Cassazione Penale, Sez. 4, 12 dicembre 2023, n. 49300 - Manutenzione dei macchinari e responsabilità di un RSPP esterno per l'infortunio del lavoratore


 

 

Il ricorrente attribuisce la problematica ad un mero difetto del macchinario, mentre, a fronte della prassi invalsa nell'azienda di intervenire manualmente per risolvere la problematica (anche a macchinario acceso), l'RSPP avrebbe dovuto almeno prospettare l'esigenza di redigere un nuovo ed aggiornato DVR, al fine di adeguare i dispositivi di protezione applicati ai macchinari e di fronteggiare il mutamento delle difficoltà di lavoro connesse ad un guasto della strumentazione sopravvenuto ma noto da tempo.

Peraltro, nel DVR era erroneamente indicata la presenza all'interno del macchinario di dispositivi di protezione individuale, che, al contrario, erano del tutto inesistenti.

Le misure atte a prevenire il rischio di infortuni, infatti, vanno individuate in ragione delle peculiarità della sede di lavoro e progressivamente adattate in ragione del mutamento delle complessive condizioni di svolgimento delle singole mansioni, secondo un concetto "dinamico" del rischio, che impone l'adeguamento degli strumenti di protezione e l'aggiornamento della formazione ed informazione del lavoratore, ogni qual volta intervenga un rischio nuovo rispetto a quello originariamente previsto.



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRANTI Donatella - Presidente -

Dott. VIGNALE Lucia - Consigliere -

Dott. ESPOSITO Aldo - rel. Consigliere -

Dott. MICCICHE’ Loredana - Consigliere -

Dott. MARI Attilio - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

A.A., nato a (Omissis);

avverso la sentenza del 10/02/2023 della CORTE APPELLO di TORINO;

visti gliò atti, il provvedimento Impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ESPOSITO ALDO;

udito il PG Dr. SALVADORI SILVIA, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito l'avv. ERICA GILARDINO, del foro di TORINO, in difesa di A.A., che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.
 

Fatto


1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Cuneo del 10 novembre 2020, ha ridotto ad Euro duecento di multa la pena inflitta nei confronti di A.A. in relazione al reato di cui all'art. 113 c.p. e art. 590 c.p., commi 2 e 3, in quanto, in concorso con B.B. (giudicato separatamente); nella qualità di responsabile del servizio di prevenzione e protezione dell'unità produttiva della ditta Colussi Spa di (Omissis); con, colpa specifica consistita nella Violazione della normativa in materia di igiene e sicurezza sul lavoro nello specifico del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 71, comma 1 e art. 70, comma 2, e 28, comma 2, lett. a); omettendo, nonostante ripetute segnalazioni, di operare la corretta manutenzione sul forno linea Orlandi ed in particolare sullo scorrimento di una catenaria che si avvolge sulla puleggia nonchè di predisporre adeguati strumenti protettivi idonei a prevenire rischi di contatto con parti meccaniche del macchinario da parte dei lavoratori nonchè omettendo di prevedere una valutazione dei rischi specifica in relazione alla procedura di lavoro e alle operazioni di manutenzione/riparazione della macchina, cagionava a C.C. lesioni personali gravi consistite nell'amputazione della falange distale del dito indice della mano sinistra e in fratture e lacerazioni delle altre dita - In (Omissis).

In ordine alla ricostruzione dei fatti, D.D., ispettore dello Spresal, riferiva, di aver eseguito un accesso subito dopo l'infortunio occorso al lavoratore C.C., sulla linea di lavorazione presso lo stabilimento di Fossano della Colussi s.p.a..

Il D.D., accortosi dell'uscita dal supporto della catena che traslava le teglie calde, aveva cercato di rimetterla nella sede sollevandola, ma, avendo i guanti calzati, uno di essi era rimasto impigliato determinando l'amputazione della falange, distale del dito indice nonchè fratture e lacerazioni di altre dita.

Il macchinario era costituito da rulli sui quali scorrevano le teglie appena uscite dal forno e da due catene, che, sollevandole, traslavano le teglie lateralmente; da tempo una catena usciva frequentemente dal pignone di trascinamento, inconveniente segnalato agli addetti alla manutenzione e al direttore di stabilimento mediante varie e-mail. Il A.A. operaio esperto, aveva frequentato i corsi di formazione organizzati periodicamente; affamava di aver premuto tardivamente pulsante rosso di emergenza del macchinario in occasione dell'infortunio; come da prassi, in qualità di capoturno, aveva eseguito l'intervento manutentivo di tipo tecnico in assenza di una disposizione contenente la previsione dell'attivazione della manutenzione.

In Veste di RSPP esterno all'azienda nel 2018, il A.A. dichiarava di aver svolto attività di formazione e dei sopralluoghi.

La catena era scarrucolata, perchè le guide erano consumate; sosteneva che, al momento del suo sopralluogo, il paracatene era presente ed i vassoi avanzavano normalmente e si spostavano, ma era impossibile inserire le mani all'interno. Riferiva che, non avendo autonomia di spesa, poteva solo suggerire i rimedi.

Egli aveva redatto il DVR- unitamente all'RSPP di Perugia E.E., mentre la Colussi aveva predisposto le misure. tecniche ed organizzative in generale. Il A.A. ammetteva di non aver elaborato un documento ex novo e di essere stato Informato delle segnalazioni, ma non del meccanismo adoperato per tirare su la catena. Riferiva di aver sottolineato alcune criticità di quell'impianto; ma non quelle relative alla catena poichè aveva visto il paracatene del suo posto, per cui, a suo dire, era impossibile mettere le mani all'interno.

Il C.C. riferiva allo Spresal che l'evenienza della fuoriuscita della catena dalla sede principale era usuale e che per rimetterla in sede occorreva spegnere la macchina; spiegava che, per agire velocemente, come i colleghi, la sistemava in movimento. Tale tipo di intervento, peraltro, non era disciplinato da procedure.

L'assenza in capo all'RSPP di poteri gestionali e di spesa non comportava l'esonero da responsabilità, in quanto egli non aveva individuato i rischi connessi all'attività e non aveva fornito le opportune indicazioni per prevenirli. I giudici di merito - hanno addebitato al A.A. la mancata previsione nel DVR dei rischi specifici inerenti alla manutenzione dei macchinari".

L'isp. D.D. riferiva che nel DVR difettava la previsione specifica del rischio inerente una manutenzione della catenaria e che non era stato elaborato un nuovo DVR, contenente la specifica valutazione del detto rischio e dei "rischi inerenti alla manutenzione. L'omessa valutazione del rischio (che aveva consentito il radicarsi, in azienda della pressi scorretta di operare il reinserimento della catena in sede a macchina in funzione e manualmente posto che si trattava di anomalia che da tempo si presentava e che, come detto, non era normata) aveva determinato l'infortunio. La mancanza di poteri gestionali o di spesa del RSPP era irrilevante, essendogli. stata imputata l'omessa previsione del rischio nel DVR che aveva Collaborato a predisporre.

2. Il A.A., a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello per violazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, artt. 18, 28, 70 e 71.

Si deduce che il lavoro su un macchinario i cui dispositivi di sicurezza sono usurati, malfunzionanti o rotti non costituiva attività su cui dovesse essere espletata una valutazione del rischio, in quanto la messa a disposizione di un'attrezzatura in siffatte condizioni di sicurezza è vietata. La valutazione del rischio contenuta nel DVR, per tanto, deve essere quella relativa ai rischi a cui è esposto il lavoratore nonostante la presenza ed il corretto funzionamento dei sistemi di sicurezza; non potendosi adibire lavoratori ad un macchinario privo dei requisiti imposti dal D.Lgs. n. 81 del 2008, artt. 70 e 71.

La verificata consunzione del dispositivo di sicurezza rappresentato dal guidacatena imponeva l'immediato ripristino del sistema di sicurezza stessa, senza incorrere. nella violazione della normativa in. tema di salute e sicurezza dei lavoratori, cosicchè la valutazione asseritamente omessa riguardava un rischio già oggetto della valutazione del legislatore.

L'addebito per la mancata previsione nel DVR non appariva altresì corretto. Ai sensi del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 18, la valutazione dei rischi costituiva obbligo non delegabile del datore di lavoro, spettando all'RSPP un ruolo di collaborazione tecnica nell'individuazione del rischio e nel suggerimento dei presidì per ovviarvi. Il rischio si era creato a seguito del malfunzionamento del sistema di sicurezza, per cui l'RSPP non poteva rilevarlo al momento della valutazione del rischio. L'RSPP, quale consulente tecnico del datore di lavoro, deve rilevare l'eventuale insufficienza del guidacatene come riparo per il lavoratore; mentre spetta al solo datore di lavoro garantirne l'efficienza. Il guidacatene costituiva in valido riparo cosicchè; correttamente, non aveva individuato rischi specifici; ii malfunzionamento costituiva un problema di efficienza dell'attrezzatura, il cui controllo è posto dalla legge a carico del datore di lavoro.

Peraltro, A.A. non era coinvolto nella gestione e nella soluzione dei problemi di manutenzione e, infatti, non era stato informato del malfunzionamento e della necessità di intervenire sul guidacatene. Aveva svolto con diligenza li suo ruolo, effettuando sopralluoghi in stabilimento, per valutare l'eventuale presenza di criticità e per suggerire soluzioni idonee a migliorare le condizioni di sicurezza. Pur non rilevando rischi specifici ove ebbe a verificarsi l'infortunio nè potendolo fare attesa la presenza al momento del sopralluogo di un sistema di sicurezza efficiente, aveva elaborato ed inviato alla Colussi un documento contenente segnalazioni di criticità, riguardanti l'esposizione, di organi di movimento nella zona dell'infortunio e la necessità di revisionare il macchinario con. l'inserimento di protezioni. L'RSPP non risponde del mancato rispetto in fase esecutiva delle misure precauzionali da parte del datore di lavoro, cosicchè l'utilizzo di un macchinario con misura precauzionale usurata è imputabile al solo datore di lavoro.

 

Diritto


1. Il ricorso è infondato.

Come è noto, in materia di infortuni sul lavoro, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, in quanto consulente del datore di lavoro privo di potere decisionale, risponde dell'evento in concorso con il datore di lavoro solo se abbia commesso un errore tecnico nella valutazione dei rischi, dando un suggerimento sbagliato od omettendo di segnalare situazioni di rischio colposamente non considerate (Sez. 4, n. 49761 del 17/10/2019, Moi, Rv. 277877, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto viziata la motivazione della sentenza impugnata per avere fondato le responsabilità RSPP su un omesso intervento in fase esecutiva, considerata estranea alle competenze consultive e intellettive dello stesso). Egli ha l'obbligo giuridico di adempiere diligentemente l'incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all'attività lavorativa e fornendo le opportune Indicazioni tecniche per risolverli, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che sì verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri (Sez. 4, n. 11708 del 21/12/2018, dep. 2019; Devid, Rv. 275279; fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la Sentenza che aveva affermato la responsabilità del RSPP in relazione alle lesioni riportate da un lavoratore, per aver sottovalutato, nel documento di valutazione dei rischi, il pericolo riconducibile all'utilizzo di un carrello elevatore inadeguato e privo di misure di sicurezza per il tipo di travi movimentate dai lavoratori).

Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, può essere ritenuto responsabile, anche in concorso con il datore di lavoro, del verificarsi di un infortunio, ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione faccia seguito l'adozione, da parte del datore di lavoro, delle iniziative idonee a neutralizzare tale situazione (sez. 4, n. 24822 del 10.03.201, Solari, rv. 281433, relativa a fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva riconosciuto la responsabilità del RSPP per non avere segnalato nell'ultimo DVR il rischio di caduta nel vuoto per il cattivo stato di manutenzione dei parapetti di un balcone, in concorso con quella ascritta al datore di lavoro per non avere sollecitato la società proprietà dell'immobile ad eseguire i necessari lavori di manutenzione, ritenendo irrilevante, ai fini dell'esclusione della responsabilità del primo, la circostanza che il rischio non segnalato fosse noto al datore di lavoro).

La mera designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione non costituisce una delega di funzioni e non è dunque sufficiente a sollevare il datore di lavoro ed i dirigenti dalle rispettive responsabilità in tema di violazione degli obblighi dettati per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (sez. 4, n. 24958 del 26.042017, Rescio, rv. 270286). Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, infatti, svolge una funzione di ausilio diretta a supportare e non a sostituire il datore di lavoro nell'individuazione dei fattori di rischio nella lavorazione, nella scelta delle procedure di sicurezza e nelle pratiche di informazione e di formazione dei dipendenti, sicchè il datore di lavoro, è sempre direttamente tenuto ad assumere le necessarie iniziative idonee a neutralizzare le situazioni di rischio (Sez. 4, n. 50605 del 05/04/2013, Porcu, Rv. 258125).

In questa prospettiva, la figura in esame, pur rimanendo ferma la posizione di garanzia del datore di lavoro, può, in misura concorrente, essere ritenuta responsabile del verificarsi di un infortunio, ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che essa avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere, nel sistema elaborato dal legislatore, che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l'adozione, da parte del datore di lavoro, delle necessarie iniziative idonee a neutralizzare detta situazione (sez. U., n. 38343 del 24.04.2014, Espenhann, rv. 261107).

2. Ciò posto sui principi operanti in materia, la lettura offerta dalla Corte di Appello dell'intera vicenda fattuale è sostenuta da una motivazione che ne evidenzia efficacemente le chiavi interpretative.

La Corte territoriale, infatti, ha evidenziato l'epoca risalente nel tempo del difetto del macchinario, rappresentato dall'uscita di una delle catene dal pignone di trascinamento e più volte segnalato agli addetti alla manutenzione del macchinario e degli opportuni interventi da eseguire per ovviare all'inconveniente.

Il ricorrente attribuisce la problematica ad un mero difetto del macchinario, mentre, a fronte della prassi invalsa nell'azienda di intervenire manualmente per risolvere la problematica (anche a macchinario acceso), l'RSPP avrebbe dovuto almeno prospettare l'esigenza di redigere un nuovo ed aggiornato DVR, al fine di adeguare i dispositivi di protezione applicati ai macchinari e di fronteggiare il mutamento delle difficoltà di lavoro connesse ad un guasto della strumentazione sopravvenuto ma noto da tempo.

Peraltro, nel DVR era erroneamente indicata la presenza all'interno del macchinario di dispositivi di protezione individuale, che, al contrario, erano del tutto inesistenti.

Le misure atte a prevenire il rischio di infortuni, infatti, vanno individuate in ragione delle peculiarità della sede di lavoro e progressivamente adattate in ragione del mutamento delle complessive condizioni di svolgimento delle singole mansioni, secondo un concetto "dinamico" del rischio, che impone l'adeguamento degli strumenti di protezione e l'aggiornamento della formazione ed informazione del lavoratore, ogni qual volta intervenga un rischio nuovo rispetto a quello originariamente previsto (Sez. 4, n. 4706, del 30/11/2016, dep. 2017, Iannelli, non massimata; Sez. 4, n. 3774 del 09/10/2014, dep: 2015, Coco, Rv. 262123).

3. Per le ragioni che precedono, il ricorso va rigettato.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali (art. 616 c.p.p.).

 

P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2023