Cassazione Penale, Sez. 3, 21 novembre 2023, n. 46695 - Ustione dell'operaio. Trattamento sanzionatorio



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAMACCI Luca - Presidente -

Dott. PAZIENZA Vittorio - Consigliere -

Dott. SCARCELLA Alessio - rel. Consigliere -

Dott. ANDRONIO Alessandro Maria - Consigliere -

Dott. MAGRO B. Maria - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

sul ricorso proposto da A.A., nato a (Omissis);

avverso la sentenza della Corte di appello di Torino 31/01/2023;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Alesio Scarcella;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Domenico A.R. Seccia, che ha concluso per il rigetto del ricorso, conclusioni cui il Procuratore Generale di udienza, in persona della Dott.ssa Mariaemanuela Guerra, si è riportata in udienza; udito, per il ricorrente, l'Avv. Magri Piero, del Foro di Milano, che si è riportato al ricorso chiedendone l'accoglimento.

 

Fatto


1. Con sentenza del 31 gennaio 2023, la Corte d'appello di Torino ha confermato la sentenza del 5 ottobre 2017, con la quale il Tribunale di Ivrea aveva condannato a giorni 15 di reclusione A.A. in relazione ai reati di cui all' art. 590 c.p., commi 2 e 3 in relazione all'art. 583 comma 1 n. 1), per avere, nella sua qualità di presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato della METER Spa avente ad oggetto l'attività di produzione e lavorazione di metalli, cagionato per colpa, consistita in imprudenza, negligenza, imperizia e violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, B.B., lavoratore dipendente di detta società con mansioni di operaio addetto alla linea di tempra, lesioni personali gravi consistite in un'ustione di terzo grado alla gamba sinistra da cui derivava una malattia della durata complessiva di giorni 193; in Robassomero in data (Omissis).

Nella specie la condotta consisteva nella violazione dell'art. 64, comma 1, e 63, comma 1, dell'allegato IV punto 3.9.1. D.Lgs. n. 81 del 2008, che impongono al datore di lavoro di provvedere affinchè i luoghi di lavoro siano idonei e conformi ai requisiti indicati nello stesso allegato, secondo cui i serbatoi e le vasche contenenti liquidi pericolosi, compresa l'acqua a temperatura ustionante, devono essere provvisti di chiusura a tenuta ermetica e di tubazione di scarico per impedire il traboccamento.

La sentenza impugnata è stata pronunciata a seguito della sentenza del 06/04/2022, con la quale la Corte di Cassazione, Quarta sezione penale, aveva annullato con rinvio la precedente condanna della Corte di appello di Torino del 29/06/2021 a giorni 20 di reclusione, limitatamente alla statuizione relativa al mancato riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 6, non avendo il giudice di appello considerato la condotta risarcitoria tenuta dall'imputato, con la quale quest'ultimo aveva determinato la rinuncia alla costituzione della parte civile, da cui derivava la necessità di rideterminare il trattamento sanzionatorio in sede di rinvio.

2. Avverso tale sentenza il A.A., propone, tramite il difensore di fiducia, ricorso per cassazione, lamentando in particolare:

2.1. carenza, contraddittorietà e illogicità della motivazione in relazione agli artt. 606 c.p.p., lett. e), per avere la Corte d'appello omesso di applicare la sola pena pecuniaria, alternativa a quella detentiva nel disposto legislativo, non avendo tenuto conto degli elementi attenuanti a favore del ricorrente, quali la scarsa gravità della condotta colposa, ritenuta addirittura insussistente in primo grado, la ritenuta prevalenza delle attenuanti generiche nel giudizio di bilanciamento, da parte della Corte d'appello precedente al giudizio di Cassazione, fondata sulla prognosi positiva di non recidivanza e sullo stato di incensurato dell'imputato, della necessità di tener conto del concorso della condotta della persona offesa, e inoltre di quella di valutare positivamente anche la condotta riparatoria del ricorrente che ha determinato l'annullamento con rinvio;

2.2. errata applicazione della legge penale processuale in relazione all' art. 606 c.p.p., lett. c), per avere la Corte d'appello omesso di applicare la L. n. 134 del 2021, art. 1 comma 13 lett. c) (c.d. riforma Cartabia), che prescrive l'inappellabilità delle sentenze di assoluzione in primo grado, avendo la Corte d'appello omesso di considerare che tale disciplina avrebbe dovuto applicarsi all'interno del relativo giudizio, aderendo ad un'interpretazione costituzionalmente orientata del principio del tempus regit actum, già affermata dalla Quarta Sezione della Suprema Corte in relazione alla questione analoga dell'applicabilità dell'art. 573 c.p.p., comma 1-bis introdotto con la stessa legge;

2.3. carenza, contraddittorietà e illogicità della motivazione in relazione agli artt. 606 c.p.p., lett. e), per avere la Corte d'appello, omesso di motivare in ordine alla concessione della sospensione condizionale della pena, limitandosi a ridurre la pena a 15 gg. di reclusione, senza aver tenuto conto della necessità di rideterminare il trattamento sanzionatorio, tenendo dunque conto anche della necessità di concedere il beneficio, a fronte sia degli elementi a sostegno di una prognosi positiva in ordine alla rieducazione, testimoniata dai summenzionati elementi attenuanti, dall'adempimento tempestivo delle prescrizioni impartite dallo (Omissis), nonchè dal comportamento collaborativo in sede processuale.

3. In data (Omissis) l'Avv. Magri Pietro, difensore di fiducia del ricorrente, ha chiesto la trattazione orale del ricorso.

4. In data (Omissis), il Procuratore Generale presso questa Corte ha deposito la propria requisitoria scritta con cui ha chiesto il rigetto del ricorso. I motivi del ricorso non sono condivisibili. Per il primo motivo, deve evidenziarsi che non è fondato l'ulteriore profilo del motivo di ricorso con cui si deduce la carente motivazione nell'opzione sanzionatoria compiuta dalla Corte di appello. Il Giudice del rescissorio ha operato correttamente l'applicazione della pena detentiva, giudicandone la prevalenza rispetto a quella pecuniaria per il grado della colpa e per le modalità del fatto che, tali, non rientrano nel principio di diritto espresso ex art. 627 c.p.p. Esso riguarda esclusivamente la comprensione dell'art. 62 c.p., n. 6, ritenuta nella specie, e contemplato nel corretto trattamento sanzionatorio, così espresso. Il giudice, nell'esercizio del potere di scelta fra l'applicazione della pena detentiva o di quella pecuniaria, alternativamente previste, ha l'obbligo di indicare le ragioni che lo inducano ad infliggere la pena detentiva (Sez. 4, n. 4361 del 21/10/2014, dep. 2015, Ottino, Rv. 263201). E questo ha fatto nella sua motivazione. La Corte territoriale nel ritenere la pena della reclusione, ha dato conto delle ragioni che hanno sostenuto una siffatta scelta che sconta peraltro l'irrogazione tra quelle in via alternativa prevista della pena detentiva ovvero di quella più afflittiva. L'altro motivo non è condivisibile. Il ricorrente chiede l'applicazione della novella del D.Lgs. n. 150 del 2022, che ha esteso l'area della non appellabilità alle sentenze con cui è stata applicata la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità. Inoltre, si fa riferimento, in chiave di divieto, alle sentenze di proscioglimento relative a reati puniti con pena pecuniaria o con pena alternativa. Di tale norma non può farsi applicazione alle sentenze emesse prima del 30 dicembre 2022 (Sez. V, ud. 20 gennaio 2023 dep. 31 gennaio 2023, n. 3990). Si è stabilito che (Sez. Unite, n. 27614/2007), ai fini dell'individuazione del regime applicabile in materia di impugnazioni, allorchè si succedano nel tempo diverse discipline e non sia espressamente regolato, con disposizioni ad hoc, il passaggio dall'una all'altra, l'applicazione del principio tempus regit actum impone di far riferimento al momento di emissione del provvedimento impugnato e non già a quello della proposizione dell'impugnazione. Il regime delle impugnazioni deve quindi ancorarsi alla disciplina in vigore all'atto di pronuncia della sentenza e non quella vigente al momento della loro presentazione; ciò perchè "il potere di impugnazione trova la sua genesi proprio nella sentenza e non può che essere apprezzato in relazione al momento in cui questa viene pronunciata". Inoltre, vale sottolineare la necessità della tutela dell'affidamento sulla fissità del quadro normativo, sottolineata anch'essa dalle Sezioni Unite richiamate. Per essa non vi sarebbe retroattivamente la possibilità per il PM di impugnare le sentenze di proscioglimento relative a reati puniti con ) pena alternativa come nella specie. Il terzo motivo è inammissibile. Nel focus del principio di diritto espresso ex art. 627 c.p.p., non rientra in alcun modo il beneficio della pena sospesa. Corretta in punto la decisione.

 

Diritto


1. Il ricorso è complessivamente infondato.

2. Quanto al primo motivo, esso è manifestamente infondato in quanto non tiene conto del costante orientamento di questa Corte secondo il quale, poichè la graduazione del trattamento sanzionatorio, in generale, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 c.p., nel giudizio di cassazione è comunque inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 2, n. 39716 del 12/07/2018, Cicciù, Rv. 273819, in motivazione; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Ferrario, Rv. 259142; Sez. 1, n. 24213 del 13/03/2013, Pacchiarotti, Rv. 255825; da ultimo v. Sez. 2, n. 1929 del 16/12/2020, dep. 2021, Cipollini, non mass.).

Le Sezioni unite di questa Corte hanno di poi ribadito che "una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata è necessaria soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale" (così Sez. U, n. 12778 del 27/02/2020, S., Rv. 278869-01, in motivazione).

La Corte di appello ha chiarito, con motivazione non manifestamente illogica, che in ragione della gravità della malattia scaturente dalle lesioni patite dal lavoratore (193 giorni), la sola pena pecuniaria non fosse adeguata, anche in funzione di "monito per il futuro", calibrando del resto la pena detentiva irrogata nel minimo edittale e previo riconoscimento (già ad opera della prima sentenza di appello) delle circostanze attenuanti generiche (la pena per l'art. 590 c.p., comma 3, è infatti della reclusione da tre mesi a un anno), in tal modo assolvendo al potere discrezionale stabilito dalla legge in capo al giudicante.

2. Il secondo motivo è manifestamente infondato.

In primo luogo, come evidenziato dal P.G., la L. n. 134 del 2021, art. 1 comma 13, lett. c), (c.d. riforma Cartabia) non può applicarsi alle sentenze emesse prima del 30 dicembre 2022, posto che il regime delle impugnazioni deve essere determinato, conformemente alla regola di cui all'art. 11 preleggi, in base alla normativa vigente al momento della pronunzia della sentenza impugnata, giacchè è in rapporto a tale atto e al tempo del suo perfezionarsi che devono essere valutati la facoltà di impugnazione, la sua estensione, nonchè i modi e i termini del suo esercizio, ivi comprese le peculiarità che incidono sulla formulazione dell'atto impugnatorio (Sez. 5, n. 3990 del 20/01/2023, Razzaboni, Rv. 284019 - 01; Sez. 5, n. 4902 del 16/01/2023, Cucinotta, Rv. 284121 - 01; Sez. 5, n. 8128 del 24/01/2023, Bertuzzi, Rv. 284329 - 01).

In ogni caso, e ciò appare comunque dirimente, indipendentemente dalla applicabilità o meno del principio tempus regit actum alla c.d. "Riforma Cartabia", il Collegio evidenzia come, in punto di responsabilità, l'accertamento sia divenuto irrevocabile ai sensi dell'art. 624 c.p. alla data della pronuncia della sentenza n. 21852 del 06/04/2022 della Corte, con conseguente intangibilità del giudicato.

3. Il terzo motivo è invece infondato.

La Corte di cassazione con sentenza n. 21852 del 06/04/2022 ha annullato la sentenza impugnata, limitatamente alla statuizione relativa all'attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 6, con rinvio per nuovo giudizio sul punto, rigettando nel resto.

Per quanto qui rileva, la Quarta sezione penale ha dichiarato assorbito il quinto motivo di ricorso, riguardante, tra l'altro, la doglianza in punto di riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena.

Il Collegio rileva che nella sentenza impugnata è dunque omessa la pronuncia in ordine alla richiesta di concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.

La motivazione impugnata è priva di qualsivoglia valutazione in ordine alla prognosi circa la ricaduta del delitto ed ai motivi che hanno indotto i giudici di merito a negare tale beneficio. Tuttavia, dal percorso argomentativo posto a fondamento della decisione emergono elementi che, implicitamente, consentono di ritenere che la Corte d'appello abbia inteso negare tale beneficio (scelta della pena detentiva in alternativa a quella pecuniaria; considerevole grado di colpa; diniego della sostituzione della pena detentiva in quella pecuniaria). Il riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena, operato dal giudice di appello con la sentenza annullata, era stato peraltro contestato nell'originaria impugnazione in sede di legittimità perchè non richiesto. Non essendovi, quindi, alcuna ragione a giustificazione dell'istanza di positivo riconoscimento del beneficio (ma, anzi, essendosi doluto il ricorrente proprio del contrario), nessun dovere aveva il giudice di appello di prendere in considerazione tale beneficio. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno infatti precisato che l'imputato non può dolersi, con ricorso per cassazione, della sua mancata concessione, qualora non ne abbia fatto richiesta nel corso del giudizio di merito (Sez. U, n. 22533 del 25/10/2018, dep. 2019, Salerno, Rv. 275376 - 01). Il che, evidentemente, comporta che ove la parte abbia manifestato in sede di impugnazione una volontà contraria al suo riconoscimento (tanto da dolersene per l'essere stato riconosciuto), non può ritenersi sussistere alcun obbligo per il giudice d'appello in tal senso, non essendo sufficiente una richiesta "implicita" dell'imputato, perdipiù sviluppata solo in sede dell'attuale ricorso per cassazione (non risultando nemmeno dal verbale dell'udienza tenutasi davanti alla Corte d'appello di sede di rinvio alcuna richiesta di riconoscimento del beneficio) e condizionata alla mancata applicazione della pena pecuniaria alternativa a quella detentiva.

4. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato. Al rigetto consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento.

 

P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 9 novembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2023