Cassazione Penale, Sez. 4, 04 agosto 2023, n. 34353 - Trauma da schiacciamento con ustione del lavoratore somministrato: condanna del delegato alla sicurezza per attrezzatura non conforme. Formazione specifica a rischio medio invece che a rischio alto


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI SALVO Emanuele - Presidente -

Dott. CAPPELLO Gabriella - Consigliere -

Dott. MICCICHE’ Loredana - rel. Consigliere -

Dott. DAWAN Daniela - Consigliere -

Dott. CIRESE Marina - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

A.A., nato a (Omissis);

avverso la sentenza del 14/09/2022 della CORTE APPELLO di MILANO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. LOREDANA MICCICHE';

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. CERONI FRANCESCA, che ha concluso chiedendo l'inammissibilità.

E' presente l'avvocato SASSI GIUSEPPE del foro di COMO in difesa di:

A.A.;

Il difensore presente chiede l'accoglimento del ricorso E' presente l'avvocato MANFREDI FEDERICO del foro di COMO in difesa di: A.A..

 

Fatto


1. Con sentenza in data 13 febbraio 2023 la Corte d'Appello di Milano confermava in punto di responsabilità, la sentenza emessa dal Tribunale di Como nei confronti di A.A., riformando la prima pronuncia in ordine alla misura della pena inflitta, che riduceva. Allo A.A. era stato contestato il reato p. e p dall'art. 590 c.p., commi 1, 2 e 3 in relazione all'art. 583 c.p., comma 1, n. 1 in quanto, quale delegato in materia di sicurezza, igiene e salute dei lavoratori della Fiorete Group Spa aveva cagionato a B.B., lavoratore somministrato a Fiorete Group da altra società di lavoro interinale, un trauma da schiacciamento con ustione all'avambraccio destro, avendogli fornito una attrezzatura da lavoro non conforme ai requisiti di sicurezza di cui all'allegato V del D.Lgs. n. 81 del 2008. In particolare, il macchinario denominato "(Omissis)", presentava rulli convergenti raggiungibili con gli arti superiori, e la zona pericolosa generata dal moto del rullo era priva di sistemi di protezione tali da impedirne l'accesso, ovvero tali da impedire l'arresto del moto pericoloso.

2. I fatti sono stati così ricostruiti dai giudici di merito. Il 17 luglio 2017 il predetto operaio B.B., addetto al reparto di finissaggio della "linea velluto", dopo aver acceso la caldaia di alimentazione della citata linea di finissaggio, stava eseguendo le operazioni di incorsatura facendo passare il tessuto tra due cilindri metallici convergenti, di cui uno caldo. Nel compiere detta operazione, accostava ai rulli in movimento l'avambraccio destro, che rimaneva incastrato tra il rullio di traino e il rullo caldo in acciaio, procurandosi lesioni giudicate guaribili in almeno 77 giorni.

3. La Corte territoriale riteneva sussistente la responsabilità dell'odierno ricorrente in quanto considerava pienamente integrati i profili di colpa consistenti nell'aver messo a disposizione del lavoratore un macchinario non conforme ai requisiti di sicurezza e nel non aver impartito adeguata formazione, che avevano cagionato l'infortunio.

4. Propone ricorso l'imputato per il tramite del difensore di fiducia, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione. La Corte territoriale, omettendo ogni valutazione in ordine al materiale probatorio offerto riguardo ai profili di colpa specifica, aveva fornito una motivazione manifestamente illogica e non rispettosa dei principi regolanti i profili della imputazione a titolo di colpa, sovrapponendo all'elemento soggettivo della colpa l'elemento oggettivo della causalità (da valutare ex post). In particolare, era accertato che il lavoratore aveva eseguito l'operazione di incorsatura del tessuto in modo difforme dalle istruzioni ricevute, in quanto l'operazione avrebbe dovuto eseguirsi a macchina ferma, come affermato da un teste collega di lavoro. Il giudice d'appello aveva disatteso questa emergenza processuale sostenendo che la necessità di eseguire il lavoro con la macchina in movimento si ricavava dal documento INAIL prodotto dalla difesa, che prescriveva l'utilizzo in lento movimento. Detto ragionamento era viziato perchè le prescrizioni di utilizzo potevano dirsi identiche, in quanto volte a scongiurare la stessa tipologia di rischio, ovvero il rischio termico. La formazione ricevuta dal lavoratore, a prescindere che fosse avvenuta a macchina ferma ovvero in lento movimento, aveva comunque reso edotto il lavoratore circa la necessità di utilizzare il macchinario evitando il rischio termico. Inoltre, la documentazione prodotta dalla difesa attestava la conformità e la messa in sicurezza del macchinario; solo ex post si è ritenuto di prescrivere da parte degli operanti dell'ATS una rete di protezione, ma nella decisione impugnata mancava il passaggio motivazionale relativo al fatto che detta rete sarebbe stata idonea a scongiurare l'evento. La sentenza impugnata era carente nel passaggio motivazionale relativo alla esclusione della condotta abnorme del lavoratore, poichè non era rispettosa dei consolidati principi, in quanto la condotta del lavoratore era certamente esorbitante dalla sfera del rischio conosciuto e coperto dal datore di lavoro. L'azione del lavoratore, commessa in violazione delle precise direttive ricevute sulla modalità di utilizzo della macchina (che dovevano scongiurare il rischio termico, origine dell'infortunio) era dunque da considerarsi abnorme.

 

Diritto


1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. I motivi proposti si risolvono in contestazioni del valore probatorio degli elementi utilizzati dalla Corte di appello per pervenire al convincimento di responsabilità, senza tener conto degli argomenti contenuti nella esaustiva motivazione della sentenza impugnata. Così, in ordine ai profili di colpa specifica in ordine alla sicurezza del macchinario, il ricorso si limita a reiterare le affermazioni contenute nell'atto di appello secondo cui il macchinario era conforme ai requisiti di sicurezza poichè ciò risultava all'atto di acquisto del macchinario dalla procedura fallimentare, senza confrontarsi con l'articolata ed esauriente motivazione della Corte territoriale sul punto (alla pag. 10, par. 2, della sentenza di secondo grado, si osserva come la circostanza che il macchinario fosse a norma era palesemente smentita dagli accertamenti dei tecnici ATS, poi sentiti in giudizio, secondo cui gli interventi manutentivi eseguiti dalla precedente ditta, poi fallita, di cui la Fiorete aveva acquistato il compendio aziendale, avevano riguardato la alimentazione della linea con l'aggiunta di alcuni pulsanti di emergenza, ma non la messa in sicurezza dell'area ove si trovavano i rulli per l'incorsatura del tessuto). Allo stesso modo, quanto alla mancata formazione, il ricorso mostra di non confrontarsi con la motivazione lungamente esaustiva ed argomentata della sentenza impugnata, ove si osserva che: 1) il B.B. era stato assunto quale lavoratore interinale addetto a mansioni impiegatizie, ossia il controllo qualità; 2) in tale veste, aveva frequentato corsi sulla sicurezza destinati ai lavoratori " a rischio medio", come emergeva dagli attestati di frequenza dei corsi esaminati dai giudici di merito; 3) la mansione assegnatagli, riguardante il settore produttivo, era invece una mansione a " rischio alto" e non risultava documentata alcuna formazione specifica; 4) era emerso dalla istruttoria che il mutamento delle mansioni rispetto a quelle cui il lavoratore era stato originariamente destinato era dovuto alle improvvise dimissioni di alcuni operai specializzati che improvvisamente era stato necessario sostituire, al fine di garantire la produzione; 5) l'utilizzo del macchinario "(Omissis)" gli era stato mostrato da un'altra lavoratrice, ma non gli era stata impartita alcuna formazione sul rischio specifico connesso all'uso del macchinario in questione. Come già osservato, i motivi di ricorso non attaccano dette argomentazioni specifiche, ma si limitano a riproporre una lettura alternativa di elementi di fatto già ampiamente e congruamente disattesi dai giudici di merito con una motivazione lineare, completa e totalmente priva di fratture logiche.

2.1 Va rammentato allora che, in tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507). Ancora, in perfetta coerenza con gli arresti finora richiamati, si è osservato che, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965).

3. Anche il motivo riguardante la dedotta rilevanza del comportamento colposo concorrente del lavoratore è manifestamente infondato. Il concorso di colpa del lavoratore può infatti incidere solamente sulla commisurazione del quantum di pena in capo al datore di lavoro, senza poterne in nessun caso escludere la responsabilità, con l'unica eccezione rappresentata dall'abnormità di tale condotta, ricorrente solamente ove essa sia esorbitante dal procedimento di lavoro ed incompatibile con il sistema di lavorazione (Sez. 4, 27 giugno 2012, n. 37986, Rv. 254365, Sez. 4, 17 ottobre 2014, n. 3787, Rv. 261946). Si è precisato inoltre che la colpa del lavoratore, concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica ascritta al datore di lavoro ovvero al destinatario dell'obbligo di adottare le misure di prevenzione, esime questi ultimi dalle loro responsabilità allorquando il comportamento anomalo del primo sia assolutamente estraneo al processo produttivo o alle mansioni attribuite, risolvendosi in un comportamento del tutto esorbitante ed imprevedibile rispetto al lavoro posto in essere, ontologicamente avulso da ogni ipotizzabile scelta del lavoratore e dunque che è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (sez. 4, 13 dicembre 2016, n. 15124, Rv. 269603; sez.4, 14 marzo 2012, Rv. 252544; sez. 4, 28 aprile 2011, n. 23292, Rv. 250710; sez. 4, 26 marzo 2014, n. 36227, Rv. 259767; sez. 4, 10 ottobre 2013, n. 7955, Rv. 259313).

4. La Corte territoriale, applicando correttamente detti principi, ha ritenuto che non potesse considerarsi "abnorme" il comportamento del B.B., non risultando nè "eccentrico" ed imprevedibile nè, tanto meno, estraneo al processo di produzione o alle mansioni del lavoratore. In particolare, è pacifico che il lavoratore, al momento dell'infortunio, fosse addetto alle tipiche mansioni di "incorsatura" del tessuto, rientranti a pieno titolo nei compiti disimpegnati. Nè il comportamento del lavoratore può definirsi imprevedibile, avendo il B.B. operato nel modo abituale che aveva visto attuare dai colleghi di lavoro, senza che, peraltro, i doverosi congegni di sicurezza fossero nella possibilità di funzionare e di evitare l'infortunio.

5. Conclusivamente, il ricorso va dichiarato inammissibile. Segue a quanto esposto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero.

 

P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 27 giugno 2023.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2023