REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione sesta penale

Composta dai Signori:

Francesco Serpico
Giovanni Conti
Giacomo Paoloni
Carlo Citterio
Giorgio Fidelbo

Presidente
Consigliere
Consigliere
Consigliere
Consigliere

Ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sui ricorsi proposta da
1) ---
2) ---
3) ---
4) ---
avverso la sentenza in data 5 maggio 2009 della Corte di appello di Genova

Visti gli atti, la sentenza denunziata e i ricorsi;
Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere dott. Giovanni Conti;
Udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. Vincenzo Ceraci, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

Fatto e diritto

Con sentenza in data 19 febbraio 2004, il Tribunale di Carrara, dichiarava --- e --- colpevoli del reato di cui all’art. 378 c.p. (capo B) e, riconosciute a entrambi le attenuanti generiche, li condannava alla pena di mesi sei di reclusione ciascuno; concedeva a tutti gli imputati la sospensione condizionale della pena.

A seguito di impugnazione degli imputati, la Corte di appello di Genova, con la sentenza in epigrafe, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava non doversi procedere nei confronti del --- e del ---- in ordine alle lesioni in danno di --- per mancanza di querela e, previo riconoscimento a entrambi gli imputati delle attenuanti generiche ritenute equivalenti alla aggravante contestata, riduceva la pena a mesi due di reclusione ciascuno; riduceva inoltre la pena inflitta al --- e al --- a mesi uno e giorni quindici di reclusione; disponeva infine per tutti gli imputati la non menzione della condanna nel casellario giudiziale, confermando nel resto a sentenza impugnata.

Quanto al capo A, al --- , quale direttore responsabile della cava denominata --- del bacino di --- e al --- , quale legale rappresentante della Cooperativa --- , è stato addebitato di avere, omettendo di ottemperare alle prescrizione di sicurezza contenute nella autorizzazione alla variante di attività estrattiva emanata dal Comune di Carrara in data 28 giugno 2000, avente ad oggetto la formazione di un bastione di blocchi posto a venti metri dalla parete del monte sovrastante (c.d. "tecchia") sovrastante il cantiere di lavoro con funzione dì smorzamento e contenimento di eventuali materiali di caduta, consentito che alcune masse rocciose staccatesi dalla parete precipitassero sul gradone superiore della cava , proiettando massi di varia misura in tutte le direzioni che colpivano i lavoratori, operanti sul gradone immediatamente inferiore, --- e --- , il quale ultimo riportava gravi lesioni.
Quanto al capo B, al --- e al --- , dipendenti della --- con mansioni di ruspisti, è stato addebitato di avere aiutato i responsabili del sinistro a eludere le investigazioni delle autorità impegnate nella ricostruzione dei fatti, eliminando a mezzo di ruspe le tracce materiali dei massi precipitati, così da impedire che la causa del crollo venisse individuata esattamente nella sua causale e dinamica.
(Fatti commessi in Carrara il 24 giugno 2002)

Osservava tra l'altro il Tribunale che doveva ritenersi accertato che i massi (c.d. "toppa") erano caduti dalla parete della "tecchia", dato che così aveva riferito il testimone oculare --- , delegato dai lavoratori alla sicurezza, e avevano confermato, attraverso misurazioni mediante teodolite-laser e l'osservazione dell'area di diversa colorazione della roccia dalla quale si era staccata la "toppa", i testi --- e --- della ASL 1 di Massa Carrara. Doveva dunque escludersi che i massi, come sostenuto dalla difesa, fossero caduti dalla parete alta solo sette metri della bancata immediatamente sovrastante il piazzale dove lavoravano gli operai; e concludersi che il sinistro sarebbe stato impedito se fosse stato realizzato il bastione di blocchi di contenimento previsto dalle prescrizioni di sicurezza indicate dal Comune di Carrara.
Con riferimento al capo B, secondo i giudici di merito doveva ritenersi accertato che il --- e il --- dopo l'incidente rimossero i frammenti rocciosi caduti dal monte, utilizzando le ruspe, come dimostravano sia la testimonianza del --- sia i materiali addossati ai lati del piazzale, che si presentava per il resto del tutto sgombro da detriti; e tale condotta, considerata la qualità di soci della cooperativa dei due imputati, non poteva che essere finalizzata a impedire di collegare la caduta dei massi alla "toppa" staccatasi dalla "tecchia".

Ricorrono per cassazione gli imputati, a mezzo del difensore avv. Guido Mussi, il quale deduce:
1. Inosservanza degli artt. 195 e 351 c.p.p. e vizio di motivazione in punto di affermazione della responsabilità penale degli imputati.
Solo a distanza di mesi dalla ispezione sul sinistro, che non aveva evidenziato alcuna irregolarità nel cantiere, --- da poco espulso dalla cooperativa, aveva reso la sua personale versione dei fatti, determinando una nuova valutazione sull'accaduto da parte degli ispettori --- e --- , che fino a quel momento non avevano preso in alcuna considerazione l'ipotesi del distacco dei massi dalla "tecchia".
Tuttavia le testimonianze degli ispettori, e in particolar modo del --- si sono riferite a dichiarazioni di altre persone coinvolte a vario titolo nella vicenda (in particolare del --- ) ; sicché esse non potevano essere utilizzate, facendovi divieto il disposto dell'art. 195 comma 4 c.p.p.: e la relativa eccezione, tempestivamente eccepita, è stata immotivatamente disattesa sia dal Tribunale sia dalla Corte di appello.
2. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alle deposizioni dei testi --- , --- e ---.
Quanto a quella del --- , essa doveva considerarsi inaffidabile, essendosi egli risolto a fornire la sua versione a distanza di circa sei mesi dai fatti e nutrendo evidenti motivi di astio nei confronti della Cooperativa, che lo aveva espulso per gravissimi illeciti ai danni dei soci. Le sue dichiarazioni erano inoltre caratterizzate da oggettive contraddizioni non prese in esame dai giudici di merito.
Il --- , poi, a prescindere da quanto dedotto con il primo motivo, non aveva fatto altro che rilevare con uno strumento, a distanza di mesi dal fatto, le dimensioni di una "toppa" della "tecchia", affermando altresì di avere notato un differente colore della zona interessata; ma queste dichiarazioni non potevano avere alcun rilievo decisivo, dato che la cava è una realtà in continua evoluzione e soggetta a periodiche operazioni di "disgaggio", e cioè di abbattimento di masse pericolanti dal monte e dalla bancata.
I giudici di appello hanno dato immotivato credito a tali dichiarazioni, costituenti mere illazioni, non considerando che i numerosi operai della cava avevano affermato di non avere notato alcun particolare rumore o sollevamento di polvere proveniente dalla zona interessata dal sinistro.
3. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al reato di cui all'art. 378 c.p.
La Corte di appello riconosce che nessun elemento conduceva a ritenere che il --- e il --- fossero a conoscenza delle prescrizioni relative alla realizzazione del bastione di blocchi, e ciononostante afferma che essi ebbero 1'intenzione di sviare le indagini data la loro qualità di soci della cooperativa; con ciò affermandosi la loro responsabilità penale sulla base di una mera illazione.

Ad avviso della Corte i ricorsi, al limite dell'ammissibilità, sono infondati.

Va in primo luogo osservato che, in presenza di un infortunio sul lavoro, e non emergendo allo stato elementi di reato, gli ispettori del lavoro non rivestivano la qualità di ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, sicché la loro testimonianza de relato, stante il disposto dell'art. 220 disp. att. cp.p., non incontra il divieto di cui all'art. 195 comma 4 cp.p.

Appare meramente assertiva la deduzione di inaffidabilità della testimonianza del --- , non cogliendosi un nesso biunivoco tra la sua presunta ostilità nei confronti della cooperativa dei cavatori e una sua propensione alla calunnia, di questo trattandosi.
In ogni caso, tali dichiarazioni trovano riscontro in dati oggettivi, ritenuti dai giudici dì merito inconfutabili, rappresentati dalle fotografie della "tecchia", da cui si apprezzava una perdita consistente di materiale roccioso che per il colore del taglio appariva recente, mentre nessuna indicazione analoga poteva apprezzarsi con riferimento alla sottostante bancata; nonché dalle misurazioni effettuati con idonei strumenti sulla parete di roccia dal --- e, ancora, da dati sintomatici, quali sia la gravità delle lesioni riportate in particolare dal --- , attribuibile a una caduta di materiale roccioso posto a una rilevante altezza, sia il "grande polverone" che, a detta dei testi presenti, aveva investito il piazzale ove si trovavano gli operai. I giudici di merito hanno inoltre con pertinenza osservato che la causale del sinistro trovava ulteriore conferma nelle fotografie effettuate nel precedente mese di aprile, da cui risultava ancora la presenza della "toppa" nella "tecchia", la cui successiva mancanza non poteva essere ricondotta a presunte operazioni di "disgaggio", dato che queste non avrebbero potuto interessare una porzione di roccia così ampia.

Quanto al capo B, appare ineccepibile la valutazione della Corte di appello circa la prova della condotta di favoreggiamento contestata al --- e al --- .
L'opera di repentina rimozione del materiale caduto dalla parete rocciosa posta in essere subito dopo l'incidente dai due imputati è stata riferita dal teste --- , oltre ad essere indirettamente confermata dal --- , e non appare neppure specificamente contestata dai ricorrenti, i quali essenzialmente si limitano a dedurre che non vi era prova che essi conoscessero le prescrizioni cautelative relative alla realizzazione (non effettuata) di un bastione di contenimento.
Ma al riguardo la sentenza impugnata ha puntualmente osservato che i due imputati erano soci della cooperativa di lavoro, e non meri dipendenti, e che comunque la subitanea azione di rimozione del materiale caduto dalla "tecchia" da loro posta in essere denotava di per sé un intento di immutare lo stato dei luoghi, prima della ispezione che necessariamente sarebbe seguita a seguito del grave infortunio sul lavoro.

Al rigetto del ricorsi consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso addì 21 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria oggi 21 aprile 2010