Senato della Repubblica
XIX LEGISLATURA

N. 672

DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa della senatrice MANCINI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 19 APRILE 2023

Semplificazioni in materia di lavoro e legislazione sociale
 

Onorevoli Senatori. – Il sistema giuslavoristico italiano è certamente tra i più intricati e garantisti, ricco come è di tutele e di diritti. Pur sempre migliorabile nei contenuti, rappresenta comunque la maturità tipica dei sistemi evoluti; tuttavia, la complessiva bontà del sistema non deve impedire una profonda riflessione sulle numerose storture esistenti, createsi particolarmente in periodi recenti a seguito dell'affastellarsi di modalità applicative e di usi ripetitivi e a volte superflui. Con il presente disegno di legge si intende proprio contribuire a correggere le tante complicazioni e storture della legislazione vigente, apportando non necessariamente delle modifiche normative strutturali bensì alcune semplificazioni normative migliorative del sistema esistente. Tutte modifiche rispettose dell'assetto delle tutele e dei diritti esistenti, che certamente devono essere mantenuti.
Proprio con una azione che guarda più all'assetto semplificatorio che burocratico si può ambire a un migliore accesso al lavoro e alla gestione delle fragilità che il mercato del lavoro propone.
Con l'articolo 1 si provvede a modificare il decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, in materia di contratti di collaborazione prestati dai percettori di pensione di vecchiaia o anticipata. In particolare, la modifica proposta intende ricomprendere tra i casi in cui non opera l'estensione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche le collaborazioni rese da soggetti titolari di pensione di vecchiaia o anticipata (contributiva), come era, in parte, già previsto originariamente dall'articolo 61 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, in aggiunta alle ipotesi di esclusione già contemplate dall'attuale normativa.
L'articolo 2 provvede a introdurre una serie di modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, in materia di contratti di lavoro a tempo determinato. Con i commi 1 e 2, si provvede a modificare, rispettivamente, l'articolo 19 e l'articolo 21 del predetto decreto legislativo n. 81del 2015, riferiti alle proroghe e ai rinnovi dei contratti a tempo determinato. In particolare, le modifiche proposte consentono di stipulare con lo stesso soggetto contratti a termine senza causale fino a un massimo di 24 mesi (anziché 12 mesi) per l'espletamento delle medesime mansioni, raggiungibili attraverso un numero massimo di 6 proroghe ed eventuali 4 rinnovi intervallati da « stop & go ». La scopo del predetto intervento legislativo è quello di semplificare la disciplina dei contratti a termine, mantenendone, comunque, la piena conformità alla direttiva 2019/1152/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, con la conferma di due, su tre, misure di contenimento del ricorso alla tipologia contrattuale (mentre la direttiva ne impone solo una), nonché di garantire una maggiore certezza del diritto, vista la natura fortemente aleatoria e incerta delle causali, con evidente effetto di deflazione del contenzioso.
La previsione di un numero massimo di rinnovi entro un intervallo di mesi complessivi, da un lato, previene condotte opportunistiche e, dall'altro, consente di stipulare, anche a distanza di tempo, un nuovo contratto a termine per una durata massima pari ai mesi residui rispetto ai 24 complessivi.
Del resto, l'irrigidimento della disciplina in materia apportato dal cosiddetto « decreto dignità » (decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 96) non ha sortito l'effetto « dichiarato » di un consistente aumento dell'occupazione stabile ma ha semplicemente generato un maggiore turn over di personale « precario ». Esempio: a fronte della stipula di un contratto a tempo determinato della durata (comprese le eventuali proroghe) di 15 mesi, sono ammessi, senza un orizzonte temporale limitato, nel rispetto e fino a completamento della durata complessiva di 24 mesi (quindi per un totale di 24–15=9 mesi), 4 rinnovi, nel rispetto dei termini di « stop & go » ove previsto.
Con il comma 4 si provvede a modificare l'articolo 31 del predetto decreto legislativo n. 81 del 2015, con riferimento al contingentamento della somministrazione di lavoro a tempo determinato; la modifica proposta intende garantire coerenza tra la disciplina del contratto a termine e quella della somministrazione a tempo determinato. La previsione di un limite percentuale (derogabile dai contratti collettivi nazionali di lavoro - CCNL) è funzionale a prevenire, già a livello legislativo, l'eccessivo ricorso a tale forma di lavoro flessibile.
Il comma 5 – modificando l'articolo 34, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2015, riferito alla disciplina della somministrazione di lavoro a tempo determinato – intende garantire coerenza tra la disciplina del contratto a termine e quella della somministrazione a tempo determinato, in particolare, con riferimento al contratto di lavoro tra agenzia di somministrazione e lavoratore.
Il comma 6, infine, con la modifica proposta all'articolo 39 del decreto legislativo n. 81 del 2015, intende garantire la certezza dei rapporti giuridici, alla luce dell'interpretazione contra legem e abrogatrice della norma fornita da ultimo dalla giurisprudenza, secondo cui il termine di decadenza non inizia a decorrere se non sussiste una comunicazione scritta tra committente (o utilizzatore) e dipendente dell'appaltatore (o dell'agenzia di somministrazione) di cessazione dell'utilizzo.
L'articolo 3 reca una modifica all'articolo 2103 del codice civile in materia di « superminimo ». La modifica proposta intende superare il principio irragionevole di irriducibilità della retribuzione (di creazione puramente giurisprudenziale) per quanto riguarda le quote eccedenti i minimi da CCNL, che restano liberamente disponibili per le parti (si pensi alla possibilità, soprattutto in periodi di crisi, di ridurre i costi ed evitare/limitare licenziamenti), essendo i superminimi espressione tipica della negoziazione e della libera autodeterminazione delle parti private ed essendo, dunque, coerente che gli stessi restino liberamente negoziabili nel corso del rapporto di lavoro, anche in ragione di circostanze sopravvenute.
L'articolo 4, reca modifiche al decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152, in materia di informazione dei lavoratori e rinvio ai CCNL. La modifica proposta risulta certamente conforme alla citata direttiva europea 1152/2019 se si considera che, ai sensi dell'articolo 4, comma 3, della direttiva stessa:
« Le informazioni di cui al paragrafo 2, lettere da g) a l) e lettera o), possono, se del caso, essere fornite sotto forma di un riferimento alle disposizioni legislative, regolamentari, amministrative o statutarie o ai contratti collettivi che disciplinano tali punti ». Anzi, è l'attuale formulazione della norma ad apparire illegittima, in quanto lesiva dell'articolo 14, commi 24-bis e ter, della legge n. 246 del 2005, secondo cui: « Gli atti di recepimento di direttive comunitarie non possono prevedere l'introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse, salvo quanto previsto al comma 24-quater ».
Costituiscono livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive comunitarie:
a) l'introduzione o il mantenimento di requisiti, standard, obblighi e oneri non strettamente necessari per l'attuazione delle direttive;
b) l'estensione dell'ambito soggettivo o oggettivo di applicazione delle regole rispetto a quanto previsto dalle direttive, ove comporti maggiori oneri amministrativi per i destinatari;
c) l'introduzione o il mantenimento di sanzioni, procedure o meccanismi operativi più gravosi o complessi di quelli strettamente necessari per l'attuazione delle direttive.
In sostanza, ferma restando la possibilità per lo Stato membro di mantenere una disciplina interna più garantista di quella dettata nelle direttive, le norme specifiche di recepimento di queste ultime (qual è, appunto, il decreto legislativo 27 giugno 2022, n. 104) non possono prevedere l'introduzione di requisiti, standard, obblighi e oneri superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse, non strettamente necessari per la loro attuazione.
L'articolo 5 reca modifiche al decreto legislativo n. 104 del 2022 in materia di periodo di prova nel contratto a tempo determinato, specificando che nei rapporti di lavoro a tempo determinato di durata pari o superiore a 12 mesi, è stabilito un periodo di prova pari a quello previsto dai CCNL di settore per i contratti a tempo indeterminato. Nei rapporti di lavoro a tempo determinato di durata inferiore a 12 mesi, è stabilito un periodo di prova pari a quello previsto dai CCNL di settore per i contratti a tempo indeterminato riproporzionato in dodicesimi sulla scorta della durata effettiva secondo la seguente formula: (durata prova CCNL: 12 mesi = x: durata effettiva rapporto di lavoro).
L'articolo 6 provvede a modificare la legge 22 maggio 2017, n. 81, in materia di lavoro agile. La modifica proposta intende, da un lato, consentire espressamente il ricorso allo smart working per l'intera durata dell'orario di lavoro, superando gli attuali dubbi interpretativi e, dall'altro, armonizzarne la relativa disciplina con la rigidità del part-time in tema di articolazione giornaliera dell'orario di lavoro.
Con l'articolo 7 vengono introdotte alcune modifiche al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), in materia di determinazione del reddito di lavoro dipendente, in particolare:
– con la lettera a) viene modificato il comma 1 dell'articolo 51 del TUIR, incidendo sul termine del cosiddetto « principio di cassa allargato », che come noto costituisce una semplice deroga al principio secondo il quale retribuzione e compensi sono deducibili nel periodo d'imposta in cui sono effettivamente pagati e corrisposti. Lo spostamento in avanti di qualche giorno dell'adempimento rispetto al 12 gennaio attualmente previsto non comporta alcun onere da parte della pubblica amministrazione e consisterebbe in una semplificazione procedurale per datori di lavoro e professionisti, anche alla luce dei termini stringenti di consegna degli ordini di bonifico, previsti dagli istituti di credito, per garantire le valute di accredito degli stipendi. Inoltre, costituendo un termine entro cui deve essere effettuato un adempimento, si ritiene applicabile l'articolo 1187 del codice civile nella parte in cui prevede la proroga del termine che scade in giorno festivo;
– con la lettera b), numero 1), del comma 1, vengono apportate modifiche all'articolo 51 del TUIR in riferimento ai buoni pasto elettronici: la proposta è funzionale ad aggiornare il valore del buono pasto elettronico a 10 euro, importo adeguato per la consumazione di un pasto alla luce della forte inflazione e del conseguente aumento del relativo costo.
Sempre la medesima lettera b), ai numeri 2), 3) e 4), apportano modifiche al medesimo articolo 51 del TUIR, in riferimento ad alcune misure di welfare aziendale, Si tratta di alcune disposizione che intendono valorizzare le finalità sociali del welfare aziendale, aggiungendo nuove ipotesi a quelle già previste nell'articolo 51, comma 2.
Con le lettere b), c) e d) del comma 1, vengono modificati gli importi dei fringe benefit e delle indennità di trasferta. Al riguardo si osserva che la soglia dei predetti importi che, ai sensi del TUIR, non concorrono a formare reddito imponibile è ferma al 1986. La proposta è funzionale solo a una loro rivalutazione secondo l'indice ISTAT e, dunque, a una loro attualizzazione rispetto ai costi della vita anno per anno.
L'articolo 8 reca una deroga, per gli anni 2023 e 2024, a quanto stabilito all'articolo 5, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, in riferimento agli incarichi in favore di lavoratori in quiescenza, ovvero ai lavoratori che abbiano raggiunto il diritto o sono prossimi al collocamento in quiescenza. Nello specifico, la norma esclude l'applicazione delle disposizioni della cosiddetta « legge Madia » (legge 7 agosto 2015, n. 124( per gli anni 2023 e 2024 per gli incarichi di consulenza e dirigenziali in enti, società e fondazioni partecipate dalla pubblica amministrazione, per evitare che dall'applicazione di questa disposizione possa determinarsi il venir meno di un importante patrimonio di conoscenze e di competenze proprio del settore dirigenziale di questi enti, la cui disciplina è dettata da un complesso sistema normativo, oltre che da prassi aziendali e tradizioni di settore.
L'articolo 9 reca norme in materia di premi di produttività, limitatamente agli anni 2023, 2024 e 2025. Questa misura intende incoraggiare maggiore produttività nelle imprese e incentivare il ricorso alla contrattazione territoriale e aziendale. Allo stato, la possibilità di accedere ai benefici fiscali è fortemente limitata dal vincolo di incrementalità degli indicatori scelti dalla contrattazione disposto dal legislatore del 2015. In una situazione di incertezza economica per cause geopolitiche come quella attuale, infatti, l'obbligo incrementale impedisce la distribuzione di molti premi già contrattati. Con questo emendamento si supera questo vincolo, come richiesto dalle parti sociali.
L'articolo 10 reca modifiche all'articolo 6 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, in materia di offerta di conciliazione. La proposta è funzionale ad ampliare la portata applicativa della norma, che rappresenta un incentivo alle conciliazioni e un forte strumento deflattivo del contenzioso in materia di impugnazione del licenziamento, da un lato, attraverso l'estensione del termine entro cui effettuare la proposta di conciliazione e sottoscrivere l'eventuale accordo e, dall'altro, prevedendo strumenti di pagamento ulteriori (il bonifico) rispetto all'assegno circolare.
Con l'articolo 11 si inserisce il comma 2-bis nell'articolo 4 del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 maggio 2014, n. 78, stabilendo che, in assenza di omissioni contributive, non possono comportare la revoca o il mancato rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC) gli scostamenti tra le somme dovute e quelle versate che, con riferimento a ciascuna gestione nella quale l'omissione si è determinata, risultino pari o inferiore al 3 per cento, comprensivi di eventuali accessori di legge, con un limite minimo di euro 150 e un limite massimo di euro 10.000.
Con l'articolo 12 vengono introdotte alcune modifiche al decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151, in materia di dimissioni volontarie e risoluzione consensuale. In particolare:
– con la lettera a) viene modificato il comma 1 dell'articolo 26, a fronte della proposta di semplificazioni in materia di modalità di dimissioni del lavoratore padre e della lavoratrice madre contenuta nel successivo articolo 16, a cui si rimanda anche per la relazione illustrativa;
– con la lettera b) viene aggiunto all'articolo 26 il comma 7-bis, escludendo dall'obbligo di presentare le dimissioni con modalità telematiche (di cui ai commi da 1 a 4) le cosiddette dimissioni per facta concludentia, ossia rassegnate, di fatto, dai lavoratori che restino assenti senza giustificazione dal posto lavoro per almeno 20 giorno consecutivi. Alla luce della proposta di modifica tali dimissioni saranno da considerarsi come dimissioni ordinarie e non per giusta causa (in totale assenza di una comunicazione del lavoratore in tal senso) e, dunque, non faranno sorgere alcun obbligo in capo all'azienda di pagamento del cosiddetto « ticket Naspi », e di conseguenza alcun diritto del dipendente alla percezione della Naspi (Nuova assicurazione sociale per l'impiego). La proposta recepisce peraltro gli orientamenti espressi recentemente dai tribunali di Udine e di Foggia, che si sono pronunciati sulla certezza fattuale della cessazione del rapporto di lavoro nel caso di comportamento concludente del lavoratore. In sintesi, la proposta è funzionale a prevenire condotte opportunistiche dei lavoratori che, avendo deciso di dimettersi volontariamente dal posto di lavoro, si assentano ingiustificatamente al solo fine di provocare il recesso datoriale (tramite licenziamento per motivi disciplinari), e ottenere di conseguenza l'accesso alla Naspi, destinata al contrario, per legge, ai soli soggetti che perdono involontariamente il posto di lavoro. La modifica proposta dunque mira a tutelare innanzitutto gli interessi della collettività, e inoltre quelli dei datori di lavoro, che subiscono la condotta opportunistica.
L'articolo 13 reca alcune modifiche al decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1982, n. 638, in materia di sanzioni per omesso versamento delle ritenute previdenziali per importi non superiori a euro 10.000, ispirate al principio di ragionevolezza, equità, non abnormità e proporzionalità delle sanzioni, espressi sempre più di frequente, in modo univoco e consolidato, anche dalla Corte di giustizia dell'Unione europea (si vedano, tra le altre, la decisione C. 205-20 dell'8 marzo 2022 e la decisione C. 482-18 del 3 marzo 2020). La Corte ha affermato, in modo lineare e ineccepibile, la necessità che sussista equilibrio tra gravità delle infrazioni e le sanzioni comminate. Si devono scongiurare paradossi applicativi della norma che – per come vigente – espone il contribuente a una sanzione insostenibile (da 10.000 a 50.000 euro) a causa di un omesso versamento anche di poche decine di euro. Peraltro, la sanzione minima di 10.000 euro, per importi non superiori a 10.000 euro annui, viene chiesta anche nel caso di pagamento eseguito dopo i termini. In particolare, in quest'ottica e sempre nel rispetto del carattere dissuasivo ed effettivo delle sanzioni, si prevede la riduzione della misura minima della sanzione da euro 10.000 a euro 5.000 e, al contempo, l'aumento della misura massima da euro 50.000 a euro 100.000, al fine di realizzare un effetto maggiormente dissuasivo delle omissioni più consistenti. In virtù del principio di ragionevolezza e non abnormità della sanzione, si inserisce anche un limite massimo della stessa in proporzione all'ammontare dell'omissione, pari a dieci volte, vale a dire il rapporto esistente tra l'omissione massima a cui trova applicazione la sanzione amministrativa (euro 10.000) e la misura massima determinata della sanzione stessa (euro 100.000).
L'articolo 14 reca alcune modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di sospensione dell'attività. In primo luogo di interviene sui presupposti della suddetta sospensione, modificati dal decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, il quale aveva esteso la sospensione dell'attività ai casi di gravi violazioni in materia di tutela della sicurezza e della salute, identificando il significato di « grave » nella mancata adozione delle misure di cui all'Allegato I al decreto-legge medesimo, senza alcun discrimine sulla natura dell'attività e della presenza reale di rischi, quali ad esempio nel caso di attività a basso e bassissimo rischio, dando un potere enorme all'organo di vigilanza nel sospendere le attività, anche dove i rischi per la salute e la sicurezza sono irrilevanti, o esponendo all'accusa di omissione di atto d'ufficio il vigilante che ritenesse di non « calcare la mano » nel caso di datori di lavoro che hanno omesso i adempimenti di cui all'Allegato I, ma con rischio basso. SI prevede l'eliminazione del riferimento all'Allegato I, fermandosi alla presenza di gravi violazioni che potranno essere valutate dall'organo di vigilanza, il quale se ne assumerà la responsabilità nel caso di comportamento abnorme (ad esempio la mancata elaborazione del Documento di valutazione dei rischi in un ufficio, o mancata formazione in un negozio di abbigliamento).
In seconda istanza l'articolo 14 reca alcune modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di ricorsi avverso la sospensione dell'attività. In particolare, stante i danni potenzialmente irreparabili connessi alla sospensione dell'attività e all'eccessiva durata della stessa, si prevede la riduzione sia dei termini di proposizione del ricorso che del termine per la decisione dello stesso, da 30 a 10 giorni. E invero, un lasso di tempo di 60 giorni complessivi per la proposizione e la decisione del ricorso rischia realmente di neutralizzare gli effetti di un esito positivo dello stesso, posto che, in un contesto di forte concorrenza come quello attuale, la chiusura di un'attività per 60 giorni, senza nemmeno la possibilità di ricorso agli ammortizzatori sociali, può sancire la definitiva cessazione dell'attività di impresa.
L'articolo 15 reca alcune modifiche al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, in materia di deducibilità dei contributi alla previdenza complementare. In particolare, al fine di limitare i rischi di collasso del sistema previdenziale pubblico, è opportuno incentivare il cosiddetto « secondo pilastro pensionistico »: la contribuzione alla previdenza complementare, sia per la quota a carico del lavoratore che per la quota a carico del datore di lavoro, deve essere integralmente deducibile dall'imponibile fiscale del lavoratore, eliminando l'attuale limite di deducibilità fissato in euro 5.164,57.
L'articolo 16 reca alcune modifiche al testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2011, n. 151, prevedendo semplificazioni in materia di modalità di dimissioni del lavoratore padre e della lavoratrice madre. La prevista convalida delle dimissioni dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali è un appesantimento burocratico sia per gli uffici che per i lavoratori che devono recarsi fisicamente negli uffici preposti. Per tutelare i lavoratori nel caso di non genuinità, si prevede un periodo più ampio rispetto a quello di cui all'articolo 26 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151, durante il quale il lavoratore potrebbe ripensare alla decisione assunta con ripristino del rapporto di lavoro, essendo il diritto al ripensamento un diritto potestativo liberamente esercitabile dalla lavoratrice o dal lavoratore senza alcuna possibile influenza da parte del datore di lavoro.
 

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.
(Modifiche al decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, in materia di contratti di collaborazione prestati dai percettori di pensione di vecchiaia o anticipata)

1. All'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, dopo la lettera d-ter), è aggiunta la seguente:
« d-quater) alle collaborazioni prestate dai percettori di pensione di vecchiaia o anticipata di cui all'articolo 24, comma 10, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 ».
 

Art. 2.
(Modifiche al decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, in materia di contratti di lavoro a tempo determinato)

1. All'articolo 19 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, primo periodo, la parola: « dodici » è sostituita con la seguente: « ventiquattro », e il secondo periodo è soppresso;
b) al comma 1-bis, la parola: « dodici » ovunque ricorra, è sostituita con la seguente: « ventiquattro »;
c) il comma 3 è sostituito dal seguente:
« 3. Fermo quanto disposto al comma 2, un ulteriore contratto a tempo determinato fra gli stessi soggetti, della durata massima di dodici mesi, può essere stipulato in virtù di specifici accordi sindacali a livello nazionale, territoriale o aziendale, sottoscritti ai sensi delle disposizioni di cui all'articolo 51. In caso di mancato rispetto della descritta procedura, nonché di superamento del termine stabilito nel medesimo contratto, lo stesso si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data della stipulazione »;
d) il comma 4 è sostituito dal seguente:
« 4. Con l'eccezione dei rapporti di lavoro di durata non superiore a dodici giorni, l'apposizione del termine al contratto è priva di effetto se non risulta da atto scritto, una copia del quale deve essere consegnata dal datore di lavoro al lavoratore entro cinque giorni lavorativi dall'inizio della prestazione ».
2. All'articolo 21 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 01 è abrogato;
b) al comma 1:
1) al primo periodo, le parole: « quattro volte » sono sostituite dalle seguenti: « sei volte »;
2) al secondo periodo, le parole: « quinta proroga » sono sostituite dalle seguenti: « settima proroga ».
c) dopo il comma 1 è inserito il seguente:
« 1-bis. Il contratto a tempo determinato può essere rinnovato solo quando la durata iniziale del contratto, comprese le eventuali proroghe, sia inferiore a ventiquattro mesi, e, comunque, per un massimo di quattro volte nel rispetto della durata complessiva di 24 mesi. In caso di violazione di quanto disposto dal presente articolo, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato ».
3. All'articolo 28, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, la parola : « centottanta » è sostituita dalla seguente: « centoventi ».
4. All'articolo 31 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, il comma 2 è sostituito dal seguente:
« 2. Salvo diversa previsione dei contratti collettivi applicati dall'utilizzatore, il numero dei lavoratori somministrati con contratto di somministrazione a tempo determinato non può eccedere il 20 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l'utilizzatore al 1° gennaio dell'anno di stipulazione dei predetti contratti, con arrotondamento del decimale all'unità superiore qualora esso sia eguale o superiore a 0,5. Nel caso di inizio dell'attività nel corso dell'anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento della stipulazione del contratto di somministrazione di lavoro. È in ogni caso esente da limiti quantitativi la somministrazione a tempo determinato di lavoratori di cui all'articolo 8, comma 2, della legge n. 223 del 1991, di soggetti disoccupati che godono, da almeno sei mesi, di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali, e di lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati ai sensi dei numeri 4) e 99) dell'articolo 2 del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, come individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali ».
5. All'articolo 34 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, il comma 2 è sostituito dal seguente:
« 2. In caso di assunzione a tempo determinato il rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratore è soggetto alla disciplina di cui al capo III per quanto compatibile, con esclusione delle disposizioni di cui agli articoli 19, commi 1, 2 e 3, 21, 23 e 24. Il termine inizialmente posto al contratto di lavoro può in ogni caso essere prorogato, con il consenso del lavoratore e per atto scritto, nei casi e per la durata previsti dal contratto collettivo applicato dal somministratore ».
6. All'articolo 39, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: « , anche in assenza di comunicazione scritta di tale cessazione ».
 

Art. 3.
(Modifiche all'articolo 2103 del codice civile in materia di superminimo)

1. All'articolo 2103, comma nono, del codice civile, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: « , ad eccezione degli accordi aventi a oggetto la rideterminazione della quota di retribuzione eccedente i minimi previsti dal contratto collettivo nazionale di lavoro, applicato al rapporto di lavoro ».
 

Art. 4.
(Modifiche al decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152, in materia di informazione dei lavoratori e rinvio ai contratti collettivi nazionali di lavoro)

1. All'articolo 1 del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152, al comma 3, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo periodo sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: « anche mediante rinvio alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative, ai contratti collettivi nazionali e, ove presenti, ai contratti collettivi aziendali, resi disponibili al lavoratore mediante consegna a mano, trasmissione via mail o altro mezzo equipollente »;
b) al secondo periodo sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: « , mediante le medesime modalità di cui al primo periodo ».
 

Art. 5.
(Modifiche al decreto legislativo 27 giugno 2022, n. 104, in materia di periodo di prova nel contratto a tempo determinato)

1. All'articolo 7, comma 2, del decreto legislativo 27 giugno 2022, n. 104, è aggiunto, in fine, il seguente periodo:
« Nei rapporti di lavoro a tempo determinato di durata pari o superiore a 12 mesi può essere pattuito un periodo di prova di durata non superiore a quello previsto, per i contratti a tempo indeterminato, dai contratti collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Nei rapporti di lavoro a tempo determinato di durata inferiore a 12 mesi può essere pattuito un periodo di prova di durata non superiore a quello previsto, per i contratti a tempo indeterminato, dai contratti collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, riproporzionato in dodicesimi sulla scorta della durata effettiva del rapporto di lavoro ».
 

Art. 6.
(Modifica alla legge 22 maggio 2017, n. 81, in materia di lavoro agile)

1. All'articolo 18 della legge 22 maggio 2017, n. 81, il comma 1 è sostituito dal seguente:
« 1. Le disposizioni del presente capo, allo scopo di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, promuovono il lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività lavorativa. La prestazione lavorativa in modalità agile viene eseguita all'esterno dei locali aziendali, senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell'orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva. Nei rapporti di lavoro a tempo parziale di cui all'articolo 19 e seguenti del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, allorquando la prestazione lavorativa è svolta in modalità agile, la collocazione temporale dell'orario di lavoro con riferimento al giorno è libera, senza necessità di attivare clausole elastiche ».
 

Art. 7.
(Modifiche al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di determinazione del reddito di lavoro dipendente)

1. All'articolo 51 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, secondo periodo, le parole: « entro il giorno 12 » sono sostituite dalle seguenti: « entro il giorno 16 », ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: « In relazione a tale data trova applicazione la disposizione dettata dall'articolo 2963 del Codice civile che proroga di diritto il termine scadente in giorno festivo al giorno seguente non festivo »;
b) al comma 2:
1) alla lettera c), le parole: « aumentato a euro 8 » sono sostituite dalle seguenti: « aumentato a euro 10 »;
2) alla lettera f-bis) sono aggiunte, in fine le seguenti parole: « per il rimborso delle spese di affitto sostenute da studenti iscritti a corsi universitari o di istruzione tecnica superiore erogati in presenza e non esclusivamente per via telematica in atenei o fondazioni di istruzione tecnica superiore aventi sede ad una distanza superiore a 50 chilometri rispetto alla residenza dello studente iscritto, oppure percorribile con mezzi pubblici in un tempo superiore ai 60 minuti »;
3) dopo la lettera f-quater) sono inserite le seguenti:
« f-quinquies) le somme e le spese sostenute dal datore di lavoro in favore della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti, nonché dei familiari indicati nell'articolo 12, per la cura e l'assistenza sanitaria di animali domestici legalmente detenuti, individuati ai sensi del decreto del Ministro delle finanze decreto 6 giugno 2001, n. 289; »;
« f-sexies) le spese rimborsate dal datore di lavoro in favore della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti, nonché dei familiari indicati nell'articolo 12, per l'acquisto di prodotti farmaceutici e presidi sanitari non rimborsati dal servizio sanitario nazionale »;
c) al comma 3, le parole: « a lire 500.000 » sono sostituite dalle seguenti: « a euro 750 »;
d) al comma 5, le parole: « eccedente lire 90.000 al giorno, elevate a lire 150.000 » sono sostituite dalle seguenti: « eccedente euro 131,00 al giorno, elevati a euro 219 »;
e) al comma 9, le parole: « possono essere rivalutati » sono sostituite dalle seguenti: « sono rivalutati, in via automatica, ».
 

Art. 8.
(Incarichi in favore di lavoratori in quiescenza, ovvero ai lavoratori che abbiano raggiunto il diritto o sono prossimi al collocamento in quiescenza)

1. In deroga all'articolo 5, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, per gli anni 2023 e 2024, è consentito conferire incarichi dirigenziali, di studio, di consulenza, direttivi o cariche in organi di governo o di amministrazione nelle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché nelle autorità indipendenti, ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) e nelle società da esse controllate, a lavoratori in quiescenza, ovvero ai lavoratori che abbiano raggiunto il diritto o sono prossimi al collocamento in quiescenza.
 

Art. 9.
(Norme in materia di premi di produttività)

1. Limitatamente agli anni 2023, 2024 e 2025, i premi di risultato e le somme di cui all'articolo 1, comma 182, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, non sono soggetti al vincolo di incrementalità dei parametri di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione di cui allo stesso comma 182 e al comma 188 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015.
 

Art. 10.
(Modifica al decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, in materia di offerta di conciliazione)

1. All'articolo 6 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, il comma 1 è sostituito con il seguente:
« 1. In caso di licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 1, al fine di evitare il giudizio e ferma restando la possibilità per le parti di addivenire a ogni altra modalità di conciliazione prevista dalla legge, il datore di lavoro può offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione giudiziale del licenziamento e purchè questi non abbia già depositato il ricorso presso la cancelleria del tribunale, in una delle sedi di cui all'articolo 2113, quarto comma, del codice civile, e all'articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, un importo che non costituisce reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e non è assoggettato a contribuzione previdenziale, di ammontare pari a una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a tre e non superiore a ventisette mensilità, mediante un qualsiasi strumento di pagamento tracciabile. L'accettazione dell'offerta in tale sede da parte del lavoratore comporta l'estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l'abbia già proposta stragiudizialmente. Le eventuali ulteriori somme pattuite nella stessa sede conciliativa a chiusura di ogni altra pendenza derivante dal rapporto di lavoro sono soggette al regime fiscale ordinario ».
 

Art. 11.
(Modifica al decreto-legge 20 marzo 2014, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 maggio 2014, n. 78, in materia di documento unico di regolarità contributiva DURC)

1. All'articolo 4 del decreto legge 20 marzo 2014, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 maggio 2014, n. 78, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:
« 2-bis. In assenza di omissioni contributive, la mera irregolarità formale correlata a errori commessi nella presentazione della denuncia contributiva non può comportare la revoca o il mancato rilascio del DURC. Non possono, altresì, comportare la revoca o il mancato rilascio del DURC scostamenti tra le somme dovute e quelle versate, con riferimento a ciascuna gestione nella quale l'omissione si è determinata, che risultino pari o inferiore al 3 per cento, comprensivi di eventuali accessori di legge, con un limite minimo di euro 150,00 e un limite massimo di euro 10.000,00 ».
 

Art. 12.
(Modifiche al decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151, in materia di dimissioni)

1. All'articolo 26 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, le parole: « al di fuori delle ipotesi di cui all'articolo 55, comma 4, del decreto legislativo 26 marzo 2021, n. 151, e successive modificazioni » sono soppresse;
b) dopo il comma 7 è inserito il seguente:
« 7-bis. I commi da 1 a 4 non sono applicabili alle dimissioni dal rapporto di lavoro rassegnate, di fatto, dal lavoratore che resti assente ingiustificato dal posto di lavoro consecutivamente per un numero di giorni pari o superiore a venti ».
 

Art. 13.
(Modifiche al decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, in materia di sanzioni per omesso versamento ritenute previdenziali)

1. All'articolo 2, comma 1-bis, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638:
a) le parole: « da euro 10.000 » sono sostituite dalle seguenti: « da euro 5.000 », e le parole: « 50.000 » sono sostituite dalle seguenti: « 100.000. In ogni caso la sanzione amministrativa pecuniaria non può essere superiore a dieci volte il valore delle ritenute di cui al comma 1 omesse ».
 

Art. 14.
(Modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di ricorsi avverso la sospensione dell'attività)

1. All'articolo 14 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, le parole: « di cui all'Allegato I » sono soppresse;
b) al comma 14, primo periodo, le parole: « 30 giorni », ovunque ricorrano, sono sostituite dalle seguenti: « 10 giorni ».
 

Art. 15.
(Modifiche al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, in materia di deducibilità dei contributi alla previdenza complementare)

1. All'articolo 8, del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, il comma 4 è sostituito dal seguente:
« 4. I contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro o committente, sia volontari sia dovuti in base a contratti o accordi collettivi, anche aziendali, alle forme di previdenza complementare, sono integralmente deducibili, ai sensi dell'articolo 10 del TUIR, dal reddito complessivo; i contributi versati dal datore di lavoro usufruiscono altresì delle medesime agevolazioni contributive di cui all'articolo 16 ».
 

Art. 16.
(Modifiche al testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di modalità di dimissioni del lavoratore padre e della lavoratrice madre)

1. All'articolo 55 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, al comma 4, le parole: « devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio. A detta convalida è sospensivamente condizionata l'efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro » sono sostituite dalle seguenti: « possono essere revocate entro 15 giorni dalla data di trasmissione, con le medesime modalità di cui all'articolo 26, comma 1, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151 ».


fonte: Senato della Repubblica