• Datore di Lavoro
  • Lavoratore

 

Responsabilità di un datore di lavoro titolare di una ditta di trasporto per infortunio occorso ad un suo autista: quest'ultimo si era addormentato in autostrada provocando un incidente mortale, nel quale era rimasto ucciso un automobilista che sopraggiungeva.

 

Condannato per omicidio colposo, ricorre in Cassazione - Rigetto.


Il datore di lavoro costringeva i suoi autisti a turni così massacranti da provocarne crolli fisici.  

 
Afferma la Corte: "Del tutto consequenziale e logico, quindi, il divisamento espresso dai giudici del merito, che, cioè, in siffatto contesto "l'addormentarsi alla guida ed il conseguente prodursi dei più svariati inconvenienti e/o intralci alla circolazione, compreso quello dell'arresto del mezzo su strada, sia evenienza tutt'altro che improbabile ed imprevedibile, quando al volante vi sia persona provata da ore ed ore trascorse alla guida, senza adeguato riposo": lo stesso arrestare il mezzo nel luogo e nella posizione pericolosissima di cui sopra s'è detto appare indice logicamente indicativo del crollo fisico del conducente, dell'esaurimento di ogni riserva di capacità di gestire oltre la sua attenzione e la sua condotta di guida, a  seguito ed in conseguenza dei ritmi di lavoro impostigli. E non può sorger dubbio che la imposizione di questi, in tali termini, sia ascrivibile al datore di lavoro e che tale condotta si sia posta in imprescindibile nesso di relazione causale con l'evento prodottosi, nella cooperativa incidenza della condotta colposa anche del lavoratore (separatamente giudicato)."
 
 
In altre parole dunque la Cassazione afferma che i soci e gli amministratori di una ditta di autotrasporti rispondono di omicidio colposo qualora il conducente di uno degli autocarri di loro proprietà provochi un incidente mortale determinato dalla stanchezza, perché non sono stati rispettati i tempi massimi di guida dei conducenti loro sottoposti, cosí creando condizioni tali da rendere "prevedibile" il verificarsi di incidenti, determinati da colpi di sonno o da inefficienza fisica del conducente. 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
IV SEZIONE PENALE  

Composta dai Sigg.: 
1) Dott. Antonio MORGIGNI -  Presidente
2) Dott. Francesco MARZANO - Consigliere rel.;
3) Dott. Carto Giuseppe BRUSCO - Consigliere;
4) Dott. Giulio MAISANO - Consigliere;
5) Dott. Rocco Marco BLAIOTTA - Consigliere;
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
 
sui ricorsi proposti da:
1)                 n. in San Polo d'Enza il               
2)                 n. in Reggio Emilia il          avverso la sentenza della Corte di Appello di Perugia in data 18.11.2008.
Udita in pubblica udienza la relazione svolta dal Consigliere dott Francesco Marzano;
Udito il Pubblica Ministero, in persona dei Sostituto Procuratore Generale, dott Vincenzo Geraci, che ha concluso per la inammissibilità del ricorso di              ed il rigetto di quello di          ;
Udito il difensore delle parti civili, avv.                              che ha concluso per la conferma della sentenza impugnata;
Udito il difensore di            ,avv.                       , che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
Non comparso il difensore di
 
 
Fatto
 
 
 
1.0, Il 18 ottobre 2006 il Tribunale di Perugia - Sezione distaccata di Città di Castello - condannava                 e                         , riconosciute a quest'ultimo le attenuanti generiche equivalenti alla aggravante di cui al secondo comma della norma incriminatrice, a pena ritenuta di giustizia per imputazione di cui all'art.  589 c.p.; venivano contestati anche gli illeciti amministrativi di cui agli artt., I57, 3° c., 176,5° c., 174, 4° e 5° c., C.d.S.; li condannava, altresì, al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili, da liquidarsi in separata sede.
 
Ricostruiva in fatto il giudice del merito che verso le ore 1.00 del 3 marzo 2000 sulla corsia nord di una strada extraurbana principale si trovava fermo lungo la corsia di sorpasso, a fari spenti, un autocarro di proprietà della "                  s.n.c.", condotto da                    .
Sopraggiungevano da tergo un autoarticolato condotto da                                e, sulla corsia di
sorpasso (occupata dall'autocarro condotto dal                      separatamente giudicato), una autovettura condotta da                            , avvedutosi del mezzo fermo sulla corsia di sorpasso, si spostava il più possibile verso il margine destro della carreggiata, cosi da creare una possibile via di fuga all'auto che sopraggiungeva.
Nonostante ciò e nonostante il tentativo del conducente dell'auto di incunearsi tra i due autocarri e di frenare, egli aveva urtato con la parte anteriore sinistra del proprio mezzo la parte posteriore del mezzo condotto da                       : in conseguenza del violento impatto determinatosi, lo                aveva riportato lesioni che lo avevano tratto a morte.
Rilevava il giudice che "la ragione per la quale l'autocarro Volvo si era fermato era dovuta ai fatto che il suo guidatore si era addormentato a causa della stanchezza" ed egli era "talmente stanco da avere raggiunto e superato abbondantemente ogni soglia dì comprensibile attenzione alla guida".
Richiamando le indicazioni tratte dai quattro dischi cronotachigrafi sequestrati, il giudice rilevava che "nel lasso di tempo compreso tra il momento dell'inserimento del primo disco (lunedi 28.2.2000, alle ore 07,50) fino al momento del sinistro (venerdì 3.3.2000 alle ore 01,10)       ha guidato complessivamente per 49 ore e 29 minuti e nell'arco delle ultime 43 ore e 35 minuti ... ha guidato per complessive 31 ore e 19 minuti ... In tale contesto             effettuava - nell'arco di 43 ore e 35 minuti - una sola sosta più lunga (dì 5 ore e 40 minuti) ed altre brevi (di 30, al massimo 45 minuti).
Agli imputati (il               quale socio ed amministratore della s.n.c., il                quale socio ed amministratore di fatto della stessa) si era contestato di aver omesso "di disporre la presenza sul mezzo di altra persona idonea alla guida e comunque di garantire il rispetto dei prescritti tempi massimi di guida da parte del conducente", così creando "condizioni tali da rendere prevedibile il verificarsi di incidenti, anche di gravità pari a quello di fatto verificatosi determinati da colpi di sonno o comunque da inefficienza fisica del conducente medesimo".
 
Il giudice riteneva fondati tali addebiti e perveniva, conseguentemente, alla resa statuizione di condanna.  

1.1. Sui gravami degli imputati, la Corte di Appello di Perugia, con sentenza de! 13 novembre 2008, riduceva la pena inflitta agli imputati dal primo giudice e confermava nel resto la sentenza impugnata.
Il giudice dell'appello confermava, in sostanza, la ritenuta sussistenza degli addebiti di colpa già ravvisati dai giudice di prime cure.
 
2.0 Avverso tale sentenza hanno proposto ricorsi gli imputati, per mezzo dei rispettivi difensori.
 
                  denuncia vizi di violazione di legge e di motivazione "con riferimento alla valutazione dell'elemento soggettivo e del nesso di causalità".
Deduce che La Corte territoriale "riconosce in capo al                una responsabilità non derivante da una propria condotta - immune da ogni censura — ma da altrui comportamenti, spingendosi, in tal modo, al riconoscimento di una responsabilità molto vicina a quella oggettiva".
In punto di colpa generica "la Corte di Appello poggia le proprie argomentazioni su ipotesi del tutto astratte ...".
In punto di colpa specifica "al ricorrente sono state attribuite infrazioni al codice della Strada determinate non da propri comportamenti ma da condotte di guida altrui ... sottratte ad ogni suo possibile controllo..."; le infrazioni amministrative "gli sono state imputate ... perché sarebbero derivate dalla omessa osservanza di regole di prudenza (quelle, in particolare, della presenza del secondo autista) e non da specifici obblighi normativi (la presenza del secondo autista, come è noto, è superabile con la dotazione al mezzo del cronotachigrafo)...
Appare chiaramente impossibile attribuire a                                una responsabilità specifica per la violazione delle norme sulla circolazione stradale perchè il ricorrente non era alla guida del mezzo che ha causato il sinistro...".  
Quanto al nesso di causalità, assume che, "poiché l" autocarro con alla guida il            era dotato dei sistema dì controllo del cronotachigrafo ..., non vi era alcun obbligo giuridico di prevedere il secondo autista ...".
Soggiunge che "per il ruolo rivestito, quello di datore di lavoro di fatto, ... non può dirsi ... che vi sia stata alcuna imprudente omissione alla quale collegare, anche solo indirettamente, il verificarsi dell'evento mortale ...": perciò "la motivazione della sentenza di secondo grado che riconosce la sussistenza del rapporto di causalità ... è manifestamente illogica e palesemente incongrua ..."; e "dovrebbe, in ogni caso, sostenersi che l'evento mortale si è verificato esclusivamente in conseguenza della condotta dì guida del               e delle sue autonome, imprevedibili (perché addirittura pazzesche) incontrollabili decisioni ...".
Quanto al vizio di violazione di legge, in ordine alle contestate violazioni amministrative, "le norme richiamate dalla Corte di Appello ..., non giustificano in alcun modo l'attribuzione al               degli specifici illeciti compiuti dal            ...; si tratta di violazioni, quelle de! codice della strada, realizzabili solo dal conducente del veicolo ..."; il giudice di secondo grado, quindi, avrebbe "comunque errato nel ritenere applicabile ... l'aggravante del secondo comma dell'art. 589c.p.".
La sentenza impugnata sarebbe, infine, '"censurabile" nella parte relativa al giudizio di comparazione tra le circostanze.
 
2.1.            , dal canto suo, denuncia:

a) vizi di violazione di legge e di motivazione. Deduce che illegittimamente erano staie disattese le sue deduzioni difensive, "comprovanti la dismissione, per cosi dire, da parte del             della posizione di garanzia di cui all'art. 40, 2° c., c.p." al momento del sinistro;

b) vizi di violazione di legge e di motivazione, in relazione agli artt. 42,  1° c., e 43 c.p..
Richiamati i ravvisati profili di colpa specifica (artt. 157, 3° c., 176, 5° c., 174,4°  e 5° c., C.d.S.) rileva che tanto equivale a ''dire che il datore di lavoro risponde se il suo autista omette uno stop, viaggia contromano, o a velocità eccedente i limiti e ciò sull'abbrivo di una singolare lusinga alla dilatazione dell'alveo della responsabilità personale ....
L'aggravante di cui all'art 589, 2° c., c.p., andava, dunque, esclusa ...; il tragico evento che ha condotto alla morte                                  è stato conseguenza unica ed esclusiva dello sconsiderato, imprudente, negligente ed imperito comportamento dell'autista ...";
 
c) vizi di violazione di legge e di motivazione, in relazione all'art. 42, 2° c., c.p..
"All'origine dell'incidente - assume il ricorrente - non vi e stato un colpo di sonno, ma lo sconsiderato arresto dell"autotreno, da parte dell'autista ...";
 
d) vizi di violazione di legge e di motivazione, in relazione all'art, 62-bis c.p., perche illegittimamente la Corte territoriate avrebbe negato le attenuanti generiche.
 
 
Diritto
 
3.0. Il ricorso di                    è infondato.

Infatti, contestandosi innanzitutto a tale ricorrente dì essere, al momento del fatto, socio ed amministratore di fatto della s.n.c. "                ", alle dipendenze della quale lavorava il              tale circostanza non è affatto contestata dal ricorrente medesimo.
Annota, peraltro, la integrativa sentenza dì prime cure che "                              ... ha sostenuto essere lui il legale rappresentante della stessa società a partire dal 1° maggio 2000, e di occuparsi della gestione dei dipendenti (anche autisti) ..." e che "anche il ... ha dichiarato che era                             a dargli le direttive dei viaggi"; ulteriormente chiarisce la sentenza ora impugnata che "in particolare                             , che direttamente seguiva i viaggi ed impartiva  direttive agli autisti, veniva portato a conoscenza di dove il veicolo si trovasse".
Posto, dunque, che correttamente si è ritenuta far capo a tale ricorrente, quale datore di lavoro, una posizione dì garanzia in relazione a quella attività lavorativa che egli, "concretamente, sia pure di fatto gestiva", ha rilevato la Corte territoriale che quel viaggio, cui doveva nella circostanza attendere il             , "non diversamente dai precedenti viaggi che solevano ripetersi in quel percorso e per quelle forniture alimentari, era organizzato con tempi e modalità tati da rendere praticamente impossibile, in caso di unico autista, l'osservanza di regolari tempi di guida nel rispetto delle norme sulla velocità e dei tempi di percorso": e di tanto ha dato specifica contezza, ricordando i termini del viaggio programmato, le tappe da percorrere, i carichi da effettuare, su un "percorso di circa 2.200 chilometri" che imponeva di "'sottoporsi alla guida per oltre 25 ore continuative, inframmezzate solo da brevi soste o fermate".
Si sono già sopra ricordati i tempi di lavoro in tal guisa imposti al lavoratore (" ...           effettuava - nell'arco di 43 ore e 35 minuti - una sola sosta più lunga, di 5 ore e 40 minuti, ed altre brevi, di 30, al massimo 45 minuti ...").
Del tutto consequenziale e logico, quindi, il divisamento espresso dai giudici del merito, che, cioè, in siffatto contesto "l'addormentarsi alla guida ed il conseguente prodursi dei più svariati inconvenienti e/o intralci alla circolazione, compreso quello dell'arresto del mezzo su strada, sia evenienza tutt'altro che improbabile ed imprevedibile, quando al volante vi sia persona provata da ore ed ore trascorse alla guida, senza adeguato riposo": lo stesso arrestare il mezzo nel luogo e nella posizione pericolosissima di cui sopra s'è detto appare indice logicamente indicativo del crollo fisico del conducente, dell'esaurimento di ogni riserva di capacità di gestire oltre la sua attenzione e la sua condotta di guida, a  seguito ed in conseguenza dei ritmi di lavoro impostigli.
E non può sorger dubbio che la imposizione di questi, in tali termini, sia ascrivibile al datore di lavoro e che tale condotta si sia posta in imprescindibile nesso di relazione causale con l'evento prodottosi, nella cooperativa incidenza della condotta colposa anche del lavoratore (separatamente giudicato).
Adducendo il ricorrente che egli "non era alla guida del mezzo che ha causato il sinistro ..., si tratta di violazioni, quelle del codice della strada, realizzabili solo dal conducente del veicolo ...", omette del tutto di considerare la sua precedente condotta che ha determinato i presupposti e le condizioni perchè, sinergicamente, quel comportamento a sua volta colposo del conducente dell'automezzo avesse a del tutto prevedibilmente realizzarsi.
Né è dato comprendere - in relazione alla pur contestata violazione del disposto dell'art. 174, 4° e 5° c., C. d. S., in riferimento agli artt. 7 e 8 Reg. C.E.E. n. 3820 del 20 dicembre 1985 - come mai e perché "la presenza ... del secondo autista ... è superabile con la dotazione al mezzo del cronotachigrafo", come vuole il ricorrente.
Quanto, infine, al trattamento sanzionatolo, la sentenza impugnata ha espressamente ritenuto di "non poter modificare in senso più favorevole all'imputato il giudìzio di comparazione tra circostanze, data anche l'evidente corposa consistenza della violazione della normativa sulla circolazione stradale": e tale divisamento, reso in evidente considerazione dei parametri di riferimento di cui all'art. 133 c.p. e nel legittimo esercizio del potere che al riguardo la legge attribuisce al giudice del merito, non si appalesa censurabile in questa sede di legittimità.
 
3.1. Infondato è anche il ricorso di
Quanto, difatti, al primo profilo di doglianza, ha ben chiarito la sentenza impugnata che tale ricorrente era, all'epoca del fatto, "ancora socio e soprattutto amministratore della  '                  snc., partecipazione e carica che avrebbe dismesso solo nel maggio 2000, a distanza di oltre due mesi dal verificarsi dell'incidente in esame' ...".
Ha consideralo che "la richiamata comunicazione all' I.N.P.S. ed alla Direzione provinciale del Lavoro, comprensibilmente motivata da ragioni contributive, non può valere a mutare la sostanza delle cose, vale a dire il permanere in capo al               della qualità di socio, in assenza di formale vendita delle sue quote, e, soprattutto, il permanere della veste di amministratore, in assenza della formalizzazione di alcuna variazione nella carica".
Al momento del sinistro, dunque, egli era ancora socio della predetta società di persone (confermativamente annota la integrativa sentenza dì prime cure che la cessione delle quote venne formalizzata nel maggio 2000) e amministratore della stessa; non illogicamente, quindi, ì giudici del merito hanno ritenuto che, per i persistenti doveri scaturenti da tali qualità e carica tuttora ricoperte, egli non potesse disinteressarsi degli obblighi da tanto scaturenti, "in assenza di qualsiasi regolare delega di essi e contentandosi del fatto che qualcuno provvedesse in suo luogo,  senza sincerarsi di come ciò avvenisse e soprattutto senza assicurarsi che i viaggi si svolgessero nel pieno rispetto della normativa dì riferimento, compresa quella del Codice della Strada''.
Quanto alle altre doglianze in punto di responsabilità, non v'è che da richiamare quanto già si é osservato al riguardo a proposito del ricorso del coimputato.
Per quel che concerne, infine, l'ultimo motivo di censura, afferente al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, anche al riguardo la sentenza impugnata ha reso congrua e puntuale motivazione, osservando che il ricorrente era "già gravato da altri due precedenti per omicidio colposo, uno dei quali abbastanza recente..."; ed anche tale apprezzamento di merito, idoneamente e logicamente motivato, si appalesa incensurabile in questa sede di legittimità.  
   

4. I ricorsi vanno dunque, rigettati, con conseguente condanna dei ricorrenti ai pagamento delle spese processuali.
Essi vanno, altresì, condannati in solido al rimborso in favore delle costituite parli civili delle spese di questo giudizio, che unitariamente ai liquidano come in dispositivo.
 
P.Q.M.
 
La Corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché in solido al rimborso in favore delle costituite parti civili delle spese di questo giudizio e liquida le stesse unitariamente in €. 3.000,00, oltre accessori come per legge.
 
Roma, 12 maggio 2010.