REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORGIGNI Antonio
Dott. MARZANO Francesco
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe
Dott. MAISANO Giulio
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco

- Presidente
- Consigliere
- Consigliere
- Consigliere
- rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) Z.O., N. IL ***;
avverso la sentenza n. 776/2007 CORTE APPELLO di BRESCIA, del 30/09/2009;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/05/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROCCO MARCO BLAIOTTA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Geraci Vincenzo, che ha concluso per il rigetto.
udito il difensore avv. Orecchio, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il Tribunale di Mantova ha affermato la responsabilità di Z.O. in ordine al reato di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro.
La pronunzia è stata confermata dalla Corte d'appello di Brescia.

Secondo quanto ritenuto dai giudici di merito, l'infortunio si è verificato nei locali di un'azienda lattiera di cui l'imputato era legale rappresentante. Nello stabilimento si trovavano quattro silos per lo stoccaggio di mangime da somministrare agli animali.

L'estrazione del materiale avveniva attraverso una fresa, unica per tutti i silos, che erodeva il materiale. A seguito della rottura della fresa stessa, i dipendenti determinavano la caduta del mangime dal silos per gravità, all'occorrenza smuovendo il materiale attraverso bastoni che introducevano in una feritoia.

Il giorno in cui accadde il sinistro non era stato possibile far cadere materiale sufficiente per l'alimentazione giornaliera degli animali; picchè il lavoratore T. decise di entrare nella camera di stoccaggio rimuovendo una lamiera ed arrampicandosi su una tramoggia e, una volta all'interno, rimuoveva il materiale aderente alle pareti che, però, cedeva di colpo e lo sommergeva provocandone l'asfissia.

All'imputato è stato mosso l'addebito di aver mantenuto in funzione il silos nonostante il guasto; e di non aver informato i lavoratori sui rischi connessi all'uso manuale dei silos e di non aver fornito istruzioni sui modi di uso delle attrezzature in tale situazione.


2. Ricorre per Cassazione l'imputato deducendo quattro motivi.

2.1 Con il primo motivo si lamenta che erroneamente si è ritenuto che il ciclo lavorativo esponesse a grave pericolo l'incolumità degli addetti. La lavorazione era articolata attorno ad un silos costituito da un serbatoio verticale ed una struttura fissa: la camera di estrazione. Le operazioni di fresatura della granelle ed il suo asporto, dopo la caduta per gravità, non presenta alcuna pericolosità intrinseca. Né il pericolo è connesso alla rottura del braccio rotante della fresa, che non accresce la pericolosità del funzionamento dell'apparato.
Neppure la postazione di lavoro era pericolosa: l'attività consisteva sempre nell'asportazione della granella attraverso apposita bocca di estrazione. L'assenza di pericolosità della lavorazione svuota il principale argomento che fonda l'affermazione di responsabilità.

2.2 Con il secondo motivo si censurano le valutazioni che hanno indotto ad individuare due profili di colpa: quello di non aver vietato l'accesso al silos e quello di non aver disposto l'approvvigionamento aliunde. Occorre considerare, si afferma, che per estrarre il braccio rotante rotto della fresa occorreva svuotare il silos. D'altra parte, era assolutamente evidente e notorio che era inibito l'accesso al silos stesso. Tale divieto era in atto ed era percepito dai dipendenti. In conseguenza, l'iniziativa del lavoratore di introdursi all'interno del silos era, oltre che vietata, anche completamente imprevedibile, considerato anche il fatto che lo stesso silos era privo di rampe o scale e che il lavoratore ha dovuto avvalersi di una tramoggia.

2.3 Con il terzo di assume che, contrariamente a quanto erroneamente ritenuto dalla Corte territoriale, la condotta del lavoratore costituisce comportamento straordinario ed anomalo, stravagante e come tale idoneo ad interrompere il nesso causale ai sensi dell'articolo 41 cpv. c.p..

2.4 Con l'ultimo motivo si assume che la Corte ha trascurato di considerare le argomentazioni esposte nell'appello, ed ha ritenuto l'esistenza di una condotta omissiva rilevante consistita nel consentire l'estrazione manuale del materiale dal silos. La stessa Corte ha omesso di compiere al riguardo il giudizio controfattuale.


3. Il ricorso è infondato.

La pronunzia impugnata rileva che i testi hanno concordemente riferito di non aver ricevuto specifiche istruzioni, a seguito della rottura della fresa. La Corte considera già in sé censurabile il fatto di aver mantenuto in uso il silos, senza far ricorso, invece, ad altre forme di approvvigionamento. Ma, oltre a ciò, si considera essenziale che il mantenimento in uso dei silos determinava una specifica situazione di rischio che avrebbe dovuto essere regolamentata. Si trattava di evitare che l'estrazione della granella dai serbatoi per gravità esponesse i lavoratori al pericolo di caduta di quantitativi imprevisti di materiale; e di evitare, inoltre, che i dipendenti introducessero negli apparati attrezzi o addirittura penetrassero essi stessi al loro interno. Ciò non veniva fatto. Nessun divieto veniva chiaramente imposto e nessuna vigilanza specifica veniva esercitata per evitare che i lavoratori praticassero procedure pericolose. È ben vero, si aggiunge, che altri lavoratori avevano vanamente cercato di dissuadere la vittima dall'entrare nel silos; ma una specifica direttiva del datore di lavoro avrebbe potuto aver ben altra efficacia. Oltre a ciò, ancor prima, il datore di lavoro avrebbe dovuto comunque inibire che si determinasse il contesto pericoloso nel quale è maturata la decisione del lavoratore di penetrare nel silos. Egli avrebbe cioè dovuto impedire che venisse adottata la procedura di svuotamento per gravità, che implicava il rischio, una volta cessata la caduta spontanea del materiale, di comportamenti anomali dei lavoratori volti a sollecitare la caduta del mangime, magari entrando all'interno dei depositi.

La Corte, infine, considera che il comportamento del lavoratore, indubbiamente altamente imprudente, non interrompe il nesso causale.
Si tratta, infatti, di condotta non estranea alla sfera lavorativa, sollecitata dalla necessità di agire per consentire lo svuotamento del silos pur in presenza del guasto alla fresatrice.
Tale argomentato apprezzamento, adeguatamente argomentato e conforme ai principi, si sottrae alle indicate censure.

3.1 Correttamente la Corte individua un rischio tipico ed aggiuntivo, tale da dover essere adeguatamente cautelato, nella necessità, per i dipendenti, di approvvigionarsi del mangime necessario per alimentare gli animali in una situazione in cui la discesa dal silos era ostacolata. In tale situazione non era per nulla imprevedibile che i dipendenti, per far fronte a tale necessità, in assenza di puntuali istruzioni, si ingegnassero, magari irrazionalmente, per smuovere il materiale in qualunque modo, magari accedendo pericolosamente alla parte interna dei silos. Tale pericolo non è stato governato e dunque si configura il profilo di colpa ritenuto dai giudici di merito.

3.2 Le considerazioni sopra esposte confutano anche il secondo ed il terzo motivo. L'accesso all'interno del silos, pur costituendo un comportamento indubbiamente imprudente, non era estraneo alla lavorazione in corso ed anzi era in qualche modo sollecitato, visto che non vi era in concreto altro modo di smuovere il materiale alimentare. Tale condotta, non essendo totalmente esorbitante ed imprevedibile nelle condizioni date, non da luogo all'interruzione del nesso causale.

3.3 Quanto all'ultimo motivo, le cui coordinate non paiono per verità agevolmente decifrabili, è sufficiente considerare che la pronunzia impugnata risponde diffusamente anche se implicitamente sul tema del giudizio controfattuale. Tutta l'argomentazione è basata sul rilievo che se fossero state assunte iniziative concrete per sensibilizzare i lavoratori sulla nuova situazione di pericolo determinatasi e fossero state assunte precauzioni per inibire comunque l'accesso all'interno del silo, l'evento non si sarebbe verificato.
Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato. Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.