CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE JULIANE KOKOTT
presentate il 14 dicembre 2023 (1)




Causa C‑626/22



C.Z. e altri contro
Ilva SpA in Amministrazione Straordinaria e altri


(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Milano, Italia)


«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2010/75 – Emissioni industriali – Prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento – Riesame e aggiornamento delle condizioni di autorizzazione – Misure volte a proteggere l’ambiente e la salute umana»



 



I. Introduzione

1. L’acciaieria Ilva di Taranto, in Italia, è, da un lato, uno dei più grandi impianti di tale natura in Europa e un fattore economico importante. Dall’altro lato, secondo le constatazioni della Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU»), essa provoca effetti nocivi sull’ambiente e nuoce alla salute dei residenti (2 ).

2. I requisiti previsti dal diritto dell’Unione per un siffatto impianto sono essenzialmente stabiliti nella direttiva relativa alle emissioni industriali (3 ) e negli atti giuridici sulle migliori tecniche disponibili, le cosiddette conclusioni sulle BAT, che la Commissione ha elaborato insieme ai rappresentanti dei settori interessati e ai rappresentanti degli Stati membri.

3. Nell’ambito di una controversia concernente la questione se l’acciaieria Ilva operi conformemente a tali requisiti, si chiede alla Corte di stabilire quale rilevanza abbiano talune informazioni relative all’impatto dell’acciaieria sulla salute umana e quali emissioni debbano essere prese in considerazione. Si chiede inoltre se sia ammesso il ripetuto differimento del termine di attuazione di determinate condizioni di autorizzazione.

4. È vero che la Corte ha già avuto modo di esaminare recentemente alcune questioni relative alla fissazione di valori limite nell’autorizzazione degli impianti (4 ). Tuttavia, la domanda di pronuncia pregiudiziale in esame le offre l’opportunità di analizzare in modo più approfondito le condizioni generali di autorizzazione ai sensi della direttiva relativa alle emissioni industriali.

II. Contesto normativo

A. Diritto dell’Unione


5. La direttiva relativa alle emissioni industriali ha proceduto alla rifusione della direttiva 2008/1/CE sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (5 ), che aveva codificato la direttiva 96/61/CE (6 ) sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento senza modificarne il contenuto. Tuttavia, molte disposizioni delle tre direttive sono identiche o almeno molto simili.

6. Sebbene il giudice del rinvio faccia riferimento, nelle sue questioni, a numerosi considerando e disposizioni della direttiva relativa alle emissioni industriali, solo le seguenti disposizioni sono pertinenti.

7. L’articolo 3 della direttiva relativa alle emissioni industriali contiene le definizioni di diverse nozioni.

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(…)

2) “inquinamento”, l’introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore nell’aria, nell’acqua o nel terreno, che potrebbero nuocere alla salute umana o alla qualità dell’ambiente, causare il deterioramento di beni materiali, oppure danni o perturbazioni a valori ricreativi dell’ambiente o ad altri suoi legittimi usi;

3) “installazione”, l’unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività elencate nell’allegato I o nell’allegato VII, parte I, [(7 )] e qualsiasi altra attività accessoria presso lo stesso luogo, che sono tecnicamente connesse con le attività elencate nei suddetti allegati e possono influire sulle emissioni e sull’inquinamento;

(…)

5) “valori limite di emissione”, la massa espressa in rapporto a determinati parametri specifici, la concentrazione e/o il livello di un’emissione che non possono essere superati in uno o più periodi di tempo;

(…)

10) “migliori tecniche disponibili”, la più efficiente e avanzata fase di sviluppo di attività e relativi metodi di esercizio indicanti l’idoneità pratica di determinate tecniche a costituire la base dei valori limite di emissione e delle altre condizioni di autorizzazione intesi ad evitare oppure, ove ciò si riveli impraticabile, a ridurre le emissioni e l’impatto sull’ambiente nel suo complesso:

a) per “tecniche” sia le tecniche impiegate sia le modalità di progettazione, costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura dell’installazione;

b) per “tecniche disponibili” le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l’applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente attuabili nell’ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte nello Stato membro di cui si tratta, purché il gestore possa avervi accesso a condizioni ragionevoli;

c) per “migliori”, si intendono le tecniche più efficaci per ottenere un elevato livello di protezione dell’ambiente nel suo complesso».

8. L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva relativa alle emissioni industriali prevede una riserva di autorizzazione:

«Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che nessuna installazione o nessun impianto di combustione, nessun impianto di incenerimento dei rifiuti o nessun impianto di coincenerimento dei rifiuti operi senza autorizzazione.

(…)».

9. L’articolo 5 della direttiva relativa alle emissioni industriali rinvia alla direttiva stessa per quanto riguarda i requisiti per l’autorizzazione:

«Fatti salvi gli altri requisiti prescritti dalle normative nazionali o dell’Unione, l’autorità competente rilascia l’autorizzazione se l’installazione è conforme ai requisiti previsti dalla presente direttiva».

10. L’attuazione delle condizioni di autorizzazione è disciplinata dall’articolo 8 della direttiva relativa alle emissioni industriali:

«1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le condizioni di autorizzazione siano rispettate.

2. In caso di violazione delle condizioni di autorizzazione, gli Stati membri provvedono affinché:

a) il gestore informi immediatamente l’autorità competente;

b) il gestore adotti immediatamente le misure necessarie per garantire il ripristino della conformità nel più breve tempo possibile;

c) l’autorità competente imponga al gestore di adottare ogni misura complementare appropriata che l’autorità stessa ritenga necessaria per ripristinare la conformità.

Laddove la violazione delle condizioni di autorizzazione presenti un pericolo immediato per la salute umana o minacci di provocare ripercussioni serie ed immediate sull’ambiente e sino a che la conformità non venga ripristinata conformemente alle lettere b) e c) del primo comma, è sospeso l’esercizio dell’installazione, dell’impianto di combustione, dell’impianto di incenerimento dei rifiuti, dell’impianto di coincenerimento dei rifiuti o della relativa parte interessata».

11. L’articolo 10 della direttiva relativa alle emissioni industriali disciplina l’ambito di applicazione del capo II:

«Il presente capo si applica a tutte le attività elencate nell’allegato I e che, se del caso, raggiungono i valori soglia di capacità fissati nello stesso allegato».

12. L’articolo 11 della direttiva relativa alle emissioni industriali contiene i principi generali degli obblighi fondamentali del gestore. Occorre evidenziare le lettere da a) a c):

«a) sono adottate tutte le opportune misure di prevenzione dell’inquinamento;
b) sono applicate le migliori tecniche disponibili;
c) non si verificano fenomeni di inquinamento significativi».

13. Il contenuto della domanda di autorizzazione è oggetto dell’articolo 12 della direttiva relativa alle emissioni industriali. Ai sensi del paragrafo 1, lettere f) e g), le emissioni e le tecnologie devono essere così descritte:

«Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché una domanda di autorizzazione contenga la descrizione:

(…)

f) del tipo e dell’entità delle prevedibili emissioni dell’installazione in ogni comparto ambientale nonché un’identificazione degli effetti significativi delle emissioni sull’ambiente;

g) della tecnologia prevista e delle altre tecniche per prevenire le emissioni dall’installazione oppure, qualora ciò non fosse possibile, per ridurle».

14. L’articolo 13 della direttiva relativa alle emissioni industriali contiene disposizioni relative al modo in cui la Commissione individua con gli Stati membri, le industrie interessate e le organizzazioni

non governative che promuovono la protezione ambientale, le migliori tecniche disponibili.

15. Le condizioni di autorizzazione per il rispetto degli obblighi fondamentali di cui all’articolo 11 della direttiva relativa alle emissioni industriali e delle più ampie norme di qualità ambientale di cui all’articolo 18 sono disciplinate all’articolo 14:

«1. Gli Stati membri si accertano che l’autorizzazione includa tutte le misure necessarie per soddisfare le relative condizioni di cui agli articoli 11 e 18.

Tali misure includono almeno:

a) valori limite di emissione fissati per le sostanze inquinanti elencate nell’allegato II e per le altre sostanze inquinanti che possono essere emesse dall’installazione interessata in quantità significativa, in considerazione della loro natura e delle loro potenzialità di trasferimento dell’inquinamento da un elemento ambientale all’altro;

(…)

2. Ai fini del paragrafo 1, lettera a), i valori limite di emissione possono essere integrati o sostituiti con altri parametri o misure tecniche equivalenti che garantiscano un livello equivalente di protezione ambientale.

3. Le conclusioni sulle BAT fungono da riferimento per stabilire le condizioni di autorizzazione.

4. Fatto salvo l’articolo 18, l’autorità competente può stabilire condizioni di autorizzazione più rigide di quelle ottenibili utilizzando le migliori tecniche disponibili descritte nelle conclusioni sulle BAT. Gli Stati membri possono stabilire norme in forza delle quali l’autorità competente può fissare dette condizioni più rigide.
5. (…)

6. Se un’attività, o un tipo di processo di produzione svolto all’interno di un’installazione non è previsto da alcuna delle conclusioni sulle BAT o se queste conclusioni non prendono in considerazione tutti gli effetti potenziali dell’attività o del processo sull’ambiente, l’autorità competente, previa consultazione con il gestore, stabilisce le condizioni di autorizzazione in base alle migliori tecniche disponibili che ha determinato per le attività o i processi interessati prestando particolare attenzione ai criteri di cui all’allegato III.
7. (…)».

16. L’articolo 15, paragrafi 2 e 3, della direttiva relativa alle emissioni industriali contiene le disposizioni concernenti la fissazione dei valori limite di emissione rilevanti nel caso di specie:

«2. Fatto salvo l’articolo 18, i valori limite di emissione, i parametri e le misure tecniche equivalenti di cui all’articolo 14, paragrafi 1 e 2, si basano sulle migliori tecniche disponibili, senza l’obbligo di utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica.

3. L’autorità competente fissa valori limite di emissione che garantiscano che, in condizioni di esercizio normali, le emissioni non superino i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili indicati nelle decisioni sulle conclusioni sulle BAT di cui all’articolo 13, paragrafo 5, attraverso una delle due opzioni seguenti:

a) fissando valori limite di emissione che non superano i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili. Detti valori limite di emissione sono espressi per lo stesso periodo di tempo o per periodi più brevi e per le stesse condizioni di riferimento dei livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili; o

b) fissando valori limite di emissione diversi da quelli di cui alla lettera a) in termini di valori, periodi di tempo e condizioni di riferimento.

Quando si applica la lettera b), l’autorità competente valuta almeno annualmente i risultati del controllo delle emissioni al fine di garantire che le emissioni in condizioni di esercizio normali non hanno superato i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili».

17. L’articolo 18 della direttiva relativa alle emissioni industriali prevede misure supplementari per rispettare le norme di qualità ambientale:

«Qualora una norma di qualità ambientale richieda condizioni più rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili, l’autorizzazione contiene misure supplementari, fatte salve le altre misure che possono essere adottate per rispettare le norme di qualità ambientale».

18. L’articolo 21 della direttiva relativa alle emissioni industriali riguarda il riesame e l’aggiornamento periodici delle condizioni di autorizzazione. In particolare, un riesame è necessario entro quattro anni dalla decisione sulle nuove conclusioni sulle BAT (paragrafo 3), dopo l’adozione di norme di qualità ambientale nuove o rivedute [paragrafo 5, lettera c)] e quando

«l’inquinamento provocato dall’installazione è tale da rendere necessaria la revisione dei valori limite di emissione esistenti nell’autorizzazione o l’inserimento in quest’ultima di nuovi valori limite» [paragrafo 5, lettera a)].

B. Diritto italiano ed evoluzione dell’autorizzazione

1. Norme generali


19. L’Italia ha recepito la direttiva relativa alle emissioni industriali con il decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152 – Norme in materia ambientale, denominato anche «Testo unico Ambiente».

2. Norme speciali del 2012

20. Tuttavia, il decreto-legge del 3 dicembre 2012, n. 207 (in prosieguo: il «decreto-legge
n. 207/2012»), convertito con modificazioni dalla legge del 24 dicembre 2012, n. 231, contiene norme specifiche per l’acciaieria oggetto della controversia. Esse sono state introdotte dopo che nel 2012 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto (Italia) aveva disposto il sequestro preventivo, senza facoltà d’uso, degli impianti e dei materiali dell’Ilva.
21. L’articolo 1, primo comma, del decreto-legge n. 207/2012 ha introdotto la nozione di
«stabilimento di interesse strategico nazionale» prevedendo che, quando vi sia assoluta necessità di salvaguardia dell’occupazione e della produzione, il Ministro dell’Ambiente può autorizzare, in sede di riesame dell’autorizzazione integrata ambientale, la prosecuzione dell’attività per 36 mesi, a condizione che le prescrizioni ivi contenute siano rispettate, anche quando l’autorità giudiziaria abbia sequestrato i beni dell’impresa e facendo salvo l’esercizio dell’attività d’impresa.

22. L’articolo 1 bis, primo comma, del decreto-legge n. 207/2012 stabilisce che in tutte le aree interessate da stabilimenti di interesse strategico nazionale, le autorità sanitarie competenti per territorio
«redigono congiuntamente, con aggiornamento almeno annuale, un rapporto di valutazione del danno sanitario (…) anche sulla base del registro tumori regionale e delle mappe epidemiologiche sulle principali malattie a carattere ambientale».

23. L’articolo 3 del decreto-legge n. 207/2012, oltre ad affermare che «l’impianto siderurgico della società ILVA S.p.A. di Taranto costituisce stabilimento di interesse strategico nazionale», ha inoltre autorizzato la società Ilva, nei limiti consentiti dalle prescrizioni dell’autorizzazione integrata ambientale 2012 e per un periodo di 36 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto-legge (dunque sino al 3 dicembre 2015), «alla prosecuzione dell’attività produttiva nello stabilimento e alla commercializzazione dei prodotti (…)».
 

3. Norme speciali del 2013

24. Nel 2013 è stato adottato il decreto-legge del 4 giugno 2013, n. 61 (in prosieguo: il «decreto- legge n. 61/2013»), convertito, con modificazioni, dalla legge del 3 agosto 2013, n. 89.

25. In particolare, l’articolo 1, primo comma, del decreto-legge n. 61/2013, prevede, in linea generale, il possibile commissariamento straordinario di qualunque impresa, avente determinate caratteristiche dimensionali, che gestisca almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale, qualora «l’attività produttiva abbia comportato e comporti oggettivamente pericoli gravi e rilevanti per l’integrità dell’ambiente e della salute a causa dell’inosservanza reiterata dell’autorizzazione integrata ambientale (…)».

26. L’articolo 2, primo comma, del decreto-legge n. 61/2013 stabilisce che i presupposti per il commissariamento straordinario «sussistono» per la società Ilva.

27. Inoltre, l’articolo 1, quinto comma, del decreto-legge n. 61/2013 prevede che, contestualmente alla nomina del commissario straordinario, debba essere predisposto da un comitato di tre esperti – scelti tra soggetti di comprovata esperienza e competenza in materia di tutela dell’ambiente e della salute e di ingegneria impiantistica, nominati dal Ministro dell’ambiente, sentiti i Ministri della salute e dello sviluppo economico –, in conformità alle norme dell’Unione europea e internazionali nonché alle leggi nazionali e regionali, il «piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria che prevede le azioni e i tempi necessari per garantire il rispetto delle prescrizioni di legge e dell’AIA».

28. Ai sensi dell’articolo 1, settimo comma, del decreto-legge n. 61/2013, l’approvazione di un siffatto piano mediante decreto del Presidente del Consiglio dei ministri equivale a modifica dell’autorizzazione integrata ambientale. Il completamento degli interventi previsti dall’autorizzazione integrata ambientale è stabilito entro il termine di «trentasei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione [dello stesso] decreto», ovvero entro il 3 agosto 2016. Inoltre, tale comma prevede espressamente che la valutazione del danno sanitario non può unilateralmente modificare l’autorizzazione integrata ambientale, ma legittima la Regione (come ente avente competenze anche in materia di salute pubblica), a chiederne il riesame (i risultati ottenuti dalle analisi dei dati acquisiti dalle autorità sanitarie si articolano in tre livelli a seconda delle criticità riscontrate, e solo il terzo livello legittima la Regione a chiedere il riesame dell’autorizzazione integrata ambientale).

29. In applicazione del decreto-legge n. 61/2013, è stato adottato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 marzo 2014 – Approvazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria, a norma dell’articolo 1, commi 5 e 7, del decreto-legge del 4 giugno 2013, n. 61, convertito, con modificazioni, dalla legge del 3 agosto 2013, n. 89 (in prosieguo: il «DPCM 2014»).
 

4. Norme speciali del 2015

30. Il decreto-legge del 5 gennaio 2015, n. 1 (in prosieguo: il «decreto-legge n. 1/2015»), convertito con modificazioni dalla legge 4 marzo 2015, n. 20, amplia il novero delle grandi imprese in stato di insolvenza ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria, estendendo tale procedura anche alle imprese che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale. L’Ilva, pertanto, è stata posta in amministrazione straordinaria con decreto del Ministro dello sviluppo economico del 21 gennaio 2015, con conseguente cessazione del commissariamento straordinario di cui al decreto-legge n. 61/2013.

31. Il decreto-legge n. 1/2015 stabilisce che il Piano delle misure e degli interventi di cui al DPCM 2014 «si intende attuato se entro il 31 luglio 2015 sia stato realizzato, almeno nella misura dell’80%, il numero di prescrizioni in scadenza a quella data» e che il termine ultimo per l’attuazione delle restanti prescrizioni è il 3 agosto 2016.
 

5. Norme del 2015 e del 2016 sulla cessione dell’Ilva.

32. Il decreto-legge del 4 dicembre 2015, n. 191 – Disposizioni urgenti per la cessione a terzi dei complessi aziendali del Gruppo ILVA (in prosieguo: il «decreto-legge n. 191/2015»), convertito con modificazioni dalla legge del 1º febbraio 2016, n. 13, e il decreto-legge del 9 giugno 2016, n. 98 – Disposizioni urgenti per il completamento della procedura di cessione dei complessi aziendali del Gruppo ILVA (in prosieguo: il «decreto-legge n. 98/2016»), convertito con modificazioni dalla legge del 1º agosto 2016, n. 151, disciplinano la procedura di gara per la cessione dei complessi aziendali del gruppo Ilva.

33. In particolare, l’articolo 1, commi 8.1 e 8.2, del decreto-legge n. 191/2015 prevede che l’aggiudicatario possa presentare una domanda di modifica delle misure e delle attività di tutela ambientale previste nel piano approvato dal DPCM 2014. Le modifiche proposte devono assicurare standard di tutela ambientale coerenti con le previsioni del Piano approvato con il DPCM 2014, in quanto compatibili, e sono disposte con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che «ha valore di autorizzazione integrata ambientale, tiene luogo ove necessario della valutazione di impatto ambientale e conclude tutti i procedimenti di autorizzazione integrata ambientale in corso».

34. È prevista inoltre la proroga al 30 giugno 2017 del termine di attuazione delle prescrizioni dell’autorizzazione integrata ambientale 2012 e del piano approvato con DPCM 2014.

35. Il decreto-legge n. 98/2016 anticipa la valutazione delle proposte di modifica al piano ambientale di cui al DPCM 2014 ad una fase precedente l’aggiudicazione. Esso prevede inoltre l’adozione di un nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, contenente le modifiche al DPCM 2014 ed ogni autorizzazione necessaria per l’esercizio dello stabilimento siderurgico alla luce del nuovo piano industriale presentato dall’aggiudicatario.

36. Il decreto-legge del 30 dicembre 2016, n. 244, convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19, proroga nuovamente al 30 settembre 2017 il termine per l’attuazione delle disposizioni dell’autorizzazione integrata ambientale del 2012 e del piano approvato dal DPCM 2014. Esso collega inoltre all’autorizzazione integrata ambientale in corso di validità il termine per la realizzazione di specifici interventi di risanamento ambientale.


6. Autorizzazione del 2017

37. Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 settembre 2017 – Approvazione delle modifiche al Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 marzo 2014, a norma dell’articolo 1, comma 8.1., del decreto- legge 4 dicembre 2015, n. 191, convertito, con modificazioni, dalla legge 1º febbraio 2016, n. 13 (in prosieguo: il «DPCM 2017») contiene le ultime modifiche all’autorizzazione dell’acciaieria Ilva comunicate nella domanda di pronuncia pregiudiziale.

38. Esso dispone le modifiche ed integrazioni al Piano ambientale di cui al DPCM 2014, fissando l’ulteriore termine del 23 agosto 2023 per la realizzazione di specifici interventi di risanamento ambientale.

39. Lo stesso prevede inoltre che in caso di inadempimenti al Piano non dipendenti dalla volontà del gestore venga attivata una procedura che porta al differimento dei termini per adempiere.

III. Fatti e domanda di pronuncia pregiudiziale

40. A Taranto ha sede un’acciaieria di proprietà dell’Ilva che è stata posta in amministrazione straordinaria. Essa è gestita da Acciaierie d’Italia SpA, a sua volta controllata da Acciaierie d’Italia Holding SpA. (8 ). In una sentenza del 2019, la Corte EDU ha constatato che si tratta del più grande complesso industriale siderurgico d’Europa, che si estende su una superficie di circa 1 500 ettari e conta circa 11 000 dipendenti (9).

41. Benché l’acciaieria sia in funzione da molto tempo, le autorità competenti ne hanno autorizzato l’esercizio per la prima volta il 4 agosto 2011 sulla base delle disposizioni generali italiane che hanno recepito la direttiva 2008/1, sostituita dalla direttiva relativa alle emissioni industriali. Esse hanno modificato tale autorizzazione il 26 ottobre 2012.

42. Tuttavia, come si evince dalla normativa italiana in materia, dalla fine del 2012 l’impianto siderurgico non è più gestito in base alle disposizioni generali che recepiscono la direttiva relativa alle emissioni industriali, ma sulla base di norme speciali più volte modificate.

43. Tali disposizioni prevedono, in particolare, un monitoraggio continuo della situazione sanitaria nell’area circostante, che può, a determinate condizioni, dare luogo a un riesame dell’autorizzazione.

44. Inoltre, sono stati fissati termini per l’attuazione di misure volte a ridurre gli effetti nocivi sull’ambiente, già contenute nell’autorizzazione integrata ambientale modificata del 2012. Dopo l’iniziale previsione, nel decreto-legge n. 61/2013, del termine del 3 agosto 2016, quest’ultimo è stato successivamente prorogato più volte, dopo il rinvio pregiudiziale, da ultimo nel 2017, fino al 23 agosto 2023.

45. Tuttavia, i ricorrenti affermano che il termine in relazione ad alcune condizioni è stato nuovamente prorogato il 10 agosto 2023. Nel decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica del 10 agosto 2023, n. 278 (1 0) sono definite «misure alternative».

46. I ricorrenti, residenti a Taranto, hanno promosso un’azione collettiva dinanzi al Tribunale di Milano (Italia) contro Ilva, Acciaierie d’Italia e Acciaierie d’Italia Holding per ottenere un’inibitoria dell’esercizio dell’impianto o almeno di alcune sue parti, al fine di tutelare il diritto alla salute, il diritto alla serenità e alla tranquillità nello svolgimento della loro vita e il diritto al clima. A loro avviso, tali diritti sono significativamente lesi dall’attività produttiva dell’acciaieria svoltasi per decenni.

47. Nell’ambito di tale procedimento, il Tribunale di Milano sottopone, alla Corte le seguenti questioni:

1) Se la direttiva 2010/75/UE del Parlamento [europeo] e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento), ed in particolare i considerando 4, 18, 34, 28 e 29 e gli articoli 3 n. 2, 11, 12 e 23 [di tale direttiva], ed il principio di precauzione e protezione della salute umana di cui agli articoli 191 TFUE e 174 Trattato [C]E possono essere interpretati nel senso che, in applicazione di una legge nazionale di uno Stato membro, è concessa a tale Stato membro la possibilità di prevedere che la Valutazione di Danno Sanitario (VDS) costituisca atto estraneo alla procedura di rilascio e riesame dell’[Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA)] – nel caso di specie [decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM)] 2017 – e la sua redazione possa essere priva di automatici effetti in termini di tempestiva ed effettiva considerazione da parte dell’autorità competente nell’ambito di un procedimento di riesame dell’[Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA)]/DPCM specialmente quando dia risultati in termini di inaccettabilità del rischio sanitario per una popolazione significativa interessata dalle emissioni inquinanti; od invece se la direttiva debba essere interpretata nel senso che: (i) il rischio tollerabile per la salute umana può essere apprezzato mediante analisi scientifica di natura epidemiologica; (ii) la VDS deve costituire atto interno al procedimento di rilascio e riesame dell’AIA/DPCM, ed anzi un suo necessario presupposto, ed in particolare oggetto di necessaria, effettiva e tempestiva considerazione da parte dell’autorità competente al rilascio e riesame dell’AIA.
2) Se la direttiva 2010/75/UE del Parlamento [europeo] e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento), ed in particolare i considerando 4, 11, 18, 21, 34, 28 e 29 e gli articoli 3 n. 2, 11, 14, 15, 18 e 21, possono essere interpretati nel senso che, in applicazione di una legge nazionale di uno Stato membro, tale Stato membro deve prevedere che l’autorizzazione integrata ambientale (qui AIA 2012, DPCM 2014, DPCM 2017) deve considerare sempre tutte le sostanze oggetto di emissioni che siano scientificamente note come nocive, comprese le frazioni di PM10 e PM2,5 comunque originate dall’impianto oggetto di valutazione; ovvero se la direttiva possa essere interpretata nel senso che l’autorizzazione integrata ambientale (il provvedimento amministrativo autorizzativo) deve includere soltanto sostanze inquinanti previste a priori in ragione della natura e tipologia dell’attività industriale svolta.

3) Se la direttiva 2010/75/UE del Parlamento [europeo] e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento), ed in particolare i considerando 4, 18, 21, 22, 28, 29, 34, 43 e gli articoli 3, nn. 2 e 25, 11, 14, 16 e 21, possono essere interpretati nel senso che, in applicazione di una legge nazionale di uno Stato membro, tale Stato membro, in presenza di un’attività industriale recante pericoli gravi e rilevanti per l’integrità dell’ambiente e della salute umana, può differire il termine concesso al gestore per adeguare l’attività industriale all’autorizzazione concessa, realizzando le misure ed attività di

tutela ambientale e sanitaria ivi previste, per circa sette anni e mezzo dal termine fissato inizialmente e per una durata complessiva di undici anni.

48. Hanno presentato osservazioni scritte i ricorrenti nel procedimento principale, l’Ilva, Acciaierie d’Italia, la Regione Puglia (Italia), la Repubblica italiana e la Commissione. Tali parti, e un’altra parte interveniente nel procedimento nazionale, il Gruppo di Intervento Giuridico, hanno altresì partecipato all’udienza tenutasi il 7 novembre 2023.

IV. Analisi giuridica

49. Il giudice del rinvio chiede quale rilevanza abbiano talune informazioni relative all’impatto dello stabilimento siderurgico sulla salute umana (v., al riguardo, sub B) e talune informazioni relative a determinate emissioni (v., al riguardo, sub C), nonché se sia ammissibile differire ripetutamente il termine per l’attuazione di talune condizioni di autorizzazione (v., al riguardo, sub D). Occorre tuttavia esaminare preliminarmente le obiezioni sollevate in relazione alla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale.
 

A. Ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

50. L’Ilva e Acciaierie d’Italia ritengono irricevibile la domanda di pronuncia pregiudiziale. Il giudice del rinvio non avrebbe sufficientemente esposto le ragioni per le quali sarebbe necessario interpretare le disposizioni e i considerando citati (v., al riguardo, sub 1), l’interpretazione del diritto dell’Unione non sarebbe rilevante in base al diritto italiano (v., al riguardo, sub 2) e, infine, le disposizioni citate non sarebbero sufficientemente precise né potrebbero essere fatte valere nei confronti dell’Ilva e di Acciaierie d’Italia nel procedimento principale, trattandosi di soggetti privati (v., al riguardo, sub 3).

51. In linea di principio, spetta soltanto al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, il compito di valutare, alla luce delle particolarità del caso di specie, tanto la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, quanto la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, allorché le questioni sollevate riguardano l’interpretazione di una norma giuridica dell’Unione, la Corte è, in via di principio, tenuta a statuire. Tali questioni sono assistite da una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora risulti in modo manifesto che l’interpretazione richiesta relativamente ad una norma dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia nel procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (11).
 

1. Motivazione della domanda di pronuncia pregiudiziale

52. L’Ilva e Acciaierie d’Italia invocano l’articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura per affermare che il giudice del rinvio non avrebbe fornito gli elementi necessari alla Corte per rispondere alla domanda di pronuncia pregiudiziale.

53. Ai sensi di tale disposizione, la domanda di pronuncia pregiudiziale deve contenere l’illustrazione dei motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi sull’interpretazione di determinate disposizioni del diritto dell’Unione, nonché il collegamento che esso stabilisce tra dette disposizioni e la normativa nazionale applicabile al procedimento principale.

54. A tale proposito, è vero che il giudice del rinvio cita nelle sue questioni un gran numero di disposizioni e di considerando della direttiva relativa alle emissioni industriali nonché l’articolo 191 TFUE, senza esporre dettagliatamente perché sia necessaria un’interpretazione di tutti i testi citati.

55. Tuttavia, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta chiaramente che il giudice del rinvio chiede se dai testi citati derivino tre obblighi specifici. L’oggetto delle questioni pregiudiziali è pertanto sufficientemente chiaro nella domanda di pronuncia pregiudiziale.

2. Rilevanza ai fini della decisione in base al diritto italiano

56. L’Ilva e Acciaierie d’Italia sostengono, inoltre, che l’interpretazione richiesta non è rilevante ai fini della soluzione della controversia nel procedimento principale a causa di diverse considerazioni che trovano il loro fondamento nell’ordinamento italiano. In particolare, il giudice del rinvio non potrebbe né annullare l’autorizzazione né disapplicarla nella propria decisione. Inoltre, la legittimità di tale autorizzazione sarebbe già stata accertata con autorità di cosa giudicata.

57. Tuttavia, la Corte non può pronunciarsi sulla fondatezza di tali obiezioni, poiché non compete alla stessa l’interpretazione di disposizioni nazionali relative ai poteri del giudice del rinvio. Tale interpretazione rientra nella competenza esclusiva dei giudici nazionali (1 2).

58. Inoltre, l’Italia, che non contesta la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, ha più volte affermato, in relazione alla causa Cordella dinanzi alla Corte EDU, che le azioni dinanzi ai giudici civili italiani, come il procedimento principale della domanda di pronuncia pregiudiziale, possono garantire una tutela giurisdizionale effettiva agli interessati in relazione ai rischi per la salute ricondotti allo stabilimento siderurgico dell’Ilva (1 3). La possibilità di avviare tali procedimenti sarebbe conforme all’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus (1 4), secondo cui i membri del pubblico che soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale devono poter promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale per impugnare gli atti o contestare le omissioni dei privati compiuti in violazione del diritto ambientale nazionale.

59. Di conseguenza, neppure tali obiezioni sollevano dubbi evidenti riguardo alla rilevanza della domanda di pronuncia pregiudiziale ai fini della decisione.

3. Applicabilità diretta delle disposizioni da interpretare

60. Infine, l’Ilva e Acciaierie d’Italia sostengono che la domanda di pronuncia pregiudiziale non è rilevante ai fini della soluzione della controversia in quanto l’applicazione diretta delle disposizioni da interpretare sarebbe esclusa sia in generale sia, in particolare, nei loro confronti in quanto soggetti privati. Per contro, la loro situazione giuridica discenderebbe dalle disposizioni speciali adottate dall’Italia per l’acciaieria.

61. Per quanto riguarda tale argomento, si deve ammettere che una direttiva non può, di per sé, creare obblighi a carico di un singolo e quindi non può essere fatta valere nei suoi confronti. Infatti, estendere la possibilità di invocare una disposizione di una direttiva non trasposta, o trasposta erroneamente, all’ambito dei rapporti tra singoli equivarrebbe a riconoscere all’Unione europea il potere di istituire, con effetto immediato, obblighi a carico di questi ultimi, mentre tale competenza le spetta solo laddove le sia attribuito il potere di adottare regolamenti. Pertanto, anche una disposizione chiara, precisa e incondizionata di una direttiva volta a conferire diritti o a imporre obblighi ai singoli non può essere applicata come tale nell’ambito di una controversia che ha luogo esclusivamente tra singoli. Allo stesso modo, una direttiva non può essere invocata in una controversia tra singoli ai fini della disapplicazione della normativa di uno Stato membro contraria a tale direttiva (1 5).

62. Tuttavia, l’interpretazione di una direttiva in una controversia tra singoli può essere rilevante ai fini della decisione, poiché, nell’applicare il diritto nazionale, i giudici nazionali chiamati a interpretarlo sono tenuti a prendere in considerazione l’insieme delle norme di tale diritto e ad applicare i criteri ermeneutici riconosciuti dallo stesso al fine di interpretarlo quanto più possibile alla luce della lettera e dello scopo della direttiva di cui trattasi, onde conseguire il risultato fissato da quest’ultima e conformarsi pertanto all’articolo 288, terzo comma, TFUE (1 6).

63. Solo i giudici italiani possono decidere quanto sia ampio il margine di discrezionalità per una siffatta interpretazione del diritto italiano conforme al diritto dell’Unione.

64. Inoltre, secondo le informazioni disponibili, lo Stato italiano detiene ancora quasi il 40% dell’Ilva (1 7) ed esercita una particolare influenza attraverso un commissario straordinario e una commissione composta da tre esperti. Pertanto, non si può escludere che l’Ilva debba essere considerata un’emanazione dello Stato italiano, che a sua volta non può trarre vantaggio da un recepimento non

corretto della direttiva relativa alle emissioni industriali (1 8). In tal caso, la direttiva sarebbe direttamente opponibile all’Ilva (19).

65. Per quanto riguarda l’obiezione secondo cui il contenuto delle disposizioni citate nelle questioni pregiudiziali non sarebbe tale da dare origine a obblighi direttamente applicabili, essa dovrebbe poter essere esaminata nell’analisi delle singole questioni, sebbene esse non facciano specifico riferimento a tale aspetto.

66. Di conseguenza, anche le obiezioni in esame devono essere respinte e la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile nel suo complesso.

B. Prima questione – Valutazione del danno sanitario

67. Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede quale rilevanza abbia una valutazione del danno sanitario prevista dal diritto italiano ai fini del rilascio e del riesame dell’autorizzazione integrata ambientale di un impianto ai sensi della direttiva relativa alle emissioni industriali, qualora la valutazione abbia dato risultati in termini di inaccettabilità del rischio sanitario per una popolazione significativa interessata dalle emissioni inquinanti.

68. L’articolo 4 della direttiva relativa alle emissioni industriali prevede che gli Stati membri adottino le misure necessarie per garantire che nessun impianto operi senza autorizzazione. Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, fatti salvi gli altri requisiti prescritti dalle normative nazionali o dell’Unione, l’autorità competente rilascia l’autorizzazione se l’impianto è conforme ai requisiti previsti dalla direttiva relativa alle emissioni industriali. A norma dell’articolo 10, tutte le attività elencate nell’allegato I e che, se del caso, raggiungono i valori soglia di capacità fissati nello stesso allegato sono soggette ai requisiti di cui al capo II (articoli da 10 a 27).

69. Si deve ritenere che lo stabilimento siderurgico oggetto della controversia sia un’installazione ai sensi dell’articolo 3, punto 3, in combinato disposto con l’allegato I, punto 2.2 (Produzione di ghisa o acciaio); possono essere altresì pertinenti i punti 2.3 (Trasformazione di metalli ferrosi) e 2.4 (Fonderie di metalli ferrosi) dello stesso allegato. Date le dimensioni dell’impianto, dovrebbero essere raggiunti anche i valori soglia quantitativi.

70. Per quanto riguarda i rischi sanitari, i requisiti essenziali derivano dall’articolo 11 della direttiva relativa alle emissioni industriali, che stabilisce gli obblighi fondamentali per la gestione degli impianti. In particolare, sono d’interesse le lettere a), b) e c). L’articolo 11, lettera a), prevede l’adozione di tutte le opportune misure di prevenzione dell’inquinamento, la lettera b) impone l’obbligo di applicare le migliori tecniche disponibili e conformemente alla lettera c) gli impianti non devono causare fenomeni di inquinamento significativi.

71. Poiché l’articolo 11, lettere a) e c), della direttiva relativa alle emissioni industriali si ricollega alla nozione di inquinamento, la definizione di quest’ultima, fornita all’articolo 3, punto 2, della medesima direttiva, riveste un’importanza decisiva. Tale disposizione la definisce come l’introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore nell’aria, nell’acqua o nel terreno, che potrebbero nuocere alla salute umana.

72. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dall’Ilva, la verifica del rispetto degli obblighi fondamentali di cui all’articolo 11, lettere a) e c), della direttiva relativa alle emissioni industriali, ossia l’adozione di sufficienti misure di prevenzione dell’inquinamento e la prevenzione di fenomeni di inquinamento significativi, richiede la valutazione dell’impatto dell’impianto sulla salute umana e delle emissioni dell’impianto che possono avere tale impatto (2 0).

73. Tuttavia, le modalità di tale valutazione emergono solo da un’analisi più precisa degli obblighi fondamentali pertinenti. A tal riguardo, occorre anzitutto precisare la rilevanza dell’articolo 11, lettera a), della direttiva relativa alle emissioni industriali, in quanto la versione tedesca della disposizione in esame è ambigua (v., al riguardo, sub 1). Occorre poi esaminare la nozione di fenomeno di inquinamento significativo ai sensi dell’articolo 11, lettera c) (v, al riguardo, sub 2) e l’obbligo di riesame di un’autorizzazione ai sensi dell’articolo 21 (v., al riguardo, sub 3).

1. Articolo 11, lettera a) – Opportune misure di prevenzione


74. L’articolo 11, lettera a), della direttiva relativa alle emissioni industriali prevede, nella versione in lingua tedesca, che siano adottate «alle geeigneten Vorsorgemaßnahmen» (tutte le opportune misure di prevenzione) dell’inquinamento. Tale formulazione depone a favore di un obbligo molto ampio. Tuttavia, le altre versioni linguistiche e il contesto sistematico della normativa ne limitano gli effetti.

a) Interpretazione della versione in lingua tedesca

75. La nozione di «Vorsorgemaßnahme» richiama il principio di «Vorsorge» (precauzione) che, ai sensi dell’articolo 191, secondo comma, TFUE, è alla base della politica dell’Unione in materia ambientale, ivi compresa la direttiva relativa alle emissioni industriali (2 1), ed è oggetto di un’ampia giurisprudenza.

76. Tale principio consente di adottare misure protettive contro rischi la cui esistenza o portata non è stabilita alla luce delle migliori conoscenze scientifiche disponibili (2 2). È quindi possibile che conoscenze future smentiscano effettivamente l’esistenza di tali rischi, di modo che le misure protettive si rivelano a posteriori superflue.

77. La Corte ha anche interpretato alcune disposizioni del diritto derivato alla luce del principio di precauzione dichiarando che esse ostano all’adozione di misure fintanto che sussistono incertezze, alla luce delle migliori evidenze scientifiche disponibili, quanto al fatto che tutti i rischi siano esclusi (2 3).

78. Il termine «geeignet» [la versione italiana utilizza il termine «opportun[o]»] sembra persino ampliare ulteriormente l’obbligo previsto dall’articolo 11, lettera a), della direttiva relativa alle emissioni industriali. Infatti, una misura va considerata «geeignet» se con essa è possibile raggiungere l’obiettivo perseguito. Non incide al riguardo la circostanza che l’impegno necessario sia proporzionato a tale obiettivo. Esiste tutt’al più un margine di discrezionalità per quanto riguarda la questione di natura scientifica se una misura possa raggiungere il proprio obiettivo.

79. La locuzione «[A]lle geeigneten Vorsorgemaßnahmen gegen Umweltverschmutzungen» [«tutte le opportune misure precauzionali contro l’inquinamento», mentre nella versione italiana della direttiva: «tutte le opportune misure di prevenzione dell’inquinamento»] ai sensi della versione tedesca dell’articolo 11, lettera a), della direttiva relativa alle emissioni industriali, comprenderebbe quindi tutte le misure che consentono di prevenire i fenomeni di inquinamento il cui verificarsi durante l’esercizio dell’impianto non può essere escluso alla luce delle migliori conoscenze scientifiche disponibili. Nella lettura più rigorosa del principio di precauzione, tale disposizione potrebbe anche essere intesa nel senso che un impianto può essere autorizzato solo se non vi sono più dubbi sul fatto che esso operi senza inquinare l’ambiente.

80. Tuttavia, la versione tedesca dell’articolo 11, lettera a), della direttiva relativa alle emissioni industriali è l’unica a imporre «geeignete Vorsorgemaßnahmen» [nella versione italiana: «opportune misure di prevenzione»].

b) Le altre versioni linguistiche

81. È vero che le altre versioni linguistiche concordano con la versione tedesca nella misura in cui anch’esse impongono l’adozione di «tutte» le misure. Tuttavia, esse non utilizzano la nozione di precauzione, ma si ispirano al principio dell’azione preventiva, su cui si fonda parimenti la politica dell’Unione in materia ambientale ai sensi dell’articolo 191, secondo comma, TFUE. Solo la versione in lingua slovena («preprečevanje») e quella in lingua finlandese («estävät») usano termini che non corrispondono a quello utilizzato per tale principio nell’articolo 191, secondo comma, TFUE, ma anch’esse vanno più probabilmente intese nel senso di azione preventiva o di prevenzione piuttosto che in quello di precauzione.

82. La Corte non ha finora esaminato il principio dell’azione preventiva, ma ha già dichiarato che in base ad esso spetta all’Unione e agli Stati membri prevenire, ridurre e, nei limiti del possibile, eliminare sin dall’origine le fonti di inquinamento o di inconvenienti mediante l’adozione di provvedimenti atti a sradicare i rischi noti (2 4). Mentre nel principio di precauzione rientrano quindi le situazioni di

incertezza sui rischi, il principio dell’azione preventiva dovrebbe essere limitato alle misure protettive quando i rischi o i pericoli affrontati sono noti (2 5).

83. Inoltre, le altre versioni linguistiche dell’articolo 11, lettera a), della direttiva relativa alle emissioni industriali non impongono l’adozione di misure «geeignete». Esse utilizzano piuttosto termini come «appropriate» (EN), «approprié» (FR), «adecuado» (ES) o persino «opportuno» (IT). Benché tali nozioni possano anche essere tradotte come «geeignet», esse consentono, a differenza del termine tedesco, di procedere anche a un bilanciamento, valutando se l’impegno collegato alle misure protettive in questione sia proporzionato all’effetto protettivo e al rischio in questione.

84. Tali altre versioni linguistiche dell’articolo 11, lettera a), della direttiva relativa alle emissioni industriali depongono quindi piuttosto a favore di un obbligo di adottare tutte le misure appropriate (o ragionevoli) per prevenire i rischi ambientali noti di un impianto.

c) Impianto sistematico e finalità dell’articolo 11, lettera a), della direttiva relativa alle emissioni industriali

85. Com’è noto, le diverse versioni linguistiche vanno interpretate in modo uniforme (2 6). Nessuna versione linguistica ha un carattere prioritario rispetto alle altre (2 7). La disposizione di cui trattasi dev’essere piuttosto interpretata alla luce dell’economia generale e della finalità della normativa di cui essa costituisce un elemento (2 8). Inoltre, anche la genesi della normativa può contribuire alla sua interpretazione (2 9).

86. Il fatto che l’articolo 11, lettera a), della direttiva relativa alle emissioni industriali si riferisca non a misure di precauzione, bensì a misure di prevenzione risulta dal titolo stesso della direttiva e dal suo articolo 1, paragrafo 1. Tuttavia, la versione in lingua tedesca non ha veramente raggiunto neppure tale risultato.

87. Nella versione in lingua tedesca, il titolo contiene la locuzione, tra parentesi, «integrierte Vermeidung und Verminderung der Umweltverschmutzung» [nella versione italiana: «prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento»]. Inoltre, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, la direttiva disciplina la prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento proveniente da attività industriali. Sia il titolo sia l’articolo 1, paragrafo 1, corrispondono alle direttive 96/61 e 2008/1 sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento, che erano precedentemente in vigore.

88. Ad eccezione della versione tedesca, tutte le versioni linguistiche del 1996 hanno utilizzato in entrambi i punti il termine che indica l’azione preventiva nell’articolo 191, secondo comma, TFUE, ad esempio «prévention» in francese, «prevention» in inglese o «prevenzione» in italiano. Anche la maggior parte delle versioni linguistiche che si sono aggiunte da allora utilizza l’equivalente di
«prevenzione» (3 0), sebbene vi siano anche versioni linguistiche che – come quella tedesca – utilizzano un termine diverso (31).

89. Tutte le versioni linguistiche di tutte e tre le direttive concordano in ogni caso rispetto al fatto che esse non hanno utilizzato o utilizzano il termine «precauzione» né nel titolo né nell’articolo 1.

90. Peraltro, il titolo e l’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva relativa alle emissioni industriali dimostrano altresì che quest’ultima non mira a prevenire qualsiasi fenomeno di inquinamento, in quanto vi si menziona anche la mera riduzione dell’inquinamento o, in diverse versioni linguistiche, come l’inglese, il controllo dello stesso. La direttiva ammette quindi un certo livello di inquinamento. Di conseguenza, l’articolo 11, lettera c), vieta solo i fenomeni di inquinamento significativi.

91. Ciò è confermato dall’articolo 11, lettera b), della direttiva relativa alle emissioni industriali. In base a tale disposizione, nella gestione dell’impianto devono essere applicate le migliori tecniche disponibili. È vero che le «migliori» tecniche di cui all’articolo 3, punto 10, lettera c), sono quelle più efficaci per ottenere un elevato livello di protezione dell’ambiente nel suo complesso. Sono tuttavia
«disponibili», ai sensi dell’articolo 3, punto 10, lettera b), solo le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l’applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente attuabili nell’ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi. Pertanto, nel determinare le migliori tecniche disponibili, si devono prendere in considerazione anche aspetti economici.

92. Tuttavia, la limitazione dell’obbligo di applicare le migliori tecniche alle «tecniche disponibili» sarebbe compromessa se l’articolo 11, lettera a), della direttiva relativa alle emissioni industriali creasse l’obbligo di adottare ogni misura di prevenzione «opportuna» indipendentemente dalla disponibilità economica.

93. Il fatto che l’obbligo di applicare le migliori tecniche disponibili di cui all’articolo 11, lettera b), della direttiva relativa alle emissioni industriali concretizzi l’obbligo previsto all’articolo 11, lettera a) di adottare «tutte le opportune misure di prevenzione dell’inquinamento» era più chiaro nella versione iniziale dei due obblighi in esame. Infatti, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), delle direttive 96/61 e 2008/1, dovevano essere prese «le opportune misure di prevenzione dell’inquinamento, applicando segnatamente le migliori tecniche disponibili» (3 2). La Commissione non ha spiegato perché ha separato i due elementi in questione nella sua proposta di rifusione della direttiva (33). Poiché essa si è limitata a illustrare le disposizioni nuove o modificate in modo rilevante (3 4), si può supporre che abbia ritenuto irrilevante tale modifica.

94. L’impatto sulla salute deve essere preso in considerazione nell’individuazione delle migliori tecniche disponibili per l’intera Unione. Infatti, conformemente all’articolo 3, punto 10, della direttiva relativa alle emissioni industriali, tali tecniche sono intese a evitare o, quantomeno, a ridurre l’impatto sull’ambiente e sono le più efficaci per ottenere un elevato livello di protezione dell’ambiente. Tuttavia, l’impatto specifico sulla salute di un determinato impianto rileva solo in quanto rientrante tra i dati di base ai fini della valutazione delle diverse tecniche. Per contro, l’applicazione, in un determinato impianto, delle migliori tecniche disponibili individuate a livello dell’Unione ai sensi dell’articolo 11, lettera b), non dipende direttamente dall’impatto specifico sulla salute dell’impianto in questione.
 

d) Conclusione intermedia

95. L’articolo 11, lettera a), della direttiva relativa alle emissioni industriali deve quindi essere inteso nel senso che devono essere adottate tutte le misure appropriate per prevenire o ridurre i rischi ambientali noti di un’installazione.

96. Le misure di cui all’articolo 11, lettera a), della direttiva comprendono, in particolare, l’applicazione delle migliori tecniche disponibili ai sensi dell’articolo 11, lettera b). Nell’applicare tale disposizione a un determinato impianto, non è necessario prendere in considerazione il suo impatto specifico sulla salute.

2. Articolo 11, lettera c), della direttiva relativa alle emissioni industriali

97. Tuttavia, l’articolo 11, lettera c), può, sulla base delle particolari caratteristiche di ciascun impianto, creare obblighi di adottare misure protettive che vadano al di là delle migliori tecniche disponibili, in particolare a causa delle condizioni del suo sito. Tale disposizione prevede che l’impianto non provochi fenomeni di inquinamento significativi. Pertanto, se l’impianto causa fenomeni di inquinamento significativi nonostante l’applicazione delle migliori tecniche disponibili, devono essere adottate misure protettive ulteriori per prevenire tale inquinamento.

98. Tali misure protettive sono da considerarsi parimenti appropriate ai sensi dell’articolo 11, paragrafo a), in quanto con la nozione di «fenomeni di inquinamento significativi» si pone un limite assoluto all’esercizio degli impianti. Se non sono attuabili misure protettive in tal senso, l’impianto non può essere autorizzato.

99. Sebbene la direttiva relativa alle emissioni industriali definisca, all’articolo 3, punto 2, la nozione di inquinamento, essa non precisa quando esso deve essere considerato significativo. Ciò può emergere solo da una valutazione dell’inquinamento in questione e dei suoi effetti.

100. Una siffatta valutazione può essere desunta in astratto da altre disposizioni. La Corte ha già stabilito che il superamento dei valori limite di qualità dell’aria per l’anidride solforosa ai sensi della

direttiva relativa alla qualità dell’aria ambiente (3 5) deve essere considerato un evento inquinante di rilievo (36).

101. Tale caso esemplificativo non si fonda tuttavia sulla particolare natura della normativa in questione. Al contrario, mi sembra necessario qualificare come significativo qualsiasi fenomeno di inquinamento che, tenuto conto di eventuali eccezioni, determini una condizione incompatibile con una qualsiasi normativa applicabile in materia di tutela dell’ambiente.

102. Tuttavia, non sono individuabili disposizioni specifiche del diritto dell’Unione da cui si evincerebbe quali effetti sulla salute umana provocati dall’inquinamento originato dall’impianto impongano direttamente la conclusione che i fenomeni di inquinamento sono significativi. La Corte non può valutare se esistano disposizioni di diritto nazionale italiano che comportano tale risultato.

103. Comunque, anche indipendentemente dalla violazione di specifiche disposizioni del diritto ambientale, le conseguenze per la salute umana possono portare a considerare significativi fenomeni di inquinamento ai sensi dell’articolo 11, lettera c, della direttiva relativa alle emissioni industriali. Ciò deriva dal fatto stesso che, ai sensi dell’articolo 191, primo comma, secondo trattino, TFUE, la politica dell’Unione in materia ambientale – compresa la direttiva – mira anche a proteggere la salute umana. Inoltre, gli articoli 9 e 168, primo comma, prima frase, TFUE e l’articolo 35, seconda frase, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea impongono all’Unione di garantire un livello elevato di protezione della salute umana nella definizione e nell’attuazione delle politiche ed attività dell’Unione in tutti i campi (3 7). Di conseguenza, la protezione della salute umana è di particolare importanza, il che può giustificare anche rilevanti pregiudizi economici (38).

104. Nella direttiva relativa alle emissioni industriali, ciò è espresso in particolare dal fatto che, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, seconda frase, la violazione delle condizioni di autorizzazione comporta la sospensione dell’esercizio dell’impianto sino a che la conformità non venga ripristinata solo qualora vi sia il pericolo di ripercussioni serie ed immediate sull’ambiente, mentre tale sospensione è necessaria laddove vi sia qualsiasi pericolo immediato per la salute umana.

105. È vero che tale disposizione depone a favore della tesi secondo cui un fenomeno di inquinamento che mette in pericolo la salute umana è sempre significativo. Tuttavia, non si può escludere che taluni effetti negativi sulla salute di natura particolarmente lieve consentano di non ritenere significativo il fenomeno di inquinamento che ne è all’origine. Ciò è suffragato in particolare dal fatto che la stessa definizione di inquinamento di cui all’articolo 3, punto 2, della direttiva relativa alle emissioni industriali menziona la possibilità di danni alla salute umana. Se essa dovesse sempre comportare la rilevanza del corrispondente fenomeno di inquinamento, il legislatore l’avrebbe anche dichiarato esplicitamente.

106. Pertanto, i fenomeni di inquinamento che provocano danni alla salute sono significativi solo qualora gli effetti dannosi debbano ritenersi eccessivamente nocivi per la salute umana.

107. A titolo indicativo in tal senso, l’IMPEL, la rete delle autorità ambientali europee, nel 2005 considerava ancora accettabile un decesso in più all’anno ogni 1 000 000 persone e un caso in più ogni 100 000 persone nel caso di malattie che non determinano il decesso (3 9), vale a dire ha ritenuto non significativo il relativo fenomeno di inquinamento. A titolo di confronto: all’interno dell’Unione si sono verificati circa 70 decessi per 1 000 000 abitanti a causa di incidenti stradali nel 2011 e 49 nel 2020 (4 0). Tuttavia, la precisa delimitazione dei danni significativi alla salute può essere effettuata solo caso per caso tenendo conto dell’importanza dell’impianto e delle possibili alternative.

108. Nondimeno, i danni alla salute causati da inquinamento, che costituiscono una violazione dei diritti fondamentali, come rilevato dalla Corte EDU in relazione allo stabilimento siderurgico Ilva (4 1), non possono più essere considerati, prima facie, irrilevanti. Per tale motivo, forse, il giudice del rinvio nella prima questione rileva l’inaccettabilità del rischio sanitario per una popolazione significativamente interessata dalle emissioni inquinanti.

109. Nel pronunciarsi sul procedimento principale, il giudice del rinvio dovrà comunque tener conto anche del fatto che nel frattempo sono state attuate ulteriori misure protettive, cosicché la situazione è

cambiata sia rispetto a quella oggetto delle sentenze della Corte EDU del 24 gennaio 2019 e del 5 maggio 2022 sia rispetto alla precedente valutazione del danno sanitario.

110. Le misure di cui all’articolo 11, lettera a), della direttiva comprendono pertanto, oltre all’applicazione delle migliori tecniche disponibili, anche le misure necessarie ad evitare che un impianto provochi fenomeni di inquinamento significativi ai sensi dell’articolo 11, lettera c). L’inquinamento è da considerarsi significativo qualora, tenuto conto di eventuali eccezioni, esso determini una condizione incompatibile con le disposizioni applicabili in materia di tutela dell’ambiente. Indipendentemente da tali disposizioni, l’inquinamento deve essere ritenuto significativo quando, tenendo conto delle circostanze del caso specifico, esso comporta danni eccessivi alla salute umana. I fenomeni di inquinamento che, compromettendo la salute umana, violano i diritti fondamentali delle persone interessate sono sempre significativi.
 

3. Riesame di un’autorizzazione

111. Il riesame di un’autorizzazione, anch’esso menzionato nella prima questione, è disciplinato dall’articolo 21 della direttiva relativa alle emissioni industriali.

112. Tale riesame dovrebbe rivestire particolare importanza ai fini della presa in considerazione della valutazione del danno sanitario prevista dal diritto italiano. Infatti, sembra escluso che tale valutazione potesse essere presa in considerazione già dalle prime autorizzazioni ambientali dell’acciaieria, risalenti al 2011 e al 2012. Al contrario, essa è stata introdotta – a quanto risulta – solo dall’articolo 1, comma 7, del decreto-legge n. 61/2013. In precedenza, gli effetti dell’impianto sulla salute dovevano essere considerati sulla base di altre informazioni.

113. Ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 5, lettera a), della direttiva relativa alle emissioni industriali un riesame è necessario in particolare se l’inquinamento provocato dall’impianto è tale da rendere necessaria la revisione dei valori limite di emissione esistenti nell’autorizzazione o l’inserimento in quest’ultima di nuovi valori limite.

114. Tale disposizione si ricollega pertanto all’obbligo fondamentale dell’articolo 11, lettera c), della direttiva relativa alle emissioni industriali e impone un riesame qualora l’inquinamento causato dall’impianto si riveli in un secondo momento significativo. Indizi di un siffatto inquinamento dovrebbero essere desunti dal sistema di ispezioni prescritto dall’articolo 23, paragrafo 1, che deve prevedere l’esame di tutta la gamma degli effetti ambientali indotti dagli impianti interessati. La valutazione del danno sanitario effettuata e periodicamente aggiornata a partire dal rilascio dell’autorizzazione costituisce, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 4, lettera a), un elemento di tale sistema ed è ovviamente rilevante ai fini della valutazione ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 5, lettera a). Essa deve pertanto essere presa in considerazione.
115. Ciò sembra del resto essere previsto anche dall’articolo 1, paragrafo 7, del decreto-legge
n. 61/2013, il quale stabilisce che la valutazione del danno sanitario non può unilateralmente modificare l’autorizzazione integrata ambientale, ma legittima la Regione a chiedere un riesame.

4. Risposta alla prima questione

116. Occorre quindi rispondere alla prima questione dichiarando che, nell’autorizzare un impianto ai sensi degli articoli 4 e 5 della direttiva relativa alle emissioni industriali e nel riesaminare tale autorizzazione ai sensi dell’articolo 21 della medesima direttiva, deve essere garantito il rispetto degli obblighi fondamentali per la gestione dell’impianto ai sensi dell’articolo 11 della stessa.

117. L’articolo 11, lettera a), della direttiva relativa alle emissioni industriali deve essere inteso nel senso che devono essere adottate tutte le misure appropriate per prevenire o ridurre i rischi ambientali noti di un impianto.

118. Le misure di cui all’articolo 11, lettera a), della direttiva comprendono, in particolare, l’applicazione delle migliori tecniche disponibili ai sensi dell’articolo 11, lettera b). Nell’applicare tale disposizione a un determinato impianto, non è necessario prendere in considerazione il suo concreto impatto sulla salute.

119. Le misure di cui all’articolo 11, lettera a), della direttiva comprendono inoltre le misure necessarie per evitare che un impianto provochi fenomeni di inquinamento significativi ai sensi dell’articolo 11, lettera c). L’inquinamento è da considerarsi significativo qualora, tenuto conto di eventuali eccezioni, esso dia luogo a una situazione incompatibile con le disposizioni applicabili in materia di tutela dell’ambiente. Indipendentemente da tali disposizioni, fenomeni di inquinamento devono essere ritenuti significativi se, tenendo conto delle circostanze del caso specifico, causano danni eccessivi alla salute umana. I fenomeni di inquinamento che, compromettendo la salute umana, violano i diritti fondamentali delle persone interessate sono sempre significativi.

120. Ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 5, lettera a), della direttiva, il riesame dell’autorizzazione è necessario in particolare quando risulta in un secondo momento che un impianto provoca fenomeni di inquinamento significativi, ad esempio a seguito di una valutazione del danno sanitario.

C. Seconda questione – Valutazione delle emissioni

121. Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede se, in base alla direttiva relativa alle emissioni industriali, l’autorizzazione dell’impianto debba considerare tutte le sostanze oggetto di emissioni che siano scientificamente note come nocive, comprese le frazioni PM10 (particolato) e PM2,5 (particelle ancora più piccole, particolato) comunque originate dall’impianto oggetto di valutazione; ovvero se l’autorizzazione debba includere soltanto sostanze inquinanti previste a priori in ragione della natura e tipologia dell’attività industriale svolta. Inoltre, la motivazione della domanda di pronuncia pregiudiziale fa ancora riferimento a rame, mercurio e naftalene.

122. Come spiega la Commissione, l’articolo 12, paragrafo 1, lettera f), della direttiva relativa alle emissioni industriali impone al gestore di descrivere, nella domanda di autorizzazione, il tipo e l’entità delle prevedibili emissioni dell’impianto in ogni comparto ambientale nonché gli effetti significativi delle emissioni sull’ambiente. Ne consegue che tale obbligo riguarda solo le emissioni prevedibili.

123. Se l’autorizzazione viene in seguito concessa, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), e paragrafo 2, della direttiva relativa alle emissioni industriali essa deve includere almeno valori limite di emissione o misure equivalenti per le sostanze inquinanti elencate nell’allegato II e per le altre sostanze inquinanti che possono essere emesse dall’impianto interessato in quantità significativa.

124. Come correttamente rilevato dai ricorrenti, l’allegato II della direttiva relativa alle emissioni industriali include le sostanze inquinanti menzionate nella domanda di pronuncia pregiudiziale, segnatamente, per l’emissione nell’aria, i composti organici volatili (n. 4), vale a dire il naftalene, i metalli e i relativi composti (n. 5), compresi rame e mercurio, nonché le polveri comprese le particelle sottili (n. 6), tra cui il PM10 e il PM2,5. Per l’introduzione nell’acqua, sono citati gli idrocarburi persistenti e le sostanze organiche tossiche persistenti e bioaccumulabili (n. 5) e anche i metalli e i loro composti (n. 7).

125. Tuttavia, tali categorie sono formulate in modo così generale che non è possibile dedurne alcun obbligo di fissazione di valori limite specifici per ciascuna sostanza contemplata, come ogni composto organico volatile, ogni metallo oppure ogni categoria di polveri. Pertanto, come sostiene la Commissione, la qualificazione secondo cui deve essere emessa una quantità significativa si riferisce non solo alle altre sostanze inquinanti, ma anche alle sostanze inquinanti di cui all’allegato II della direttiva relativa alle emissioni industriali. Per contro, per le sostanze inquinanti di cui all’allegato II che non siano emesse in quantità significativa non sono richiesti valori limite.

126. Quando sono autorizzati nuovi impianti, possono necessariamente essere considerate solo le emissioni previste a priori in ragione della natura e tipologia dell’attività industriale svolta. Come sottolinea l’Ilva, tale questione avrebbe dovuto essere chiarita nell’individuazione delle migliori tecniche disponibili, in particolare nell’ambito dello scambio di informazioni ai sensi dell’articolo 13 della direttiva relativa alle emissioni industriali.

127. Le migliori tecniche disponibili per la produzione di ferro e acciaio sono definite in una decisione di esecuzione della Commissione del 28 febbraio 2012 (4 2) e sono descritte più precisamente in un documento di riferimento sulle migliori tecniche disponibili del 2013 (43). Le sostanze inquinanti indicate nella domanda di pronuncia pregiudiziale sono menzionate in tale documento (4 4), anche se in

parte come elementi di gruppi di inquinanti (polveri, idrocarburi policiclici aromatici). Inoltre, non si può escludere che debbano essere osservate anche le conclusioni sulle BAT relative ad altre attività industriali (4 5).

128. Come già rilevato, gli impianti ai sensi dell’articolo 11, lettere a) e b), devono essere gestite applicando le migliori tecniche disponibili (4 6). A tal fine, le conclusioni sulle BAT, ossia la relativa decisione di esecuzione della Commissione, fungono da riferimento per stabilire le condizioni di autorizzazione ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 3. L’articolo 15, paragrafo 2, stabilisce inoltre che i valori limite e le misure equivalenti si basano sulle migliori tecniche disponibili. Benché tale disposizione non miri dunque a imporre l’applicazione di una determinata tecnica o tecnologia, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 3 occorre quantomeno garantire che le emissioni non superino i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili.

129. In particolare, per le polveri sottili di dimensioni PM10 e per quelle di dimensioni PM2,5, la necessità di valori limite di emissione più rigorosi potrebbe derivare dalla direttiva relativa alla qualità dell’aria ambiente (4 7). I valori limite di qualità dell’aria stabiliti in tale direttiva costituiscono infatti norme di qualità ambientale ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 6, e dell’articolo 18 della direttiva relativa alle emissioni industriali (4 8). Se il rispetto di tali valori limite per l’aria ambiente impone all’impianto valori limite di emissione più rigorosi, questi ultimi devono essere stabiliti in base all’articolo 18.

130. Poiché la Corte ha già constatato che i valori limite di emissione fissati per il PM10 sono stati superati a Taranto nell’aria ambiente (4 9), occorre almeno valutare se i valori limite di emissione per lo stabilimento siderurgico oggetto della controversia debbano essere inaspriti. Tuttavia, al di fuori dello stabilimento siderurgico, negli ultimi anni non sembrano essersi più verificati superamenti (50).

131. Inoltre, l’articolo 14, paragrafo 6, della direttiva relativa alle emissioni industriali dimostra che possono essere presi in considerazione anche gli effetti sull’ambiente che non figurano nelle conclusioni sulle BAT. Secondo tale disposizione, infatti, anche per siffatti effetti è necessario stabilire le condizioni di autorizzazione.

132. Tali emissioni aggiuntive possono risultare non solo dalla circostanza che le conclusioni sulle BAT non siano ancora disponibili o siano incomplete per l’attività in questione, ma anche dalle condizioni specifiche del sito dell’impianto.

133. Inoltre, nell’autorizzare un impianto in funzione o nel riesaminare una siffatta autorizzazione ai sensi dell’articolo 21 della direttiva relativa alle emissioni industriali, si deve tener conto dell’esperienza risultante dalla gestione in quanto parte dei dati scientifici pertinenti (5 1), ossia le emissioni effettivamente constatate.

134. In sintesi, occorre affermare che nell’autorizzare un impianto ai sensi degli articoli 5, 14 e 15 della direttiva relativa alle emissioni industriali e nel riesaminare una siffatta autorizzazione ai sensi dell’articolo 21 della stessa direttiva, si devono considerare tutte le sostanze inquinanti emesse in quantità significativa che possono essere previste sulla base delle informazioni disponibili, in particolare di eventuali conclusioni sulle BAT, dell’esperienza risultante dall’effettiva gestione dell’impianto e di altre indicazioni.
 

D. Terza questione – Termine per l’adeguamento di un impianto

135. Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede se sia compatibile con la direttiva relativa alle emissioni industriali il differimento da parte dell’Italia del termine fissato inizialmente per la realizzazione delle misure di tutela ambientale e sanitaria previste dall’autorizzazione dello stabilimento siderurgico del 2012, di circa sette anni e mezzo, per un periodo complessivo di undici anni, fino all’agosto 2023.

136. La risposta a tale questione è desumibile in modo relativamente semplice dalle disposizioni della direttiva relativa alle emissioni industriali e della direttiva 96/61 sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento, precedentemente applicabile.

137. Poiché le disposizioni recepite della direttiva relativa alle emissioni industriali ai sensi dell’articolo 82, paragrafo 1, sono applicabili agli impianti esistenti come l’acciaieria oggetto della controversia solo a decorrere dal 7 gennaio 2014, l’autorizzazione era inizialmente ancora soggetta al recepimento della direttiva 96/61.

138. Gli articoli 5, paragrafo 1, e 21, paragrafo 1, della direttiva 96/61 imponevano alle autorità competenti di vigilare, mediante autorizzazioni ovvero, in modo opportuno, mediante il riesame e, se del caso, l’aggiornamento delle condizioni, affinché entro il 30 ottobre 2007, ossia entro undici anni dall’entrata in vigore della direttiva, lo stabilimento siderurgico Ilva, in quanto impianto esistente ai sensi dell’articolo 2, punto 4, funzionasse conformemente a tale direttiva (5 2). L’affidamento dei gestori di tali impianti nel mantenimento delle condizioni di esercizio è stato sufficientemente tutelato dal generoso termine in esame.

139. Le citate condizioni dovevano, ai sensi degli articoli 5, paragrafo 1, e 9 della direttiva 96/61, garantire in particolare che, nella gestione dell’impianto, fossero rispettati gli obblighi fondamentali all’epoca enunciati all’articolo 3 della stessa. Tali obblighi fondamentali figurano oggi – ove rilevanti nel caso di specie – con identico contenuto nell’articolo 11 della direttiva relativa alle emissioni industriali, cosicché le considerazioni relative alla prima e alla seconda questione valgono anche per le vecchie norme.

140. È vero che risulta, in linea di principio, ipotizzabile la previsione di un termine di attuazione per determinate condizioni e, pertanto, il differimento dell’attuazione delle stesse. Tuttavia, se le condizioni sono necessarie per garantire il rispetto degli obblighi fondamentali nella gestione di un impianto, un differimento non sarebbe stato compatibile con l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 96/61. Infatti, secondo tale disposizione, l’autorizzazione presuppone che l’impianto funzioni nel rispetto degli obblighi fondamentali. Pertanto, entro il 30 ottobre 2007 l’impianto doveva operare, conformemente all’articolo 3, lettera a), applicando le migliori tecniche disponibili individuate all’epoca. Ai sensi della lettera b), esso non poteva neppure, a partire da tale data, causare fenomeni di inquinamento significativi.

141. Naturalmente, ciò vale anche per le modifiche a un impianto esistente. Queste ultime possono essere effettuate solo se l’impianto continua a soddisfare i requisiti applicabili. Le direttive 96/61 e 2008/1 non prevedevano a tal fine periodi transitori, né questi ultimi sono contenuti nella direttiva relativa alle emissioni industriali.

142. Come correttamente sottolineato dalla Commissione, l’articolo 8 della direttiva relativa alle emissioni industriali conferma che le condizioni di autorizzazione non possono essere differite. Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, lettera b), in caso di violazione delle condizioni di autorizzazione, il gestore deve adottare immediatamente le misure necessarie per garantire il ripristino della conformità nel più breve tempo possibile. L’articolo 8, paragrafo 2, seconda frase, impone inoltre persino la sospensione dell’esercizio dell’impianto laddove la violazione delle condizioni di autorizzazione presenti un pericolo immediato per la salute umana o minacci di provocare ripercussioni serie ed immediate sull’ambiente. L’articolo 14 delle direttive 96/61 e 2008/1, invece, si limitava ancora a prescrivere in generale il rispetto delle condizioni.

143. Contrariamente a quanto sostenuto dall’Ilva, da Acciaierie d’Italia nonché dall’Italia, non vi sono elementi che suggeriscano che una riduzione della produzione dell’impianto possa giustificare un differimento dell’attuazione delle condizioni necessarie.

144. Si può certamente presumere che una minore produzione riduca anche l’impatto sull’ambiente e in particolare le emissioni complessive dell’impianto. Una riduzione della produzione può quindi contribuire al rispetto dei valori limite fissati dalla direttiva relativa alla qualità dell’aria ambiente nell’area circostante l’impianto. Essa può forse evitare anche un pericolo immediato per la salute umana o la minaccia di ripercussioni serie ed immediate sull’ambiente ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, seconda frase, della direttiva relativa alle emissioni industriali.

145. Tuttavia, una minore produzione non comporta normalmente il rispetto dei valori limite di emissioni. Secondo la definizione dell’articolo 3, punto 5, della direttiva relativa alle emissioni industriali, infatti, i valori limite di emissione indicano la massa espressa in rapporto a determinati

parametri specifici, la concentrazione e/o il livello di un’emissione che non possono essere superati in uno o più periodi di tempo. Di conseguenza, la decisione della Commissione che stabilisce le conclusioni sulle migliori tecniche disponibili per la produzione di ferro e acciaio del 28 febbraio 2012 (5 3) definisce i livelli di emissione associati alle BAT per le emissioni in aria, nella sezione
«Considerazioni generali», come massa di sostanze emesse per volume di gas di scarico o per unità di massa di prodotti fabbricati o trasformati. Di norma, tali valori si riducono in conseguenza di un calo della produzione.

146. Tuttavia, dalla citata decisione del 28 febbraio 2012 poteva effettivamente derivare la fissazione di un termine per l’attuazione delle condizioni. Infatti, essa era tale da rendere necessarie modifiche delle condizioni di autorizzazione. L’articolo 13, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2008/1, divenuta nel frattempo applicabile, prevedeva a tal proposito che l’autorizzazione dovesse essere sottoposta a riesame se le migliori tecniche disponibili avessero registrato sostanziali cambiamenti che consentivano di ridurre notevolmente le emissioni senza imporre costi eccessivi. In base a tale disposizione era possibile effettuare un bilanciamento.

147. Tuttavia, a partire dal 7 gennaio 2014, doveva essere applicata la direttiva relativa alle emissioni industriali. L’articolo 21, paragrafo 3, della stessa non prevedeva più alcun bilanciamento. Esso ha invece concesso un termine di quattro anni per l’adeguamento delle condizioni di autorizzazione alle nuove tecniche, nel caso di specie fino al 28 febbraio 2016.

148. Tuttavia, anche al di là delle modifiche delle migliori tecniche disponibili, un differimento può essere concesso in via eccezionale in relazione a determinate condizioni.

149. Se condizioni come quelle ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, e dell’articolo 18 della direttiva relative alle emissioni industriali mirano a garantire il rispetto di una norma di qualità ambientale, quest’ultima potrebbe, dal canto suo, essere soggetta a un differimento. In tal caso non sarebbe necessario applicare già in anticipo condizioni per il rispetto della stessa.

150. Allo stesso modo, è ipotizzabile che taluni fenomeni di inquinamento siano in un primo tempo accettabili, ma che in seguito, a causa di ulteriori sviluppi, diventino significativi ai sensi dell’articolo 11, lettera c), della direttiva relativa alle emissioni industriali. Una situazione del genere potrebbe derivare, ad esempio, dall’autorizzazione di ulteriori fonti di inquinanti, in particolare di ulteriori impianti, quando la quantità totale di sostanze inquinanti comporta, ad esempio, il superamento dei valori limite della direttiva relativa alla qualità dell’aria ambiente o la violazione del divieto di deterioramento o dell’obbligo di miglioramento ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva quadro in materia di acque (5 4). Se un siffatto sviluppo è prevedibile, le relative misure protettive possono essere già stabilite anche per gli impianti esistenti, ma la loro applicazione è differita fino a quando le fonti di inquinanti aggiuntive non contribuiscono effettivamente ad inquinare l’ambiente. Tale determinazione anticipata di misure protettive è anche utile, in quanto dà al gestore dell’impianto il tempo di attuare le misure.
151. Tuttavia, non si ravvisano indizi di tali eccezioni nel caso in esame.

152. Infine, per completezza, occorre rilevare che ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 4, della direttiva relativa alle emissioni industriali e dell’articolo 193 TFUE, gli Stati membri possono stabilire condizioni più rigide rispetto a quanto richiesto dalla direttiva. Per sua stessa natura, la direttiva non contiene quindi prescrizioni per quanto riguarda tali condizioni, di modo che spetta agli Stati membri decidere se differirne l’applicazione.

153. Si deve pertanto constatare che le condizioni di autorizzazione che erano necessarie per garantire in primo luogo, a decorrere dal 30 ottobre 2007, il rispetto della direttiva 96/61, successivamente il rispetto della direttiva 2008/1 e, a decorrere dal 7 gennaio 2014, il rispetto della direttiva relativa alle emissioni industriali da parte dell’impianto autorizzato, dovevano e devono continuare ad essere applicate a partire dall’entrata in vigore dell’autorizzazione, senza ulteriori differimenti, conformemente agli articoli 3, 5, paragrafo 1, e 9 della direttiva 96/61 o della direttiva 2008/1, nonché agli articoli 4, 5, 11 e 14 della direttiva relativa alle emissioni industriali, a meno che un differimento sia possibile in presenza di circostanze particolari, ad esempio qualora la Commissione abbia adottato una nuova decisione sulle migliori tecniche disponibili, oppure una norma di qualità ambientale da

rispettare ai sensi dell’articolo 18 della direttiva relativa alle emissioni industriali entri in vigore solo successivamente o determinati fenomeni di inquinamento, inizialmente accettabili, debbano ritenersi significativi ai sensi dell’articolo 11, lettera c), della direttiva relativa alle emissioni industriali solo a causa di sviluppi prevedibili che si verifichino in un secondo momento.

V. Conclusione

154. Propongo pertanto alla Corte di rispondere alla domanda di pronuncia pregiudiziale come segue:

1) Nell’autorizzare un impianto ai sensi degli articoli 4 e 5 della direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento) e nel riesaminare tale autorizzazione ai sensi dell’articolo 21 della medesima direttiva, deve essere garantito il rispetto degli obblighi fondamentali per la gestione dell’impianto ai sensi dell’articolo 11 della stessa.

L’articolo 11, lettera a), della direttiva deve quindi essere inteso nel senso che devono essere adottate tutte le misure appropriate per prevenire o ridurre i rischi ambientali noti di un impianto.

Le misure di cui all’articolo 11, lettera a), della direttiva comprendono, in particolare, l’applicazione delle migliori tecniche disponibili ai sensi dell’articolo 11, lettera b). Nell’applicare tale disposizione a un determinato impianto, non è necessario prendere in considerazione il suo concreto impatto sulla salute.

Le misure di cui all’articolo 11, lettera a), della direttiva comprendono inoltre le misure necessarie per evitare che un impianto provochi fenomeni di inquinamento significativi ai sensi dell’articolo 11, lettera c). L’inquinamento è da considerarsi significativo qualora, tenuto conto di eventuali eccezioni, esso dia luogo a una situazione incompatibile con le disposizioni applicabili in materia di tutela dell’ambiente. Indipendentemente da tali disposizioni, fenomeni di inquinamento devono essere ritenuti significativi se, tenendo conto delle circostanze del caso specifico, causano danni eccessivi alla salute umana. I fenomeni di inquinamento che, compromettendo la salute umana, violano i diritti fondamentali delle persone interessate sono sempre significativi.

Ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 5, lettera a), della direttiva, il riesame dell’autorizzazione è necessario in particolare quando risulta in un secondo momento che un impianto provoca fenomeni di inquinamento significativi, ad esempio a seguito di una valutazione del danno sanitario.

2) Nell’autorizzare un impianto ai sensi degli articoli 5, 14 e 15 della direttiva 2010/75 e nel riesaminare una siffatta autorizzazione ai sensi dell’articolo 21 della stessa direttiva, si devono considerare tutte le sostanze inquinanti emesse in quantità significativa che possono essere previste sulla base delle informazioni disponibili, in particolare di eventuali conclusioni sulle BAT, dell’esperienza risultante dall’effettiva gestione dell’impianto e di altre indicazioni.
3) Le condizioni di autorizzazione che erano necessarie per garantire in primo luogo, a decorrere dal
30 ottobre 2007, il rispetto della direttiva 96/61 sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento, successivamente il rispetto della direttiva 2008/1 sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento e, a decorrere dal 7 gennaio 2014, il rispetto della direttiva 2010/75 da parte dell’impianto autorizzato, dovevano e devono continuare ad essere applicate a partire dall’entrata in vigore dell’autorizzazione, senza ulteriori differimenti, conformemente agli articoli 3, 5, paragrafo 1, e 9 della direttiva 96/61 o della direttiva 2008/1, nonché agli articoli 4, 5, 11 e 14 della direttiva 2010/75, a meno che un differimento sia possibile in presenza di circostanze particolari, ad esempio qualora la Commissione abbia adottato una nuova decisione sulle migliori tecniche disponibili, oppure una norma di qualità ambientale da rispettare ai sensi dell’articolo 18 della direttiva 2010/75 entri in vigore solo successivamente, o determinati fenomeni di inquinamento, inizialmente accettabili, debbano ritenersi significativi ai sensi dell’articolo 11, lettera c), della direttiva 2010/75 solo a causa di sviluppi che si prevede si verifichino in un secondo momento.


1 Lingua originale: il tedesco.


2 Sentenze della Corte EDU del 24 gennaio 2019, Cordella e altri c. Italia
(CE:ECHR:2019:0124JUD005441413), e del 5 maggio 2022, Ardimento e altri c. Italia (CE:ECHR:2022:0505JUD000464217).


3 Direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle
emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento) (GU 2010, L 334, pag. 17).


4 Sentenza del 9 marzo 2023, Sdruzhenie «Za Zemyata – dostap do pravosadie» e a. (C‑375/21,
EU:C:2023:173).


5 Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 gennaio 2008 (GU 2008, L 24, pag. 8).


6 Direttiva del Consiglio del 24 settembre 1996 (GU 1996, L 257, pag. 26).


7 L’allegato I, punti dal 2.2 al 2.4 elenca diverse attività industriali legate all’acciaio e al ferro.


8 Secondo le indicazioni sul sito web dell’azienda, essa è stata privatizzata nel 1995 ed è ora detenuta al
62% da un gruppo siderurgico internazionale. Le azioni restanti sono detenute dallo Stato italiano (https://www.acciaierieditalia.com/en/company/about-us/, visitato il 16 agosto 2023).


9 Sentenza della Corte EDU del 24 gennaio 2019, Cordella e altri c. Italia
(CE:ECHR:2019:0124JUD005441413, § 12).


10 0 https://va.mite.gov.it/File/Documento/888984, visitato il 16 ottobre 2023.


11 1 Sentenza del 6 ottobre 2021, Sumal (C‑882/19, EU:C:2021:800, punti 27 e 28 e giurisprudenza ivi citata).


12 2 Sentenze del 27 ottobre 2009, ČEZ (C‑115/08, EU:C:2009:660, punto 57), e del 14 giugno 2017, Online Games e a. (C‑685/15, EU:C:2017:57, punto 45).


13 3 Sentenza della Corte EDU del 24 gennaio 2019, Cordella e altri c. Italia (CE:ECHR:2019:0124JUD005441413, § 112), nonché comunicazione del governo italiano per la 1459a riunione del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa (marzo 2023), documento DH-DD (2023)36 del 6 gennaio 2023, pag. 9.


14 4 Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, approvata con decisione 2005/370/CE del Consiglio del 17 febbraio 2005 (GU 2005, L 124, pag. 1).


15 5 Sentenza del 7 agosto 2018, Smith (C‑122/17, EU:C:2018:631, punti da 42 a 44 e giurisprudenza ivi citata).


16 6 Sentenza del 7 agosto 2018, Smith (C‑122/17, EU:C:2018:631, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).


17 7 V. nota 8 delle presenti conclusioni.


18 8 V. sentenze del 12 luglio 1990, Foster e a. (C‑188/89, EU:C:1990:313, punto 17), e del 10 ottobre 2017, Farrell (C‑413/15, EU:C:2017:745, punto 32).


19 9 V. sentenza del 12 novembre 2019, Commissione/Irlanda (Windfarm Derrybrien) (C‑261/18, EU:C:2019:955, punto 91).


20 0 V. già Kirton J., e Horrocks S., Consideration of Human Health through IPPC: A Good Practice Guide (Impel report 2004/10, in particolare pagg. 12 e 13). Lo European Union Network for the Implementation and Enforcement of Environmental Law (in prosieguo: l’«IMPEL») si descrive come un’associazione internazionale senza scopo di lucro delle autorità ambientali degli Stati membri dell’Unione europea, dei paesi in via di adesione e dei paesi candidati all’adesione all’UE, dei paesi SEE ed EFTA e dei potenziali candidati all’adesione alla Comunità europea. La sua missione è garantire l’attuazione e un rispetto efficaci del diritto ambientale europeo promuovendo la collaborazione professionale, l’informazione e lo scambio di buone pratiche tra le autorità di regolamentazione ambientale (impel.eu).


21 1 Sentenza del 9 marzo 2023, Sdruzhenie «Za Zemyata – dostap do pravosadie» e a. (C‑375/21, EU:C:2023:173, punto 53).


22 2 Sentenze del 5 maggio 1998, National Farmers’ Union e a. (C‑157/96, EU:C:1998:191; punti 63 e 64); del 9 settembre 2003, Monsanto Agricoltura Italia e a. (C‑236/01, EU:C:2003:431, punto 111), e del
1° ottobre 2019, Blaise e a. (C‑616/17, EU:C:2019:111, punto 43).


23 3 V. sentenza del 9 marzo 2023, Sdruzhenie «Za Zemyata – dostap do pravosadie» e a. (C‑375/21, EU:C:2023:173, punto 53), per quanto riguarda la direttiva relativa alle emissioni industriali e la direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU 1992, L 206, pag. 7), sentenze del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, punti 44, 58 e 59), e del 10 ottobre 2019, Luonnonsuojeluyhdistys Tapiola (C‑674/17, EU:C:2019:851, punto 66) e, con riferimento alla normativa in materia di rifiuti, sentenza del 24 ottobre 2019, Prato Nevoso Termo Energy (C‑212/18, EU:C:2019:898, punto 58). V. altresì Sobotta C., «Recent applications of the precautionary principle in the jurisprudence of the CJEU – a new yardstick in EU environmental decision making?», ERA Forum 2020, 723.


24 4 Sentenza del 26 aprile 2005, Commissione/Irlanda (C‑494/01, EU:C:2005:250, punto 165). V., tuttavia, anche sentenze del 5 ottobre 1999, Lirussi e Bizzaro (C‑175/98 e C‑177/98, EU:C:1999:486, punto 51), e del 22 giugno 2000, Fornasar e a. (C‑318/98, EU:C:2000:51, punto 37), che interpretano parimenti in tal senso il principio di precauzione.


25 5 V., in particolare, le mie conclusioni nella causa Bayer CropScience e Bayer/Commissione (C‑499/18 P, EU:C:2020:735, paragrafo 107), nonché le mie conclusioni nelle cause ERG e a. (C‑378/08, EU:C:2009:650, paragrafi 67 e 75); Afton Chemical (C‑343/09, EU:C:2010:258, paragrafo 60), e Commissione/Francia (C‑237/12, EU:C:2014:14, paragrafo 30).


26 6 Sentenze del 27 ottobre 1977, Bouchereau (30/77, EU:C:1977:172, punti 13 e 14); del 27 marzo 1990, Cricket St Thomas (C‑372/13, EU:C:1990:140, punto19), e del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian

Management e Catania Multiservizi (C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 43).


27 7 Sentenze del 27 marzo 1990, Cricket St Thomas (C‑372/88, EU:C:1990:140, punto 18), e del 26 gennaio 2021, Hessischer Rundfunk (C‑422/19 e C‑423/19, EU:C:2021:63, punto 65).


28 8 Sentenze del 1° marzo 2016, Kreis Warendorf e Osso (C‑443/14 e C‑444/14, EU:C:2016:127, punto 27), e del 24 febbraio 2022, Tiketa (C‑536/20, EU:C:2022:112, punto 27).


29 9 Sentenze del 22 ottobre 2009, Zurita García e Choque Cabrera (C‑261/08 e C‑348/08, EU:C:2009:648, punto 57); del 27 novembre 2012, Pringle (C‑370/12, EU:C:2012:756, punto 135); del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio (C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 50), e del 20 dicembre 2017, Acacia e D’Amato (C‑397/16 e C‑435/16, EU:C:2017:992, punto 31).


30 0 Così le versioni in lingua ceca, lituana, maltese, ungherese, polacca, rumena, slovena e slovacca.


31 1 Così le versioni in lingua bulgara, estone, croata e lettone.


32 2 Analogamente anche lo stesso articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 84/360/CEE del Consiglio del 28 giugno 1984 concernente la lotta contro l’inquinamento atmosferico provocato dagli impianti industriali (GU 1984, L 188, pag. 20): «tutte le misure appropriate di prevenzione dell’inquinamento atmosferico, compresa l’utilizzazione della migliore tecnologia disponibile, sempre che l’applicazione di tali misure non comporti costi eccessivi».


33 3 COM(2007) 844 definitivo, articolo 12 (pag. 29).


34 4 COM(2007) 844 definitivo (pag. 9).


35 5 Direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa (GU 2008, L 152, pag. 1), come modificata dalla direttiva (UE) 2015/1480 della Commissione del 28 agosto 2015 (GU 2015, L 226, pag. 4).


36 6 Sentenza del 9 marzo 2023, Sdruzhenie «Za Zemyata – dostap do pravosadie» e a. (C‑375/21, EU:C:2023:173, punto 50). V. già articolo 4, punto 4, della direttiva 84/360.


37 7 V. sentenze del 1° aprile 2008, Parlamento e Danimarca/Commissione (C‑14/06 e C‑295/06, EU:C:2008:176, punto 75), e del 1° ottobre 2019, Blaise e a. (C‑616/17, EU:C:2019:75, punto 42).


38 8 Ordinanza del 12 luglio 1996, Regno Unito/Commissione (C‑180/96 R, EU:C:1996:308, punto 93); nonché sentenze del 17 luglio 1997, Affish (C‑183/95, EU:C:1997:373, punto 43); del 19 aprile 2012, Artegodan/Commissione (C‑221/10 P, EU:C:2012:216, punto 99), e del 4 maggio 2016, Philip Morris Brands e a. (C‑547/14, EU:C:2016:325, punto 156).


39 9 Citato alla nota 20, pag. 19.

40 0 Eurostat, Causes of death: tables and figures (https://ec.europa.eu/eurostat/statistics- explained/images/6/64/SE-Causes_of_death_2023.xlsx, visitato il 1° settembre 2023).


41 1 Sentenze della Corte EDU del 24 gennaio 2019, Cordella e altri c. Italia (CE:ECHR:2019:0124JUD005441413), e del 5 maggio 2022, Ardimento e altri c. Italia (CE:ECHR:2022:0505JUD000464217).


42 2 Decisione di esecuzione 2012/135/UE, che stabilisce le conclusioni sulle migliori tecniche disponibili (BAT) per la produzione di ferro e acciaio ai sensi della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle emissioni industriali (GU 2012, L 70, pag. 63).


43 3 Remus R.,. Aguado Monsonet M.A., Roudier S., Delgado Sancho L., Best Available Techniques (BAT) Reference Document for Iron and Steel Production (2013).


44 4 In particolare, punti 7, 21, 28, 29, 39, 55, 56, 87 e 88 dell’allegato alla decisione di esecuzione 2012/135/UE.


45 5 La Regione Puglia menziona la decisione di esecuzione (UE) 2017/1442 della Commissione, del 31 luglio 2017, che stabilisce le conclusioni sulle migliori tecniche disponibili (BAT), a norma della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, per i grandi impianti di combustione (GU 2017, L 212, pag. 1). Possono altresì essere rilevanti la decisione di esecuzione (UE) 2022/2110 della Commissione, dell’11 ottobre 2022, che stabilisce le conclusioni sulle migliori tecniche disponibili (BAT), a norma della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle emissioni industriali, per l’industria di trasformazione dei metalli ferrosi (GU 2022, L 284, pag. 69), nonché Aries, E., Gómez, J., Mavromatis, S., Klein, G., Chronopoulos, G., e Roudier, S., Best Available Techniques (BAT) Reference Document for the Ferrous Metals Processing Industry (2022), e Commissione Europea, Reference Document on Best Available Techniques in the Smitheries and Foundries Industry (2005).


46 6 V. paragrafi da 91 a 95 delle presenti conclusioni.


47 7 V. paragrafo 100 delle presenti conclusioni.


48 8 Sentenza del 9 marzo 2023, Sdruzhenie «Za Zemyata – dostap do pravosadie» e a. (C‑375/21, EU:C:2023:173, punto 59).


49 9 Sentenza del 10 novembre 2020, Commissione/Italia (Valori limite – PM10) (C‑644/18, EU:C:2020:895), Taranto rientra nella zona IT 1613 (Puglia – Area industriale).


50 0 Arpa Puglia, Monitoraggio della qualità dell’aria, Rete Acciaierie d’Italia S.p.A., Report – Anno 2022.


51 1 V., in tal senso, sentenza del 9 marzo 2023, Sdruzhenie «Za Zemyata – dostap do pravosadie» e a. (C‑375/21, EU:C:2023:173, punto 67).


52 2 V. sentenza del 31 marzo 2011, Commissione/Italia (C‑50/10, EU:C:2011:200, punto 29).


53 3 Citata nella nota 42.


54 4 Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (GU 2000, L 327, pag. 1).