Cassazione Penale, Sez. 4, 04 dicembre 2023, n. 48053 - Infortunio mortale con il tronco di condotta di un impianto di aspirazione. Responsabilità del datore di lavoro e dell'ente


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Patrizia - Presidente -

Dott. VIGNALE Lucia - rel. Consigliere -

Dott. SERRAO Eugenia - Consigliere -

Dott. PEZZELLA Vincenzo - Consigliere -

Dott. BRUNO Mariarosaria - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
 


sul ricorso proposto da:

A.A., nato a MANDURIA il 30/06/1969;

B.B., nato a TARANTO il 12/04/1970;

C.C., nato a CRISPIANO il 26/03/1965;

D.D., nato a MONTEGIORDANO il 18/01/1950;

E.E., nato a FRANCAVILLA FONTANA il 29/11/1960;

D.D. Srl MONTAGGI IMPIANTI E NOLO MEZZI INDUSTRIALI;

avverso la sentenza del 24/05/2023 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi:

udita la relazione svolta dal Consigliere LUCIA VIGNALE;

udito il PG, in persona del Sostituto Procuratore SABRINA PASSAFIUME, che ha concluso chiedendo: il rigetto del ricorso di D.D.; l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in relazione al ricorso della D.D. Srl ; l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata con riferimento alle posizioni degli altri ricorrenti.

uditi i difensori: avvocato RAFFAELE SELLITTI del foro di Taranto, in proprio e in sostituzione dell'avvocato SALVATORE MONTEMURRO, difensore della D.D. Srl , che ha chiesto l'accoglimento dei ricorsi.

 

Fatto


1. Con sentenza del 24 maggio 2023, la Corte di appello di Lecce - sezione distaccata di Taranto - ha riformato la sentenza emessa il 17 maggio 2022 dal Tribunale di Taranto limitatamente alla concessione all'imputato A.A. del beneficio della non menzione della condanna di cui all'art. 175 c.p. La sentenza di primo grado è stata confermata nel resto. Pertanto, D.D., + Altri Omessi sono stati ritenuti responsabili del reato di cui all'art. 113 c.p., art. 589 c.p., comma 2, in danno di F.F., dipendente della "D.D. Srl " (rectius: "D.D. montaggi impianti e nolo mezzi industriali Srl ") società della quale D.D. è legale rappresentante e della quale C.C., E.E., B.B. e A.A. - al pari di F.F. - erano dipendenti (capo A della rubrica). La sentenza di primo grado è stata confermata anche per quanto riguarda l'illecito di cui al D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, artt. 5 e 25-septies contestato alla "D.D. Srl " per il reato commesso da D.D. "nell'interesse e a vantaggio dell'ente" (capo B della rubrica).

Con la sentenza confermata in appello, D.D., + Altri Omessi (prossimi congiunti della vittima).

2. Il procedimento ha ad oggetto un infortunio sul lavoro verificatosi il 17 novembre 2015 presso lo stabilimento Ilva di Taranto in un'area (zona "parco calcare") assegnata alla "D.D. Srl ". Secondo la ricostruzione fornita dai giudici di merito, la società (della quale D.D. è legale rappresentante) aveva ricevuto in appalto dall'Ilva il compito di svolgere attività di manutenzione. Il 16 novembre 2015 la squadra di lavoro, composta da C.C. (capo squadra), E.E. (meccanico), + Altri Omessi, fu incaricata di tagliare, smontare e caricare su un semirimorchio due tronchi di una conduttura dell'impianto di aspirazione. Queste operazioni furono eseguite avvalendosi di un cannello ossiacetilenico per il taglio, imbragando singolarmente i due tronchi della conduttura e posizionandoli, con l'aiuto di un carroponte, sul pianale di un semirimorchio che, al mattino seguente, li avrebbe trasportati nella zona "parco calcare". I due tronchi della condotta avevano forma e dimensioni differenti: quello che fu caricato per primo, aveva le estremità costituite da elementi ricurvi ed era più lungo dell'altro, che non presentava curve, aveva sezione quadrata e larghezza variabile da 110 a 170 cm. La larghezza del pianale del semirimorchio era tale che, una volta caricato il primo tronco (collocato a destra), lo spazio libero residuo era di 116 cm. Nella parte anteriore e di 100 cm. nella parte posteriore. Il secondo tronco fu collocato con la parte più larga orientata verso la parte anteriore del pianale (dove lo spazio era maggiore), ma, ciò nonostante, fuoriusciva a sinistra per oltre 50 cm. nella parte anteriore e per circa 10 cm. nella parte posteriore. Dopo aver posizionato il carico sul pianale del semirimorchio, i componenti della squadra provvidero al fissaggio utilizzando i sistemi di trattenuta presenti sul pianale stesso, costituiti da nastri in poliestere. Si trattava di due nastri che, una volta fatti passare intorno al carico e agganciati al pianale, erano messi in tensione da un cricchetto a leva: uno era collocato vicino alla cabina di guida (parte anteriore del carico) il secondo era posto in corrispondenza della parte terminale del pianale. Il carico fu terminato in tarda serata e la squadra che vi aveva provveduto, concluso il turno di lavoro, si allontanò lasciando in loco il semirimorchio, pronto per il successivo trasporto. Il mattino seguente (17 novembre 2015) H.H., dipendente della "D.D. Srl ", fu incaricato dal capo squadra I.I. di prelevare il semirimorchio e portarlo nella zona "parco calcare" dove i tronchi della conduttura dovevano essere scaricati a terra per mezzo di un'autogrù. Il semirimorchio percorse circa un chilometro e mezzo all'interno dello stabilimento ILVA, scortato da un furgoncino condotto da altro componente della squadra (L.L.) e fu parcheggiato fuori dall'area di cantiere assegnata alla D.D.. Il caposquadra incaricò F.F. di portare il semirimorchio all'interno dell'area e sistemare il pianale vicino all'autogrù. I.I., L.L. e F.F. si disposero poi lungo il lato sinistro del pianale, prospicente all'autogrù, per iniziare lo scarico. L.L. si sistemò nella parte anteriore, vicino alla cabina, I.I. al centro, F.F. nella parte posteriore. Appena allentati i sistemi di fissaggio, il più corto dei due tronchi di conduttura si mosse e cadde dal pianale verso terra colpendo al capo F.F. e provocandone la morte.

Secondo la Corte di appello, l'infortunio fu reso possibile dal comportamento colposo degli imputati. La Corte territoriale ha escluso che possa aver avuto rilevanza causale nel verificarsi dell'evento l'accertata irregolarità dei sistemi di trattenuta. Ha osservato, infatti, che il carico arrivò a destinazione senza cadere, sicchè quegli strumenti - per quanto usurati in parte e non conformi alla normativa di sicurezza - svolsero in concreto la propria funzione. Ha sottolineato, però, che il carico si ribaltò non appena la cinghia di fissaggio posteriore fu allentata e a ribaltarsi fu la parte del carico che sporgeva dal pianale. Ha ritenuto, quindi, che l'infortunio sia stato reso possibile dalla inidoneità del mezzo che era stato fornito ai lavoratori per eseguire il trasporto, in assenza di direttive che vietassero di procedere se il carico sporgeva dal pianale. Ha concluso, pertanto, che a D.D., legale rappresentante della società e datore di lavoro dell'infortunato, fosse ascrivibile la violazione del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 71 consistita nel non aver messo a disposizione dei lavoratori attrezzature idonee a garantire la sicurezza delle operazioni loro affidate e non aver disciplinato sulle corrette modalità di utilizzo di quelle attrezzature. Quanto al capo squadra C.C. e agli altri lavoratori che eseguirono le operazioni di carico (E.E., + Altri Omessi), la Corte di appello ha sostenuto che all'inadeguatezza delle attrezzature messe a disposizione dei dipendenti e all'assenza di direttive sulle modalità di carico "si sommò (...) l'evidente insipienza" di questi imputati "che collocarono il carico in modo palesemente non equilibrato" (pag. 12 della motivazione). Secondo la Corte di appello, queste condotte causarono l'evento perchè determinarono la pericolosa instabilità del tronco della conduttura che sporgeva dal pianale, vale a dire proprio della conduttura che si ribaltò colpendo al capo F.F. e causandone il decesso.

Con specifico riferimento alla responsabilità della "D.D. Srl ", la Corte territoriale ha sostenuto che D.D. agì a vantaggio dell'ente il quale, grazie alla sua condotta, conseguì risparmi di spesa. Secondo la Corte territoriale, la scelta di trasportare in un solo viaggio i due tronchi della conduttura oggetto di manutenzione ancorchè il pianale disponibile non fosse idoneo, comportò risparmio di tempo, minore impiego di forza lavoro e risparmio di carburante; quindi, risparmio di spesa.

3. Contro la sentenza della Corte di appello hanno proposto ricorso, per mezzo del comune difensore, tutti gli imputati del reato di cui al capo A) e la "D.D. montaggi impianti e nolo mezzo industriali Srl ", imputata dell'illecito amministrativo di cui al capo B).

I ricorsi, proposti dal medesimo difensore, hanno contenuto identico e, pertanto, possono essere illustrati congiuntamente salvo quanto riguarda il quarto motivo del ricorso proposto dalla società, col quale si sostiene che il reato ascritto a D.D., quand'anche sussistente, non fu commesso nell'interesse o a vantaggio dell'ente.

3.1. Col primo motivo di ciascun ricorso il difensore degli imputati deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 71.

La difesa prende atto che la Corte di appello ha escluso la rilevanza causale di uno dei profili di colpa contestati agli imputati (si tratta, come già chiarito, della ipotizzata inadeguatezza dei sistemi di fissaggio del carico al pianale, che era stata ritenuta rilevante dal giudice di primo grado). Si duole, pertanto, che la violazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 71 sia stata ritenuta sussistente (e causalmente rilevante) con riferimento al pianale di carico, che la Corte territoriale ha ritenuto inadeguato al trasporto in relazione alle particolari caratteristiche del materiale da trasportare e alla sua larghezza (complessivamente superiore a quella del pianale). A questo proposito, la difesa osserva che - come la sentenza impugnata riconosce (pag. 11) - il carico era così stabile che potè essere trasportato senza problemi all'interno dello stabilimento per un chilometro e mezzo senza che, durante il tragitto, si verificassero anomalie di alcun genere. Il ricorrente sostiene che vi sarebbe contraddizione tra la affermazione secondo la quale il carico fu stabile durante il trasporto e quella, pure contenuta nella sentenza impugnata (pag. 14 della motivazione), secondo la quale il carico fu collocato sul pianale "in modo palesemente squilibrato, tale da generare il rischio che si ribaltasse (come avvenuto)". La difesa richiama le dichiarazioni del proprio consulente tecnico secondo le quali l'evento fu causato dal fatto che le pareti delle parti di conduttura trasportate sul pianale, avevano uno spessore di otto millimetri: si trattava, quindi, di strutture deformabili che erano state compresse dalle cinghie di fissaggio e, quando le cinghie furono allentate, si mossero. Secondo il consulente della difesa, ciò fu reso possibile dal fatto che le cinghie erano dotate di un cricchetto a leva e non a frizione sicchè, spostando la leva, la cinghia si allentava istantaneamente e non gradualmente. Il Consulente sostiene che le strutture, compresse dalle cinghie di trattenuta, furono repentinamente liberate e, poichè erano flessibili, ciò determinò il prodursi di una energia elastica che si trasformò in energia cinetica e fece cadere il carico oltre il pianale. Secondo la difesa non era prevedibile nè evitabile che una tale eventualità si verificasse e le norme UNI non impongono l'uso di cricchetti a frizione: gli unici idonei a garantire che il rilascio degli strumenti di trattenuta avvenga con gradualità. L'infortunio, dunque, non fu determinato da inadeguatezza delle attrezzature di lavoro, nè da un uso improprio delle stesse, e neppure da imperizia nelle operazioni di carico.

3.2. Col secondo motivo di ciascun ricorso, la difesa lamenta violazione di legge e vizi di motivazione per essere stata ritenuta la rilevanza causale rispetto all'infortunio delle modalità con le quali era stato eseguito il carico su un pianale la cui larghezza è stata ritenuta insufficiente. Sviluppando argomenti già illustrati nel primo motivo, la difesa sostiene che il carico fu eseguito correttamente, avvalendosi di strumenti adeguati: la circostanza che il pezzo più corto della conduttura fuoriuscisse lateralmente dal pianale, infatti, non era idonea a determinarne la caduta perchè il carico fuoriusciva di pochi centimetri e il baricentro delle condutture trasportate era ampiamente all'interno del piano. La difesa sottolinea, inoltre, che le cinghie di trattenuta erano state collocate in modo da evitare rischi di spostamento trasversale in curva e rischi di spostamento longitudinale in accelerazione e in frenata come stabilito dalla normativa EN 12195 in materia di trasporti.

Secondo la difesa, ciò che avvenne quando furono iniziate le operazioni di scarico e furono allentate le cinghie di trattenuta, rappresentò la concretizzazione di un rischio non governabile da parte dei lavoratori che il giorno prima avevano provveduto alle operazioni di carico i quali, pertanto, non potevano nè prevedere l'evento nè evitarlo. Si trattò, inoltre, di un evento determinato da un movimento imprevisto e imprevedibile di una parte del carico, conseguente all'allentamento non graduale dello strumento di trattenuta, del quale nessuno degli imputati può essere chiamato a rispondere: C.C., E.E., B.B. e A.A. perchè non avevano competenza a fornire indicazioni sulle procedure operative cui attenersi nelle operazioni di scarico (alle quali non erano neppure presenti); D.D., perchè nessuna norma gli imponeva di corredare il pianale di strumenti di trattenuta dotati di cricchetti a frizione.

3.3. Col terzo motivo, comune a tutti i ricorrenti, la difesa deduce violazione dell'art. 114 c.p. Sostiene che, quand'anche l'infortunio fosse stato reso possibile da una condotta colposa degli imputati, in ogni caso, una maggiore attenzione da parte del F.F. avrebbe impedito l'evento. A tutti i lavoratori, infatti, era stato raccomandato di non perdere d'occhio il carico e il capo squadra I.I., accortosi del movimento anomalo della conduttura più piccola, invitò tutti a mettersi al riparo. Secondo la difesa, il contributo degli imputati al verificarsi dell'evento ebbe minima importanza, perchè nessuno di loro era presente all'infortunio che si verificò a seguito dell'intervento di altre persone, tra cui lo stesso infortunato. Pertanto, tutti gli imputati sarebbero meritevoli dell'attenuante di cui all'art. 114 c.p. Conseguentemente dovrebbe essere ridotta la pena e vi sarebbe una "riduzione consequenziale della misura delle statuizioni civili". Dovrebbe essere ridotta, inoltre, anche la misura della sanzione pecuniaria inflitta all'ente, pari ad di Euro 64.500,00 (250 quote per un importo di Euro 258 ciascuna) perchè "del tutto avulsa dal contesto industriale, in crisi, del settore fonico del siderurgico e metallurgico".

3.4. Come si è detto, nel ricorso proposto nell'interesse dalla "D.D. Srl ", oltre ai motivi sopra indicati, è sviluppato un quarto motivo col quale si deduce violazione di legge per essere stata ritenuta la responsabilità dell'ente in assenza di vantaggio o interesse.

La difesa sottolinea che la rilevanza causale dell'ipotizzata inadeguatezza dei nastri di trattenuta è stata esclusa dalla Corte di appello e, pertanto, non può rilevare sotto il profilo del risparmio di spesa. Osserva che, anche a voler ammettere una responsabilità colposa di D.D., questa sarebbe dipesa dalla sottovalutazione dei rischi connessi alle operazioni di carico e scarico, ma nulla consente di affermare che tale condotta colposa fosse tesa al risparmio di costi aziendali. Osserva, inoltre, che, come emerso dall'istruttoria dibattimentale, la società ha sempre svolto regolari corsi di formazione e la squadra addetta al carico, come quella addetta allo scarico, erano composte da un numero adeguato di dipendenti. In sintesi, secondo la difesa, nulla consente di affermare che l'ipotizzata condotta colposa del legale rappresentante della società sia stata tenuta col consapevole intento di conseguire un risparmio di spesa e massimizzare la produzione a discapito della sicurezza dei lavoratori.

Sotto diverso profilo, la difesa si duole dell'entità della sanzione inflitta e sostiene che, "in considerazione della crisi del settore della metallurgia nell'area jonica", la Corte territoriale avrebbe dovuto applicare una sanzione inferiore.

 

Diritto


1. I motivi di ricorso sono infondati per quanto riguarda le posizioni di D.D. e della "D.D. Srl ". Sono fondati, invece, nei termini che saranno di seguito specificati, il primo e il secondo dei motivi proposti nell'interesse di C.C., E.E., B.B. e A.A.. Il terzo motivo proposto nell'interesse di questi imputati è assorbito.

2. Col primo motivo di ciascun ricorso la difesa contesta che l'infortunio sia stato determinato da violazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 71. Contesta, in particolare che il pianale - sul quale furono caricati due tronconi di una conduttura oggetto di lavori di manutenzione - fosse inidoneo allo scopo perchè troppo stretto in relazione alla dimensione complessiva del carico. Sostiene che la sentenza impugnata sarebbe contraddittoria perchè, da un lato, afferma che il carico era instabile perchè sporgente dal pianale; dall'altro riconosce che fu trasportato per un chilometro e mezzo senza che si verificasse alcun problema.

La dedotta contraddittorietà non può ritenersi sussistente.

Dalla sentenza di primo grado (pag. 26) risulta che i mezzi di trattenuta dei quali il pianale era dotato (costituiti da nastri in poliestere messi in tensione da cricchetti a leva) non erano idonei a fini di sicurezza perchè uno dei due nastri presentava un taglio trasversale che arrivava circa alla metà della larghezza, era logorato in più punti e aveva, nella parte più lunga, un gancio diverso da quello presente nella parte più corta. La sentenza di appello non ha contestato queste conclusioni. Ha rilevato, tuttavia, che le accertate condizioni dei nastri di trattenuta non ebbero, in concreto, alcuna rilevanza causale nel verificarsi dell'evento perchè il carico arrivò a destinazione senza cadere e la instabilità dello stesso (conseguente al fatto che una delle parti di conduttura trasportate fuoriusciva dal piano di carico) si manifestò solo nel momento in cui i sistemi di trattenuta furono allentati. Secondo la Corte territoriale, anche se non era conforme alle norme in materia di sicurezza, il sistema di trattenuta svolse in concreto la propria funzione e, infatti, il carico giunse a destinazione senza cadere; si ribaltò, invece, non appena i nastri di trattenuta furono allentati e questo dimostra che erano quei nastri a mantenerlo in posizione. La Corte territoriale sottolinea che, secondo quanto riferito dai testimoni esaminati in giudizio, il sistema di ancoraggio è un dispositivo di sicurezza aggiuntivo e il carico deve essere stabile a prescindere dall'uso dei nastri di trattenuta. Osserva, inoltre, che lo spostamento anomalo del carico si verificò non "appena allentati i sistemi di fissaggio" e a cadere fu proprio la parte del carico che fuoriusciva lateralmente dal pianale. Sostiene, dunque, che, per quanto non stabile, il carico fu mantenuto in sede dai nastri in poliestere che erano stati opportunamente messi in tensione dagli operai addetti al carico e, per questo, durante il trasporto non si verificò alcun problema. I due tronchi di conduttura, però, avrebbero dovuto essere (e rimanere) stabili anche dopo l'allentamento dei sistemi di trattenuta, indispensabile per poter eseguire le operazioni di scarico, e ciò non avvenne perchè il pianale utilizzato era troppo stretto e uno dei pezzi caricati sporgeva lateralmente di parecchi centimetri (come risulta dalla sentenza di primo grado: oltre 50 cm. nella parte anteriore, circa 10 cm. nella parte posteriore). Secondo la sentenza impugnata (pagg. 11 e 12), non rileva in contrario la circostanza che, quando fu caricato il pezzo di conduttura che poi cadde, il baricentro del pezzo era all'interno del pianale. A questo proposito la Corte territoriale osserva che "quanto più il baricentro di un oggetto si avvicina al bordo" di un piano, tanto più è probabile che possa superarlo e cadere. Sottolinea, inoltre, che, se il carico fosse stato interamente appoggiato sul pianale senza sporgere, sarebbe stato certamente più stabile e il rischio che, spostandosi, potesse cadere (concretizzatosi in occasione dell'infortunio) sarebbe stato inesistente. La motivazione è congrua e non presenta profili di contraddittorietà o manifesta illogicità, tanto più se si considera che le parti di conduttura trasportate avevano forma irregolare sicchè era tutt'altro che agevole stabilire dove cadesse il baricentro di ciascuno dei due pezzi.

Nel replicare a tali argomentazioni la difesa richiama le dichiarazioni del proprio consulente di parte, secondo il quale il carico non cadde perchè durante il tragitto il baricentro del pezzo che sporgeva si avvicinò pericolosamente al bordo del pianale, ma perchè le cinghie di trattenuta lo comprimevano deformandolo e, quando furono allentate, quel pezzo si mosse come una molla. Così argomentando, però, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata secondo la quale, il consulente tecnico di parte ha formulato una mera ipotesi, certamente plausibile, ma non supportata da alcun elemento oggettivo. Trascura inoltre che, come la Corte territoriale ha evidenziato (pag. 13), secondo il consulente della difesa il movimento anomalo del carico che, in ipotesi, sarebbe stato determinato dall'allentamento non graduale dei nastri di trattenuta (i quali deformavano la struttura tenendola compressa), era idonea a creare una situazione di pericolo tanto più grave quanto minore era la distanza tra il baricentro del carico e il bordo del pianale sicchè, anche nella prospettiva della difesa, il fatto che una parte del carico sporgesse dal pianale non era irrilevante.

1.2. Secondo la Corte di appello, la circostanza che le pareti dei tronchi di conduttura da trasportare fossero sottili e si trattasse quindi di strutture elastiche, soggette a deformazione da parte delle funi di trattenuta e destinate a muoversi nella fase di allentamento delle stesse, doveva essere valutata al fine di predisporre attrezzature idonee al trasporto sicchè la tesi difensiva non smentisce, ma conferma, la violazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 71.

La norma in esame prevede:

- al comma 1, che il datore di lavoro debba mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi ai requisiti di sicurezza, idonee ai fini della salute e sicurezza e "adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi";

- al comma 2, lett. a), che, nello scegliere le attrezzature, il datore di lavoro debba prendere in considerazione "le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere";

- al comma 2, lett. c), che, nella scelta delle attrezzature, si debba tenere conto dei rischi "derivanti dall'impiego delle attrezzature stesse";

- al comma 4, che il datore di lavoro debba prendere le misure necessarie affinchè le attrezzature di lavoro siano "installate ed utilizzate in conformità alle istruzioni d'uso".

Dell'art. 71, il comma 3 inoltre, impone al datore di lavoro di adottare "adeguate misure tecniche ed organizzative" per ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro e "per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte".

La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione di questa norma quando ha affermato (pagg. 12 e 13): che D.D. fornì ai propri dipendenti un pianale inidoneo al trasporto congiunto delle due parti di conduttura, che erano complessivamente più larghe del pianale stesso; che non dispose misure organizzative idonee a far sì che il trasporto "avvenisse con diverse e più sicure modalità"; che non impartì direttive per vietare il trasporto quando il carico sporgeva "dal veicolo vettore" e, dunque, mise a disposizione dei lavoratori attrezzature non adeguate alle condizioni e alla caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere creando i presupposti perchè "potesse, poi, in concreto, determinarsi una situazione di instabilità (...) del carico". Ne consegue che, con riferimento alla posizione del datore di lavoro, la violazione di legge ipotizzata dalla difesa, non può ritenersi sussistente.

Con riferimento agli altri imputati, componenti della squadra che, nel pomeriggio del 16 novembre 2015, provvide a tagliare e rimuovere i due tronchi della conduttura e a caricarli su pianale del semirimorchio, la sentenza impugnata si limita a rilevare (pag. 12) che gli operai eseguirono le operazioni di carico "senza rendersi conto della pericolosità dell'operazione" e del fatto che la sporgenza del carico ne rendeva prevedibile la caduta. Sostiene, inoltre, (pag. 13): che "l'uso errato (...) da parte dei dipendenti" delle (inadatte) attrezzature messe a disposizione dal datore di lavoro fu "ulteriore concausa dell'evento mortale determinatosi". Afferma, dunque, che tutti i componenti della squadra dovrebbero rispondere della violazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 71 perchè non utilizzarono correttamente le pur inidonee attrezzature che erano state loro fornite e per "l'evidente insipienza" con la quale "collocarono il carico in modo palesemente non equilibrato" (pag. 12).

La sentenza non chiarisce per quali ragioni, nel caso di specie, la ritenuta violazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 71 debba essere ascritta, oltre che al datore di lavoro - sul quale incombe in prima battuta, l'obbligo di valutare i rischi connessi allo svolgimento del lavoro, predisporre attrezzature adeguate, adottare misure tecniche e organizzative tali da ridurre al minimo i rischi connessi all'uso di quelle attrezzature - anche ai lavoratori. Non spiega quale fosse il contenuto della qualifica di capo squadra attribuita ad C.C. e se egli avesse il ruolo di preposto ai sensi del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 19. Ruolo cui si connettono precisi poteri e doveri, come, ad esempio, quello (previsto anche all'epoca dei fatti e prima delle modifiche apportate al D.L. 21 ottobre 2021, n. 146, art. 19 convertito con modificazioni dalla L. 17 dicembre 2021, n. 215) di "segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro", delle quali il preposto sia venuto a conoscenza "sulla base della formazione ricevuta" (art. 19, comma 1, lett. f). La sentenza impugnata, inoltre, non chiarisce perchè, nel caso di specie, pur in assenza di disposizioni operative da parte del datore di lavoro, l'uso improprio del piano di carico messo a disposizione dei dipendenti, possa essere ascritto ai lavoratori componenti della squadra ai sensi del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 20.

2. Analoghi rilievi devono essere formulati nell'esaminare il secondo motivo dei ricorsi, con il quale la difesa deduce violazione di legge e vizi di motivazione per essere stata ritenuta la rilevanza causale rispetto all'infortunio della modalità con le quali fu eseguito il carico.

Il motivo è infondato con riferimento alla posizione del datore di lavoro, che, ai sensi del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 71 ha il compito di valutare "le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere", fornire ai dipendenti attrezzature "adeguate" a quel lavoro "o adattate a tali scopi", assicurarsi che le stesse siano "utilizzate in conformità alle istruzioni d'uso".

Secondo la Corte territoriale, D.D. avrebbe dovuto vietare che sul pianale fossero caricati carichi sporgenti e avrebbe dovuto adottare misure organizzative per assicurarsi che le operazioni di carico e quelle di scarico - in occasione delle quali si verificò l'infortunio - avvenissero in sicurezza. Il ricorso proposto nell'interesse del datore di lavoro non contesta efficacemente tali affermazioni, giacchè si limita a sostenere che il movimento del carico fu determinato dal fatto che i nastri di trattenuta erano tenuti in tensione da un cricchetto a leva e, per questo, l'allentamento dei nastri non poteva avvenire gradualmente. Secondo la difesa, l'uso di cricchetti a frizione non è imposto dalle norme UNI, e pertanto non aver predisposto attrezzature siffatte non integra la violazione di norme di prevenzione. Secondo la difesa, inoltre, D.D. non poteva prevedere che, una volta liberata dai nastri di trattenuta che la deformavano, la conduttura si sarebbe mossa, sicchè il rischio concretizzatosi non era governabile da parte del datore di lavoro.

Così argomentando la difesa non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata secondo la quale (pag. 12), la circostanza che le pareti delle parti di conduttura da trasportare fossero sottili - si trattasse, quindi, di strutture elastiche, soggette a deformazione da parte delle funi di trattenuta e destinate a muoversi nella fase di allentamento delle stesse - doveva essere valutata nel predisporre le attrezzature destinate al trasporto e, dunque, l'evento verificatosi non era affatto imprevedibile nè era estraneo all'area di rischio che il datore di lavoro era chiamato a governare.

A questo proposito è utile ricordare che, nel caso in esame, il datore di lavoro era chiamato a valutare un rischio che comprendeva, oltre alle operazioni di carico e al trasporto dei materiali, anche quello relativo alle operazioni di scarico, che non potevano svolgersi in sicurezza se non compiendo (o disponendo che fosse compiuta) una valutazione della stabilità del carico non solo all'inizio del trasporto e durante lo stesso, ma anche nella fase dello scarico. Come risulta dalla sentenza di primo grado (pag. 15 e pag. 28), infatti, il manuale di uso e manutenzione dei sistemi di ancoraggio imponeva a chi li adoperava di verificare che il rilascio del sistema "non provochi la caduta del carico dal veicolo, mettendo in pericolo il personale": una previsione che, da sola, è sufficiente a dimostrare come l'eventualità che il rilascio dei sistemi di trattenuta provocasse la caduta del carico fosse tutt'altro che imprevedibile.

2.1. Con riferimento alla posizione degli altri ricorrenti, si devono formulare rilievi analoghi a quelli già svolti con riferimento al primo motivo. La sentenza sottolinea che i due tronchi di conduttura furono caricati sul pianale in modo "palesemente non equilibrato", ma rileva che l'uso dei mezzi di trattenuta evitò comunque situazioni di pericolo durante il trasporto. Ai fini dell'affermazione della responsabilità dei lavoratori che eseguirono le operazioni di carico sarebbe stato dunque necessario chiarire per quali ragioni, nella sfera di rischio che quei lavoratori erano chiamati a governare, vi erano anche le operazioni di scarico e se fosse per loro prevedibile che, pur essendo il carico sporgente dal pianale, le cinghie che lo assicuravano allo stesso sarebbero state sganciate senza prima essersi assicurati che fosse stabile e non potesse cadere, come prescritto dal manuale di uso e manutenzione di tali strumenti di trattenuta.

Per quanto esposto, il secondo motivo dei ricorsi proposti da C.C., E.E., B.B. e A.A. è fondato nella parte in cui lamenta carenza di motivazione quanto alla possibilità di ricondurre l'evento concretamente verificatosi alla sfera di rischio che i lavoratori addetti alle operazioni di carico avevano il compito di governare.

3. Il terzo motivo di ricorso, con il quale la difesa si duole della mancata applicazione dell'attenuante prevista dall'art. 114 c.p. è assorbito, per quanto riguarda C.C., E.E., B.B. e A.A., dall'accoglimento dei primi due motivi. E' invece manifestamente infondato per quanto riguarda la posizione del datore di lavoro, D.D..

La sentenza impugnata osserva che, se D.D. avesse adempiuto ai propri obblighi, valutando i rischi connessi alle attività affidate ai propri dipendenti, vietando il trasporto di materiali sporgenti dal pianale, predisponendo idonee procedure operative e fornendo i dipendenti di attrezzature adeguate, l'evento non si sarebbe verificato (pag. 11) e ciò esclude in radice che il contributo fornito da D.D. al verificarsi dell'evento possa avere avuto "minima importanza". A ciò deve aggiungersi che, "ai fini dell'integrazione della circostanza attenuante della minima partecipazione di cui all'art. 114 c.p., non è sufficiente una minore efficacia causale dell'attività prestata da un correo rispetto a quella realizzata dagli altri, in quanto è necessario che il contributo dato si sia concretizzato nell'assunzione di un ruolo di rilevanza del tutto marginale, ossia di efficacia causale così lieve rispetto all'evento da risultare trascurabile nell'economia generale dell'"iter" criminoso" (Sez. 4, n. 26525 del 07/06/2023, Malfarà, Rv. 284771; Sez. 6, n. 34539 del 23/06/2021, I., Rv. 281857; Sez. 2, n. 835 del 18/12/2012, dep. 2013, Modafferi, Rv. 254051).

4. Si deve ora esaminare il motivo di ricorso col quale la "D.D. montaggi impianti e nolo mezzi industriali Srl " deduce violazione di legge per essere stata ritenuta la responsabilità dell'ente, in conseguenza della ritenuta responsabilità del suo legale rappresentante. La difesa rileva che la sentenza impugnata ha individuato a carico di D.D. un profilo di colpa consistente nell'aver sottovalutato i rischi connessi alle operazioni di carico e scarico. Sostiene che tale sottovalutazione non può essere ritenuta funzionale ad un risparmio di spesa. Osserva che l'esistenza di un tale risparmio è stata affermata in termini apodittici, sull'assunto che, facendo trasportare i due tronchi di conduttura in un medesimo viaggio, D.D. avrebbe ottenuto un risparmio di tempo e, quindi, costi minori sia con riferimento all'impiego di carburante che alla forza lavoro.

Secondo l'ipotesi accusatoria, la condotta omissiva contestata a D.D. sarebbe stata realizzata "nell'interesse e a vantaggio dell'ente". La sentenza di primo grado ha ritenuto provato un "vantaggio di natura economica per l'azienda" consistito: nel non aver acquistato sistemi di ancoraggio adeguati, nel non averli sottoposti a regolare manutenzione, nel non aver fornito ai lavoratori un "pianale più ampio" o, comunque, nel non aver previsto "un sistema alternativo, tale da garantire la sicurezza e la protezione dei lavoratori" (pag. 31 della motivazione). La sentenza di appello ha escluso la rilevanza causale delle omissioni relative ai sistemi di trattenuta e, conseguentemente, non ha tenuto conto, ai fini della affermazione della responsabilità dell'ente, del relativo risparmio di spesa. Ha ritenuto, tuttavia, che la mancata previsione di procedure operative adeguate fosse funzionale a far sì che le due parti di conduttura che erano state rimosse il 16 novembre 2015 fossero trasportate nell'area di cantiere destinata alla società con un unico viaggio così risparmiando il carburante che sarebbe stato necessario per fare due viaggi e il tempo di lavoro che gli operai avrebbero dovuto impiegare per compiere due volte le operazioni di carico e scarico. La società ricorrente obietta che l'ipotizzato risparmio di costi non è tale da rivelare una "tensione finalistica" verso questo obiettivo della condotta omissiva ascritta al legale rappresentante.

4.1. In tema di responsabilità da reato degli enti, la giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che i criteri di imputazione riferiti all'interesse e al vantaggio siano giuridicamente distinti: il primo è criterio soggettivo, da valutare "ex ante", e consiste nella proiezione finalistica volta a far conseguire all'ente un profitto indipendentemente dall'effettiva realizzazione dello stesso, il secondo è criterio oggettivo, accertabile "ex post" e consiste nel concreto vantaggio derivato all'ente dal reato (Sez. Un., n. 38343 del 24 aprile 2014, P.G., R.C., Espenhahn, Rv. 261114; Sez. 4, n. 38363 del 23/05/2018, Consorzio Melinda s.c.a., Rv. 274320; Sez. 4, n. 24697 del 20/04/2016, Mazzotti, Rv. 268066). La sentenza impugnata qualifica come "vantaggio" il risparmio di spesa consistito nell'evitare due viaggi e, per questa ragione, si disinteressa della proiezione finalistica della condotta verso l'obiettivo indicato, limitandosi a constatare che vi fu per l'ente un vantaggio oggettivo nell'eseguire un unico viaggio impiegando una sola squadra di lavoratori per le operazioni di carico e una sola squadra di lavoratori per le operazioni di scarico. La sentenza sostiene dunque che, omettendo di provvedere diversamente, D.D. conseguì un risparmio di spesa. Con queste argomentazioni il ricorso non si confronta perchè si limita ad osservare che la condotta omissiva ascritta al legale rappresentante della società, valutata ex ante, non appare finalizzata ad ottenere un risparmio. Ignora, però, che il vantaggio conseguito dall'ente per effetto del reato ben può essere accertato ex post come è avvenuto nel caso di specie. La difesa contesta che un tale vantaggio ci sia stato sostenendo che l'azienda era dotata di altri tre pianali, disponeva di altre motrici e poteva avvalersi, in uno stesso turno, di più operai abilitati alla guida di mezzi pesanti. Tali affermazioni, tuttavia, non sono documentate sicchè, sul punto, il ricorso non è autosufficiente.

A ciò deve aggiungersi che la difesa non ha spiegato perchè l'utilizzo di altri mezzi e di altra forza lavoro non avrebbe comportato alcun aggravio di costi per la società e che, secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale, "il criterio di imputazione oggettiva del vantaggio di cui al D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, art. 5 è integrato anche da un esiguo, ma oggettivamente apprezzabile, risparmio di spesa e può altresì consistere nella velocizzazione dell'attività d'impresa, tale da incidere sui tempi di lavorazione" (Sez. 3, n. 26805 del 16/03/2023, Consorzio Trasporti Riviera Soc. Coop. Spa Rv. 284782). Si deve ricordare, inoltre, che, "in tema di responsabilità degli enti derivante da reati di lesioni personali colpose in violazione della disciplina antinfortunistica, il criterio di imputazione oggettiva del vantaggio di cui al D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, art. 5 è integrato anche da un esiguo, ma oggettivamente apprezzabile, risparmio di spesa, collegato all'inosservanza, pur non sistematica, delle cautele per la prevenzione degli infortuni riguardanti un'area rilevante di rischio aziendale" (Sez. 4, n. 33976 del 30/06/2022, Cantina Sociale Bartolomeo da Breganze Scarl , Rv. 283556).

4.2. Per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio, del quale la società ricorrente si duole, basta osservare che la sanzione amministrativa pecuniaria è stata determinata nella misura di 250 quote, pari al minimo previsto dal D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 25 septies, comma 2, e per ogni quota è stato determinato un importo di Euro 258,00 corrispondente al minimo previsto dall'art. 10, comma 2, del medesimo decreto. Si è giunti così alla misura finale di Euro 64.500,00 che è il minimo previsto dalla legge nel caso in cui la responsabilità dell'ente sia riferita a violazione dell'art. 589 c.p., comma 2.

5. Per quanto esposto il primo e il secondo motivo dei ricorsi proposti da C.C., E.E., B.B., A.A., meritano accoglimento e il terzo motivo è assorbito. Con riferimento a queste posizioni la sentenza impugnata deve pertanto essere annullata, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Lecce, cui si demanda anche la regolamentazione fra le parti delle spese di questo giudizio di legittimità.

Sono infondati, invece, tutti i motivi di ricorso proposti da D.D. e dalla "D.D. Srl ". Al rigetto di questi ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.


Annulla la sentenza impugnata limitatamente alle posizioni di C.C., E.E., B.B., A.A. e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di Lecce.

Rigetta i ricorsi di D.D. e della "D.D. Srl ", che condanna al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 14 novembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2023