Cassazione Penale, Sez. 4, 29 dicembre 2023, n. 51600 - Ribaltamento della PLE a causa della mancata estrazione degli stabilizzatori 


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRANTI Donatella - Presidente -

Dott. VIGNALE Lucia - rel. Consigliere -

Dott. ESPOSITO Aldo - Consigliere -

Dott. MICCICHE’ Loredana - Consigliere -

Dott. MARI Attilio - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

A.A., nato a (Omissis);

avverso la sentenza del 24/02/2023 della CORTE APPELLO di TORINO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere LUCIA VIGNALE;

udito il PG, in persona del Sostituto Procuratore SILVIA SALVADORI, che ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.

uditi i difensori presenti:

avvocato INGHILLERI RENZO, del foro di NOVARA, e avvocato DACQUI' GIUSEPPE;

del foro di CALTANISSETTA, che hanno insistito per l'accoglimento del ricorso.

 

FattoDiritto


1. Con sentenza del 24 febbraio 2023, la Corte di appello di Torino ha parzialmente riformato la sentenza pronunciata il 20 dicembre 2021 dal Tribunale di Novara che aveva ritenuto A.A., responsabile: della contravvenzione di cui al D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81, art. 71, comma 4, lett. a) n. 1) e n. 2); del delitto di cui all'art. 590 c.p., commi 1 e 3. La Corte di appello ha dichiarato non doversi procedere in relazione all'illecito contravvenzionale, perchè estinto per prescrizione, ma ha confermato la affermazione della penale responsabilità di A.A., per aver cagionato lesioni a B.B. per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia e in violazione delle norme in materia di infortuni sul lavoro. L'aggravante di cui all'art. 590 c.p., comma 5, contestata in relazione alle lesioni patite da D.D., (fratello di B.B.) è stata esclusa già in primo grado con decisione divenuta definitiva. Nel confermare la affermazione della penale responsabilità per il delitto, la Corte di appello ha rideterminato la pena nella misura di giorni venti di reclusione, fermo restando il beneficio della sospensione condizionale. Ha revocato, inoltre, le statuizioni civili della sentenza di primo grado essendo intervenuta la revoca della costituzione di parte civile.

2. Il procedimento ha ad oggetto un infortunio verificatosi a (Omissis), nel giardino della casa di C.C.. Secondo la ricostruzione compiuta dai giudici di merito, A.A., titolare della "Solauto Srl ", nei giorni precedenti ai fatti, per fare una cortesia a C.C., aveva potato alcune piante di pino presenti in quel giardino, ma, essendo un meccanico e non avendo alcuna esperienza di giardinaggio, non era soddisfatto del lavoro. Il (Omissis), B.B. e suo fratello D.D. si recarono nell'officina della Omissis , per far riparare un furgone. Nel veicolo c'erano attrezzi da giardinaggio sicchè A.A., apprese che B.B. era un giardiniere e gli chiese di recarsi con lui a casa di C.C. per potare due piante o, comunque, per verificare se il lavoro eseguito avesse recato danni. Secondo i giudici di merito - e questa circostanza non è contestata dal ricorrente - nel giardino c'era una piattaforma elevabile di proprietà della Solauto, dotata di un cestello che consentiva di portarsi in quota. Non è controverso che la piattaforma si sia ribaltata mentre i fratelli B.B., si trovavano nel cestello e che, per effetto della caduta, entrambi abbiano riportato lesioni: D.D., di durata non determinata, ma modesta; B.B., lesioni gravi dalle quali derivarono una malattia e l'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni.

I giudici di primo e secondo grado hanno ritenuto che l'infortunio sia stato reso possibile dalla condotta di A.A., che, quale datore di lavoro "di fatto", chiese a B.B. di salire sul cestello e lo portò in quota senza prima estrarre gli stabilizzatori della piattaforma che, per questo, si ribaltò. E' stata disattesa, quindi, la tesi difensiva, secondo la quale F.F. salì di propria iniziativa nel cestello senza ricevere alcuna indicazione in tal senso da A.A., che si era allontanato per parlare col padrone di casa.

3. Contro la sentenza i difensori dell'imputato hanno proposto tempestivo ricorso articolandolo in tre motivi che di seguito si riportano nei limiti strettamente necessari alla decisione come previsto dal D.Lgs. 28 luglio 1989 n. 271, art. 173 comma 1.

3.1. Col primo e col secondo motivo, la difesa lamenta vizi di motivazione in relazione all'ipotizzata violazione del D.P.R. n. 81 del 2008, art. 71. Osserva, in particolare, che la Corte di appello ha attribuito decisivo significato ai fini dell'affermazione della penale responsabilità alle dichiarazioni rese dalla parte civile costituita B.B. e da suo fratello D.D. senza sottoporre tali valutazioni al doveroso vaglio di attendibilità e senza considerare che il giudice di primo grado aveva già valutato non del tutto attendibili le dichiarazioni di D.D.. Questi, infatti, ha sostenuto di essere salito nel cestello su richiesta di A.A., ma anche il fratello B.B. ha dichiarato che lo fece "per curiosità". Per questa ragione, il giudice di primo grado ha valutato abnorme il comportamento di D.D. e ha ritenuto che, salendo sul cestello, egli abbia attivato un rischio eccedente rispetto a quello che A.A. era chiamato a governare. Nondimeno F.F. è stato valutato attendibile quando ha dichiarato che fu A.A. a sollevare il cestello, e per questa parte le sue dichiarazioni sono state valutate idonee a supportare quelle rese dal fratello, costituitosi parte civile in giudizio.

Sotto diverso profilo la difesa rileva che, dando credito alle dichiarazioni della persona offesa e di suo fratello, la sentenza impugnata non ha tenuto conto dell'apporto scientifico fornito dal consulente tecnico di parte il quale ha chiarito: in primo luogo, che per manovrare il cestello da terra, A.A., non avrebbe potuto collocarsi nella posizione indicata dai due fratelli; in secondo luogo, che la piattaforma è dotata di un sistema di sicurezza che impedisce di sollevare il cestello se gli stabilizzatori non sono estratti, sicchè il ribaltamento non può essere stato determinato dalla violazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 71, ma troverebbe origine in un improvviso e imprevedibile cedimento del terreno.

3.2. Col terzo motivo, la difesa deduce vizi di motivazione quanto alla sussistenza del nesso causale. Osserva che certamente i fratelli F.F., si recarono sul luogo perchè A.A. glielo chiese, ma la decisione di salire sul carrello e manovrarlo fu assunta da loro in totale autonomia. Secondo la difesa, si trattò di un comportamento abnorme che l'imputato non aveva autorizzato e non poteva nè prevedere nè evitare. I difensori sottolineano che non è stata provata la presenza sul luogo dei fatti di attrezzi da lavoro. Sostengono che, in tale situazione, non si può sostenere che F.F., fosse stato incaricato di tagliare dei rami e non (come A.A. ha sostenuto) di dare soltanto una occhiata. Osservano che una tale attività non richiedeva di portarsi in quota e sostengono che ciò avvenne per autonoma iniziativa dell'infortunato il quale si avvalse a tal fine dei comandi presenti nel cestello.

3.3. Con memoria scritta datata (Omissis), i difensori dell'imputato hanno depositato motivi aggiunti.

Integrando i motivi già propositi, la difesa deduce violazione di legge e vizi di motivazione con particolare riferimento all'affermazione - posta a fondamento della dichiarazione di penale responsabilità - secondo la quale gli stabilizzatori non furono estratti. Tale affermazione - osservano i difensori - contrasta con le precise indicazioni contenute nella consulenza tecnica di parte, secondo la quale i comandi della piattaforma sono dotati di microprocessori che impediscono il sollevamento del cestello se gli stabilizzatori non sono estratti. La difesa sostiene che, per superare questo dato, la Corte di appello ha ipotizzato che tali microprocessori fossero malfunzionanti per difetto di manutenzione così introducendo nella motivazione un'informazione rilevante che non esiste nel processo.

4. Il ricorso in esame non presenta profili di inammissibilità con particolare riguardo al malfunzionamento dei microprocessori. La sentenza impugnata, infatti, pur dando atto che la piattaforma non era stata oggetto di regolare manutenzione, non chiarisce se il malfunzionamento dei microprocessori sia stato specificamente accertato. Pertanto, sussistono i presupposti, discendenti dalla intervenuta instaurazione di un valido rapporto processuale di impugnazione, per rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 c.p.p. maturate, come nel caso di specie, in epoca successiva al provvedimento impugnato. In particolare, sussistono i presupposti per rilevare l'intervenuta estinzione del reato per decorso del termine di prescrizione.

I fatti per cui sì procede risalgono al (Omissis). Il termine di prescrizione è rimasto sospeso per 64 giorni ai sensi del D.L. 17 marzo 2020 n. 18, art. 83, (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 24 aprile 2020 n. 27) e per 63 giorni a causa di un rinvio di udienza conseguente alla adesione dei difensori ad una astensione proclamata dall'Unione delle Camere penali. Al termine ordinario, che sarebbe decorso il (Omissis), devono pertanto aggiungersi 127 giorni di sospensione e il termine è spirato il (Omissis).

Non ricorrono le condizioni per una pronuncia assolutoria di merito, ex art. 129 c.p.p., comma 2, non potendosi constatare con evidenza dagli atti l'insussistenza del fatto-reato.

5. Si impone, pertanto, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per essere il reato estinto per prescrizione.
 


P.Q.M.
 


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione.

motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2023