Cassazione Penale, Sez. 3, 02 novembre 2023, n. 43994 - Esplosione durante l'intervento di riparazione e manutenzione del forno. Non è "abnorme" il comportamento del capo-turno che, disattendendo un ordine di servizio, ponga in essere una manovra errata



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MARINI Luigi - Presidente -

Dott. SOCCI A. Matteo - Consigliere -

Dott. ACETO Aldo - rel. Consigliere -

Dott. DI STASI Antonella - Consigliere -

Dott. MACRI’ Ubalda - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

A.A., nato a (Omissis);

avverso la sentenza del 04/10/2022 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere ALDO ACETO;

lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale LUIGI ORSI, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio.

 

Fatto

 

1.Il sig. A.A., ricorre per l'annullamento della sentenza del 4 ottobre 2022 della Corte di appello di Caltanissetta che, pronunciando in sede rescissoria ed in riforma della sentenza del 13 dicembre 20:18 del Tribunale di Gela da lui impugnata, ha applicato le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza rispetto alla circostanza aggravante, ha rideterminato la pena in otto mesi di reclusione, ha confermato nel resto la condanna per il delitto di cui all'art. 589 c.p., commi 1 e 2, commesso ai danni di B.B. il (Omissis).

1.1.Con unico motivo deduce l'erronea applicazione dell'art. 41, cpv., art. 589 c.p., nonchè il vizio di illogicità e contraddittorietà intrinseca della motivazione e il travisamento della prova.

Lamenta, in ultima analisi, che l'impiego del lavoratore B.B., quale addetto di manutenzione non ha assunto alcuna valenza causale rispetto all'evento mortale.

Deduce, al riguardo, il travisamento della consulenza tecnica del Pubblico ministero della quale sono state trascurate parti essenziali e le stesse conclusioni in tema di responsabilità dell'infortunio mortale, infortunio ascrivibile, secondo il consulente, esclusivamente al capo turno (appositamente formato) e agli operatori in turno, colpevoli di non aver rispettato la procedura di "avvio sequenza forno" nella fase di lavorazione denominata "stripping" ed, in particolare, di aver attivato, dalla sala controllo (distinta dal capannone ove erano allocati i forni) i riscaldatori senza attendere lo spurgo dell'aria così innescando l'esplosione.

La Corte di appello non ha tenuto conto di tali acquisizioni dibattimentali che contrastano con l'addebito mosso al ricorrente consistente nell'aver adibito a mansioni manutentive un lavoratore non specificamente formato, inconsapevole delle attività da svolgere. Tale conclusione è però contraddetta dalla ricostruzione del fatto così come operata dalla stessa Corte di appello che dà atto della violazione dell'ordine di servizio impartito al capo turno e la indica quale causa dell'evento esplosivo; non si vede, dunque, quale ulteriore valenza causale possa avere avuto la mancata specifica formazione del manutentore B.B., il quale nulla poteva sapere dell'accensione dei riscaldatori effettuata dal capo turno dalla sala controllo. L'aver affermato che il B.B., se correttamente formato come manutentore, si sarebbe tenuto lontano dal forno equivale ad affermare che egli sapesse che il capo turno stava accendendo i riscaldatori ed innescando l'esplosione, laddove è evidente che egli non fosse in possesso di tale informazione e che gli unici dati a lui noti erano la presenza della melma catalitica e dell'ossigeno che, da soli, non erano sufficienti a causare l'esplosione. L'impianto, dunque, non era pericoloso, di certo non fino a quando il capo turno aveva innescato l'incendio.

Altro profilo di illogicità della sentenza riguarda l'incoerenza della premessa (errore nella fase di esercizio dell'impianto, demandata al capo turno) rispetto alla conclusione che ne è stata tratta (una effettiva formazione avrebbe tenuto il B.B. lontano dall'impianto). La Corte non spiega per quale motivo un manutentore, pur se formato, avrebbe dovuto conoscere una procedura che attiene ad altra figura tecnica.

In ultima analisi, il comportamento del capo turno costituisce l'unico antecedente causale dell'evento, ma anche a voler considerare la mancata formazione della vittima, tale comportamento, per le sue caratteristiche di abnormità, ha certamente interrotto il nesso causale con la condotta omissiva ascritta al ricorrente.

In ogni caso, afferma, l'ipotizzata omessa formazione del B.B. non può essere considerata un antecedente causale del sinistro, nemmeno come concausa.

Infine, egli, quale procuratore speciale con poteri di firma per compiere atti di gestione ordinaria, non poteva decidere sulla dismissione dell'impianto, trattandosi di competenze dell'amministratore delegato; nè è mai stato ritenuto responsabile del comportamento inadeguato e colpevole del capo turno.
 

Diritto


2. Il ricorso è infondato.

3.L'imputato risponde del reato di cui all' art. 113, art.589 c.p., commi 1 e 2, perchè, quale procuratore speciale con potere di firma per compiere atti di gestione ordinaria, responsabile degli impianti, ed in tale veste responsabile del rispetto degli obblighi prevenzionali durante l'esecuzione dei lavori di manutenzione, in concorso con il consigliere delegato, legale rappresentante dell'impresa, ed il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, cagionava, per colpa, la morte di B.B.; colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia, inosservanza di norme per la prevenzione di infortuni sul lavoro.

In particolare:

- non valutavano tutti i rischi per la sicurezza e la salute del lavoratore derivanti dall'esecuzione dell'operatore di manutenzione del forno rotante R9101 che poteva dar luogo alla formazione di miscele esplosive, anche provvedendo ad elaborare e a tenere aggiornato il "documento sulla protezione contro le esplosioni" e per non avere individuato le conseguenti misure di prevenzione e di protezione da adottare con riferimento ai rischi specifici di esplosione; nello specifico, non tenevano conto: a) che B.B. (addetto d'area) era stato incaricato della manutenzione del forno rotante R 9101 pur essendo privo della qualifica di addetto alla manutenzione meccanica; b) che l'esito delle prove idrauliche effettuate nel corso della consulenza tecnica redatta dall'ing. C.C., aveva evidenziato una gravissima carenza manutentiva al punto da ritenere che un incidente simile avrebbe potuto inevitabilmente accadere nell'immediato senza errori di manovra; c) del fatto che in precedenza si era verificato un piccolo incendio il (Omissis); d) della probabilità che le fonti di accensione (presenza di combustibile: la melma catalitica in una situazione di calore-innesco) fossero presenti e divenissero attive ed efficaci con l'introduzione di aria; e) delle caratteristiche dell'impianto, delle sostanze utilizzate e dei processi, nonchè delle loro possibili interazioni; f) del non aver impedito che il B.B., che in presenza del A.A. aveva effettuato la manovra che aveva causato l'introduzione d'aria nella linea "aria servizi", a termine della prova effettuata con il fumogeno si occupasse personalmente dell'estrazione del medesimo; g) dell'entità e degli effetti prevedibili;

- in violazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, artt. 290 e 294, in relazione all'art. 17, comma 1, lett. a), stesso decreto, non fornivano, al lavoratore B.B., impiegato nell'esecuzione dei suddetti lavori di manutenzione, pur essendo privo della relativa qualifica, che lo esponevano al rischio di esplosione, una adeguata informazione: a) sui rischi specifici cui era esposto in relazione all'attività svolta; b) sui pericoli connessi all'uso delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica; c) sulle misure e sulle attività di prevenzione adottate;

- in violazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 18, comma 1, lett. I, in relazione agli artt. 37, 38 e 294-bis, stesso decreto, non fornivano una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro ed alle proprie mansioni;

- in violazione del D.P.R. n. 547 del 1955, art. 375, omettevano di adottare, per l'esecuzione dei lavori di riparazione e manutenzione del forno, misure ed opere provvisionali tali da consentire l'effettuazione dei lavori in condizioni il più possibile di sicurezza;

- in violazione del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7, comma 1, lett. b), e comma 2, lett. a) e b), stante l'affidamento in appalto dei lavori di esecuzione del lavaggio con vapore del forno e di installazione del giunto tessile, non fornivano dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente nel quale le ditte incaricate erano destinate ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività, nè cooperavano all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto e non coordinavano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui erano esposti i lavoratori, mediante reciproche informazioni;

- infine, consentivano e non impedivano che il B.B. effettuasse l'intervento di riparazione e manutenzione del forno in assenza dei requisiti di sicurezza sopra specificamente indicati, cosicchè, nell'effettuare il test del fumo, inseriva il fumogeno tramite il "passo d'uomo" invece che tramite il "passo di mano" della tramoggia in uscita senza che, al termine della prova, la "manichetta" dell'aria, già montata alle ore (Omissis), fosse rimossa dallo Skid, determinando in tal modo l'introduzione d'aria (comburente) dalla linea "aria servizi" alla linea N2 con conseguente esplosione per la presenza di combustibile (la melma catalitica) in una situazione di calore (innesco).

Il fatto è contestato come commesso in (Omissis);

3.1.Con sentenza n. 21842 del 16/12/2021, la Quarta Sezione penale di questa Corte di cassazione ha annullato con rinvio la sentenza del 02/03/2020 della Corte di appello di Caltanissetta che aveva, per quanto qui rileva, confermato la responsabilità del A.A., pur riducendo la pena inflitta in primo grado.

3.2.Si legge nella sentenza rescidente: "La causa dell'infortunio occorso il (Omissis) a B.B., per come accertata nel giudizio di primo grado, è stata individuata nella mancata rimozione - in esito all'espletamento delle operazioni di manutenzione del forno rotante 89101, alle quali l'infortunato aveva collaborato pur essendo privo della qualifica di addetto alla manutenzione meccanica - della manichetta dell'aria che, determinava, per l'effetto, l'introduzione di aria (comburente) dalla linea "area servizi" alla linea N2 (azoto), con conseguente esplosione per la presenza di combustibile (la melma catalitica) in una situazione di calore. Nello specifico, è risultato che il forno era stato fermato per manutenzione il (Omissis), essendo sorta la necessità di sostituire l'elemento elastico di tenuta, ossia il giunto tessile denominato "soffietto". Il giorno dell'incidente, i lavoratori E.E. (addetto alla manutenzione), B.B. e D.D. avevano predisposto il materiale occorrente per la sostituzione cui avevano provveduto gli operai specializzati della ditta fornitrice, ultimando l'intervento alle (Omissis) circa. Si era dopo proceduto allo smoke test, allo scopo di valutare la perfetta tenuta del giunto tessile, attività questa a cui aveva preso parte il B.B. che, allo scopo aveva introdotto, tramite il "passo d'uomo", un fumogeno all'interno del forno; aveva attivato il fumogeno e lo aveva immesso nel forno tramite il portello di ispezione all'uscita della tramoggia che aveva poi richiuso; non avendo visto alcuna fuoriuscita di fumo all'interno, aveva riaperto il portello per verificare se il candelotto del fumogeno si fosse attivato. A questo punto, F.F., dipendente responsabile della manutenzione, si era rivolto al capo turno, G.G., per ottenere che all'interno fosse immessa più aria, indispensabile per attivare il fumogeno. Il G.G., quindi, apriva di poco la valvola. Il fumogeno finalmente si attivava e il B.B. chiudeva nuovamente il portello. A quel punto il F.F., unitamente al G.G., effettuava un giro intorno al forno per controllare se vi fossero perdite di fumo. Non avendole riscontrate, procedeva a serrare il soffietto sostituito, dimenticando, tuttavia, che, all'interno del forno, vi era il fumogeno e, soprattutto, che innestata in corrispondenza della linea N2 (azoto) nello skid sin dalle ore (Omissis) vi era la manichetta per insufflare nel forno, attraverso gli spargers, l'aria necessaria alle operazioni di smoke test, la quale, per errore o per dimenticanza, non era stata staccata. Inoltre, la valvola di uscita del forno che, ai fini dello smoke test, doveva esser(e) attivata, era stata attivata solo al 50% e sino alle (Omissis), per cui, da una parte, la manichetta e la relativa valvola aperta insufflavano aria e, dall'altra, questa usciva nell'anzidetta ridotta misura, in tal modo saturando pericolosamente il forno e ponendo in essere le condizioni fisiche per la violenta esplosione. Ultimata con esito positivo la verifica della perfetta tenuta del soffietto telato, il G.G., il B.B. e il H.H. (capo turno in addestramento) si recavano presso l'adiacente "sala controllo", denominata DCS (acronimo di Sistema Computerizzato Distribuito), dove il G.G. - avendo deciso di preparare il forno per la bonifica con allumina che sarebbe stata eseguita l'indomani - agiva sulla valvola che attiva l'aspirazione dei fumi per svuotare il forno dai residui della prova precedentemente effettuata. A tale scopo era necessario che il forno fosse portato in depressione, secondo quanto previsto alla specifica procedura "Avvio sequenza forno", contenuta nel Manuale Operativo della Unità R-9101. Avviata (la) procedura dalla sala DCS, il G.G. e il H.H. si accorgevano dai parametri risultanti dai monitor che il forno non andava in depressione. Il F.F., già fuori dallo stabilimento, chiamava allora telefonicamente il B.B., che nel frattempo si era allontanato dallo stabilimento, per ricordargli di rimuovere il candelotto fumogeno in quanto l'indomani mattina si sarebbe dovuta effettuare la sigillatura del "passo d'uomo". Rientrato nello stabilimento, il B.B. si recava, insieme al G.G., presso l'Unità R-9101 dove controllava il tubo di collegamento con il sensore che forniva l'indicazione della pressione al DCS (costatandone la funzionalità) e rimuoveva il fumogeno aprendo e chiudendo, allo scopo, il portello del c. d. "passo d'uomo". Subito dopo, tuttavia, si verificava l'esplosione che scardinava il portello scagliandolo sul lavoratore e cagionandone, in tal modo, l'immediato decesso. In sostanza, i presupposti fattuali all'origine del sinistro, individuati nei giudizi di merito, consistono nell'immissione di aria (comburente) ad una pressione superiore a quella dell'azoto, l'avvio, a decorrere dalle ore 21:00 delle operazioni di riscaldamento del forno nonchè la presenza di un eccesso di carburante (la melma catalitica accumulatasi). La Corte di appello ha scagionato i coimputati V. (consigliere delegato) e I.I. (responsabile del servizio di Prevenzione e Protezione) avendo ritenuto che la responsabilità dell'accaduto debba ricondursi al soggetto cui, nell'ambito dell'organizzazione aziendale, tali operazioni erano devolute - e, cioè, il capo turno G.G. "avendo quest'ultimo colpevolmente trascurato di rimuovere la manichetta in polietilene che insufflava aria all'interno del forno e, comunque, proceduto - nonostante i dati acquisiti evidenziassero il fatto che lo stesso non andava in depressione alle operazioni di avvio del macchinario, trasgredendo con ciò alla prescrizione a lui nota in quanto formalmente comunicatagli con ordine di servizio controfirmato (...) - che imponeva, invece, di "attendere lo svuotamento o lo spurgo dell'aria all'interno del forno". Sul G.G., secondo la sentenza impugnata, incombeva l'obbligo di rilevare immediatamente i pericoli derivanti dal fatto che il forno, nel corso delle operazioni di riscaldamento, non andasse in depressione tenuto altresì conto delle caratteristiche specifiche di quel macchinario, avuto riguardo, in particolare, al noto accumulo di melma catalitica. A detto rilievo avrebbe dovuto far seguito, così ancora la Corte di merito, l'immediata interruzione della "sequenza di avvio forno", con contestuale interdizione a chiunque dell'accesso all'area interessata allo scopo, così da individuare, in condizioni, di sicurezza, il problema reale che impediva al forno di andare in depressione e di avvedersi, così, che la manichetta in polietilene adducente aria era ancora attaccata al forno. A conclusioni diverse perveniva, invece, la Corte di appello con riguardo all'odierno ricorrente in ordine al quale sostiene che, per la sua posizione di direttore dello stabilimento e per aver personalmente coordinato le operazioni di manutenzione, questi era a conoscenza del fatto che vi partecipasse un soggetto, quale il B.B., privo di una formazione specifica. L'evento, si legge, non si sarebbe verificato ove il B.B. fosse stato portato a conoscenza - al pari del G.G. - delle caratteristiche specifiche dell'impianto e delle prescrizioni che obbligatoriamente dovevano essere seguite per procedere all'avvio del forno nelle fasi ultimative dell'intervento manutentivo cui egli era destinato".

3.3.Nell'accogliere il ricorso del A.A., la Corte di cassazione ha osservato preliminarmente che, secondo la Corte di appello, "la responsabilità dell'accaduto doveva essere evidentemente ricondotta (in) capo al soggetto a cui erano devolute tali operazioni nell'ambito della organizzazione aziendale, cioè al G.G., il quale aveva colpevolmente trascurato di rimuovere la manichetta in polietilene che insufflava aria all'interno del forno e, comunque, proceduto nonostante i dati acquisiti evidenziassero il fatto che lo stesso non andava in depressione - alle operazioni di avvio del macchinario, trasgredendo con ciò alla prescrizione - a lui nota in quanto formalmente comunicatagli con ordine di servizio controfirmato in data (Omissis) - che imponeva, invece, di "attendere lo svuotamento o lo spurgo dell'aria all'interno del forno" (...) (I)n ogni caso, il G.G., in quanto dipendente allo scopo appositamente formato, aveva l'obbligo di rilevare immediatamente i pericoli che derivavano dal fatto che il forno, nel corso delle operazioni di riscaldamento, non andasse in depressione - tenuto conto, peraltro, delle caratteristiche specifiche di quel macchinario avuto riguardo, anche, al noto accumulo di melma catalitica - cui avrebbe dovuto fare seguito l'immediata interruzione della "sequenza di avvio forno" con contestuale interdizione a chiunque dell'accesso all'area interessata allo scopo, così da individuare - in condizioni di sicurezza - il problema reale che impediva al forno di andare in depressione e di avvedersi che la manichetta in polietilene che adduceva aria era ancora attaccata al forno medesimo".

Orbene, annotava la sentenza rescindente, "(a) fronte di tale eclatante addebito di colpa, l'affermazione di responsabilità dell'odierno ricorrente non appare supportata da adeguata, logica e coerente motivazione. Si afferma in sentenza che il A.A., sia per la sua posizione di direttore di stabilimento, sia per aver personalmente coordinato le operazioni di manutenzione, era a conoscenza che vi partecipasse un soggetto, il B.B., benchè privo di una formazione specifica e che proprio tale violazione dell'obbligo di formazione ed informazione aveva assunto rilevanza effettivamente causale nella verificazione del sinistro. Si ritiene quindi "evidente" che l'evento non si sarebbe verificato se il B.B. fosse stato portato a conoscenza delle caratteristiche specifiche dell'impianto e, in particolare, dei gravi rischi che si correvano nel caso in cui questo fosse stato avviato in presenza di aria, rendendogli disponibile, quindi, le prescrizioni che obbligatoriamente dovevano essere seguite per procedere all'avvio del forno nelle fasi ultimative dell'intervento manutentivo al quale lo stesso era stato destinato. In realtà, una volta descritto il comportamento non corretto del G.G. ed il mancato rispetto, nella specifica contingenza che ha provocato l'evento mortale, delle prescrizioni contenute nel manuale di cui si è detto, la Corte avrebbe dovuto argomentare in maniera più diffusa sul rapporto di causalità tra l'omissione addebitata all'imputato e la morte del lavoratore".

Di qui l'annullamento con rinvio alla Corte di appello di Caltanissetta.

4.Nel confermare il giudizio sulla corresponsabilità del A.A., il Giudice rescissorio ha osservato che:

4.1.il B.B. era stato assunto come addetto area con contratto di collaborazione continuata e coordinativa e tuttavia era stato addetto alla manutenzione e indicato come partecipante all'attività in questione con la funzione, appunto, di manutentore con ineludibile rilievo relativamente al difetto di ogni specificità dell'oggetto dell'attività formativa rispetto alla manutenzione del forno 9100;

4.2.il forno 9100 non era affatto diffuso ed era di difficile gestione proprio per gli specifici pericoli di esplosione in ragione della tipologia di esercizio e della permanenza di melma catalitica all'esito delle lavorazioni;

4.3.1a direzione era perfettamente a conoscenza dei pericoli inerenti l'utilizzo del forno in questione il cui sportello, già in precedenza, era saltato in aria proprio per la presenza di aria al suo interno (tant'è vero - annota la Corte di appello - che un lavoratore dipendente era stato sanzionato disciplinarmente perchè si era rifiutato di lavorare sull'impianto in presenza di anomalie che riguardavano anche la chiusura dell'aria);

4.4. l'attività alla quale il B.B., era stato destinato dal A.A., era di tipo manutentivo benchè il lavoratore non fosse dotato della specifica specializzazione richiesta e fosse privo della necessaria formazione di base per intervenire sul macchinario complesso e pericoloso;

4.5.tale fatto ha avuto una incidenza causale sull'evento letale poichè lo smoke test era stato eseguito proprio dal B.B. "buttando nel forno il candelotto poi dimenticato all'interno, con l'osservazione che per far funzionare il candelotto si era certamente reso necessario far entrare un flusso d'aria sufficiente, rendendo così presenti le condizioni tutte per l'innesco dell'esplosione";

4.6.una puntuale conoscenza da parte del B.B. dell'effettività delle condizioni di lavoro per gli addetti agli interventi sul forno e dei relativi rischi avrebbe impedito l'approccio "artigianale" nelle manutenzioni di un macchinario complesso e intrinsecamente pericoloso, magari opponendo anche un rifiuto;

4.7.una adeguata e specifica formazione avrebbe fatto in modo che il B.B. si tenesse a distanza di sicurezza dal macchinario dopo aver puntualmente verificato che fosse stato fatto defluire tutto l'ossigeno;

4.8 L'ordine di servizio impartito al capoturno G.G. (e da questi disatteso) non esclude la concorrente responsabilità del A.A..

Le linee portanti del ragionamento sono chiare ed indicate dalla stessa Corte di appello: "la destinazione del lavoratore B.B., non specificamente formato ad attività manutentive oggettivamente pericolosa, si è sostanziata nell'impedire al povero deceduto una valutazione consapevole dell'attività da svolgere, peraltro in sostituzione di manutentore. Si impediva dunque così al deceduto di adottare tutte le necessarie precauzioni che allo stesso avrebbero dovuto essere preventivamente indicate: con obbligo di informazione maggiormente stringente nel caso concreto a fronte di precedenti anomalie e esplosioni che avevano visto rimostranze da parte dei lavoratori stessi, con reazione da parte dell'azienda". Viene altresì censurato, quale fattore di concausa, proprio "in funzione di un forno particolarmente pericoloso da parte della direzione aziendale, con previsione di ripulitura tramite l'utilizzo di una vera lancia, non che nell'approccio inadeguato e colpevole tenuto dal capoturno G.G., peraltro in costanza della presenza di un lavoratore non formato nella squadra manutentiva".

5.Tanto premesso, il ricorrente sollecita una diversa lei:tura degli atti del processo che non è consentita in sede di legittimità, nemmeno in caso di travisamento della prova, e che, in ogni caso" non coglie nel segno.

5.1.E' noto che l'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato - per espressa volontà del legislatore - a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l'adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944 - 01). Ne deriva che la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione devono risultare dal testo del provvedimento impugnato, sicchè dedurre tale vizio in sede di legittimità significa dimostrare che il testo del provvedimento è manifestamente carente di motivazione e/o di logica, e non già opporre alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica (Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, Di Francesco, Rv. 205621), sicchè una volta che il giudice abbia coordinato logicamente gli atti sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che questi atti si prestavano a una diversa lettura o interpretazione, munite di eguale crisma di logicità (Sez. U, n. 30 del 27/09/1995, Mannino, Rv. 202903).

5.2.Sotto altro profilo, la illogicità che vizia la motivazione deve essere "manifesta", di spessore tale, cioè, da risultare percepibile "ictu oculi", dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purchè siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).

5.3.Non è dunque consentito proporre un'interlocuzione diretta con la Corte di cassazione in ordine al contenuto delle prove già ampiamente scrutinate in sede di merito, sollecitandone l'esame e proponendole quale criterio di valutazione della illogicità manifesta della motivazione; in questo modo si sollecita la Corte di cassazione a sovrapporre la propria valutazione a quella dei Giudici di merito laddove ciò non è consentito nemmeno quando venga eccepito il travisamento della prova. Il travisamento siccome vizio percettivo e non valutativo non costituisce il mezzo per valutare nel merito la prova, bensì lo strumento per saggiare la tenuta della motivazione alla luce della sua coerenza logica con i fatti sulla base dei quali si fonda il ragionamento.

5.4. Orbene, il ricorrente attinge a piene mani al materiale istruttorio utilizzando, a sostegno del dedotto vizio di motivazione, il contenuto della relazione del consulente del pubblico ministero che aveva concluso per la responsabilità esclusiva del capo turno, G.G..

5.5. Si tratta di operazione non condivisibile per due ragioni: a) la prima: il giudice di merito non deve (ne può) "appaltare" al consulente tecnico o al perito la decisione sulla regiudicanda senza contestualmente abdicare al proprio ruolo e alla propria soggezione esclusiva alla legge; b) la seconda: le conclusioni del consulente tecnico costituiscono valutazioni che in quanto tali possono essere o meno condivise, ma non travisate (a meno che il giudice non riporti, a sostegno del suo argomentare, conclusioni diverse da quelle rassegnate dal CT o dal perito, ma non è questo il caso).

5.6. La deduzione difensiva della causa esclusiva della responsabilità del G.G. si basa dunque su deduzioni non ammesse in questa sede e che, di certo, non sono tali da escludere la concorrente responsabilità del ricorrente, nemmeno alla luce dell'esame testuale della motivazione, la quale si mostra del tutto immune dalle censure di contraddittorietà che le sono mosse.

5.7. Il ricorrente, infatti, postula: a) la non pericolosità dell'impianto invece positivamente affermata dalla Corte di appello (e prima ancora dal Tribunale) in base a prove testimoniali e alla stessa consulenza tecnica delle quali, però, non è stato dedotto il travisamento; b) la non appartenenza del momento dell'esplosione alla fase manutentiva dell'impianto (appartenenza affermata dalla Corte di appello senza travisamenti nè sbavature logiche); c) la irrilevanza causale della mancata formazione del B.B. il quale, invece, aveva posto in essere operazioni imprudenti che costituivano l'antecedente causale dell'incendio (supra p. 4.5).

5.8. Sulla scorta di questi dati non è manifestamente illogica la conclusione del giudice incalcante circa la convergenza di condotte causalmente idonee a provocare l'evento mortale per il quale si procede. Non viene in rilievo il solo comportamento "abnorme" del capo turno quanto lo stesso antecedente causale di tale comportamento posto in essere proprio a cagione della imperizia del lavoratore adibito a mansioni diverse dalle proprie e senza una adeguata formazione ed informazione (informazione connessa non solo ai rischi derivanti dall'uso errato del macchinario ma, in concreto, anche dalle sue già accertate criticità).

5.9.Peraltro, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte di cassazione, il comportamento imprudente del dipendente può definirsi abnorme quando sia stato posto in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli - e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro - o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (Sez. 4, n. 7188 del 10/01/2018, Bozzi, Rv, 272222 - 01; Sez. 4, n. 7267 del 10/11/2009, dep. 2010, Iglina, Rv. 246695 - 01). Sicchè perchè la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (Sez. 4, n. 7012 del 23/11/2022, dep. 2023, Cimolai, Rv. 284237 - 01; Sez. 4, n. 33976 del 17/03/2021, Vigo, Rv. 281748 01; Sez. 4, n. 5794 del 26/01/2021, Chierichetti, Rv. 280914 - 01).

5.10.Non si può definire "abnorme" il comportamento del capo-turno che, disattendendo (anche solo per errore) un ordine di servizio ponga in essere una manovra errata, sia perchè si tratta di comportamento tutt'altro che imprevedibile, sia perchè posto in essere in un contesto di acclarata pericolosità dell'impianto che proprio quell'ordine aveva provocato.

5.11.Viene così meno anche l'ulteriore argomento difensivo della esclusiva responsabilità del capo-turno.

5.12.Ne consegue che il ricorso deve essere rigettato.

 

P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 4 luglio 2023.

Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2023