Camera dei Deputati
XIX LEGISLATURA

N. 1539


DISEGNO DI LEGGE

presentato dal ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale
(TAJANI)
di concerto con il ministro dell'interno
(PIANTEDOSI)
con il ministro del lavoro e delle politiche sociali
(CALDERONE)
con il ministro della giustizia
(NORDIO)
e con il ministro dell'economia e delle finanze
(GIORGETTI)

Ratifica ed esecuzione del Protocollo relativo alla Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) n. 29 sul lavoro forzato e obbligatorio, adottato a Ginevra il giorno 11 giugno 2014 nel corso della centotreesima sessione della Conferenza generale dell'OIL

Presentato il 10 novembre 2023
 

Onorevoli Deputati! – Con il presente disegno di legge il Governo chiede alle Camere di autorizzare la ratifica del Protocollo relativo alla Convenzione sul lavoro forzato del 1930 (P 29), unitamente alla Raccomandazione (R 203), che è stato adottato dalla Conferenza internazionale del lavoro, nella sua 103° sessione, l'11 giugno 2014.
La Convenzione n. 29 sul lavoro forzato è stata ratificata dall'Italia con la legge 29 gennaio 1934, n. 274.
Com'è noto, il Protocollo è giuridicamente vincolante per gli Stati membri che lo ratificano, mentre la Raccomandazione fornisce indicazioni tecniche per la sua attuazione.
Il Protocollo rafforza il quadro giuridico internazionale, creando nuovi obblighi per prevenire il ricorso al lavoro forzato, in particolare nel contesto della tratta degli esseri umani, per migliorare la protezione delle vittime e prevedere azioni di risarcimento per i danni materiali e fisici da esse subiti.
Il Protocollo entrerà in vigore dodici mesi dopo la data di registrazione, da parte del Direttore generale, della ratifica di almeno due Stati membri. Successivamente, per ogni singolo Stato membro, entrerà in vigore dodici mesi dopo la data di registrazione della sua ratifica.

1. Struttura del Protocollo
Il Protocollo è composto da 12 articoli:
i primi 7 articoli prevedono le misure per prevenire ed eliminare il lavoro forzato;
i successivi articoli, dall'8 al 12, prevedono le condizioni necessarie per l'entrata in vigore del Protocollo, nonché le procedure per la ratifica e la denuncia da parte dei singoli Stati membri.
L'articolo 1 stabilisce l'obbligo degli Stati membri di adottare misure efficaci per prevenire ed eliminare l'utilizzo del lavoro forzato, per assicurare alle vittime protezione e l'accesso ad azioni adeguate ed efficaci di ricorso e risarcimento (indennizzo), nonché per sanzionare i responsabili dei reati connessi al lavoro forzato o obbligatorio. Prevede, altresì, l'obbligo di elaborare, previa consultazione delle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori, una politica nazionale e un piano d'azione nazionale per l'eliminazione effettiva e duratura del lavoro forzato o obbligatorio, in cui siano previste azioni sistematiche adottate dalle Autorità competenti, eventualmente in coordinamento con le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori, nonché con altri gruppi interessati.
Ribadisce, inoltre, la definizione di lavoro forzato o obbligatorio riportata nella Convenzione n. 29/1930, in base alla quale le misure di cui al presente Protocollo devono comprendere specifiche azioni contro la tratta di persone finalizzata al lavoro forzato o obbligatorio.
L'articolo 2 specifica le misure per prevenire il lavoro forzato o obbligatorio, di seguito indicate:
istruzione e informazione delle persone, soprattutto a quelle considerate più vulnerabili, per evitare che diventino vittime di lavoro forzato o obbligatorio;
istruzione e informazione dei datori di lavoro, per evitare che vengano coinvolti in situazioni di lavoro forzato o obbligatorio;
azioni per garantire che il campo di applicazione della legislazione sulla prevenzione del lavoro forzato o obbligatorio e il controllo della sua applicazione, inclusa, eventualmente, la normativa del lavoro, copra tutti i lavoratori e i settori dell'economia e che siano rafforzati i servizi dell'ispezione del lavoro e degli altri soggetti responsabili dell'applicazione di questa legislazione;
protezione delle persone, in particolare dei lavoratori migranti, contro eventuali pratiche abusive o fraudolenti durante le procedure di reclutamento e collocamento al lavoro;
sostegno ai settori pubblico e privato, per prevenire e affrontare i rischi di lavoro forzato o obbligatorio;
azioni per affrontare le cause che determinano il rischio di lavoro forzato o obbligatorio e i fattori che lo aumentano.
L'articolo 3 prevede l'obbligo degli Stati membri di adottare misure efficaci per identificare, liberare e proteggere tutte le vittime del lavoro forzato o obbligatorio, consentire il loro recupero e la loro riabilitazione, così come altre forme di assistenza e sostegno.
L'articolo 4 prevede che ogni Stato membro garantisca a tutte le vittime del lavoro forzato o obbligatorio, a prescindere dalla loro presenza o dal loro status giuridico nel territorio nazionale, l'accesso a rimedi adeguati ed efficaci di risarcimento, come l'indennizzo.
Prevede, altresì, l'obbligo di ogni Stato membro, conformemente ai princìpi fondamentali del proprio ordinamento giuridico, di adottare le misure necessarie per assicurare che le Autorità competenti non siano tenute a perseguire o imporre sanzioni alle vittime del lavoro forzato o obbligatorio per la loro partecipazione ad attività illecite, che sono costrette a compiere come conseguenza diretta della sottomissione al lavoro forzato o obbligatorio.
L'articolo 5 prevede l'obbligo degli Stati membri di cooperare tra di loro per garantire la prevenzione e l'eliminazione di tutte le forme di lavoro forzato o obbligatorio.
L'articolo 6 stabilisce che le misure adottate per l'attuazione delle disposizioni del presente Protocollo e della Convenzione n. 29 devono essere previste dalla legislazione nazionale o dall'Autorità competente, previa consultazione delle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori interessate.
L'articolo 7 prevede l'abrogazione delle disposizioni transitorie dell'articolo 1, paragrafi 2 e 3, nonché degli articoli da 3 a 24 della Convenzione n. 29.

2. Finalità del Protocollo
L'adozione del Protocollo è stata dettata dalla necessità di colmare le lacune riscontrate nell'applicazione della Convenzione n. 29 sul lavoro forzato attraverso la formulazione di nuove norme, finalizzate a prevenire il ricorso al lavoro forzato, in particolare nel contesto della tratta degli esseri umani, nonché a rafforzare la protezione delle vittime, anche attraverso azioni di risarcimento.
Il Protocollo, peraltro, prevede l'abrogazione delle disposizioni transitorie contenute nella Convenzione n. 29.
Il Protocollo, più specificamente, nell'ambito della prevenzione, valorizza:
la funzione preventiva dell'ispezione del lavoro nonché la necessità di un miglior coordinamento con altri organismi incaricati di far applicare la normativa in tale materia;
l'importanza di svolgere attività di sensibilizzazione rivolta alle persone maggiormente esposte al rischio di lavoro forzato.
Nell'ambito della protezione delle vittime, il Protocollo evidenzia:
la necessità di migliorare l'identificazione delle vittime del lavoro forzato e di stabilire misure appropriate per la loro protezione;
la necessità di prevedere adeguate azioni risarcitorie.
Il Protocollo, inoltre, per l'attuazione della normativa in materia di lavoro forzato, richiama:
la necessità di adottare misure adeguate per il rafforzamento dei servizi dell'ispezione del lavoro;
l'importanza della cooperazione e del coordinamento tra l'ispezione del lavoro e gli altri soggetti responsabili dell'attuazione della legislazione in materia;
la necessità di facilitare l'accesso delle vittime alla giustizia;
l'importanza di comminare sanzioni efficaci ai responsabili dei reati connessi al lavoro forzato o obbligatorio.

3. Quadro normativo di riferimento nell'ordinamento nazionale
Di seguito sono riportate le disposizioni normative vigenti che già assicurano attuazione alle previsioni contenute nel Protocollo. Si tratta in particolare di:
articolo 600 del codice penale (Riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù);
articolo 601 del codice penale (Tratta di persone);
articolo 602 del codice penale (Acquisto e alienazione di schiavi);
articolo 603-bis del codice penale (Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro);
articoli 603-bis.1 (Circostanza attenuante) e 603-bis.2 (Confisca obbligatoria) del codice penale, introdotti dalla legge 29 ottobre 2016, n. 199;
il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286;
articolo 3, comma 3, del decreto-legge n. 12 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 73 del 2002, come modificato dall'articolo 22 del decreto legislativo n. 151 del 2015;
legge 11 agosto 2003, n. 228, recante misure contro la tratta di persone;
legge 2 luglio 2010, n. 108, recante Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno (Convenzione di Varsavia);
decreto legislativo 16 luglio 2012, n. 109, di attuazione della direttiva 2009/52/CE che introduce norme minime relative a sanzioni e provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, che ha modificato gli articoli 22 e 24 del decreto legislativo n. 286 del 1998;
decreto legislativo 21 febbraio 2014, n. 18, di attuazione della direttiva 2011/95/UE recante norme sull'attribuzione a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta;
decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 24, di attuazione della direttiva 2011/36/UE, relativa alla prevenzione e alla repressione della tratta di esseri umani e alla protezione delle vittime, che sostituisce la decisione quadro 2002/629/GAI;
decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151;
Piano nazionale d'azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani, adottato dal Consiglio dei ministri il 26 febbraio 2016 e successivamente aggiornato il 19 ottobre 2022 (PNA 2022-2025);
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 maggio 2016, relativo al Programma unico di emersione, assistenza e integrazione sociale;
legge 7 luglio 2016, n. 122, recante disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2015-2016;
legge 29 ottobre 2016, n. 199, recante disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo;
decreto del Ministro dell'interno 10 febbraio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 93 del 21 aprile 2017, recante determinazione delle modalità e dei termini per garantire ai cittadini stranieri interessati le informazioni di cui all'articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2009/52/CE, che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti dei datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, recepita con il decreto legislativo 16 luglio 2012, n. 109. Tale decreto disciplina le modalità con le quali il lavoratore straniero assunto illegalmente può far valere i propri diritti nei confronti del datore di lavoro;
legge 7 aprile 2017, n. 47, contenente disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati;
decreto del Ministro dell'interno 22 dicembre 2018, n. 151, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 39 del 15 febbraio 2019, recante regolamento di attuazione della direttiva 2009/52/CE che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti dei datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare; tale decreto, previsto dall'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 16 luglio 2012, n. 109, stabilisce i criteri per la determinazione del costo medio del rimpatrio e relativo aggiornamento, ai fini dell'applicazione della sanzione amministrativa di cui all'articolo 22, comma 12-ter, del testo unico delle disposizioni in materia di immigrazione ove si stabilisce che «con la sentenza di condanna il giudice applica la sanzione amministrativa accessoria del pagamento del costo medio del rimpatrio del lavoratore straniero assunto illegalmente».

4. Stato di conformità
Il Protocollo stabilisce per tutti gli Stati membri nuovi obblighi per prevenire il ricorso al lavoro forzato e contrastare la tratta degli esseri umani, nonché per migliorare la protezione delle vittime e prevedere misure di risarcimento per i danni materiali e fisici da esse subiti. Al riguardo, si fa presente quanto segue.
Com'è noto, ormai da diversi anni, lo Stato italiano combatte tenacemente la tratta delle persone, su vari fronti e con mezzi e strumenti di diversa natura, diretti a perseguire, reprimere e, ove possibile, prevenire le condotte illecite dei trafficanti, nonché con misure differenziate di assistenza ed integrazione sociale, finalizzate alla fuoriuscita delle vittime della tratta dai circuiti di sfruttamento. In tale ambito, il nostro Paese si è dotato di validi strumenti normativi, per contrastare in maniera efficace il fenomeno del traffico di esseri umani.
Al riguardo, si evidenzia che, in considerazione della stretta connessione tra traffico di persone e sfruttamento lavorativo, riscontrate soprattutto in relazione all'aumento dei flussi migratori e alle conseguenti condizioni di maggiore vulnerabilità dei soggetti coinvolti, è stato emanato il decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 24, che ha recepito la direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime.
In riferimento alla tutela delle vittime del traffico di persone, tale decreto ha introdotto il principio della rilevanza del concetto di «vulnerabilità», riferito a categorie di persone quali minori, minori non accompagnati, anziani, disabili, donne, in particolare se in stato di gravidanza, genitori singoli con figli minori, che per motivi soggettivi (sesso, nazionalità, età, condizione di disabilità) e oggettivi (tipologia contrattuale non standard) risultano più frequentemente esposti a condizioni di lavoro sfavorevoli, quali ad esempio: limitate tutele contrattuali, previdenziali e assicurative; discriminazione; violenza (psicologica, fisica, sessuale o di genere); precarietà e nessuna o scarsa rappresentanza a livello sindacale.
Nell'ottica del rafforzamento della protezione delle vittime, il decreto legislativo n. 24 del 2014 ha sancito l'obbligo di fornire un'adeguata informazione alle stesse, in particolare ai minori non accompagnati, vittime di tratta, circa i propri diritti.
Ha stabilito, altresì, che siano previsti specifici moduli formativi obbligatori sulle questioni inerenti alla tratta degli esseri umani per i pubblici ufficiali interessati, da inserire all'interno dei percorsi di formazione realizzati dalle amministrazioni competenti.
Inoltre, ha modificato alcune disposizioni del codice penale. In particolare, l'articolo 2 del decreto legislativo n. 24 del 2014 è intervenuto in merito alla fattispecie di cui agli articoli 600 (riduzione in schiavitù) e 601 (tratta di persone) del codice penale, mediante un rafforzamento dello strumento punitivo e l'estensione del relativo campo di applicazione, assicurando, in tal modo, che nessuna delle possibili manifestazioni della tratta di esseri umani possa sfuggire alla repressione penale, e, nel contempo, fornendo una definizione dei reati di riduzione o mantenimento in schiavitù e tratta di persone rispondente a quella della direttiva europea.
Per questo motivo all'articolo 600 del codice penale è stato aggiunto, fra le attività cui può essere costretta la vittima di tratta, il prelievo di organi e qualunque prestazione illecita.
La nuova formulazione dell'articolo 601 del codice penale, al generico riferimento alla tratta di persona, sostituisce l'indicazione di specifiche condotte poste in essere nei confronti delle vittime, includendovi il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l'accoglienza e la cessione d'autorità sulla persona; ciò «al fine di indurle o costringerle a prestazioni lavorative, sessuali, ovvero all'accattonaggio o comunque al compimento di attività illecite che ne comportano lo sfruttamento o a sottoporsi al prelievo di organi».
È stato peraltro aggiunto un secondo comma nel quale si prevede che, nell'ipotesi in cui la vittima della tratta sia una persona minore d'età, il reato sussiste anche in assenza delle modalità di cui al primo comma (frode, inganno, minaccia, dazione di denaro, etc.).
Con successivo decreto legislativo 1° marzo 2018, n. 21, sono stati aggiunti due ulteriori commi all'articolo 601 del codice penale. In particolare, il terzo comma, stabilisce l'aumento della pena fino a un terzo per il comandante o ufficiale della nave nazionale o straniera che commette o concorre a realizzare alcuno dei fatti previsti dai primi due commi del reato in esame; il quarto comma punisce con la reclusione da tre a dieci anni il componente dell'equipaggio di nave nazionale o straniera destinata, prima della partenza o in corso di navigazione, alla tratta, ancorché non sia stato compiuto alcun fatto previsto dal primo o dal secondo comma o di commercio di schiavi.
Altre novità significative introdotte dal decreto legislativo n. 24 del 2014 riguardano: la codificazione dell'irrilevanza del consenso della vittima allo sfruttamento, qualora sia stato utilizzato ai suoi danni uno dei metodi coercitivi previsti; la punibilità dell'istigazione, del favoreggiamento, del controllo e del tentativo di tratta; il diritto all'indennizzo da parte della vittima.
Tra tali novità, una delle più rilevanti è il riconoscimento del diritto delle vittime a ricevere un indennizzo in relazione al reato subìto (articolo 6 del decreto legislativo, che ha integrato l'articolo 12 della legge 11 agosto 2003, n. 228, sulla tratta), sanando, in tal modo, una lacuna del nostro ordinamento, che non assicurava un sistema generalizzato di indennizzo a favore delle vittime dei reati intenzionali violenti.
Con specifico riferimento al diritto all'indennizzo, si segnala, inoltre, quanto previsto dall'articolo 11, comma 1, della legge 7 luglio 2016, n. 122, che prevede espressamente un diritto all'indennizzo a carico dello Stato a favore della vittima del reato di cui all'articolo 603-bis del codice penale.
Tale risarcimento, disposto in un ammontare fisso pari ad euro 1.500 per ciascuna vittima, viene corrisposto nel rispetto di una serie di condizioni stabilite dal decreto legislativo ed è a carico del Fondo annuale per le misure anti-tratta, già esistente e alimentato per legge con i proventi derivanti dalla confisca dei beni a seguito di sentenza di condanna penale.
Le condizioni per l'accesso al Fondo sono previste in modo tale da garantire che il sistema pubblico di indennizzo sia sostenibile ed intervenga solo a favore di coloro che effettivamente non possano ottenere ristoro dai responsabili del reato. Ciò allo scopo di impiegare effettivamente le limitate risorse finanziarie assegnate, prevenendo eventuali indebite elargizioni che, esaurendo le disponibilità economiche, inevitabilmente pregiudicherebbero i reali aventi diritto.
Il diritto all'indennizzo è riconosciuto anche nei casi in cui sia rimasto ignoto l'autore del reato.
In caso di insufficienza delle disponibilità finanziarie annuali del Fondo, le richieste di indennizzo accolte e non soddisfatte sono poste a carico del successivo esercizio finanziario e hanno precedenza rispetto alle richieste presentate nel medesimo esercizio.
Si evidenzia, inoltre, l'articolo 4 del medesimo decreto legislativo n. 24 del 2014, dedicato ai minori stranieri non accompagnati, vittime di tratta, che ha definito una serie di disposizioni affinché nei loro confronti sia assicurata una particolare tutela: ad esempio, l'obbligo di informazione del minore sui diritti di cui gode, incluso l'eventuale accesso alla procedura di determinazione della protezione internazionale.
In attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 24 del 2014, allo scopo di rendere più coordinata ed efficace l'azione di prevenzione e di contrasto del fenomeno della tratta e di assistenza e integrazione delle vittime, è stato emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 maggio 2016, che ha definito il Programma unico di emersione, assistenza e integrazione sociale.
L'articolo 9 del decreto legislativo n. 24 del 2014, inoltre, ha previsto l'adozione del Piano nazionale d'azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani (PNA), finalizzato a definire misure, azioni e strategie pluriennali di intervento per la prevenzione e il contrasto del fenomeno, nonché azioni mirate alla sensibilizzazione, alla prevenzione, all'emersione e all'integrazione sociale delle vittime, favorendo sinergie tra le varie amministrazioni centrali, territoriali e locali competenti.
Tale Piano d'azione, adottato dal Consiglio dei Ministri per la prima volta il 26 febbraio 2016, è stato successivamente aggiornato in data 19 ottobre 2022, con l'adozione del nuovo PNA 2022-2025.
Il Piano definisce le strategie pluriennali e le azioni finalizzate alla sensibilizzazione, alla prevenzione, all'emersione e all'integrazione sociale delle vittime di tratta e grave sfruttamento ed è fondato sulle quattro direttrici (prevention, prosecution, protection, partnership), che a livello internazionale guidano la lotta alla tratta degli esseri umani. In particolare, nell'ambito della prevenzione, il Piano prevede azioni volte a scongiurare l'ulteriore propagarsi del fenomeno della tratta e del grave sfruttamento e cita, espressamente, azioni di cooperazione integrata con il settore privato, il Terzo settore e i sindacati per la realizzazione di interventi atti a sensibilizzare sull'uso di impiego di lavoro forzato.
Il Piano è, inoltre, parte integrante di una strategia unitaria di interventi e, per quanto riguarda, in particolare, le vittime di sfruttamento lavorativo, le attività previste dal Piano vanno integrate con quelle previste dal Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato 2020-2022 e le Linee-guida in materia di identificazione, protezione e assistenza alle vittime di sfruttamento lavorativo in agricoltura, approvate in sede di Conferenza unificata il 7 ottobre 2021. Il PNA prevede espressamente l'attivazione di un coordinamento in tal senso a livello nazionale, regionale e locale.
La natura transnazionale del fenomeno della tratta, inoltre, impegna il Governo ad adottare strumenti di partenariato e di collaborazione con gli altri Stati interessati, sia nell'ottica della prevenzione dei reati e della cooperazione investigativa e giudiziaria, sia per favorire lo scambio di buone pratiche e di strumenti di lavoro, rispetto, in particolare, ai Paesi di origine.
Per quanto riguarda la protezione e la riabilitazione delle vittime del traffico di persone, il sistema italiano prevede una struttura basata fondamentalmente su tre pilastri di azione, ai quali sono collegati altrettanti dispositivi di intervento.
Il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 24 del 2014, è l'organismo deputato a coordinare, monitorare e valutare gli esiti delle politiche di prevenzione, contrasto e protezione sociale delle vittime, a cui è stato conferito un ruolo centrale nelle politiche nazionali di settore, con particolare riferimento alle attività di indirizzo e coordinamento degli interventi di prevenzione sociale del fenomeno e di assistenza alle vittime, nonché di programmazione delle risorse finanziarie in ordine agli interventi di assistenza e di integrazione sociale delle vittime.
Il sistema italiano prevede un programma di assistenza e protezione per le persone vittime di tratta, realizzato conformemente alle leggi nazionali in materia e gestiti direttamente dal citato Dipartimento. Tale programma comprende:
misure a breve termine, di cui all'articolo 13 della legge 11 agosto 2003, n. 228, recante misure contro la tratta di persone, che prevedono la costituzione di un Fondo speciale per la realizzazione di interventi per l'emersione, l'identificazione e la prima assistenza di persone straniere e comunitarie, adulte e minori, vittime dei reati di riduzione in schiavitù e tratta (di cui agli articoli 600 e 601 del codice penale, come modificati dal decreto legislativo n. 24 del 2014);
misure a lungo termine, di cui all'articolo 18 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, che prevedono anche la possibilità di rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale alle persone vittima di tratta, violenza e grave sfruttamento che intendono sottrarsi ai condizionamenti delle organizzazioni criminali che le sfruttano. Scopo principale è garantire l'integrazione sociale e l'inserimento lavorativo delle persone beneficiarie degli interventi.
Accanto a tali dispositivi, è attiva un'azione di sistema denominata «Numero verde anti-tratta», con il compito di supportare e facilitare il coordinamento e il funzionamento dei suddetti progetti di assistenza.
Presso il Dipartimento per le pari opportunità ha inoltre operato la Commissione interministeriale per il sostegno alle vittime di tratta, violenza e grave sfruttamento, istituita ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 102, e composta dai rappresentanti dei Ministri per le pari opportunità, del lavoro e delle politiche sociali, della famiglia, dell'interno e della giustizia, nonché da due rappresentanti della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997.
Tale Commissione, organismo di carattere tecnico, con compiti di indirizzo, controllo e di programmazione delle risorse in ordine al programma sopra descritto, è stata soppressa, e le sue funzioni sono state attribuite al Dipartimento per le pari opportunità.
Per quanto riguarda le attività in campo internazionale, si evidenzia che il Dipartimento per le pari opportunità svolge il ruolo di focal point in materia di prevenzione e contrasto della tratta di persone, partecipando a numerosi eventi, iniziative e progetti, sia a livello europeo che internazionale.
A tale proposito, occorre anche richiamare la legge 2 luglio 2010, n. 108, recante ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005, (Convenzione di Varsavia), il cui scopo è quello di affrontare il fenomeno della tratta con un'ottica europea e non solo nazionale.
La Convenzione di Varsavia, entrata in vigore il 1° febbraio 2008, ha come obiettivo la prevenzione e la lotta, in ambito sia nazionale che internazionale, contro la tratta degli esseri umani in tutte le sue forme, collegate o meno alla criminalità organizzata, e in relazione a tutte le vittime, siano esse donne, bambini o uomini. La Convenzione non riguarda unicamente la tratta a fini di sfruttamento sessuale, ma anche il lavoro forzato e altre pratiche di traffico illecito delle persone e si ispira al principio della protezione e della promozione dei diritti delle vittime che devono essere tutelati senza alcuna discriminazione.
Gli scopi che la Convenzione persegue sono indicati sinteticamente con la cosiddetta «formula delle quattro P»:
prevenire e combattere la tratta di esseri umani;
perseguire gli autori del reato;
proteggere i diritti umani delle vittime;
promuovere la cooperazione internazionale.
In tale contesto, l'Italia si è fatta promotrice di alcune proposte, peraltro accettate e inserite nel testo della Convenzione, quali la creazione di osservatori per monitorare il fenomeno e la raccolta di dati relativi alle varie forme di abuso e sfruttamento.

4.1. Sfruttamento di lavoratori stranieri in situazione irregolare
Nell'attività di contrasto dei fenomeni illeciti di sfruttamento lavorativo, un ruolo di grande rilievo viene costantemente svolto dal personale ispettivo confluito nell'Ispettorato nazionale del lavoro, istituito ai sensi del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149, e sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Gli ispettori del lavoro, infatti, in qualità di ufficiali di polizia giudiziaria, sono tenuti a riferire all'autorità giudiziaria le notizie di reato di cui vengano a conoscenza, nel corso della quotidiana azione di controllo del rispetto delle leggi sul lavoro.
Con specifico riferimento al fenomeno del lavoro forzato, la valutazione che permette agli ispettori di individuare le situazioni di potenziale e reale rischio di sfruttamento lavorativo è connessa con la verifica del libero assenso del lavoratore al momento dell'inizio di fatto della prestazione lavorativa e della sua libera disponibilità a recedere dalla stessa.
A tale scopo, vengono realizzati seminari informativi e di scambio di esperienze tra i diversi operatori impegnati sul tema, finalizzati ad elaborare criteri condivisi di individuazione delle vittime, nonché a realizzare interventi di protezione e di reinserimento sociale delle stesse, trattandosi spesso di immigrati privi di permesso di soggiorno, non pienamente consapevoli dei propri diritti.
Inoltre, per facilitare l'attività di identificazione, è stato anche elaborato il manuale «Il lavoro forzato e la tratta di esseri umani», ad uso del personale ispettivo.
Durante gli accertamenti sul luogo di lavoro, così come nel corso del ricevimento delle denunce da parte di lavoratori e di organizzazioni sindacali, gli organi di vigilanza possono svolgere importanti funzioni di prevenzione e favorire una presa di coscienza degli stessi lavoratori rispetto alle possibili situazioni di sfruttamento e agli strumenti di tutela che l'ordinamento offre alle vittime di tratta e lavoro forzato.
La normativa nazionale prevede il divieto di occupazione dei lavoratori extracomunitari privi del permesso di soggiorno e le eventuali irregolarità commesse in materia dai datori di lavoro assumono un duplice rilievo, sia in relazione alle sanzioni previste per il ricorso al lavoro nero (illecito amministrativo), sia con riferimento alle fattispecie penali di occupazione di manodopera priva di permesso di soggiorno e di favoreggiamento e sfruttamento dell'immigrazione clandestina (illecito penale).
Tra gli interventi legislativi aventi ripercussioni nella materia in esame, si segnala l'articolo 22 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151, recante modifiche alle disposizioni in materia di sanzioni, previste dall'articolo 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73.
Il citato articolo 22, confermando l'applicazione di sanzioni per l'impiego di lavoratori c.d. «in nero», ossia di lavoratori subordinati assunti senza comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro, ad esclusione del datore domestico, rimodula gli importi in chiave progressiva proporzionale, sulla base di specifiche fasce o soglie di gravità, nel modo di seguito indicato:
da 1.500 a 9 mila euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego per un periodo fino a 30 giorni effettivi di lavoro;
da 3 mila a 18 mila euro per ciascun lavoratore, in caso di impiego fra i 30 e i 60 giorni;
da 6 mila a 36 mila euro, in caso di impiego oltre i 60 giorni.
La novità di maggiore rilievo è costituita dalla previsione di un incremento sanzionatorio pari al 20 per cento in caso di impiego di lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno, o con permesso scaduto e non rinnovato (oltre che di minori in età non lavorativa) che, data la loro particolare vulnerabilità economica e sociale, sono particolarmente esposti al rischio di grave sfruttamento lavorativo.
Particolare rilevanza riveste per il personale ispettivo la normativa che prevede specifiche sanzioni, a carico del datore di lavoro, per le ipotesi di reato concernenti l'occupazione illecita di lavoratori privi di permesso di soggiorno o il cui permesso di soggiorno sia stato revocato, annullato o sia scaduto.
In particolare, l'articolo 22 del decreto legislativo n. 286 del 1998, come modificato dal decreto legislativo 16 luglio 2012, n. 109, in attuazione della direttiva 2009/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, prevede, al comma 12, che «il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno... è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa di 5.000 euro per ogni lavoratore impiegato» e, al nuovo comma 12-bis, l'introduzione di aggravanti specifiche per i casi di impiego di più di tre clandestini o di minori in età non lavorativa e di accertamento delle altre condizioni lavorative di particolare sfruttamento di cui al terzo comma dell'articolo 603-bis del codice penale (c.d. «caporalato»).
In tali ipotesi aggravate è altresì prevista la sanzione amministrativa accessoria del pagamento del costo del rimpatrio del lavoratore straniero, assunto illegalmente a seguito di sentenza di condanna del datore di lavoro e il rilascio del permesso di soggiorno allo straniero che abbia presentato denuncia e cooperi nel procedimento penale instaurato nei confronti del datore di lavoro che lo abbia assoggettato a particolari forme di sfruttamento lavorativo (articolo 22, comma 12-quater, del decreto legislativo n. 286 del 1998).
Al riguardo, si evidenzia che i lavoratori irregolari possono rivolgersi direttamente all'autorità giudiziaria, all'autorità di polizia, agli uffici territoriali dell'Ispettorato nazionale del lavoro ed agli uffici territoriali degli enti previdenziali per denunciare l'assunzione irregolare e chiedere, oltre all'erogazione delle sanzioni previste, anche il pagamento della retribuzione e dei contributi previdenziali dovuti.
Nell'ipotesi in cui i lavoratori extracomunitari, in stato di particolare sfruttamento lavorativo, non denuncino i loro datori di lavoro o non cooperino nei procedimenti penali a loro carico, si richiama la possibilità di ricorrere al sistema di protezione, quale quello garantito fondamentalmente dall'articolo 13 della legge n. 228 del 2003 e dall'articolo 18 del decreto legislativo n. 286 del 1998, come sopra descritto, unitamente a tutti gli altri dispositivi di intervento e strumenti (normativi e non) sopra indicati. Tra questi, si ricordano: il numero verde anti-tratta, il decreto legislativo n. 24 del 2014, che, come in precedenza evidenziato, modificando gli articoli 600 e 601 del codice penale, ha rafforzato la risposta punitiva, estendendo l'ambito di applicazione delle disposizioni ivi contenute e consacrato il principio della rilevanza del concetto di vulnerabilità, consolidando così la tutela delle vittime dello sfruttamento.
Il citato fenomeno del caporalato, illecito spesso connesso alla fattispecie del lavoro forzato, è disciplinato dall'articolo 603-bis del codice penale (intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro), come modificato dall'articolo 1 della legge 29 ottobre 2016, n. 199, di seguito riportato:
«Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, chiunque:
1) recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori;
2) utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l'attività di intermediazione di cui al numero 1), sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno.
Se i fatti sono commessi mediante violenza o minaccia, si applica la pena della reclusione da cinque a otto anni e la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato».
A tale proposito, si richiama il Protocollo d'intesa con l'Automobile club d'Italia (ACI) stipulato il 2 settembre 2015, in base al quale il personale ispettivo è stato abilitato ad un'immediata verifica della titolarità dei mezzi di trasporto e, dunque, ad accedere ad informazioni essenziali per l'identificazione dei «caporali», con un conseguente rafforzamento dell'efficacia dei controlli e della effettività delle sanzioni.
Si segnala, inoltre, che nel citato articolo 603-bis del codice penale sono indicate le diverse circostanze che costituiscono in modo inequivocabile gli indici di sfruttamento, di seguito riportati:
1. la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;
2. la reiterata violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie;
3. la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro;
4. la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti.
Costituiscono aggravante specifica e comportano l'aumento della pena da un terzo alla metà:
il fatto che il numero di lavoratori reclutati sia superiore a tre;
il fatto che uno o più dei soggetti reclutati siano minori in età non lavorativa;
l'aver commesso il fatto esponendo i lavoratori sfruttati a situazioni di grave pericolo, avuto riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro.
Si segnala, infine, che, nell'ambito delle azioni intraprese per sostenere il lavoro agricolo regolare in tutte le sue forme è stata prevista la Cabina di regia istituita presso l'INPS per sovraintendere alla Rete del lavoro agricolo di qualità, ai sensi dell'articolo 6 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116.
Tra gli obiettivi della Cabina di regia rientra anche quello di realizzare un'efficace programmazione dei controlli, consentendo di orientarli prioritariamente verso quelle imprese non appartenenti alla Rete, salvo i casi previsti dalla citata disposizione, quali la presentazione di richieste di intervento da parte di lavoratori o organizzazioni sindacali, o le segnalazioni dell'autorità giudiziaria o di altra autorità amministrativa.
È utile segnalare, inoltre, il Protocollo sperimentale contro il caporalato e lo sfruttamento lavorativo in agricoltura, sottoscritto, in data 27 maggio 2016, dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, dal Ministro dell'interno e dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali.
L'obiettivo del Protocollo è quello di consolidare una rete, costituita da tutti i soggetti interessati, per la messa in campo di iniziative di prevenzione del caporalato attraverso la realizzazione di interventi concreti che consentano di migliorare le condizioni di accoglienza dei lavoratori e delle lavoratrici.
L'intesa è stata finora sottoscritta anche dall'Ispettorato nazionale del lavoro, dalle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Piemonte, Puglia e Sicilia, dalle organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil, dalle associazioni di categoria Coldiretti, Cia, Copagri, Confagricoltura, Acli Terra, Alleanza delle cooperative italiane, Caritas, Libera e dalla Croce rossa italiana.
Il personale ispettivo, oltre alla funzione di accertamento degli illeciti e di irrogazione delle relative sanzioni, svolge un significativo ruolo di prevenzione degli stessi e di promozione di una più diffusa e radicata cultura della legalità, attraverso una corretta e puntuale informazione nei confronti dei soggetti coinvolti.
Gli uffici territoriali dell'Ispettorato nazionale del lavoro, infatti, possono programmare specifiche iniziative informative e di aggiornamento indirizzate alle organizzazioni datoriali e sindacali e, per il loro tramite, anche alle potenziali vittime del lavoro forzato, al fine di sensibilizzare i soggetti operanti nei vari contesti territoriali sulle tematiche concernenti il rispetto della normativa vigente in materia lavoristica e previdenziale, prevenendo, di conseguenza, gravi forme di sfruttamento lavorativo.
Con specifico riferimento alle attività effettivamente svolte dall'Ispettorato nazionale del lavoro al fine di contrastare lo sfruttamento e la tratta degli esseri umani, negli ultimi anni è stata implementata l'attività di contrasto al caporalato e allo sfruttamento lavorativo, anche in attuazione del Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato (2020-2022). Al fine di rafforzare il proprio impegno nel contrasto ai fenomeni del caporalato e dello sfruttamento lavorativo di lavoratori migranti, nel 2020 e nel 2021, l'Ispettorato nazionale del lavoro ha altresì realizzato e coordinato – in attuazione di due progetti finanziati, rispettivamente, dalla Commissione europea, (SU.PR.EME. Italia) e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali (A.L.T. Caporalato!) – campagne di vigilanza straordinaria in alcune zone del Sud (nel solo settore agricolo) e del Centro Italia (prevalentemente, ma non soltanto in agricoltura), in collaborazione con qualificati mediatori dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni.
Tali azioni ispettive sono proseguite anche nel corso del 2022 e continueranno anche nel 2023 e 2024 in forza del progetto A.L.T. Caporalato D.U.E.
Da ultimo si segnala l'articolo 103 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 (cosiddetto decreto Rilancio) in materia di emersione di rapporti di lavoro, il quale introduce la possibilità di regolarizzare, mediante deposito di apposita istanza da parte del datore di lavoro ed in presenza di particolari presupposti, i rapporti di lavoro subordinato che coinvolgano lavoratori irregolarmente presenti sul territorio nazionale.
In conclusione, per quanto sopra esposto, appare evidente la sostanziale conformità della legislazione nazionale alle disposizioni del Protocollo. Pertanto, per la sua ratifica non si reputa necessario apportare alcuna modifica alla normativa vigente.

 

RELAZIONE TECNICA
(Articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196).

Relazione tecnico-finanziaria

La ratifica del Protocollo oggetto della presente relazione non comporta alcun nuovo o maggior onere a carico della finanza pubblica. L'attuazione del Protocollo non necessita infatti dell'introduzione, nell'ordinamento nazionale, di alcuna disposizione poiché tutto quanto è previsto dalla Convenzione è già contemplato nella normativa nazionale vigente.
In maggior dettaglio, e con specifico riferimento alle singole disposizioni che compongono il testo, si evidenzia in ogni caso quanto segue.

Articoli 1-5
L'articolo 1 è disposizione di ampia portata ed afferma, in termini assai generali, una molteplicità di obblighi la cui portata viene in concreto delineata dai successivi articoli 2, 3 e 4 del Protocollo.
Gli obiettivi indicati all’articolo 1, paragrafi 2 e 3, del Protocollo saranno realizzati tramite il Piano nazionale d’azione (PNA) contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani di cui all’articolo 13, comma 2- bis, della legge 228/2003. Al riguardo si segnala che in data 19 ottobre 2022 è stata deliberata dal Consiglio dei Ministri l’adozione del nuovo PNA 2022-2025.
Il Piano definisce le strategie pluriennali e le azioni finalizzate alla sensibilizzazione, alla prevenzione, all’emersione e all’integrazione sociale delle vittime di tratta e grave sfruttamento ed è fondato sulle quattro direttici che a livello internazionale guidano la lotta alla tratta degli esseri umani. In particolare, nell’ambito della “prevenzione”, il Piano prevede azioni volte a scongiurare l’ulteriore propagarsi del fenomeno della tratta e del grave sfruttamento e cita, espressamente, azioni di cooperazione integrata con il settore privato, il terzo settore e i sindacati per la realizzazione di interventi atti a sensibilizzare sull’uso di impiego di lavoro forzato. Il Piano è, inoltre, parte integrante di una strategia unitaria di interventi e, per quanto riguarda, in particolare, le vittime di sfruttamento lavorativo, le attività previste dal Piano vanno integrate con quelle previste dal Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato 2020-20222 e le Linee-guida in materia di identificazione, protezione e assistenza alle vittime di sfruttamento lavorativo in agricoltura, approvate in CU il 7 ottobre 2021. Il PNA prevede espressamente l’attivazione di un coordinamento in tal senso a livello nazionale, regionale e locale.
Si ritiene, pertanto, che tali strumenti integrati siano in grado di realizzare pienamente gli obiettivi indicati all’articolo 1, paragrafi 2 e 3, del Protocollo.
L'articolo 2, specifica, in particolare, le misure che ciascuno Stato Membro deve adottare al fine di prevenire il lavoro forzato. Tali misure risultano già assunte nel nostro ordinamento giuridico.
Il nostro ordinamento appresta, in primo luogo, tutela di rango penale alla protezione delle persone contro eventuali pratiche abusive o fraudolente durante il processo di reclutamento e di collocamento. Al riguardo, infatti, il titolo XII del Libro secondo del codice penale, prevede diverse fattispecie a specifico presidio degli interessi giuridici della persona (artt. da 600 a 603-bis c.p.)
Come già evidenziato, inoltre, nell’ottica di prevedere una politica e un piano d'azione nazionali per l'eliminazione del lavoro forzato, l'articolo 13, comma 2-bis della legge 11 agosto 2003, n. 228 ha previsto l’adozione di un Piano nazionale d'azione (PNA) contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani.
Tale Piano delinea la politica nazionale in materia, prevedendo quattro azioni riconducibili alla direttrice “prevenzione”.
Le attività, in particolare, a carico del Ministero del lavoro e delle politiche sociali sono tutte riconducibili ai compiti istituzionali del medesimo e sono pertanto espletate con le risorse umane e strumentali già disponibili i cui oneri gravano sui seguenti capitoli: Cap. 3680 (Competenze fisse e accessorie al personale al netto dell'imposta regionale sulle attività produttive), Cap. 3682 (somma occorrente per la concessione dei buoni pasto al personale), Cap. 3685 (somme dovute a titolo di imposta regionale sulle attività produttive sulle retribuzioni corrisposte ai dipendenti), Cap. 3689 (Spese per acquisto di beni e servizi), Cap. 3692 (Spese per la gestione ed il funzionamento del sistema informativo), Cap. 3783 (Fondo nazionale per le politiche migratorie), Cap. 7560 (Spese per acquisto di attrezzature e apparecchiature non informatiche, di mobilio e di dotazioni librarie).
Pertanto, le misure elencate all’articolo 2 del Protocollo sono già finanziate con oneri a carico dei capitoli di bilancio sopra richiamati. Sugli stessi, inoltre, gravano oneri riconducibili ad una serie di interventi finalizzati all’integrazione dei migranti, realizzati dalla Direzione Generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione.
In particolare, si precisa che a valere sul capitolo di spesa n. 3783 vengono finanziate tutte le attività finalizzate all’integrazione e alle altre competenze istituzionali della Direzione Generale e delle politiche di integrazione, mediante la sottoscrizione di convenzioni e accordi per i fini sopra indicati, tra cui quello di contrastare il fenomeno dello sfruttamento lavorativo.
Con specifico riferimento alle attività effettivamente svolte dall’Ispettorato nazionale del lavoro al fine di contrastare lo sfruttamento e la tratta degli esseri umani, negli ultimi anni è stata implementata l’attività di contrasto al caporalato e allo sfruttamento lavorativo, anche in attuazione del Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato (2020-2022). Al fine di rafforzare il proprio impegno nel contrasto ai fenomeni del caporalato e dello sfruttamento lavorativo di lavoratori migranti, nel 2020 e nel 2021, l’INL ha altresì realizzato e coordinato - in attuazione di due progetti finanziati, rispettivamente, dalla Commissione Europea, (“SU.PR.EME.” Italia) e dal Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali (A.L.T. Caporalato!) - campagne di vigilanza straordinaria in alcune zone del Sud (nel solo settore agricolo) e del Centro Italia (prevalentemente, ma non soltanto in agricoltura), in collaborazione con qualificati mediatori dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni.
Tali azioni ispettive sono proseguite anche nel corso del 2022 e continueranno anche nel 2023 e 2024 in forza del progetto "A.L.T. Caporalato D.U.E.".
Si precisa che:
- le attività di Su.Pr.Eme. sono state finanziate con risorse europee (Fondo Asilo Migrazione e Integrazione),
- quelle di A.L.T. Caporalato! sul Fondo Nazionale Politiche Migratorie 2019 e
- quelle di A.L.T. Caporalato D.U.E. sul Fondo Nazionale Politiche Migratorie 2022
e che, per assicurare la gestione separata di tali risorse, esse sono state fatte transitare su conti del bilancio INL appositamente istituiti e denominati come segue:
Ispettorato Nazionale del Lavoro
RENDICONTO FINANZIARIO DECISIONALE ANNO FINANZIARIO 2020
Codice Denominazione Residui Competenza (Impegni) Cassa (Pagamenti)
1.4.2.2.1.3 Indennità di missione e di trasferta - progetto Alt Caporalato 0,00 26.252,05 26.252,05
1.4.2.2.1.4 Indennità di missione e di trasferta - progetto Supreme 0,00 60.343,62 60.343,62
1.5.1.1.1.1 Trasferimenti correnti al Resto del Mondo - progetto Alt Caporalato 0,00 1.045.813,72 1.045.813,72
Ispettorato Nazionale del Lavoro
RENDICONTO FINANZIARIO DECISIONALE ANNO FINANZIARIO 2021
Codice Denominazione Residui Competenza (Impegni) Cassa (Pagamenti)
1.3.1.1.1.5 IMPOSTA REGIONALE SULLE ATTIVITÀ' PRODUTTIVE (IRAP) - progetto Supreme 0,00 1,16 1,16
1.4.2.2.1.3 Indennità di missione e di trasferta - progetto Alt Caporalato 0,00 210.334,57 210.334,57
1.4.2.2.1.4 Indennità di missione e di trasferta - progetto Supreme 0,00 259.038,24 259.038,24

Ispettorato Nazionale del Lavoro
PROSPETTO FINANZIARIO ANNO FINANZIARIO 2022
Codice Denominazione Residui Competenza (Impegni) Cassa (Pagamenti)
1.2.1.1.1.4 Contributi obbligatori - progetto Alt Caporalato 0,00 41,60 4,36
1.2.1.1.1.5 Contributi obbligatori - progetto Supreme 0,00 18,62 18,62
1.3.1.1.1.4 IMPOSTA REGIONALE SULLE ATTIVITA' PRODUTTIVE (IRAP) - progetto Alt Caporalato 0,00 12,76 1,16
1.3.1.1.1.5 IMPOSTA REGIONALE SULLE ATTIVITA' PRODUTTIVE (IRAP) - progetto Supreme 0,00 5,80 5,80
1.4.2.2.1.3 Indennità di missione e di trasferta - progetto Alt Caporalato 0,00 278.650,30 278.650,30
1.4.2.2.1.4 Indennità di missione e di trasferta - progetto Supreme 0,00 309.122,43 309.122,43

La realizzazione delle attività di cui all’articolo 2 del Protocollo sarà, inoltre, effettuata a risorse correnti anche per gli esercizi finanziari 2023 e 2024. In particolare, per quanto concerne il progetto “A.L.T. Caporalato D.U.E.” si rappresenta che, in data 28 ottobre 2022, è stato sottoscritto tra la competente Direzione Generale dell’Immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del Lavoro e l’Ispettorato Nazionale del Lavoro un accordo ai sensi dell’art. 15 della legge n. 241 del 1990. Al riguardo si specifica che è stato registrato un impegno sul capitolo di spesa n. 3783 - Fondo Nazionale Politiche Migratorie - in favore dell’ispettorato Nazionale del Lavoro per un importo complessivo pari a Euro 6.000.000,00 (euro sei milioni/00) e per una durata di 24 mesi con le modalità di seguito indicate:
Esercizi di imputazione della spesa Importo esigibile
Anno 2022 € 3.000.000,00
Anno 2023 € 0,00
Anno 2024 € 3.000.000,00

Si segnalano, inoltre, le seguenti ulteriori iniziative poste in essere dall’INL - nell’ambito dell’ordinaria attività istituzionale e pertanto non specificamente rendicontate - al fine di contrastare lo sfruttamento e la tratta degli esseri umani:
- in attuazione di quanto previsto dall’articolo 8 del D.Lgs n. 124 del 23 aprile 2004, svolgimento di attività di promozione e prevenzione in materia di caporalato, sfruttamento lavorativo e connesso fenomeno della tratta al fine di prevenire tali illeciti e promuovere la cultura della legalità;
- partecipazione delle strutture territoriali dell’Agenzia a diversi progetti anti-tratta attivati a livello locale;
- contributo ai lavori del Comitato Tecnico Tratta per la predisposizione del testo del Piano Nazionale d'Azione contro la tratta e il grave sfruttamento 2022-2025, nell’ambito del quale, considerato il buon esito delle azioni realizzate in attuazione dei progetti sopra menzionati e del citato Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo e al caporalato in agricoltura (2020-2022), è prevista l’adozione del medesimo approccio multi-agenzia;
- collaborazione alle attività dell’help desk inter-istituzionale anti-caporalato (attivato nel giugno del 2021 nell’ambito del progetto P.I.U. Su.Pr.Eme.), un servizio multilingue rivolto a cittadini di Paesi terzi, vittime o potenziali vittime di sfruttamento lavorativo nelle regioni del Sud, con il supporto di mediatori interculturali, operatori ed esperti in ambito legale, socio-sanitario, giuslavorista e amministrativo.
Tutte le attività di cui sopra sono realizzate dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro che vi provvede nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente (capitolo 1231 e 7131 dello stato di previsione del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali), senza oneri aggiuntivi a carico dell’erario.
Anche con riferimento all’articolo 3 del Protocollo, che prevede l’obbligo degli Stati di assumere misure efficaci per identificare, liberare, proteggere, ristabilire e riabilitare tutte le vittime del lavoro forzato, non occorre l’adozione di alcuna norma di attuazione interna in quanto gli istituti già previsti nel nostro ordinamento ottemperano pienamente al rispetto degli obblighi previsti dal Protocollo.
Sul punto basti citare le quattro diverse linee di azione ricapitolate del sopra citato PNA, in quanto riconducibili alla direttrice protezione e assistenza delle persone trafficate.
Inoltre il secondo Piano sociale nazionale 2021-2023, presentato in attuazione del D.Lgs. 147 del 2017, che si muove verso l’integrazione dei servizi, individua un nucleo di Leps (Livelli essenziali delle Prestazioni Sociali) tra i quali si segnalano il rafforzamento dei Punti Unici di Accesso PUA/Segretariato sociale e il Pronto intervento sociale (emergenze h 24).
Il PUA si pone quale primo luogo di accoglienza sociale e sociosanitaria, porta di accesso alla rete dei servizi e delle risorse territoriali e modalità organizzative dei servizi di accoglienza e orientamento tra Comune/ATS e Distretto ASL. Pertanto lo stesso è finalizzato ad avviare percorsi di risposta appropriati ai bisogni delle persone, superando la settorializzazione degli interventi e favorendo l’accesso integrato ai servizi, in particolare per coloro che, trovandosi in condizioni di fragilità e vulnerabilità, richiedono interventi di natura sociale e sociosanitaria.
Il Pronto intervento sociale si attiva in caso di emergenze e urgenze sociali, circostanze della vita quotidiana dei cittadini che insorgono repentinamente e improvvisamente, producono bisogni non differibili, in forma acuta e grave, che la persona deve affrontare e a cui è necessario dare una risposta immediata e tempestiva in modo qualificato, con un servizio specificatamente dedicato. Il pronto intervento sociale viene assicurato 24h/24 per 365 giorni l’anno al fine di garantire una risposta tempestiva alle persone che versano in una situazione di particolare gravità ed emergenza per quello che concerne problematiche di rilevanza sociale anche durante gli orari e giorni di chiusura dei servizi territoriali.
In linea generale, si evidenzia che l’approccio alla persona e ai suoi bisogni porta ad individuare un percorso di presa in carico che è già parte della normativa italiana (legge quadro n.328 del 2000). Tale approccio è fondato sull’accesso, la valutazione multidimensionale della persona, la presa in carico e la definizione di un progetto individualizzato che indica i sostegni necessari alla persona, cui deve seguire l’attivazione di tali sostegni ai fini di portarla a conseguire, o riconquistare, la massima autonomia.
Dette misure rientrano nell’ambito dei servizi sociali presenti sul territorio e non determinano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, essendo le stesse previste nel Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2021/2023, articolato al suo interno nel Piano sociale nazionale e nel Piano nazionale per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà, rispettivamente finanziati con le risorse del Fondo Nazionale per le politiche sociali e del Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale.
Si segnala, altresì, la previsione dello “Speciale programma di assistenza per le vittime dei reati previsti dagli articoli 600 e 601 del codice penale”, di cui al D.P.R. 19 settembre 2005, n. 237, previsto dall'articolo 13 della legge 11 agosto 2003, n. 228 (capitolo 520 del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri). Il capitolo 520 è deputato a finanziare le iniziative volte a contrastare il fenomeno della tratta e del grave sfruttamento degli esseri umani. In particolare, il Fondo per le misure anti-tratta è destinato a finanziare:
- Il Programma unico di emersione, assistenza e integrazione sociale a favore degli stranieri e dei cittadini di cui al comma 6-bis dell’articolo 18 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, delle vittime dei reati previsti dagli articoli 600 e 601 del codice penale, o che versano nelle ipotesi di cui al comma 1 del medesimo articolo 18;
- il servizio connesso al Numero Verde anti-tratta attraverso un Accordo di collaborazione sottoscritto, ai sensi dell’art. 15 Legge 7 agosto 1990, n. 241, dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le pari opportunità e della Regione del Veneto - Direzione Politiche Sociali;
- le programmate azioni di sistema indicate nel nuovo Piano nazionale d’azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani (2022 - 2025);
- gli indennizzi alle vittime di tratta secondo il procedimento indicato dall’art. 12 della legge 11 agosto 2003, n. 228. che ha istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il fondo per le misure anti-tratta, destinato anche al riconoscimento di un indennizzo, nella misura di Euro 1.500,00 per ogni vittima, entro i limiti della disponibilità annuali del fondo nel caso di vittime che presentino apposita istanza valutata positivamente dalla Commissione istituita ad hoc.
A tal proposito, si precisa che per il finanziamento del Programma unico di emersione, assistenza e integrazione sociale a favore delle vittime di tratta e grave sfruttamento sono attualmente in corso le attività progettuali relative al Bando n. 5/2022 (pubblicato sul sito www.pariopportunita.it e comunicato su G.U.R.I. n. 168 del 20 luglio 2022) con un impegno sul capitolo 520 pari ad euro 27.200.000,00 (ventisettemilioniduecentomila/00) e per una durata di 17 mesi con scadenza il 29 febbraio 2024.
Per quanto riguarda, invece, la gestione del servizio connesso al Numero Verde Anti - tratta, è attualmente in vigore l’Accordo di collaborazione biennale con scadenza 14 giugno 2024 per un con un impegno di risorse a valere sul capitolo 520 pari ad euro 1.500.000,00 (unmilionecinquecentomila/00).
L’articolo 4 del Protocollo prevede, al comma 1, che ogni Membro deve assicurare "che tutte le vittime del lavoro forzato o obbligatorio, indipendentemente dalla loro presenza o dal loro status giuridico sul territorio nazionale, abbiano effettivamente accesso a meccanismi di ricorso e di risarcimento adeguati e efficaci, come l'indennizzo".
Tale previsione risulta attuata dall'articolo 12 della legge 11 agosto 2003, n. 228 nel testo riveniente dalla modifica apportata dall'articolo 6 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 24. Detta disposizione ha introdotto il riconoscimento del diritto delle vittime dei reati di cui al comma 3 dell'articolo 12 cit. (sono richiamati da tale comma i seguenti articoli del codice penale: comma 6 dell'articolo 416, che ha rubrica <Associazione per delinquere>, 600 <Riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù>, 601 <Tratta di persone>, 602 <Acquisto e alienazione di schiavi> e 603 bis <Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro>) a ricevere un indennizzo.
Tale risarcimento, disposto in un ammontare fisso pari ad euro 1.500,00 per ciascuna vittima, viene corrisposto nel rispetto di una serie di condizioni stabilite dalla norma ed è a carico del Fondo annuale per le misure anti-tratta (capitolo 520 del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri), già esistente e alimentato per legge con i proventi derivanti dalla confisca dei beni a seguito di sentenza di condanna penale. Con riguardo a quest’ultimo punto, si ricorda che il rimedio dell’indennizzo è uno strumento sussidiario rispetto a quelli ordinari che il legislatore prevede a tutela delle vittime sia in ambito civile che penale e ne consegue che l’assenza delle domande di indennizzo dal 2019 ad oggi è da ascrivere al carattere residuale della misura.
L’articolo 4, comma 2, del Protocollo prevede, inoltre, l’obbligo per gli Stati membri di assicurare che le autorità competenti non siano tenute a perseguire o imporre sanzioni alle vittime di lavoro forzato o obbligatorio per la loro partecipazione ad attività illecite, che sono costrette a compiere come conseguenza diretta della sottomissione a lavoro forzato od obbligatorio.
Al riguardo, si segnala che, per quanto concerne gli illeciti di natura amministrativa, ai sensi dell’art. 3 della L. n. 689/1981, la sanzione troverà applicazione a condizione che la condotta sia cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa. Inoltre, al ricorrere di una delle cause di esclusione di responsabilità di cui all’art. 4 della citata legge (adempimento di un dovere, esercizio di una facoltà legittima, stato di necessità o legittima difesa), la violazione riscontrata non potrà essere sanzionata.
Con riferimento agli illeciti di rilevanza penale, il personale ispettivo dell’Ispettorato nazionale del lavoro che, nell’assolvimento del precipuo ruolo di tutela e vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale, riscontri e accerti condotte illecite, quale ufficiale di polizia giudiziaria, è tenuto a riferire al Pubblico Ministero competente per territorio.
L'articolo 5 del Protocollo stabilisce poi a carico dei Membri un obbligo di reciproca cooperazione per assicurare la prevenzione e l'eliminazione di tutte le forme di lavoro forzato o obbligatorio. Dalla disposizione non discendono nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica in quanto si limita a prevedere l’obbligatorietà di cooperare e dunque un modus procedendi per gli Stati Membri.
Gli oneri derivanti dalle specifiche eventuali attività di cooperazione, ulteriori e diverse da quelle svolte nell’ambito di organismi internazionali di cui l’Italia è parte, vengono quantificati e coperti nell’ambito dei provvedimenti legislativi di autorizzazione alla ratifica del relativo accordo bilaterale.
In proposito l’articolo 3 del disegno di legge di ratifica, recante la clausola di invarianza finanziaria, conferma che “Agli eventuali oneri relativi all’articolo 5 del Protocollo di cui all’articolo 1, si fa fronte con apposito provvedimento legislativo” (comma 3).

Articoli 6-12

I restanti articoli da 6 a 12 del Protocollo rivestono carattere meramente procedurale in quanto volti a disciplinare gli aspetti interni e internazionali della procedura di ratifica.
Da tali disposizioni non discendono pertanto nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica
 

ANALISI TECNICO-NORMATIVA

TITOLO: schema di disegno di legge recante ratifica ed esecuzione del Protocollo relativo alla Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) n. 29 sul lavoro forzato e obbligatorio, adottato a Ginevra il giorno 11 giugno 2014 nel corso della centotreesima sessione della Conferenza generale dell'OIL.

PARTE I: ASPETTI TECNICO-NORMATIVI DI DIRITTO INTERNO
1) Obiettivi e necessità dell'intervento normativo. Coerenza con il programma di governo.
Il presente intervento normativo si rende necessario per autorizzare la ratifica del Protocollo relativo alla Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) n. 29 sul lavoro forzato e obbligatorio, adottato a Ginevra il giorno 11 giugno 2014 nel corso della centotreesima sessione della Conferenza generale dell'OIL.
Il Protocollo ha lo scopo di rafforzare il quadro giuridico internazionale, creando nuovi obblighi per prevenire il ricorso al lavoro forzato, in particolare nel contesto della tratta degli esseri umani, per migliorare la protezione delle vittime e prevedere azioni di risarcimento per i danni materiali e fisici da esse subiti.
L'intervento normativo in esame è pienamente compatibile con il programma di Governo.

2) Analisi del quadro normativo nazionale.
Si riportano le disposizioni normative vigenti che già assicurano attuazione alle previsioni contenute nel Protocollo.
• Articolo 600 del codice penale - Riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù;
• Articolo 601 del codice penale - Tratta di persone;
• Articolo 602 del codice penale - Acquisto e alienazione di schiavi;
• Articolo 603 bis del codice penale - Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro;
• Articoli 603 bis.1 (Circostanza attenuante) e 603 bis.2 (Confisca obbligatoria) del codice penale, introdotti dalla legge 29 ottobre 2016, n. 199;
• Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante "Testo unico delle disposizioni concernente la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero";
• Articolo 3, comma 3 del decreto legge n. 12/2002, convertito dalla legge n. 73/2002, come modificato dall'articolo 22 del decreto legislativo n. 151/2015;
• Legge 11 agosto 2003, n. 228 - Misure contro la tratta di persone;
• Legge 2 luglio 2010, n. 108, recante "Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno" (Convenzione di Varsavia);
• Decreto legislativo 16 luglio 2012, n. 109, recante "Attuazione della direttiva 2009/52/CE che introduce norme minime relative a sanzioni e provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare", che ha modificato gli articoli 22 e 24 del decreto legislativo n. 286/1998;
• Decreto legislativo 21 febbraio 2014, n. 18, recante "Attuazione della direttiva 2011/95/UE recante norme sull'attribuzione a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta";
• Decreto Legislativo 4 marzo 2014, n. 24, recante "Attuazione della direttiva 2011/36/UE, relativa alla prevenzione e alla repressione della tratta di esseri umani e alla protezione delle vittime, che sostituisce la decisione quadro 2002/629/GAI";
• Decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151;
• Piano nazionale d'azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani, adottato dal Consiglio dei Ministri il 26 febbraio 2016;
• Legge 29 ottobre 2016, n. 199, recante "Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo";
• Decreto interministeriale del 10 febbraio 2017, recante "Determinazione delle modalità e dei termini per garantire ai cittadini stranieri interessati le informazioni di cui all'art. 6, par. 2, della direttiva 2009/52/CE, che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti dei datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare", recepita con decreto legislativo 16 luglio 2012, n. 109, pubblicato nella G.U.R.I. 21 aprile 2017, n. 93. Tale decreto disciplina le modalità con le quali il lavoratore straniero assunto illegalmente può far valere i propri diritti nei confronti del datore di lavoro;
• Decreto interministeriale del 22 dicembre 2018, n. 151, recante "Regolamento di attuazione della direttiva 2009/52/CE che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti dei datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare", pubblicato nella G.U.R.I. 15 febbraio 2019, n. 39; tale decreto, previsto dall'art. 1, c. 2, del decreto legislativo 16 luglio 2012, n. 109, stabilisce i criteri per la determinazione del costo medio del rimpatrio e relativo aggiornamento, ai fini dell'applicazione della sanzione amministrativa di cui all'art. 22, comma 12-ter, del TUI ove si stabilisce che "con la sentenza di condanna il giudice applica la sanzione amministrativa accessoria del pagamento del costo medio del rimpatrio del lavoratore straniero assunto illegalmente".

3) Incidenza delle norme proposte sulle leggi e i regolamenti vigenti
Con riferimento all'incidenza del provvedimento normativo sulle leggi e i regolamenti vigenti, si rileva che attraverso la ratifica di questa convenzione si cerca di creare un ambiente di lavoro sempre più sicuro e salubre mediante un'azione progressiva e coordinata sia a livello nazionale che a livello di impresa, e con la piena partecipazione di tutte le parti interessate.

4) Analisi della compatibilità dell'intervento con i principi costituzionali
L'intervento normativo in oggetto risulta compatibile con i principi costituzionali.

5) Analisi della compatibilità dell'intervento con le competenze e le funzioni delle Regioni ordinarie a statuto speciale, nonché degli enti locali
Il provvedimento in questione non incide sulle competenze e le funzioni delle Regioni.

6) Verifica della compatibilità con i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza sanciti dall'articolo 118, primo comma, della Costituzione
Non si rilevano profili di incompatibilità con i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, di cui alle previsioni dell'articolo 118, primo comma, della Costituzione.

7) Verifica dell'assenza di rilegificazioni e della piena utilizzazione delle possibilità di delegificazione e degli strumenti di semplificazione normativa
Il presente intervento normativo non comporta interventi di rilegificazione.

8) Verifica dell'esistenza di progetti di legge vertenti su materia analoga all'esame del Parlamento e relativo stato dell'iter
Allo stato, oltre al provvedimento in essere, non risultano progetti di legge vertenti su materia analoga.

9) Indicazioni delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi di costituzionalità sul medesimo o analogo oggetto.
In materia non si registrano pronunce giurisprudenziali né giudizi di costituzionalità pendenti su medesimo o analogo oggetto.

PARTE II - CONTESTO NORMATIVO COMUNITARIO E INTERNAZIONALE
10) Analisi della compatibilità dell'intervento con l'ordinamento comunitario

Lo schema di provvedimento in esame trova il suo fondamento non in specifiche criticità emerse in relazione all'attuale quadro normativo nazionale, bensì nella necessità di conformarsi a specifici obblighi di matrice internazionale.

11) Verifica dell'esistenza di procedure di infrazione da parte della Commissione Europea sul medesimo o analogo oggetto.
Non si riscontrano procedure di infrazione in materia.

12) Analisi della compatibilità dell'intervento con gli obblighi internazionali.

Il presente intervento risulta compatibile con le politiche internazionali in materia e non è in contrasto con alcun obbligo internazionale.

13) Indicazioni delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi innanzi alla Corte di Giustizia delle Comunità europee sul medesimo o analogo oggetto.
Il Protocollo non si pone in contrasto con la giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia.

14) Indicazioni delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi innanzi alla Corte Europea dei Diritti dell'uomo sul medesimo o analogo oggetto.
Il Protocollo non contrasta con la giurisprudenza della CEDU in materia.

15) Eventuali indicazioni sulle linee prevalenti della regolamentazione sul medesimo oggetto da parte degli altri Stati membri dell'UE.
Ad oggi il Protocollo è stato firmato da numerosi Stati membri dell'UE, tra cui Francia e Spagna.

PARTE III ELEMENTI DI QUALITÀ SISTEMATICA E REDAZIONALE DEL TESTO.
1) Individuazione delle nuove definizioni normative introdotte dal testo della loro necessità, della coerenza con quelle già in uso.
Non vengono utilizzate definizioni normative che non appartengano già al linguaggio tecnico-giuridico della materia regolata.

2) Verifica della correttezza dei riferimenti normativi contenuti nel progetto, con particolare riguardo alle successive modificazioni subite dai medesimi.
È stata verificata la correttezza dei riferimenti normativi contenuti nello schema di disegno di legge in oggetto.

3) Ricorso alla tecnica della novella legislativa per introdurre modificazioni ed integrazioni a disposizioni vigenti.
Non si è fatto ricorso alla tecnica della novella legislativa.

4) Individuazione di effetti abrogativi impliciti di disposizioni dell'atto normativo e loro traduzione in norme abrogative espresse nel testo normativo.
Le norme dello schema di provvedimento non comportano effetti abrogativi impliciti.

5) Individuazione di disposizioni dell'atto normativo aventi effetto retroattivo o di reviviscenza di norme precedentemente abrogate o di interpretazione autentica o derogative rispetto alla normativa vigente.
Non si riscontrano le fattispecie indicate.

6) Verifica della presenza di deleghe aperte sul medesimo oggetto, anche a carattere integrativo o correttivo.
Non risulta alcuna delega aperta sulla materia oggetto dell'intervento normativo.

7) Indicazione degli eventuali atti successivi attuativi; verifica della congruenza dei termini previsti per la loro adozione.
Non sono previsti successivi atti attuativi di natura normativa.

8) Verifica della piena utilizzazione e dell'aggiornamento di dati e di riferimenti statistici attinenti alla materia oggetto del provvedimento, ovvero indicazione della necessità di commissionare all'Istituto nazionale di statistica apposite elaborazioni statistiche con correlata indicazione nella relazione economico-finanziaria della sostenibilità dei relativi costi.
Nell'ambito della complessiva istruttoria normativa necessaria alla predisposizione dell'intervento legislativo sono stati utilizzati dati e riferimenti statistici già disponibili presso le amministrazioni interessate.

 

DISEGNO DI LEGGE

 

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica)

1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare il Protocollo relativo alla Convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) n. 29 sul lavoro forzato e obbligatorio, adottato a Ginevra il giorno 11 giugno 2014 nel corso della centotreesima sessione della Conferenza generale dell’OIL.
 

Art. 2.
(Ordine di esecuzione)

1. Piena ed intera esecuzione è data al Protocollo di cui all’articolo 1 a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall’articolo 8 del Protocollo di cui all’articolo 1.
 

Art. 3.
(Disposizioni finanziarie)

1. Dall’attuazione del Protocollo di cui all’articolo 1 della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
2. Le amministrazioni interessate svolgono le attività previste dalla presente legge con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
3. Agli eventuali oneri relativi all’articolo 5 del Protocollo di cui all’articolo 1, si fa fronte con apposito provvedimento legislativo.
 

Art. 4.
(Entrata in vigore)

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

Protocollo relativo alla Convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) n. 29 sul lavoro forzato e obbligatorio


fonte: Camera dei Deputati