Tribunale di Pavia, 06 settembre 2021, n. 1014 - Duplice infortunio - a distanza di pochi mesi - dell'operaio addetto alla linea automatica per lo stampaggio delle spine. Assoluzione del datore di lavoro


 

SENTENZA N. 1014/2021
N. 1710/2015 Notizie di Reato
(vi è riunito il N.1711/15 R.G.NR.)

 

Nota a cura di Jacopo Della Valentina, in Diritto penale economia e impresa, "Ancora una decisione in materia di responsabilità del datore di lavoro per infortuni auto-inferti dal lavoratore: alla ricerca di nuove soluzioni mediante il reimpiego di vecchi paradigmi"


 
TRIBUNALE DI PAVIA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 



N. 208/2018 R.G.Trib. (vi è riunito il N.916/18 R.G.Trib.)
N. Memoriale


Il Giudice monocratico di Pavia




Dott. Vincenzo GIORDANO


 

All'udienza pubblica del 8 giugno 2021, ha pronunciato mediante lettura del dispositivo la seguente

 

SENTENZA


 

nei confronti di

l) C.F. nato a Omissis, ivi residente via Carducci 11, elettivamente domiciliato presso lo studio del Difensore.
Libero, già assente.
Assistito e difeso di fiducia dall' Avv. Alberto Padovani del Foro di Bologna, presente.
2) Soc. I. S.p.A. con sede legale ad Imola (BO) Via Omissis
Assistito e difeso di fiducia dall 'Avv. Giovanni Trombini del Foro di Bologna, presente.

 



IMPUTATI
 



C.F.

a) delitto previsto e punito dagli artt. 40cpv, 590 co. I, 2 - in relazione all'art. 583co.1 n.1) c.p., e 3, c.p., perché, in qualità di datore di lavoro della società "I. S.p.A." con sede legale in Imola (BO) via Lasie, 12/A, svolgente attività di lavorazione e rifinitura conduttori elettro-telefonici ed affini, per colpa, consistita in negligenza, imprudenza, imperizia, nonché con violazione della normativa antinfortunistica di seguito richiamata, omettendo di adottare misure tecniche ed organizzative, tra le quali l'adozione di predeterminate modalità operative , segnali luminosi e/o acustici, dispositivi tecnici di sicurezza ed altro, al fine di consentire al personale addetto alla manutenzione per lo svolgimento di lavori in condizioni di sicurezza, non impedendo quindi che la mano sinistra di Z. T. - intento a rimuovere manualmente alcuni cavi incastrati nello stampo inferiore della linea automatica "APS l" n. 8 utilizzata per- lo stampaggio di spine - venisse schiacciata nello stampo a causa della messa in funzione della predetta linea dal collega  G.A. posizionato al quadro comandi contribuiva in tal modo a cagionare allo stesso frattura diafasi metacarpo - ch - IV metacarpo composta", lesioni personali dalle quali derivava un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo pari a 54 giorni.
Con violazione anche delle seguenti norme specifiche:
- art. 2087 cod. civ., perché ometteva di adottare, nell'esercizio dell'impresa, le misure che secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica erano necessarie a tutelare l'integrità fisica dei lavoratori;
art. 71 comma 3 D.L.gs 81 del 09 aprile 2008, perché non adottava adeguate misure tecniche ed organizzative affinché l' attrezzatura utilizzata (linea automatica "APS l" n. 8) fossero appropriate, per quanto riguarda la sicurezza, alle condizioni di impiego;
Con la circostanza aggravante del fatto commesso cagionando alla persona offesa una incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni (lesione grave), con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
in Miradolo Terme, il 7 aprile 2014

SOCIETA' "I. S.p.A."
b) illecito amministrativo previsto e punito dagli artt. 5 co. l lett. a), 9, 25 septies co. 3, D.Lgs. n. 231 del 08 giugno 2001, come inserito dall'art. 9 della Legge n. 123 del 03 agosto 2007, in relazione al reato di cui agli artt. 590 co. 1, 2, 3, e 583 co. I n.l) e 2) c.p., perché il datore di lavoro della società "I. S.p.A.", C.F. commetteva il reato di lesioni personali colpose aggravato dalh1 violazione antinfortunistica di cui al capo a) che precede, nell'interesse e a vantaggio della società, ed in assenza delle cause di esclusione della responsabilità di cui agli artt. 5 co. 2, 6 co. 2, e 7 co. 2, stesso decreto.
Vantaggio consistito nel risparmio di spesa dovuto al mancato impiego delle risorse economiche necessarie per conformare l'attività produttiva alle norme precauzionali (nella specie: omessa adozione di misure tecniche ed organizzative, per esempio l'adozione di predeterminate modalità operative, segnali luminosi e/o acustici, dispositivi tecnici di sicurezza, ecc.);
Interesse - da intendersi non già secondo una nozione soggettiva che sarebbe incompatibile con reati-presupposto di natura colposa e che implicherebbe di fatto una interpretatio abrogans dell'art.25 septies d.lgs. 231/2001 contraria al principio ermeneutico di conservazione delle norme, bensì secondo una nozione oggettiva - derivante dalla circostanza che la condotta è stata tenuta da soggetto con veste qualificata all'interno dell'ente in violazione di nom1a/e cautelare/i rivolta/e all'impresa, in relazione non già ad un proprio personale interesse, bensì in relazione all'interesse dell'impresa allo svolgimento dell'attività disciplinata dalla norma stessa (ossia dalla/e norma/e cautelare/i violata/e).
in Miradolo Terme, il 7 aprile 2014

attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni (lesione grave), con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
in Miradolo Terme, il 24 settembre 2014

Evidenziata la persona offesa in:
- Z.T. nato a Omissis e residente in Miradolo Terme (PV) via Omissis
nonché in ordine al seguente illecito amministrativo

SOCIETA' "I. S.p.A."
b) illecito amministrativo previsto e punito dagli artt. 5 co. 1 lett. a), 9, 25 septies co. 3, D.Lgs. n. 231 del 08 giugno 2001, come inserito dall'art. 9 della Legge n. 123 del 03 agosto 2007, in relazione al reato di cui agli artt. 590 co. 1, 2, 3, e 583 co. 1 n.1) e 2) c.p., perché H datore di lavoro della società "I. S.p.A.", C.F. commetteva il reato di lesioni personali colpose aggravato dalla violazione antinfortunistica di cui al capo a) che precede, nell'interesse e a vantaggio della società, ed in assenza delle cause di esclusione della responsabilità di cui agli artt. 5 co. 2, 6 co. 2, e 7 co. 2, stesso decreto.
Vantaggio consistito nel risparmio di spesa dovuto al mancato impiego delle risorse economiche necessarie per conformare l'attività produttiva alle norme precauzionali (nella specie: omessa adozione di misure tecniche ed organizzative, per esempio l'adozione di predeterminate modalità operative, segnali luminosi e/o acustici, dispositivi tecnici di sicurezza, ecc.);
Interesse - da intendersi non già secondo una nozione soggettiva che sarebbe incompatibile con reati-presupposto di natura colposa e che implicherebbe di fatto una interpretatio abrogans dell'art.25 septies d.lgs. 231/2001 contraria al principio ermeneutico di conservazione delle norme, bensì secondo una nozione oggettiva - derivante dalla circostanza che la condotta è stata tenuta da soggetto con veste qualificata all'interno dell'ente in violazione di norma/e cautelare/i rivolta/e all'impresa, in relazione non già ad un proprio personale interesse, bensì in relazione all'interesse dell'impresa allo svolgimento dell'attività disciplinata dalla norma stessa (ossia dalla/e norma/e cautelare/i violata/e).
in Miradolo Terme, 24 settembre 2014


Con l'intervento del P.M. Dott.ssa Katia NICITA


Le parti hanno così concluso
Il Pubblico Ministero: concesse le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, chiede la condanna alla pena di anni 2 di reclusione per C.F.; concessa l'attenuante specifica, chiede €20.000 di multa per I. SPA.
La Difesa C.F.: chiede l'assoluzione perché il fatto non sussiste.
La Difesa I. S.p.A.: chiede l'assoluzione perché il fatto non sussiste.
 

Per il Proc. 1711/15 R.g.NR. - 916/18 r.g.Trib.
C.F.
a) delitto previsto e punito dagli artt. 40 cpv, 590 co. 1, 2 - in relazione all'art. 583 co. 1 n. 1) c.p., e 3, c.p., perché, in qualità di datore di lavoro della società "I. S.p.A.,, con sede legale in Omissis, svolgente attività di lavorazione e rifinitura conduttori elettro-telefonici ed affini, per colpa, consistita in negligenza, imprudenza, imperizia, nonché con violazione della normativa antinfortunistica di seguito richiamata, omettendo di adottare misure tecniche ed organizzative, tra le quali l'adozione di predeterminate modalità operative, segnali luminosi e/o acustici, dispositivi tecnici di sicurezza, ed altro, al fine di consentire al personale addetto alla manutenzione lo svolgimento dei lavori in condizioni di sicurezza, non impedendo quindi che la mano destra di Z.T. - intento a rimuovere manualmente dei cavi elettrici incastrati nello stampo della "linea 2" utilizzata per lo stampaggio di spine - venisse schiacciata nello stampo a causa della messa in funzione della predetta linea dalla collega P.G. posizionata al quadro comandi, contribuiva in tal modo a cagionare allo stesso "frattura con amputazione parziale falange distale pollice destro ", lesioni personali dalle quali derivava un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo pari a 112 giorni.
Con violazione anche delle seguenti norme specifiche:
- art. 2087 cod. civ., perché ometteva di adottare, nell'esercizio dell'impresa, le misure che secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica erano necessarie a tutelare l'integrità fisica dei lavoratori;
art. 71 comma 3 D.L.gs 81 del 09 aprile 2008, perché non adottava adeguate misure tecniche ed organizzative affinché l'attrezzatura utilizzata (''linea 2") fossero appropriate, per quanto riguarda la sicurezza, alle condizioni di impiego;
Con la circostanza aggravante del fatto commesso cagionando alla persona offesa una incapacità di Omissis
 






Fatto


Con decreti di citazione a giudizio emessi il 19.7.2017 ed il 25.5.2018, C.F. e la società I.R.C.E. S.p.A. venivano tratti innanzi a questa A.G. per rispondere dei reati di cui in rubrica.
Il procedimento era inizialmente incardinato presso due distinti giudici; all'udienza del I 9.6.2018 il precedente magistrato assegnatario del fascicolo disponeva la riunione dei due procedimenti.
Dopo un'udienza di mero rinvio, a causa del trasferimento del magistrato titolare del fascicolo presso diverso Ufficio giudiziario, all'udienza del 17.9.2019, la prima celebrata dinanzi a questo Giudice, rilevata la regolare costituzione delle parti, in assenza di questioni preliminari, previa lettura del capo di imputazione, si dichiarava aperto il dibattimento, ammettendo le prove così come richieste dalle parti
All'udienza del 18.10.219 si acquisivano le testimonianze dei testi di lista del PM, F.S., in servizio presso I'ATS di Pavia, con contestuale rinuncia all'escussione dell'ulteriore teste dalla lista A.V., e di P.G.; all'esito veniva acquisita la documentazione prodotta dalle parti.
All'udienza dell'11.2.2020 si procedeva all'escussione di G.A. e vista l'assenza della persona offesa Z.T., nonostante la regolare notifica da parte della Procura, se ne disponeva l'accompagnamento coattivo per la successiva udienza del 10.3.2020.
Tale ultima udienza veniva rinviata da questo Giudice con apposito decreto ex art. 83 d.l. 18/2020, emanato per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid- 19, previa sospensione ex lege dei termini di prescrizione per un totale di giorni 64 (dal 9.3.2020 all'11.5.2020).
All'udienza del 27.10.2020 nuovamente la persona offesa non si presentava presso il Tribunale, motivo per il quale veniva disposto un nuovo accompagnamento coattivo.
All'udienza del 19.1.2021 si procedeva all'escussione della persona offesa e del teste della difesa S.M.. A causa di un impedimento certificato dell'ultimo teste della difesa, si disponeva il rinvio del procedimento all'udienza dell'8.6.2021.
All'odierna udienza si procedeva all'escussione del teste della difesa M.C. e si acquisiva la documentazione prodotta dalla difesa.
All'esito veniva dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale ed utilizzabili gli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento, le parti rassegnavano le conclusioni di cui in epigrafe e questo giudice si ritirava in camera di consiglio, all'esito della quale deva lettura del dispositivo della sentenza.
 

Diritto


Ritiene questo giudice che l'istruttoria dibattimentale ha disatteso l'impianto accusatorio, dovendosi escludere la responsabilità dell'imputato C.F. per gli infortuni sul lavoro verificatosi all'interno della struttura della società I.R.C.E. S.p.A. ai danni di Z.T..
Giova sul punto evidenziare che gli elementi di prova portati all'attenzione di questo giudice sono costituiti dalle prove dichiarative rese dalla persona offesa e dagli ulteriori testi intervenuti durante l'istruttoria dibattimentale, oltre che dalla copiosa produzione documentale acquisita (fascicoli fotografici, documentazione inerente alla formazione di Z.T., il manuale operativo della linea di produzione, le contestazioni amministrative, il modello organizzativo e le correlative modifiche, la quietanza di pagamenti del risarcimento dato a Z.T., la visura camerale della società).
In merito al suddetto materiale probatorio non vi è alcun dubbio concernente l'attendibilità e credibilità dei testi intervenuti e della autenticità dei documenti acquisiti, tanto è vero che in alcun modo è stata avanzata contestazione dalle parti su tali aspetti.
I fatti storici oggetto del capo di imputazione sono emersi, per come si chiarirà, incontrastati nel corso del dibattimento, ove, invece, si è soprattutto dibattuto della qualificazione giuridica e della ripartizione di responsabilità in merito ad una eventuale interruzione del nesso causale a seguito del comportamento tenuto dalla persona offesa/lavoratore e dagli ulteriori lavoratori impegnati nella medesima filiera.
Ciò posto, dalle suesposte fonti di prova, è emerso come entrambi gli episodi abbiano riguardato in qualità di persona offesa Z.T., dipendente della I.R.C.E. S.p.A., con sede ad Imola (BO), nell'ambito dello stabilimento sito a Miradolo Terme, società svolgente attività di lavorazione e rifinitura dei conduttori elettro-telefonici ed affini.
Entrambi gli infortuni di cui al capo di imputazione riguardavano attività inerenti alla linea automatica adoperata per lo stampaggio di spine, a cui Z.T. era addetto in qualità di operaio.
La linea in questione, come emerge dal fascicolo fotografico in atti, era formata da una pressa richiusa da ripari in plexiglass, con microinterruttori di sicurezza.
In entrambe le occasioni, Z.T. stava intervenendo per rimuovere manualmente alcuni cavi incastrati nello stampo inferiore della linea automatica.
Le dinamiche dei due infortuni sono perfettamente sovrapponibili: in entrambi i casi, la macchina veniva arrestata, con spegnimento della pompa olio e stampi tramite le chiavi in dotazione, disabilitando il funzionamento dei microinterruttori di sicurezza posti sulle ante.
Effettuata questa operazione, Z.T. interveniva manualmente per districare i fili incastrati, ponendo il cartello del divieto di accesso per intervento in atti.
Ebbene, in entrambe le occasioni, i colleghi che coadiuvavano Z.T., ossia G.A. e P.G., mettevano in moto la macchina nonostante la persona offesa stesse ancora lavorando, causando così le lesioni descritte analiticamente nel capo di imputazione.
La contestazione del Pubblico Ministero, traslata dal verbale di ispezione dell'A TS Pavia, riguarda proprio la mancata adozione di strumenti luminosi o acustici, essendo stato causato l'infortunio per un difetto di comunicazione tra i manutentori, dovuto, secondo le dichiarazioni di F.S., da un sovraccarico di rumori presenti nello stabilimento che impediva la comunicazione.
Dalla documentazione prodotta dalla difesa, oltre che dalle dichiarazioni di F.S., tutti i soggetti coinvolti avevano ricevuto una adeguata ed analitica informazione specifica sulla procedura realizzata per gli interventi di sicurezza, verificata anche dai certificati di partecipazione ai corsi di sicurezza da parte di Z.T. prodotti dal Pubblico Ministero.
Da questa prospettiva, quindi, i soggetti coinvolti nell'attività degli interventi di sicurezza per il ripristino e manutenzione delle linee di produzione erano perfettamente consapevoli delle procedure da effettuare.
Il Pubblico Ministero ha prodotto per entrambi gli infortuni il manuale della linea produttiva, ove è analiticamente descritta la procedura per l'esecuzione in sicurezza degli interventi di fermo linea.
A fondamento implicito, pertanto, delle contestazioni del Pubblico Ministero vi è proprio la procedura stessa nella sua conformazione, che avrebbe dovuto prevedere l'utilizzo di segnali acustici o luminosi, ovvero di una pulsantiera esterna, necessari ed adeguati a prevenire infortuni simili a quelli occorsi a Z.T..
Infine, deve rilevarsi come dalla documentazione prodotta dalla difesa è emerso come la società I.R.C.E. abbia pagato regolarmente la sanzione amministrativa, adeguando la propria procedura a questo imposto dall 'ATS, risarcendo regolarmente Z.T. per il danno subito ed aggiornando il modello organizzativo ai sensi del d.lgs. 231/2001.
Di rilevante importanza sono state le dichiarazioni di P.G. e G.A..
La prima ha riferito di aver azionato la linea perché avrebbe sentito la parola '"Vai" da Z.T.; negava assolutamente che vi fossero interferenze di rumori o di altro tipo, nonostante indossassero i tappi per le orecchie, ed inoltre chiariva che lei agiva tramite la pulsantiera e aveva una perfetta visibilità su Z.T., da cui era distanza al massimo di due metri.
Infine, P.G. precisiva di aver ricevuto una adeguata formazione sia orale che scritta sulla procedura eseguita, che avevano attivato più volte insieme.
La medesima dinamica veniva descritta da G.A., il quale affermava con certezza di aver udito il segnale di riaccensione da Z.T.. Anche G.A. riferiva di una situazione di quiete e di buone condizioni di comunicazione con Z.T. e di aver ricevuto specifica formazione sul punto. Secondo la ricostruzione offerta dalla persona offesa, come era stato spiegato ai corsi di formazione e aggiornamento professionali a cui aveva partecipato, la procedura prevedeva l'arresto della linea di produzione e la riaccensione soltanto al termine dell'intervento.
Per espressa ammissione della persona offesa l'intervento di manutenzione non richiedeva la presenza di due soggetti, anzi. effettuarlo singolarmente avrebbe accresciuto le condizioni di sicurezza. perché soltanto il soggetto che stava operando avrebbe potuto riattivare la linea di produzione.
Z.T. chiariva come più volte aveva compiuto simili operazioni da solo e non riusciva a spiegarsi il motivo per il quale G.A. e P.G. avessero riattivato la linea nonostante lui avesse ancora le mani all'interno.
Nel corso del dibattimento è stata assunta la testimonianza di S.M., responsabile della manutenzione presso lo stabilimento di Miradolo Terme, il quale ha confermato integralmente il narrato dei testi escussi, confermando di aver personalmente curato la formazione degli addetti alla manutenzione, tra cui Z.T., G.A. e P.G...
Quale ultimo teste della difesa è stato escusso M.C., titolare di una società di consulenza sulla sicurezza sul lavoro e ambiente.
Il consulente ha avuto un incarico specifico dalla I.R.C.E. di valutare il rumore esposizione lavoratori, il cui elaborato finale è stato acquisito con il consenso delle parti.
Dopo aver illustrato le procedure previste dalla legge per la misurazione del rumore in contesti lavorativi, espone i risultati della sua consulenza, dalla quale emergono tutti valori sotto soglia rispetto a quelli previsti come standard dalla normativa di settore.
Illustrate le risultanze della istruttoria dibattimentale, secondo questo Giudice deve escludersi la responsabilità penale dell'imputato - e de relato della società - per l'infortuno verificatosi ai danni di Z.T..
Devono essere fissati alcuni presupposti fattuali e giuridici, necessario per comprendere l'iter motivazionale:
• tutti i lavoratori coinvolti avevano ricevuto adeguata e specifica formazione, sia sul campo che scritta, come comprovato dai certificati prodotti e dalle dichiarazioni dei testi e del responsabile della manutenzione;
• la società ha perfettamente rispettato la procedura di sicurezza prevista nel manuale del macchinario;
• i capi di imputazione redatti dal Pubblico Ministero non individuano uno specifico addebito nei confronti di C.F. e della società, limitandosi a contestare la mancata adozione di segnali luminosi e acustici o altri dispositivi di sicurezza.
In via preliminare, deve essere chiarito quale sia il reale punctum pruriens del presente processo.
Pur consapevoli delle differenti ricostruzioni offerte da G.A., P.G. e Z.T., visti i dati sopra sanciti come definitivi, l'unico reale oggetto di questo procedimento è verificare se il comportamento adottato dagli stessi sia stato conforme alla procedura e, verificato ciò, se il comportamento ipotizzato dal Pubblico Ministero come alternativo avrebbe con certezza impedito l'evento lesivo. Ed invero, nel presente processo, non sono in discussione le sequenze procedimentali - e quindi i dati fattuali - dell'operazione posta in essere concretamente quel giorno dalla persona offesa.
Gli unici aspetti in contestazione riguardano la valutazione in termini interruttivi del nesso causale del comportamento dei collaboratori della persona offesa e l'accertamento in merito alla presenza di strumentazione idonea all'interno degli stabilimenti.
Sul punto bisogna rammentare che la Corte di Cassazione ha esplicitamente affermato come non vale a escludere la responsabilità del datore di lavoro il comportamento negligente del lavoratore infortunato che abbia dato occasione all'evento, quando questo sia da ricondurre comunque all'insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio derivante dal richiamato comportamento imprudente (cfr. ex multis questa sez. 4, n. 7364 del 14.1.2014, Scarselli, rv. 259321).
Sul punto va ricordato che, come affermato nella recente sentenza delle Sezioni Unite n. 38343/2014, nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, che a sua volta deve essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull'analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto (Cass. Sez. Un., n. 38343 del 24.4.2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, rv. 261103; conf. sez. 4, n. 49707 del 4.11.2014, Incorcaia ed altro, rv. 263284; sez. 4, n. 22378 del 19.3.2015, PG in proc. Volcan ed altro, rv. 263494). Ebbene, la risposta in termini di possibile prevedibilità dell'evento non può che essere che il comportamento posto in essere da G.A. e P.G. non era assolutamente prevedibile.
La Corte di legittimità ha anche ricordato, in una recente pronuncia (sez. 4, n. 41486 del 5.5.2015, Viotto, non mass.), come il sistema della normativa antinfortunistica, si sia lentamente trasformato da un modello "iperprotettivo", interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro che. in guanto soggetto garante era investito di un obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori (non soltanto fornendo i dispositivi di sicurezza idonei, ma anche controllando che di questi i lavoratori facessero un corretto uso, anche imponendosi contro la loro volontà), ad un modello "collaborativo" in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, compresi i lavoratori. Tale principio, normativamente affermato dal Testo Unico della Sicurezza sul Lavoro di cui al D. lgs 9.04.2008 n. 81, naturalmente non ha escluso, per la giurisprudenza della Corte, che permanga la responsabilità del datore di lavoro, laddove la carenza dei dispositivi di sicurezza, o anche la mancata adozione degli stessi da parte del lavoratore, non può certo essere sostituita dall'affidamento sul comportamento prudente e diligente di quest'ultimo. Ricordava ancora la sentenza 41486/2015 che in giurisprudenza, dal principio "dell'ontologica irrilevanza della condotta colposa del lavoratore" (che si rifà spesso all'art. 2087 del codice civile), si è passati - a seguito dell'introduzione del D. Lgs 626/94 e, poi del T.U. 81/2008 - al concetto di "area di rischio" (cfr. sez. 4, n. 36257 del 1.7.2014, rv. 260294; sez. 4, n. 43168 del 17.6.2014, rv. 260947; sez. 4, n. 21587 del 23.3.2007, rv. 236721) che il datore di lavoro è chiamato a valutare in via preventiva. Strettamente connessa all'area di rischio che l'imprenditore è tenuto a dichiarare nel DVR, si sono, perciò, andati ad individuare i criteri che consentissero di stabilire se la condotta del lavoratore dovesse risultare appartenente o estranea al processo produttivo o alle mansioni di sua specifica competenza.
Si è dunque affermato il concetto di comportamento "esorbitante", diverso da quello "abnorme" del lavoratore. Il primo riguarda quelle condotte che fuoriescono dall'ambito delle mansioni, ordini, disposizioni impartiti dal datore di lavoro o di chi ne fa le veci, nell'ambito del contesto lavorativo, il secondo, quello, abnorme, già costantemente delineato dalla giurisprudenza della Corte di legittimità, si riferisce a quelle condotte poste in essere in maniera imprevedibile dal prestatore di lavoro al di fuori del contesto lavorativo, cioè, che nulla hanno a che vedere con l'attività svolta. La normativa (T.U. 2008/81) impone anche ai lavoratori di attenersi alle specifiche disposizioni cautelari e comunque di agire con diligenza, prudenza e perizia. Le tendenze giurisprudenziali -va qui ribadito- si dirigono anch'esse verso una maggiore considerazione della responsabilità dei lavoratori (c.d. "principio di autoresponsabilità del lavoratore).
In buona sostanza, si abbandona il criterio esterno delle mansioni "si sostituisce con il parametro della prevedibilità intesa come dominabìlità umana del fattore causale". Il datore di lavoro non ha più, dunque, un obbligo di vigilanza assoluta rispetto al lavoratore, come in passato, ma una volta che ha fornito tutti i mezzi idonei alla prevenzione ed ha adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia, egli non risponderà dell'evento derivante da una condotta imprevedibilmente colposa del lavoratore.
Questi principi si attagliano specificamente al caso di specie, essendo rimaste provate non solo la valutazione preventiva del rischio derivante dallo svolgimento delle operazioni di manutenzioni, ma anche la concreta dotazione ai lavoratori degli strumenti idonei, come ad esempio la pulsantiera, ad effettuare tali tipi di lavoro in sicurezza.
Il reale punto su cui bisogna focalizzare l'attenzione è che gli infortuni verificatisi a danno di Z.T. trovano il proprio antecedente causale nel comportamento errato di G.A. e P.G., i quali hanno attivato la linea in assenza di qualsiasi segnale proveniente da Z.T. nonostante le condizioni di comunicabilità fossero normali, come ammesso da loro stessi.
Ad essere assente, nel capo di imputazione formulato dal Pubblico Ministero, è qualsiasi addebito contestabile al C.F. ed alla sua società, essendo l'evento - infortunio causato da una sequenza fattuale del tutto autonoma, che può essere sussunta nel paradigma della causa interruttiva del nesso causale.
Come noto, la funzione dell'art. 41 c.p. nell'ambito del sistema può essere colta soltanto tenendo presente che esso si inserisce nell'ambito di un meccanismo di imputazione complesso, ancorché rispondente ad una logica unitaria, risultante dal combinato disposto di diverse proposizioni normative precedenti (come quelle dell'art. 40) o successive (come quelle dell'art. 45).
In particolare, l'art. 41 ha come oggetto specifico il concorso di cause. Infatti, la rubricazione dell'art. 41 avverte che le tre disposizioni in esso contenute si riferiscono al fenomeno del concorso di fattori produttivi della situazione offensiva che il legislatore intende impedire con la minaccia della sanzione.
La dottrina italiana ha importato i modelli sapienziali dominanti nel mondo tedesco, dividendosi fra fautori di un'interpretazione dell'art. 41 come duplicato negativo dell'art. 40, inteso a ribadire, con precisazioni sostanzialmente superflue, la teoria dell'equivalenza e fautori di una lettura sulla falsariga della teoria della causalità adeguata o alla luce della teoria della causalità umana, le quali ultime, diverse sotto il profilo teoretico, appaiono simili quanto a risultati pratici, in quanto predicano l'esclusione del nesso in presenza di fattori atipici ed eccezionali.
Il primo gruppo tende a ridurre il discorso ad un giudizio ex post, nel contesto del quale non c'è spazio per alcun temperamento al principio condizionalistico, oppure sussiste uno spazio che consente l'impiego dei correttivi sapienziali elaborati dalla dottrina dell'imputazione oggettiva dell'evento. Il secondo gruppo muove dalla presupposizione di una sfera di dominabilità umana che, se riferita alle condizioni personali dell'autore, viene tacciata di interpolare l'imputazione soggettiva con l'imputazione oggettiva, mentre, se intesa in senso rigorosamente oggettivo, come astratta prevedibilità degli esiti della condotta, viene tacciata di dilatare l'accollo di esiti imprevedibili, ampliando il rigore della disciplina della responsabilità preterintenzionale e oggettiva
Dall'esegesi del diritto positivo vigente si evince allora che la figura di imputazione normativa denominata "rapporto causale" dal codice 1930 si articola in un duplice ordine di criteri: le disposizioni dell'art. 40 e dell'art. 41, 1° e 3° co. formulate al tempo presente, suggeriscono la formulazione di un giudizio ex ante di astratta impedibilità della situazione offensiva; la disposizione contenuta nell'art. 41, cpv. impiegando al passato il tempo del verbo, suggerisce, per converso, che, relativamente ai fattori sopravvenuti che siano stati da soli sufficienti a determinare l'evento, il giudizio debba essere integrato da una valutazione ex post, inerente la congruità della situazione effettivamente realizzatasi rispetto al valore offensivo della condotta.
Secondo un autorevole orientamento, la congruità offensiva fra condotta e situazione finale corrisponde sostanzialmente al criterio di corrispondenza fra rischio suscitato e pericolo realizzato, cioè al nucleo centrale della teoria dello scopo di tutela della norma la quale, sorta in seno alla dottrina della imputazione oggettiva relativamente agli illeciti colposi e successivamente estesa a tutti i titoli di responsabilità, limita l'imputazione a quegli eventi che rappresentano la concretizzazione dello specifico rischio insito nella condotta illecita.
La giurisprudenza, invece, ravvisa nell'art. 41, 1° co. il principio di tendenziale equivalenza delle concause (C., Sez. IV, 8.3.1983; C., Sez. IV, 27.6.1980), interpretandolo talora come presunzione iuris tantum di pari valenza delle stesse (C., Sez. I, 17.6.1985) ed esplicitandolo col negare rilevanza al profilo della prossimità rispetto all'evento (C., Sez. V, 28.12.1978). Talora viene precisato che il così detto principio di equivalenza causale non postula la parità delle cause, bensì la necessarietà di ogni causa nel meccanismo di produzione dell'evento (C., Sez. V, 10.1.1979). In particolare, viene sottolineata l'incapacità di interrompere il nesso eziologico da parte delle concause preesistenti, ancorché riferite a situazioni anomale, come cardiopatie congenite (C., Sez. I, 24.3.1986) o acquisite (C., Sez. I, 27.10.2011, n. 43367; C., Sez. I, 23.5.1947) o emofilia (C., Sez. I, 23.6.1948) o altre patologie (C., Sez. IV, 21.11-9.12.2019, n. 49773; C., Sez. V, 26.1.2011, n. 15220; C., Sez. I, 24.11-9.12.2010, n. 43477; C., Sez. I, 20.6.2000, n. 8866; C., Sez. I, 2.3.1950) e da parte delle concause concomitanti, come la condotta imprudente del paziente (C., Sez. V, 14.7.2000; T. Varese 6.3.2001); o comunque della vittima (C., Sez. IV, 2 l.12.2012-29.1.2013, n. 4537, in tema di incidente stradale), sempre che tale comportamento non integri gli estremi dell'art. 41, 2° co.
Un'analisi della giurisprudenza relativa al 2° co., cioè alla configurazione di (con)cause che siano state da sole sufficienti a determinare l'evento richiede di tenere rigorosamente distinte le proposizioni declamatorie dalle regole operative. A livello declamatorio, gli orientamenti sembrerebbero dividersi, in perfetta simmetria rispetto alla dottrina, fra fautori del principio di equivalenza, con la coessenziale identificazione delle cause di cui al capoverso dell'art. 41 con una serie causale autonoma e indipendente dalla condotta dell'imputato (C., Sez. V, 8.1.2016, n. 6918; C., Sez. V, 26.1.2011, n. 15220; C., Sez. V, 26.1-26.3.2010, n.11954; C., Sez. IV, 25.2.2009, n. 21513; C., Sez. IV, 24.10.2005, n. 1214; C., Sez. IV, 21.10.2005, n. 38840; C., Sez. IV, 21.10.2005, n. 38850; C., Sez. IV, 4.2.2004, n. 31303; C., Sez. V, 13.2.2002, n. 13114; C., Sez. I, 20.6.2000; C., Sez. V, 27.3.199 I; C., Sez. I, 25.1.1984; C., Sez. IV, 23.3.1982; C., Sez. I, 13.12.1977) e fautori del principio di adeguatezza, con la coessenziale identificazione delle cause da sole sufficienti a determinare l'evento con gli avvenimenti abnormi, imprevedibili, eccezionali rispetto all'id quod plerumque accidit ( C., Sez. IV, 25.9.2009, n. 42502; C., Sez. IV, 15.11.2007, n. 6268; C., Sez. IV, 29.3.2007, n. 12762; C., Sez. IV, 13.7-12.9.2006, n. 30110; C., Sez. IV, 16.5.2006, n. 20272; C., Sez. IV, 24.10.2005; C., Sez. IV, 4.3-21.6.2004, n. 27851; C., Sez. IV, 6.11.2003, n. 1442; C., Sez. IV, 4.12.2001; C., Sez. V, 21.10.1980; C., Sez. VI, 9.7.1979; C., Sez. IV, 15.3.1971; C., Sez. IV, 30.5.1961; C., Sez. II, 13.6.1949; A. Napoli 31.1.1957; T. Perugia 20.1.2000).
Talora i due princìpi non si escludono vicendevolmente del tutto, sia perché si prestano ad una precisa ripartizione di competenze che assegna il principio di equivalenza alle concause preesistenti e concomitanti e i principi di regolarità e di dominabilità umana a quelle sopravvenute (C., Sez. V, 24.1.1969), sia perché alla declamazione del principio di equivalenza si accompagna - a livello di regola operativa - l'identificazione della serie causale autonoma con l'intervento di una condizione ritenuta atipica ed eccezionale (C., Sez. II, 18.3.2015, n. 17804; C., Sez. IV, 8.4.2010; C., Sez. IV, 27.10.2005; C., Sez. IV, 9.11.2004, n. 3458; C., Sez. IV, 4.3.2004-21.6.2004, n. 27851; C., Sez. IV, 6.11.2003-4.3.2004; C., Sez. IV, 10.1.2001; C., Sez. IV, 2.6.1980) perché non costituente il naturale sviluppo logicamente prevedibile della serie precedente ( C., Sez. IV, 26.10-27.11.2017, n. 53541; C., Sez. IV, 15.10.2002, n. 7026; C., Sez. I, 9.6.1982; C., Sez. V, 2.10.1981; C., Sez. I, 1.7.1981; C., Sez. V, 25.6.1981; C., Sez. IV, 14.1.1981; C., Sez. I, 10.4.1979; C., Sez. V, 6.12.1977) di modo che, sul piano metateorico, la relazione fra i due gruppi di teorie è apparsa, per un certo tempo, di complementarietà, piuttosto che di reciproca esclusività.
L'interruzione del nesso causale tra condotta ed evento si verifica quando la causa sopravvenuta innesca un rischio nuovo e incommensurabile, del tutto incongruo rispetto al rischio originario attivato dalla prima condotta.
Lo stesso esito pratico del principio di adeguatezza viene spesso ottenuto con l'impiego di una diversa veste verbale che riconosce alle concause l'appartenenza alla stessa "serie causale", ma le degrada a semplice occasione, per effetto dell'intervento di una causa che agisce «per esclusiva forza propria» ( C., Sez. IV, 11.3.1980; C., Sez. I, 17.4.1979; C., Sez. IV, 3.11.1965) o di una causa, tanto anteriore quanto successiva, talmente preponderante da risultare anormale (C., Sez. IV, 12.5.1980). Il concetto di causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento si riferisce non solo al caso di un processo causale del tutto autonomo ma anche all'ipotesi di un processo non completamente avulso dall'antecedente e tuttavia a determinare l'evento (C., Sez. IV, 21.6.2013, n. 43168; C., sufficiente Sez. IV, I 9.2.2013, n. 10626) Da un gruppo non marginale di pronunce si evince che i limiti introdotti da principi di adeguatezza e di umana prevedibilità e dominabilità non sempre sono collocati a livello prettamente causale, perché spesso operano sul piano strettamente giuridico della rilevanza normativa del nesso (C., Sez. III, 16.6.1993; C., Sez. IV, 29.1.1973; C., Sez. II, 23.10.1956; T. Roma 17.4.1956.)
Il confronto fra principio di equivalenza e principio di adeguatezza (comunque denominato) non è esaustivo della ricostruzione prospettata, perché altri nuclei tematici convergono a comporre il sistema di imputazione oggettiva dell'ordinamento italiano.
In particolare, non va dimenticato come la giurisprudenza, al di là del profilo declamatorio, spesso confusionario, abbia da tempo integrato la teoretica della causalità con criteri di imputazione oggettiva, cripticamente fondati sulla logica dell'aumento del rischio, talora integrata dalla logica (di estrazione civilistica) del trasferimento del rischio sul soggetto ritenuto meno debole.
Proprio in tema di responsabilità del datore di lavoro per infortuni dei dipendenti ascrivibili a condotte imprudenti tenute dagli stessi o da terzi, la giurisprudenza considera che la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità non tanto quando essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (C., Sez. IV, 13.12.2016-27.3.2017, n. 15124).
L'effetto interruttivo può essere dovuto a qualsiasi circostanza che introduca un rischio nuovo o, comunque, radicalmente esorbitante rispetto a quelli che il garante è tenuto a governare (C., Sez. IV, 19.3.2015, n. 22378). La condotta negligente del collega di lavoro dell'infortunato non costituisce comportamento abnorme, di per sé solo sufficiente a produrre l'evento, in grado di interrompere il rapporto di causalità tra le violazioni del datore di lavoro e l'infortunio, quando si sia omessa la valutazione del rischio in questione, la conseguente adozione delle misure di protezione necessarie, nonché la specifica formazione dei lavoratori (C., Sez. IV, 9.12.2014-18.2.2015, n. 7360).
Tracciando i profili ricostruttivi dell'indagine giurisprudenziale svolta, si può affermare, in linea di estrema sintesi, che, fra gli accostamenti interpretativi dell'art. 41, cpv., l'orientamento giurisprudenziale faccia un uso inconsapevole ma preciso proprio della teoria del rischio e dello scopo della norma violata, che, infine, corrispondono ai criteri delineati dalla teoria dell'imputazione oggettiva dell'evento.
In questo senso, traslando tale concetti nel caso in esame, la sequenza causale innescata dal comportamento di G.A. e P.G. che, in condizioni di normale comunicabilità, hanno frainteso il gesto o le parole di Z.T., innescando la linea di produzione, che, invece, avrebbe dovuto restare ancora ferma, rappresenta certamente una sequenza autonoma, da sola sufficiente a determinare l'evento, avendo creato un'area di rischio del tutto esorbitante rispetto a quella sottesa alla regola cautelare individuata dal Pubblico Ministero.
Dall'assoluzione del C.F. ne deriva, per forza di espansione logica e normativa, la susseguente assoluzione della società e dalla correlativa imputazione dell'illecito amministrativo descritto nel decreto che dispone il giudizio.
Il ruolo sia monocratico che collegiale che grava su questo Giudice impone la fissazione di un tennine pari a giorni novanta per il deposito dei motivi.
 

P.Q.M.
 

Letto l'art. 530 co. II c.p.p.
Assolve
C.F. dalle imputazioni lui ascritte in contestazione perché il fatto non sussiste. Visto l'art. 66 d.lgs. 231/2001
Assolve
la Società "I. S.p.A" dall'imputazioni a lei ascritta perché l'illecito amministrativo non sussiste.
Visto l'art. 544 c.p.p.
Fissa
in giorni novanta il termine per il deposto delle motivazioni. Pavia, 8/6/2021