Responsabilità per infortunio sul lavoro verificatosi mentre venivano svolti lavori di consolidamento di un tratto stradale in frana mediante la perforazione e l'inserimento di pali nel terreno: la persona offesa, dopo aver perso l'equilibrio ed essere caduta al suolo, era stata investita da un palo che veniva trasportato per mezzo di una macchina e la cui imbracatura, effettuata con una catena, si era rotta.

Tre gli imputati: BE. in qualità di noleggiatore di una macchina trivellatrice con compiti di responsabile dei lavori di trivellazione e di responsabile della sicurezza dei lavoratori; FU. in qualità di datore di lavoro e titolare della ditta C. ED. CO. che aveva avuto in appalto dall'AN. i lavori in questione e svolgeva funzioni di direttore dei lavori e direttore tecnico di cantiere; VO. in qualità di coordinatore per la progettazione e direttore dei lavori per conto dell'AN.

Condannati in primo e secondo grado (insieme al rappresentante del committente che non ha proposto ricorso) ricorrono in Cassazione - La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.

"Al fine di escludere che esista in atti la prova dell'innocenza degli imputati, è sufficiente rilevare come nel giudizio di merito sia stato accertato che gli imputati avevano -con condotte diversificate ma tutte caratterizzate da gravi violazioni delle regole cautelari che disciplinano l'attività svolta - cagionato l'evento mortale con l'impropria utilizzazione della macchina perforatrice come mezzo di trasporto dei pali, con l'utilizzazione di una catena usurata per imbracare i pali, con l'adozione di modalità di lavoro che consentivano ai lavoratori di operare al di sotto dei carichi sospesi.

Ciascuno degli imputati, per la parte che riguarda gli obblighi di prevenzione su ciascuno di loro incombente, ha omesso inoltre sia di provvedere ad una organizzazione del lavoro esente da pericoli sia di controllare che tale organizzazione fosse conforme alle regole cautelari prescritte dalla normativa antinfortunistica. 
Può dunque essere escluso in modo tranquillante che possa affermarsi l'evidenza della prova dell'innocenza degli imputati."

 


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANATO Graziana - Presidente
Dott. MARZANO Francesco - Consigliere
Dott. BRUSCO Carlo Giusep - rel. Consigliere
Dott. FOTI Giacomo - Consigliere  
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) BE. BR. N. IL (OMESSO);
2) FU. AN. N. IL (OMESSO);
3) VO. VI. N. IL (OMESSO);
avverso la sentenza n. 1642/2006 CORTE APPELLO di GENOVA, del 18/11/2008;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 01/04/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. CARLO GIUSEPPE BRUSCO;
udito il P.G. in persona del Dott. CEDRANGOLO Oscar che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
sentiti gli avv.ti:
Bottino Pierpaolo per Be. , Torrigino Gian Stefano per Fu. , Coppola Anna per Vo. , i quali hanno tutti concluso per l'accoglimento dei ricorsi proposti nell'interesse dei rispettivi assistiti.
La Corte:

Fatto

 

1) Il Tribunale di Genova, con sentenza 26 gennaio 2006, ha condannato BE. BR. , FU. AN. e VO. VI., previa concessione delle attenuanti generiche ritenute prevalenti sulla contestata aggravante, alle pene ritenute di giustizia per il delitto di omicidio colposo in danno di PA. AN. deceduto in (OMESSO) a seguito di un infortunio sul lavoro verificatosi - mentre venivano svolti lavori di consolidamento di un tratto stradale in frana mediante la perforazione e l'inserimento di pali nel terreno - perchè la persona offesa, dopo aver perso l'equilibrio ed essere caduta al suolo, era stata investita da un palo che veniva trasportato per mezzo della macchina indicata e la cui imbracatura, effettuata con una catena, si era rotta.

I tre imputati sono stati ritenuti responsabili del reato indicato perchè - nelle rispettive qualità BE. di noleggiatore di una macchina trivellatrice con compiti di responsabile dei lavori di trivellazione e di responsabile della sicurezza dei lavoratori; FU. di datore di lavoro e titolare della ditta C. ED. CO. che aveva avuto in appalto dall'AN. i lavori in questione e svolgeva funzioni di direttore dei lavori e direttore tecnico di cantiere; VO. di coordinatore per la progettazione e direttore dei lavori per conto dell'AN. - avevano causalmente contribuito al verificarsi dell'evento.

In particolare, secondo le sentenze di merito:
- FU. , datore di lavoro, aveva consentito che i suoi dipendenti operassero in situazione di pericolo al di sotto dei carichi sospesi;
- BE. aveva noleggiato all'appaltatore una macchina non idonea al sollevamento dei pesi consentendo che venisse utilizzata per tale uso improprio;
- VO. aveva predisposto un piano di sicurezza del tutto generico senza alcun riferimento al lavoro che doveva essere svolto (anzi con indicazioni del tutto estranee all'attività in questione quali il riferimento al contesto urbano - mentre in realtà i lavori si svolgevano in una zona di campagna - e ad una inesistente galleria) ed inoltre, pur avendo personalmente constatato la pericolosità delle modalità di lavoro, non ne aveva disposto la sospensione.
Con la medesima sentenza sono stati assolti con la formula "per non aver commesso il fatto" CA. MA. (caposquadra addetto alla manovra della macchina perforatrice) perchè ritenuto estraneo alla "dissennata organizzazione del lavoro" cui era riconducibile il verificarsi dell'infortunio e LA. AN. (ingegnere capo responsabile del procedimento e direttore dei lavori) per il quale uno degli addebiti ritenuti provati (la genericità del piano di sicurezza da lui firmato) non è stato ritenuto in rapporto causale con l'evento mentre, per i restanti addebiti, il Tribunale ha affermato che valeva ad escludere la sua responsabilità la circostanza che egli non aveva conoscenza delle modalità pericolose con le quali veniva svolto il lavoro.
2) La Corte d'Appello di Genova, con sentenza 18 novembre 2008 - e dopo che gli atti erano stati restituiti dalla Corte di Cassazione essendo stata dichiarata l'incostituzionalità della norma che precludeva l'appello al pubblico ministero - ha così provveduto sugli appelli proposti dagli imputati BE. , FU. e VO. e dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Genova nei confronti del solo LA. :
- ha ridotto le pene inflitte dal primo giudice a BE. , FU. e VO.; in accoglimento dell'appello del pubblico ministero ha condannato LA. alla pena ritenuta di giustizia per il reato in questione;
- ha concesso a tutti gli imputati condannati il beneficio della non menzione.
In particolare la sentenza di secondo grado ha ritenuto che LA. fosse tenuto, quale rappresentante del committente, a coordinare la propria attività con quella dell'appaltatore, che fosse a conoscenza delle modalità con le quali si svolgevano i lavori e che la mancata sospensione dei medesimi avesse avuto efficienza causale sul verificarsi dell'evento.
Ha invece condiviso, la sentenza impugnata, le argomentazioni della sentenza del Tribunale in ordine alla responsabilità degli altri imputati e ha confutato analiticamente i motivi di appello dai medesimi proposti.

3) Contro la sentenza di secondo grado hanno proposto ricorso gli imputati BE. , FU. e VO. mentre LA. non ha proposto impugnazione.

BE. BR. ha proposto personalmente ricorso deducendo i seguenti motivi di censura nei confronti della sentenza di secondo grado.
Con il primo motivo il ricorrente denunzia la violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c).
Precisa che nel giudizio di primo grado era stato assistito dagli avv.ti ENRICO D.V. e CRISTINA B..
Poichè il primo dei due difensori si era cancellato dall'albo dopo la sentenza di primo grado il ricorrente aveva nominato, in sua sostituzione, gli avv.ti P.B. e G.M. senza peraltro revocare l'avv. B..
Ne conseguirebbe, secondo il ricorrente, in base all'articolo 24 disp. att. c.p.p. - non potendo essere nominati difensori in numero superiore a due - che difensori dovevano essere considerati soltanto l'avv. B. e l'avv. B., primo dei due difensori nominati in sostituzione dell'avv. D.V..
Al contrario, per l'udienza in cui fu effettivamente celebrato il processo di appello, l'avviso è stato dato agli avv.ti B. e M. ma non all'avv. B.

Con il secondo motivo si deduce analoga violazione di natura processuale nonchè il vizio e la mancanza di motivazione.
La sentenza impugnata, secondo il ricorrente, si limiterebbe ad un'elencazione dei punti della sentenza di primo grado e delle censure proposte con i motivi di appello senza un'ulteriore comprensibile indicazione delle ragioni che hanno portato alla conferma della sentenza di primo grado.
Si tratterebbe dunque di motivazione soltanto apparente.
Inoltre la sentenza, nel riportare i punti oggetto dei motivi di appello, ne omette di rilevanti (in particolare la sentenza non esamina le censure che si riferiscono al fatto che non è stato il ricorrente a scegliere la macchina da noleggiare; che la macchina era adeguata per il lavoro cui era destinata mentre improprio è stato il suo uso; che non era addebitabile al ricorrente la scelta di utilizzare la macchina per lo spostamento dei pali invece di operare con una gru; la mancata presenza del ricorrente in cantiere il giorno dell'incidente).
Di altri punti, pur riportati nelle premesse, è stata omesso l'esame (il ricorrente era privo della qualifica necessaria ad assumere la qualità di responsabile della sicurezza; non ha mai esercitato alcun potere di gestione dei cantieri e dei lavori; la rottura della catena non si sarebbe verificata con una corretta organizzazione del lavoro e comunque non avrebbe avuto alcuna conseguenza. Inoltre la decisione si fonda sul presupposto, errato, che la macchina fosse rimasta nella disponibilità del ricorrente.

4) Con il ricorso proposto a mezzo del difensore FU. AN. deduce, con il primo motivo, il vizio di violazione di legge ed in particolare degli articoli 40 e 589 cod. pen..
Rileva di aver dedotto, con i motivi di appello, che la catena usurata era stata utilizzata a sua insaputa da parte di BE. responsabile della conduzione dei lavori e della sicurezza dei lavoratori.
Con la conseguenza che le omissioni di misure prevenzionali da parte del ricorrente non avevano avuto alcuna efficienza causale sul verificarsi dell'evento.
Non poteva dunque essere ritenuta la cooperazione da parte sua.

Con il secondo motivo di ricorso si deduce invece il vizio di motivazione perchè il testo della sentenza impugnata non consentirebbe di controllare l'iter argomentativo seguito nè permetterebbe di individuare quale nesso causale esista tra le omissioni a lui addebitate e l'evento nè, infine, indicherebbe la condotta specifica a lui attribuibile che consenta di ritenere la sua cooperazione.

5) Con il ricorso da lui proposto a mezzo del difensore VO. VI. deduce a sua volta, con il primo motivo, il vizio di motivazione lamentando, anche in questo caso, la difficoltà di seguire l'iter argomentativo della sentenza d'appello. Anzi la sentenza impugnata avrebbe anche travisato i fatti processuali parlando di un'inesistente "confessione" del ricorrente che, al contrario, avrebbe negato di essere stato a conoscenza della pericolosità delle operazioni eseguite in cantiere.
Con il secondo motivo si deduce invece il vizio di violazione degli articoli 40 e 589 cod. pen. perchè l'evento, essendosi verificato per la rottura della catena utilizzata per il sollevamento del palo, non era causalmente riconducibile ad una condotta del ricorrente; condotta che la sentenza impugnata, benchè espressamente richiesta con l'appello, non è stata in grado di indicare.

Con il terzo motivo si deduce la violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera d) per la mancata assunzione della testimonianza dell'ing. BA.RO. estensore del piano di sicurezza dell'AN. ; richiesta sulla quale la Corte non si è pronunziata.

Infine, con il quarto motivo, si deduce il vizio di violazione di legge per non avere, la sentenza impugnata, spiegato le ragioni in base alle quali è stata negata la determinazione della pena nel minimo di legge.

6) Il reato addebitato agli imputati è da ritenere ormai prescritto.

Il termine ordinario di prescrizione scadeva il 4 dicembre 2008 e a questo termine può aggiungersi al più la sospensione dal 21 dicembre 2004 all'8 aprile 2005 per una sospensione disposta con l'accordo delle parti.
In mancanza di cause di inammissibilità (non ravvisabili nella specie anche perchè la sentenza impugnata ha adottato un metodo di motivazione che rende il provvedimento di difficile lettura e di ardua comprensione) deve pertanto essere applicata l'indicata causa estintiva.

7) Poichè sono state proposte eccezioni di natura processuale da parte degli imputati BE. e VO. , è però necessario verificare quali siano le conseguenze dell'estinzione del reato sotto questo profilo.
L'esistenza di una nullità anche di natura assoluta e insanabile - e quelle dedotte dai ricorrenti indicati, seppure dovessero ritenersi esistenti, non lo sono trattandosi al più di nullità di ordine generale a regime cd. intermedio - deve sempre essere accertata e dichiarata dal giudice a meno che non esista una contemporanea causa di estinzione del reato perchè, per il disposto dell'articolo 129 c.p.p., sul giudice grava, in questo caso, l'obbligo dell'immediata declaratoria delle cause di estinzione del reato.
La giurisprudenza di legittimità si è già pronunziata sull'affermazione di questo principio (v. da ultimo Cass., sez. 6, 26 marzo 2008 n. 21459, Pedrazzini, rv. 240066) ribadito anche dalle sezioni unite (sentenza 27 febbraio 2002 n. 17179, Conti, rv. 221403); principio che trova una limitata deroga nei casi in cui l'operatività della causa estintiva presupponga specifici accertamenti e valutazioni che competono al giudice di merito (per es. quando la prescrizione consegua al riconoscimento di attenuanti).

8) Quanto alle altre censure proposte si osserva che la dichiarazione di estinzione del reato non sarebbe obbligata solo se risultasse applicabile l'articolo 129 cod. proc. pen., comma 2 che consente di far prevalere la formula assolutoria di merito su quella di estinzione del reato.
Il presupposto per l'applicazione di questa norma è costituito dall'evidenza della prova dell'innocenza dell'imputato.
In questo caso la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla causa di estinzione del reato ed è fatto obbligo al giudice di pronunziare la relativa sentenza.
I presupposti per l'immediato proscioglimento (l'inesistenza del fatto, l'irrilevanza penale, il non averlo l'imputato commesso) devono però risultare dagli atti in modo incontrovertibile tanto da non richiedere alcuna ulteriore dimostrazione in considerazione della chiarezza della situazione processuale.
In presenza di una causa estintiva del reato non è quindi più applicabile la regola probatoria, prevista dall'articolo 530 c.p.p., comma 2, da adottare quando il giudizio sfoci nel suo esito ordinario, ma è necessario che emerga "positivamente" dagli atti, e senza necessità di ulteriori accertamenti, la prova dell'innocenza dell'imputato (cfr. Cass., sez. 5, 2 dicembre 1997 n. 1460, Fratucello; sez. 1, 30 giugno 1993 n. 8859, Mussone).
È stato affermato che, in questi casi, il giudice procede, più che ad un "apprezzamento", ad una "constatazione" (Cass., sez. 6, 18 novembre 2003 n. 48527, Tesserin; 3 novembre 2003 n. 48524, Gencarelli; 25 marzo 1999 n. 3945, Di Pinto; 25 novembre 1998 n. 12320, Maccan).
Da ciò consegue altresì che non è consentito al giudice di applicare l'articolo 129 c.p.p. in casi di   incertezza probatoria o di contraddittorietà degli elementi di prova acquisiti al processo anche se, in tali casi, ben potrebbe pervenirsi all'assoluzione dell'imputato per avere, il quadro probatorio, caratteristiche di ambivalenza probatoria.
Coerente con questa impostazione è anche la uniforme giurisprudenza di legittimità che, fondandosi anche sull'obbligo di immediata declaratoria delle cause di non punibilità, esclude che il vizio di motivazione della sentenza impugnata, che dovrebbe ordinariamente condurre all'annullamento con rinvio, possa essere rilevato dal giudice di legittimità che, in questi casi, deve invece dichiarare l'estinzione del reato (cfr. la citata sentenza Maccan della 5 sezione ed inoltre sez. 1, 7 luglio 1994 n. 10822, Boiani).
Tutti questi principi hanno trovato conferma nella recente sentenza delle sezioni unite di questa Corte 28 maggio 2009 n. 35490, Tettamanti, rv. 244273-4-5, alle cui condivisibili motivazioni si rinvia integralmente.

9) Nel caso in esame può escludersi che esistano i presupposti per l'applicazione dell'articolo 129 c.p.p., comma 2.
D'altro canto in questo processo mai è stata esercitata l'azione civile per cui l'esame dei motivi può essere limitato alla verifica dell'esistenza di questi presupposti.
Orbene, a questo proposito, al fine di escludere che esista in atti la prova dell'innocenza degli imputati, è sufficiente rilevare come nel giudizio di merito sia stato accertato che gli imputati avevano -con condotte diversificate ma tutte caratterizzate da gravi violazioni delle regole cautelari che disciplinano l'attività svolta - cagionato l'evento mortale con l'impropria utilizzazione della macchina perforatrice come mezzo di trasporto dei pali, con l'utilizzazione di una catena usurata per imbracare i pali, con l'adozione di modalità di lavoro che consentivano ai lavoratori di operare al di sotto dei carichi sospesi.
Ciascuno degli imputati, per la parte che riguarda gli obblighi di prevenzione su ciascuno di loro incombente, ha omesso inoltre sia di provvedere ad una organizzazione del lavoro esente da pericoli sia di controllare che tale organizzazione fosse conforme alle regole cautelari prescritte dalla normativa antinfortunistica. 

Può dunque essere escluso in modo tranquillante che possa affermarsi l'evidenza della prova dell'innocenza degli imputati.

X) Per le considerazioni svolte la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per essere, il reato ascritto agli imputati, estinto per prescrizione.

 

P.Q.M.

la Corte Suprema di Cassazione, Sezione 4 penale, annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.