Cassazione Penale, Sez. 4, 25 settembre 2023, n. 38915 - Schiacciamento mortale durante la manovra di sgancio di una motrice per camion dal carro attrezzi. Condotta incauta e negligente dell'autista



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI SALVO Emanuele - Presidente -

Dott. CAPPELLO Gabriella - Consigliere -

Dott. MICCICHE’ Loredana - Consigliere -

Dott. DAWAN Daniela - Consigliere -

Dott. CIRESE Marina - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

A.A., nato a (Omissis);

avverso la sentenza del 09/06/2022 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere MARINA CIRESE;

lette le conclusioni del P.G..

 

Fatto


1. Con sentenza in data 9.6.2022 la Corte d'appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza con cui il Tribunale di Modena, in data 8 marzo 2019 aveva ritenuto A.A., quale autore materiale della condotta lesiva, colpevole del reato di cui all'art. 589 c.p., comma 2, (originariamente contestato ai sensi dell'art. 113 c.p. e art. 589 c.p., comma 2, anche a B.B., + Altri Omessi) condannandolo alla pena di anni uno di reclusione, ritenute le circostanze attenuanti generiche prevalenti sull'aggravante di cui all'art. 589 c.p., comma 2, ha ridotto la pena a mesi otto di reclusione.

2. Il fatto oggetto del procedimento attiene ad un infortunio verificatosi in data 17.12.2013 in Spilamberto presso l'Autofficina Veicoli Industriali Padana Srl allorchè durante la manovra di sgancio di una motrice per camion Volvo dal carro attrezzi del soccorso stradale della ditta B.B. cui era agganciata, A.A., alla guida del camion, aveva inserito per errore la marcia indietro così producendo lo schiacciamento della persona offesa C.C., dipendente della Autofficina B.B. Srl , che era intento alle operazioni di sgancio e che si era trovato tra i due mezzi, causandone il decesso.

Secondo quanto accertato dalla polizia giudiziaria, la procedura corretta per sganciare il mezzo trasportato prevedeva la messa in folle ed il bloccaggio del freno di stazionamento del carro attrezzi, l'inserimento della presa di forza idraulica per il posizionamento a terra del veicolo, la rimozione delle fasce di bloccaggio delle ruote sulle selle ed infine il ritiro delle selle e lo sganciamento dei cavi elettrici e/o dei tubi di collegamento dell'aria.

Del pari si accertava che C.C. era un lavoratore esperto, dipendente della ditta B.B. da oltre vent'anni e che aveva frequentato corsi di formazione.

Quanto all'autista del camion, A.A., si accertava che lo stesso, per sua scelta o su richiesta di altri, aveva posto in essere una condotta imprudente ed imperita procedendo ad accendere il motore del camion mediante le chiavi che non avrebbero dovuto essere nella sua disponibilità senza neppure verificare se e quale marcia fosse inserita.

Ritenuta la responsabilità del A.A. per avere colposamente effettuato una manovra errata provocando il decesso dello C.C., il giudice di primo grado aveva invece assolto gli altri imputati B.B., + Altri Omessi, cui era stato contestato a vario titolo il concorso nel reato colposo, per non aver commesso il fatto. Inoltre aveva escluso la responsabilità degli enti Autofficina B.B. Srl e Vip Srl per insussistenza dell'illecito amministrativo loro contestato D.Lgs. n. 231 del 2001, ex art. 25 septies.

L'impianto motivatorio della sentenza di primo grado trovava sostanziale conferma nella sentenza d'appello che si limitava a rimodulare il trattamento sanzionatorio nei termini già precisati.

3. Avverso la sentenza d'appello l'imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione articolato in un motivo con cui deduce la violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione in relazione all'art. 192 c.p.p., comma 1.

Si assume che la sentenza impugnata, pur ritenendo che la persona offesa abbia partecipato colposamente alla causazione dell'evento, è contraddittoria allorchè non ha ritenuto la condotta della medesima imprevedibile e quindi abnorme.

4. Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.

 

Diritto


1. Il ricorso è infondato.

Nella ricostruzione del sinistro per cui è processo, come si legge in entrambe le sentenze di merito, non è controverso, indipendentemente da quali fossero la procedura per lo sganciamento dei mezzi nonchè i soggetti deputati, che l'odierno imputato si sia posto alla guida della motrice del camion Volvo omettendo di valutare sia che tra i due mezzi non vi fosse qualcuno sia che la marcia non fosse inserita, così quindi provocando all'accensione del mezzo lo spostamento del veicolo all'indietro e quindi lo schiacciamento dello C.C.. In altri termini il A.A., quale autista della motrice, si è inserito in modo del tutto anomalo in una procedura, quella appunto di sganciamento del mezzo in avaria, o di sua iniziativa o dietro altrui richiesta, utilizzando le chiavi del mezzo che non dovevano neanche essere nella sua disponibilità, così ponendo in essere una condotta incauta e negligente, per di più aggravata dalla mancata adozione delle dovute cautele.

Il profilo sul quale viceversa si incentra la censura e che viene denunciato sia come vizio di motivazione che come violazione dell'art. 192 c.p.p. attiene invece alla dedotta abnomità della condotta della vittima tale da escludere, secondo l'assunto difensivo, il ravvisato nesso causale tra la condotta ascritta al A.A. e l'evento morte.

In particolare si censura la sentenza impugnata laddove, pur ritenendo che la persona offesa avesse partecipato colposamente alla causazione dell'evento, non ha tuttavia ritenuto tale condotta abnorme e come tale interruttiva del nesso causale.

Va in primis puntualizzato che la censura è in parte inammissibile. Ed invero in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile il motivo con cui si deduca la violazione dell'art. 192 c.p.p., anche se in relazione all'art. 125 c.p.p. e art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e), per censurare l'omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all'ammissibilità delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lett. c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell'inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità. (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, Rv. 280027).

Con riguardo al dedotto vizio di motivazione, va preliminarmente ribadito che costituisce ius receptum che la colpa del lavoratore, concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica ascritta al datore di lavoro, ovvero al destinatario dell'obbligo di adottare le misure di prevenzione, esime questi ultimi dalle loro responsabilità allorquando il comportamento anomalo del primo sia assolutamente estraneo al processo produttivo o alle mansioni attribuite, risolvendosi in un comportamento del tutto esorbitante ed imprevedibile rispetto al lavoro posto in essere, ontologicamente avulso da ogni ipotizzabile intervento e prevedibile scelta del lavoratore (cfr. ex multis: Sez. 4, n. 16397 del 5 marzo 2015, Guida, Rv. 263386).

Ebbene nella specie, facendo corretta applicazione di tali principi, la Corte territoriale ha puntualmente rilevato che nel caso odierno il rischio concretizzatosi nell'evento, come correttamente ritenuto nella sentenza impugnata, pur evidenziando profili colposi nel comportamento della vittima, non può certo dirsi esorbitante o diverso rispetto a quello connesso al compito affidato al lavoratore sicchè il nesso causale tra la condotta del A.A. e l'evento morte non può ritenersi interrotto.

Il ricorso va pertanto rigettato. Segue la condanna al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.


rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 27 giugno 2023.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2023