Cassazione Penale, Sez. 3, 31 ottobre 2023, n. 43819 - Infortunio mortale nell'impianto funiviario. Chi riveste il ruolo di datore di lavoro nella cooperativa?



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAMACCI Luca - Presidente -

Dott. SEMERARO Luca - Consigliere -

Dott. CORBETTA Stefano - rel. Consigliere -

Dott. GALANTI Alberto - Consigliere -

Dott. ZUNICA Fabio - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
 


sul ricorso proposto da:

A.A., nata a (Omissis);

B.B., nata a (Omissis);

avverso la sentenza del 10/01/2023 della Corte di appello di Milano;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dr. Corbetta Stefano;

letta la requisitoria redatta ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Orsi Luigi, che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per non aver commesso il fatto;

lette le conclusioni del difensore, avv. Roberta Vegetti, che insiste per l'accoglimento del ricorso.

 

Fatto


1. Con l'impugnata sentenza la Corte di appello di Milano confermava la pronuncia messa dal Tribunale di Varese all'esito del giudizio abbreviato e appellata dalle imputate, la quale aveva affermato la condanna di A.A. ed B.B., nella veste di consiglieri di amministrazione della AU Suriv Onlus Società cooperativa esercente l'impianto funiviario "Ponte di Piro-Monteviasco, alla pena ritenuta di giustizia in relazione a una serie di violazioni al D.Lgs. n. 81 del 2008, come dettagliatamente descritte nei capi di imputazione da 1) a 8).

2. Avverso l'indicata sentenza, le imputate, tramite il comune difensore di fiducia, con il medesimo atto hanno proposto ricorso per cassazione affidato a motivi. Il difensore contesta l'attribuibilità delle violazioni alle due imputate in quanto il "datore di lavoro", su cui grava l'onere di apprestare le misure antinfortunistiche, è da individuarsi nel Presidente della cooperativa, il quale ne aveva la legale rappresentanza, posto che non era stata conferita alcuna delega alla sicurezza; del resto, a nessuna delle due imputate non svolgevano in concreto le funzioni di "datore di lavoro" ai sensi del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 299, non avendo alcun potere gestionale od organizzativo. Aggiunge il difensore che, in ogni caso, non è emerso che le imputate abbiano dolosamente di vigilare ovvero di intervenire pur essendo venute a conoscenza di illeciti, nè erano mai stati evidenziati dei campanelli di allarme, che potesse fare emergere la presenza di violazioni in materia antinfortunistica.

 

Diritto


1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati.

2. La materialità dei fatti non è oggetto di contestazione.

A seguito del tragico decesso di un dipendente, personale della A.T.S., in data 12 novembre 2018, effettuò una serie di accertamenti presso la stazione a valle della funivia Ponte di "(Omissis)", nel corso della quale furono rilevate una serie di gravi violazioni al D.Lgs. n. 81 del 2008, all'origine degli otto capi di imputazione, in relazione ai quali è intervenuta la condanna.

E' altresì pacifico che le due imputate erano, al momento del fatto, consiglieri di amministrazione della "AU SURIV Onlus-società cooperativa", che si occupava dell'esercizio e della gestione dell'impianto funiviario; è stato altresì accertato che nessuna delega in materia antinfortunistica era stata rilasciata a chicchessia.

3. Alle luce di questi dati di fatto, i giudici di merito hanno ravvisato la penale responsabilità delle imputate, nell'anzidetta veste di consiglieri di amministrazioni della società che gestiva l'impianto funiviario, richiamando il principio, in forza del quale nelle società di capitali, gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni posti dalla legge a carico del datore di lavoro gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione, salvo il caso di delega, validamente conferita, della posizione di garanzia (Sez. 4, n. 49402 del 13/11/2013, Bruni, Rv. 257673; Sez. 4, n. 8118 del 01/02/2017, Ottavia, Rv. 269133).

4. Ritiene il Collegio che, a fronte di una pronuncia rimasta isolata, sia più convincente il diverso orientamento, propugnato da numerose decisioni, secondo cui, in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, destinatario della normativa antinfortunistica in una impresa strutturata come persona giuridica è il suo legale rappresentante, quale persona fisica attraverso cui l'ente collettivo agisce nel campo delle relazioni intersoggettive; ne consegue che la responsabilità penale del predetto, ad eccezione delle ipotesi di valida delega, deriva dalla sua qualità di preposto alla gestione societaria ed è indipendente dallo svolgimento, o meno, di mansioni tecniche (Sez. 4, n. 27242 del 16/09/2020, Papini, in motivazione; Sez. 3, n. 2580 del 21/11/2018, Slabu Ione).

Ancora, si è ribadito che destinatario della normativa antinfortunistica, nell'ambito di un'impresa organizzata in forma societaria, è sempre il legale rappresentante, qualora non siano individuabili soggetti diversi obbligati a garantire la sicurezza dei lavoratori (Sez. 3, Sentenza n. 24478 del 23/05/2007, Lalia), e che nelle società di capitale il datore di lavoro si identifica con i soggetti effettivamente titolari dei poteri decisionali e di spesa all'interno dell'azienda, e quindi con i vertici dell'azienda stessa, ovvero nel presidente del consiglio di amministrazione, o amministratore delegato o componente del consiglio di amministrazione cui siano state attribuite le relative funzioni (Sez. 3, Sentenza n. 12370 del 09/03/2005, Bincoletto, Rv. 231076).

5. Si tratta di un'interpretazione da preferire perchè rispettosa dal dato normativo; invero, ai sensi del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 2, datore di lavoro è "il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa".

Attribuire la qualifica di datore di lavoro a tutti i membri del consiglio di amministrazione di una società significherebbe operare un'indebita estensione della definizione di "datore di lavoro", come risultante dal citato art. 2, in violazione dell'art. 25 Cost., comma 2.

Nel caso di specie, la Corte di merito ha perciò errato, laddove ha ravvisato l'affermazione della penale responsabilità sul presupposto che, in capo alle ricorrenti, sia attribuibile la qualifica di "datore di lavoro", qualifica che spetta unicamente al legale rappresentante dell'ente, ossia al presidente della cooperativa.

6. Ciò chiarito, si osserva che, in tema di violazione della normativa antinfortunistica, la penale responsabilità dei uno o più membri del consiglio di amministrazione può prefigurarsi in almeno due casi.

In primo luogo, rileva la previsione del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 299, secondo cui "Le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all'art. 2, comma 1, lett. b), d) ed e), gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti"; invero, elevando a garante colui che di fatto assume ed esercita i poteri del datore di lavoro, tale disposizione amplia - e certamente non riduce - il novero dei soggetti investiti della posizione di garanzia, senza tuttavia escludere, in assenza di delega dei poteri relativi agli obblighi prevenzionistici in favore di un soggetto specifico, la responsabilità del datore di lavoro, che di tali poteri è investito ex lege e che, nelle società di capitali, si identifica nella totalità dei componenti del consiglio di amministrazione (Sez. 4, n. 2157 del 23/11/2021, dep. 19/01/2022, Baccalini, Rv. 282568).

In secondo luogo, sulla base dei principi generali in tema di concorso di persone nel reato, già affermati con riferimento ai reati tributari (ad esempio, Sez. 3, n. 30689 del 04/05/2021, Cerbone, Rv. 282714) e fallimentari (cfr. Sez. 5, n. 33582 del 13/06/2022, Benassi, Rv. 284175; Sez. 5, n. 42568 del 19/06/2018, E., Rv. 273925-04), i componenti del consiglio di amministrazione rispondono anch'essi per omesso impedimento del reato allorchè abbiano anche solo colposamente trattandosi, in questo caso, di figure contravvenzionali - omesso di vigilare ovvero, una volta venuti a conoscenza del fatto penalmente illecito o dell'inidoneità del delegato, non siano intervenuti (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 12370 del 09/03/2005, Bincoletto, in motivazione).

7. La sentenza impugnata, come detto, ha affermato la penale responsabilità delle imputate sul solo ed unico presupposto - errato - della qualifica di "datore di lavoro" dalle stesse rivestite; i giudici di merito, pertanto, non si sono spinti oltre nell'indagine, accertando se, nella specie, a carico delle ricorrenti possa configurarsi una responsabilità ai sensi del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 299 ovvero a titolo di concorso ex art. 40 cpv. c.p., nei termini dinanzi indicati.

Per colmare tale accertamento, si impone, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Milano.
 


P.Q.M.

 

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Milano.

Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2023.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2023