di cui all'art. 590 bis c.p., perchè alla guida di un autoarticolato Scania modello 450, mentre procedeva in una manovra all'interno dello spazio antistante all'esercizio commerciale Basko sito in via (Omissis), per colpa generica e per violazione di norme specifiche, non si avvedeva della presenza del pedone B.B., che percorreva un tratto di sedime stradale dinnanzi alla motrice del veicolo, e lo investiva cagionandogli lesioni personali consistite in "frattura anello pelvico e sguantamento coscia sinistra", che determinavano dapprima la prognosi riservata e poi venivano giudicate guaribili in giorni novanta.

La mattina del (Omissis), attorno alle 8.45, nel parcheggio del supermercato Basko di (Omissis), B.B. era investito dalla motrice lunga dodici metri condotta dall'imputato.

Nel dettaglio, il veicolo dapprima urtava l'anziano da tergo, facendolo cadere a terra, poi proseguiva la propria marcia, schiacciandolo progressivamente dagli arti inferiori al torace. Allettato dalle grida dei presenti, ad un certo punto il A.A. arrestava la marcia, azionava il sistema pneumatico degli ammortizzatori, consentendo così alla motrice di assumere una maggiore distanza dal suolo, e infine effettuava la retromarcia, liberando così il corpo della vittima. La persona offesa subiva in seguito l'amputazione della gamba sinistra sopra il ginocchio.

Il sinistro avveniva in un'area di transito fra due fabbricati, uno dei quali consistente nel supermercato: una sorta di largo corridoio stradale, sul quale si affacciava l'uscita dell'esercizio commerciale. Le immagini mostravano il B.B. sulla destra, appena uscito dall'esercizio, e la motrice, più avanti, parcheggiata sulla sinistra. La vittima, a piedi, lentamente, attraversava l'area in diagonale, da destra a sinistra e fiancheggiando il lato destro del veicolo; appena prima di sparire dalla visuale della telecamera per passare davanti alla parte frontale del mezzo, si vedeva quest'ultimo partire lentamente muovendo verso destra, senza azionare gli indicatori di direzione. L'area era anche destinata al parcheggio dei clienti, non al carico e scarico delle merci. Per queste ultime operazioni esisteva altrove un sito apposito.

Il B.B. era appena uscito dal supermercato; aveva in mano la borsa della spesa; andava verso lo stallo ove aveva lasciato la propria autovettura, situato perpendicolarmente al punto ove era parcheggiata la motrice: per intendersi, quest'ultima era su un lato dell'edificio posto di fronte al supermercato, mentre lo stallo ove era parcheggiata l'auto del B.B. era giusto dietro l'angolo.

Il A.A. aveva recapitato della merce; finite le operazioni di scarico, si accingeva a ripartire. Era uscito dallo stesso varco usato dalla vittima, ma prima di quest'ultima: attraversata l'area stradale descritta in precedenza, aveva raggiunto la cabina di guida fuori dalla portata della telecamera, camminando lungo il fianco sinistro del proprio mezzo. Nel dettaglio, quando il B.B., uscito dall'esercizio commerciale, prima di attraversare l'area di transito, guardava alla propria sinistra, per vedere se arrivava un qualche veicolo, l'imputato era giù a bordo della motrice, perchè aveva azionato il livellamento degli ammortizzatori, cosa che comportava l'inserimento della chiave di accensione - ma non la messa in moto.

L'auto del B.B. era parcheggiata in uno stallo dietro all'angolo dell'edificio sul cui lato era parcheggiato l'autoarticolato: per raggiungere la propria vettura, la vittima doveva passare davanti alla motrice; l'auto era vicina. L'attraversamento dell'area davanti all'ingresso del supermercato era indicato da strisce sbiadite, situate sul lato opposto a quello di svolgimento dell'incidente e che conducevano in una diversa zona di parcheggio Se il B.B., essendosene avveduto, se ne fosse servito, avrebbe poi dovuto aggirare, per raggiungere la propria auto, l'intero edificio di fronte all'uscita del supermercato.

La perizia d'ufficio accertava che il B.B., prima di cominciare ad attraversare, era rimasto fermo per un secondo, per poi impiegare sei secondi per scomparire dietro alla sagoma dell'autocarro.

La motrice, conformemente alle disposizioni comunitarie in vigore, era dotata dei dispositivi necessari per consentire al A.A. la visuale completa di quanto si trovava intorno e di vedere anche il B.B.. In particolare, dovevano fornire la visuale dei primi due metri in avanti e di lato. La perizia accertava che l'imputato avrebbe potuto vedere il B.B. in ogni fase della sua camminata e che aveva avuto a disposizione tale opportunità, da quando era salito a bordo del proprio mezzo, per venti secondi: ciò per l'appunto utilizzando i dispositivi di visione indiretta.

Il A.A. dichiarava di essersi accorto della presenza della vittima solo quando le grida dei presenti glielo avevano segnalato. Sapeva che in quell'area normalmente transitano dei pedoni, sia dietro che davanti al punto nel quale aveva parcheggiato il proprio mezzo, e che non v'erano specifici percorsi di sicurezza ad essi riservati.

2. Il A.A., a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo tre motivi di impugnazione.

2.1. Violazione dell'art. 552 c.p.p. e nullità del capo di imputazione per indeterminatezza.

Si deduce che al A.A. erano state contestate la violazione delle ordinarie previsioni di colpa generica e la colpa specifica, senza dettagli ai riferimenti normativi e al contenuto.

In realtà, l'unica condotta materialmente contestata si riferiva al "non avvedersi della presenza del pedone che percorreva un tratto di sedime stradale dinnanzi alla motrice del veicolo e lo investiva". Si trattava di condotta diversa da quelle di manovra di immissione in sicurezza e di azionamento dei dispositivi luminosi nel frangente, invece ritenute sussistenti dal Tribunale (e implicitamente fatte proprie dalla Corte), al punto da fondarvi l'affermazione di responsabilità esclusiva del A.A.. L'eccezione rileva sotto il duplice profilo dell'indeterminatezza dell'originaria imputazione e della mancanza di correlazione tra il contestato e il ritenuto e, qualora accolta, oltre alle conseguenze di ordine processuale, ricondurrebbe il reato contestato a quello di cui all'art. 590 c.p. (senza l'aggravante della violazione di norme sulla circolazione stradale e senza sospensione della patente).

2.2. Violazione dell'art. 190 C.d.S. e vizio di motivazione in relazione agli atti del processo specificamente indicati di seguito.

Si osserva che l'autocarro condotto dal A.A. era dotato di tutti gli specchi laterali e anteriori idonei a rendere ostensibile l'intero perimetro del mezzo e, in particolare, l'intero percorso del B.B., dall'uscita dal supermercato fino al tragico attraversamento e precisato che nulla di certo risultava sulle attività (e sulla relativa tempistica) che il A.A. avrebbe compiuto una volta uscito dal supermercato per dirigersi verso la cabina del proprio autocarro.

Anche il B.B. avrebbe dovuto procedere in sicurezza, propria e del suo intorno, senza attraversare, dando le spalle o il fianco posteriore sinistro all'automezzo. Nella sentenza impugnata si è erroneamente valutata la sola condotta del A.A., mediante l'attribuzione dell'intera responsabilità dell'accaduto e segnalando come la condotta del B.B. dovesse essere esclusivamente concentrata a "camminare badando dove metteva i piedi", senza considerare il contesto attorno a lui e il suo complessivo comportamento. Se l'area in cui si era verificato il sinistro doveva intendersi come area privata soggetta ad uso pubblico - l'applicabilità ai suoi utenti delle norme stradali doveva valere per tutti gli utenti, pedoni compresi.

Il B.B., infatti, aveva attraversato lo stradello ove era parcheggiato l'autocarro, senza utilizzare le strisce pedonali - seppure sbiadite - che si aprivano in corrispondenza della uscita dal supermercato, transitando davanti (non dietro) ad un autocarro fermo ma che dava segni di prossimo movimento (livellamento degli ammortizzatori), con il motore avviato e - poco dopo - in movimento, con il capo "fisso in avanti, come a guardare ove mettere i piedi".

Dalla perizia d'ufficio emergeva che il B.B. non aveva attraversato sulle strisce (il che avrebbe evitato qualunque impatto con l'autocarro poichè l'attraversamento sarebbe intervenuto posteriormente rispetto al medesimo, esattamente come risulta avesse fatto il A.A. dal video acquisito agli atti del giudizio) e che non aveva raggiunto la propria vettura transitando nella direzione del parcheggio esattamente dal lato opposto a quello percorso (utilizzando, cioè, un percorso "regolamentato", perchè corrente parallelamente all'edificio ivi presente, costeggiando - sulla sua sinistra - l'autocarro fino a raggiungere la propria auto, in totale sicurezza e senza interferenze altrui); utilizzava, invece, un percorso non dedicato ai pedoni che, alla fine era ostruito da un ostacolo fisso, che ne impediva qualunque sbocco sul piazzale, a meno di attraversarlo trasversalmente e al di fuori di una qualunque protezione.

Il transito "davanti" al mezzo e non dietro lo stesso, oltre a costituire di per sè un fatto contravvenzionale (fuori dalle strisce), implicava un coefficiente di pericolosità superiore della cui incidenza causale avrebbe dovuto farsi carico l'utilizzatore. L'attraversamento pedonale si trovava ad una certa distanza dal retro dell'autocarro (a distanza di sicurezza rispetto ad una qualsiasi retromarcia improvvisa del mezzo): l'attraversamento delle strisce a distanza di sicurezza dal mezzo avrebbe consentito al B.B. di evitare qualsiasi ipotetico contatto con l'autocarro, di costeggiare il lato sinistro dell'autocarro in sicurezza e di raggiungere la propria auto parcheggiata poco più avanti (con un tempo di percorrenza del tutto analogo (o forse anche più veloce) rispetto a quello utilizzato nel tratto percorso, con la garanzia, però, di evitare situazioni di pericolo per la circolazione stradale tali da mettere a repentaglio la incolumità propria).

Tali elementi di fatto desumibili dagli atti processuali non sono stati valutati dalla Corte territoriale.

Fermo il dato della puntuale esecuzione della sentenza in punto liquidazione del danno e assegnazione della provvisionale (al lordo dell'acconto già precedentemente e spontaneamente liquidato) con le riserve di rito, l'accoglimento del rilievo inerente all'incidenza causale della condotta serbata dal B.B. comporterebbe quantomeno una corrispondente rivalutazione del pregiudizio patito dal medesimo e dalle altre parti civili con sua proporzionale riduzione.

2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 42 c.p. e D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 163.

Si rileva che se il gestore tollera (o non vieta) un comportamento contravvenzionale (parcheggiare, sostare, allontanarsi da un'area non a ciò destinata), concorre in quella contravvenzione e deve accettare il rischio che - proprio in ragione di ciò possa accadere l'impatto di un pedone con un autocarro. Sul punto, in una nota del 19 aprile 2021 indirizzata al Tribunale, il perito d'ufficio F.F. evidenziava la violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro, non sembrandogli plausibile che l'individuazione della zona dove poter scaricare la merce venisse lasciata all'arbitrio del conducente, operazione che, per le caratteristiche commerciali dell'esercizio, non poteva essere considerata sporadica.

Se la verifica della causalità fosse stata condotta con il criterio della controfattualità, eliminando dalla sequenza il comportamento censurato (cioè, la tolleranza del parcheggio degli autocarri in zona non a ciò destinata), il sinistro non si sarebbe verificato.

3. Con memoria del 13 maggio 2023, le difese delle parti civili chiedono dichiararsi l'inammissibilità del ricorso o, in subordine, il rigetto del medesimo.

Si evidenzia, quanto al primo motivo di ricorso, che sin dalla fase iniziale il A.A. era stato posto in condizione di difendersi pienamente, essendo stata espletata nel corso del giudizio di primo grado una perizia d'ufficio. L'interessato aveva potuto preparare adeguatamente la propria difesa e discutere in contraddittorio sull'accusa alla fine formulata nei suoi confronti.

In ordine al secondo motivo di ricorso, emergeva la violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), in quanto esso contempla una richiesta di rivalutazione nel merito della vicenda, preclusa in sede di legittimità.

Le sentenze richiamate dal ricorrente a sostegno del proprio assunto concernevano situazioni diverse, nelle quali il pedone aveva determinato intralcio e/o situazioni di pericolo per la circolazione stradale.

In relazione al terzo motivo di ricorso si rileva che la condotta posta in essere dall'imputato è stata giustamente considerata dalla Corte di appello un segmento nuovo ed autonomo, idonea a creare un nuovo pericolo dapprima inesistente.

 

Diritto


1. Il ricorso è inammissibile.

Con riferimento al primo motivo di ricorso, occorre dar seguito al condivisibile orientamento di questa Corte, che ha escluso in simili fattispecie concrete la violazione del principio di correlazione di cui all'art. 521 c.p.p., comma 1, secondo cui per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa (Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, Carelli, Rv. 248051; Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, Di Francesco, Rv. 205619); ne consegue che l'indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perchè, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione (Sez. U., n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, Rv. 264438, Golfarini, Rv. 269666).

L'esigenza sottesa a una tale lettura del principio di correlazione fra accusa e sentenza consiste nell'impedire, che attraverso rivendicazioni meramente formalistiche, l'imputato, abusando delle sue garanzie, pur posto in condizione di difendersi dall'ipotesi accusatoria, si trinceri dietro la non esatta corrispondenza letterale dell'espressione descrittiva del fatto.

Discorso diverso va svolto ove la descrizione dell'accadimento, visto in tutte le sue componenti, per il quale il soggetto viene condannato, venga a trovarsi in rapporto d'incompatibilità, eterogeneità o eccentricità, rispetto alla primigenia accusa, in quanto, pur avendo avuto l'imputato ovvio accesso a tutta la massa del materiale processuale utilizzabile, la sua difesa risulta essersi concentrata sul fatto siccome descritto nel capo d'imputazione, costituente specifica e precipua rappresentazione della vicenda di vita addebitata (Sez. 1, n. 28877 del 04/06/2013, Colletti, Rv. 256785).

Nei procedimenti per reati colposi, la sostituzione o l'aggiunta di un particolare profilo di colpa, sia pure specifica, al profilo di colpa originariamente contestato, non vale a realizzare diversità o immutazione del fatto ai fini dell'obbligo di contestazione suppletiva di cui all'art. 516 c.p.p. e dell'eventuale ravvisabilità, in carenza di valida contestazione, del difetto di correlazione tra imputazione e sentenza ai sensi dell'art. 521 c.p.p. (Sez. 4, n. 18390 del 15/02/2018, Di Landa, Rv. 273265, in fattispecie di omicidio colposo stradale, in cui la Corte ha escluso la dedotta violazione di legge nell'ipotesi di condanna per imperizia e mancato rispetto di norme cautelari previste dal codice della strada, diverse da quelle in contestazione).

L'imputazione, infatti, è da ritenersi completa nei suoi elementi essenziali quando il fatto sia contestato in modo da consentire la difesa in relazione ad ogni elemento di accusa (Sez. 5, n. 10033 del 19/01/2017, Ioghà, Rv. 269455; Sez. 4, n. 38991 del 10/06/2010, Quaglierini, Rv. 248847). Si ha, perciò, mancata correlazione tra fatto contestato e sentenza quando vi sia stata un'immutazione tale da determinare uno stravolgimento dell'imputazione originaria.

Nel caso in esame, la Corte di appello, con motivazione esauriente ed articolata, ha evidenziato quanto segue: a) il A.A. era imputato per il reato di lesioni personali provocate al passante mediante l'investimento con la propria motrice, uscendo dal margine della carreggiata ove aveva parcheggiato tale mezzo; b) gli era contestato di averlo investito perchè non si era accorto della sua presenza, e, pertanto, in violazione delle disposizioni di cui all'art. 3 C.d.S., comma 1, n. 53, artt. 154, 190 e 191 C.d.S. (norme enucleate dal Tribunale), in base alle quali qualunque conducente di un veicolo deve verificare che non ci siano persone od ostacoli lì dove sta per condurre tale medesimo veicolo; c) l'immissione sulla strada era stata sostanzialmente oggetto di contestazione, trattandosi di azione evidentemente compresa nel concetto di manovra dell'autotreno; d) l'indicazione dell'omesso azionamento degli indicatori di direzione era implicitamente inclusa nel concetto di manovra contenuto nella contestazione, in quanto, consistendo in una movimentazione del veicolo, essa comportava automaticamente l'utilizzo di tutti i dispositivi necessari per effettuare l'operazione in condizioni di sicurezza; e) pur in mancanza di indicazione nel capo d'imputazione delle norme asseritamente violate, il tenore complessivo della contestazione - con chiaro e preciso richiamo agli obblighi di diligenza, prudenza e perizia - conteneva un univoco riferimento ad un contesto stradale.

Per tali ragioni, non è immaginabile un vulnus difensivo, in quanto le tematiche in questione, gli elementi di fatto da valutare e i diversi profili di colpa attinenti alla vicenda erano emersi subito con chiarezza sin dall'inizio delle indagini e formavano oggetto di immediata trattazione nel corso dell'istruttoria dibattimentale e di specifici approfondimenti istruttori; inoltre, erano ampiamente illustrati già nella sentenza di primo grado.

L'affermazione di responsabilità penale, pertanto, non ha trovato fondamento nell'accertamento di condotte illecite incompatibili, o anche solo eterogenee od eccentriche con quel che la difesa poteva ragionevolmente attendersi dal materiale processuale; l'imputata ha del resto potuto sul punto muovere le sue osservazioni critiche anche con il proposto ricorso, così escludendosi la sorpresa nella condanna intervenuta (Sez. 6, n. 422 del 19/11/2019, dep. 2020, Petittoni, Rv. 278093; Sez. 5, n. 19380 del 12/02/2018, Adinolfi, Rv. 273204).

2. In ordine al secondo motivo di ricorso, va premesso che, in tema di reati colposi, per escludere la responsabilità del conducente per l'investimento del pedone è necessario che la condotta di quest'ultimo si ponga come causa eccezionale ed atipica, imprevista e imprevedibile, dell'evento, che sia stata da sola sufficiente a produrlo (Sez. 4, n. 37622 del 30/09/2021, Landi, Rv. 281929, relativo a fattispecie in cui, in applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza di condanna per il reato di omicidio stradale del conducente di un furgone, chiuso nella parte posteriore e privo di dispositivi idonei a monitorare il percorso in retromarcia, per l'investimento di un pedone avvenuto durante tale manovra, che avrebbe dovuto essere eseguita con particolare attenzione, avvalendosi anche dell'ausilio di terzo, non essendo imprevedibile la presenza di un pedone sul percorso stradale da compiere in retromarcia).

Tale circostanza è configurabile ove il conducente medesimo, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, si sia trovato nell'oggettiva impossibilità di notare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso ed imprevedibile (Sez. 4, n. 33207 del 02/07/2013, Corigiano, Rv. 255995).

Ogni conducente ha, tra gli altri, anche l'obbligo di prevedere le eventuali imprudenze o trasgressioni degli altri utenti della strada e di cercare di prepararsi a superarle senza danno altrui (Sez. 4, n. 1207 del 30/11/1992, dep. 1993, Cat Berro, Rv. 193014) Non è poi ravvisabile la responsabilità del conducente di veicolo quando l'attraversamento della strada da parte del pedone investito sia così improvviso ed inopinato ed a distanza ravvicinata da non consentire alcuna utile manovra per evitare l'evento dannoso (Sez. 4, n. 10321 del 03/07/1979, Cinalli, Rv. 143568).

Nella fattispecie in esame, fermo l'accertamento in fatto compiuto dai giudici di merito, inattaccabile nella presente sede di legittimità, la sentenza impugnata ha correttamente applicato al caso in disamina i suindicati principi (tuttora validi, anche relativamente alle pronunzie emesse sotto la vigenza del Codice della Strada abrogato).

La Corte territoriale ha fornito una logica lettura del compendio probatorio, avendo accertato la concreta possibilità per l'imputato - ove avesse adottato il comportamento diligente derivante dalla situazione di fatto accertata - di avvistare il pedone prima di iniziare manovra di retromarcia.

Si è evidenziato, infatti, che il A.A. sapeva di muoversi con un mezzo pesante, in un'area trafficata da pedoni in entrata ed in uscita dal supermercato, e che aveva la visuale libera e poteva avvedersi della presenza del pedone.

Si è correttamente esclusa la responsabilità del pedone sulla base delle seguenti considerazioni:

A) L'accesso agli stalli del parcheggio era sprovvisto di attraversamenti pedonali o camminamenti, per cui se il B.B. si fosse servito, a tal fine, del percorso riservato ai clienti a piedi - fra l'altro poco visibile a causa dell'usura e non segnalato, avrebbe dovuto effettuare un percorso più lungo, con gradini ed ostacoli fissi, per cui la scelta del percorso era stata ragionevole. Non era esigibile che si avvedesse dell'esistenza, distante dall'uscita del supermercato, di strisce pedonali sbiadite che conducevano in direzione pressochè opposta a quella che portava allo stallo, delineato da apposite strisce bianche, ove aveva regolarmente parcheggiato il proprio veicolo.

B) La vittima non poteva immaginare che la motrice si sarebbe spostata, in quanto il A.A. non aveva azionato gli indicatori di direzione e l'indizio del livellamento degli ammortizzatori non era sufficiente a ritenere tale operazione prodromica ad una manovra, presupponendo conoscenze tecniche non rientranti nelle nozioni notorie a conoscenza dei pedoni.

C) Non si comprendeva per quale ragione il B.B. non avrebbe dovuto attendersi che il conducente del mezzo non gli riconoscesse la dovuta precedenza.

D) Il B.B. camminava badando a dove metteva i piedi, dopo aver controllato che il tratto stradale che intendeva attraversare fosse sgombro di veicoli in transito, come difatti era (e come poco prima aveva fatto lo stesso A.A.).

E) La vittima portatrice tra l'altro di difficoltà uditive, quando il mezzo si metteva in movimento, aveva ormai quasi terminato l'attraversamento.

F) Il B.B. avrebbe potuto seguire lo stesso percorso del A.A. e, effettivamente, in tal caso, come sostenuto dalla difesa dell'imputato, non sarebbe accaduto nulla. La stessa difesa, tuttavia, osservava, nell'atto d'appello, che "nessuna indicazione veicolava i pedoni su percorsi diversi a seconda che dovessero o meno recuperare la propria vettura". Tale condotta alternativa, pertanto, anche alla luce di quanto riportato sopra sub A), non consisteva in un comportamento necessitato da ragioni di prudenza.

Il ricorso risulta unicamente diretto a sollecitare una non consentita rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie, al di fuori dell'allegazione di specifici, inopinabili e decisivi travisamenti di emergenze processuali (Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944) ed in presenza, comunque, di un apparato motivazionale che, nel suo complesso, non si espone a rilievi di illogicità di macroscopica evidenza (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).

Ebbene, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, è inammissibile il ricorso per Cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, Giagnorio, Rv. 231708).

Si è altresì precisato che è inammissibile il ricorso per Cassazione quando manchi l'indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'atto d'impugnazione, atteso che quest'ultimo non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425; Sez. 2, n. 19951 del 15/05/2008, Lo Piccolo, Rv. 240109).

3. Quanto al terzo motivo di ricorso, va ricordato che, in tema di responsabilità colposa, quando l'imminenza e gravità di una situazione di pericolo sia percepibile con estrema facilità, chiarezza e prevedibilità e possa conseguentemente essere evitata con diligenza anche minima, va esclusa la colpa di colui che abbia realizzato una astratta concausa dell'evento dovendosi ritenere interrotto il nesso tra la causa remota e l'accaduto (Sez. 3, n. 8435 del 16/06/1993, Abbandonato, Rv. 194664, relativa a fattispecie in cui la Corte ha escluso la responsabilità dell'esecutore dei lavori di manutenzione di una autostrada; questi aveva parcheggiato il veicolo sulla corsia di emergenza; la Corte ha osservato che la perfetta visibilità e la completa e tempestiva avvistabilità dell'ingombro interrompeva il nesso predetto).

Più di recente si è affermato che le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità nel solo caso in cui innescano un processo causale completamente autonomo rispetto a quello determinato dalla condotta dell'agente, ovvero quando, pur inserendosi nel processo causale ricollegato a tale condotta, si connotano per l'assoluta anomalia ed eccezionalità, collocandosi al di fuori dell'area della normale, ragionevole probabilità (Sez. 5, n. 7205 del 09/11/2022, dep. 2023, Licciardi c/Messina, Rv. 284338).

Nella vicenda in oggetto, la Corte torinese ha riconosciuto che il gestore del supermercato aveva colpevolmente tollerato che i fornitori parcheggiassero i propri autoarticolati davanti all'unico ingresso del supermercato anzichè nell'apposita area a ciò dedicata e non aveva predisposto per i pedoni degli attraversamenti comodi, sicuri e visibili.

Tuttavia, come accennato anche nel paragrafo precedente, il A.A. aveva mantenuto una condotta di guida del tutto incongrua, non improntata a diligenza, nonostante l'esigenza di effettuare una manovra di retromarcia altamente difficile e pericolosa, in una zona notevolmente frequentata da pedoni in entrata e in uscita dal vicino supermercato.

La Corte di merito ha sottolineato che la difficile situazione logistica costituiva un dato a lui ben noto, perchè non era la prima volta che egli si recava a scaricare in quel supermercato, e perchè egli si era servito soltanto pochi secondi prima dell'unico ingresso, nonchè unica uscita, di quell'esercizio commerciale; egli sapeva di manovrare in un'area in cui passavano a piedi molti (se non tutti i) clienti, ma non adottava precauzioni, in quanto infatti, entrava nel passaggio col suo enorme veicolo, senza guardare dove andava e senza segnalare la propria intenzione.

La Corte territoriale, con motivazione lineare e coerente, ha evidenziato che tale comportamento gravemente imprudente aveva innescato un autonomo sviluppo causale, creando un nuovo pericolo prima inesistente, che si era realizzato nell'evento, per cui la mancata predisposizione di un sistema di accesso o di parcheggio più sicuro da parte del gestore del supermercato era del tutto priva di rilievo.

4. Per le ragioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e - non sussistendo ragioni di esonero - al versamento della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Il ricorrente va condannato altresì al rimborso delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili, che, tenuto conto dell'impegno profuso dai difensori e della relativa complessità del presente procedimento, in favore di B.B. vanno liquidate nell'importo di Euro tremila nonchè in favore di C.C., D.D. e E.E. vanno liquidate in complessivi Euro tremilaseicentotrentanove; oltre I.V.A, C.P.A. e spese generali per tutte le parti civili.

 

P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende, nonchè alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile B.B. che liquida in Euro 3000,00, oltre accessori di legge; e dalle parti civili C.C., D.D., E.E., che liquida in complessivi Euro 3.639,00 oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 30 maggio 2023.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2023