Cassazione Penale, Sez. 4, 15 gennaio 2024, n. 1723 - Operaio colpito alla testa dalla benna e ruolo del responsabile dei lavori. Adeguamento dei documenti di sicurezza. Annullamento con rinvio per ragionamento viziato


 

 



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta da:

Dott. CIAMPI Francesco Maria – - Presidente

Dott. CAPPELLO Gabriella – - Relatore

Dott. MARI Attilio – - Consigliere–

Dott. D'ANDREA Alessandro - Consigliere–

Dott. ANTEZZA Fabio –- Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 


sul ricorso proposto da:

A.A. nato a C. il (Omissis)

avverso la sentenza del 06/12/2022 della CORTE APPELLO di BRESCIA

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere GABRIELLA CAPPELLO;

udito il Procuratore generale, in persona del sostituto Francesca CERONI, la quale si e riportata alla memoria in atti, concludendo per l'inammissibilita del ricorso, in subordine, per il rigetto;

udito l'avvocato Piergiorgio VITTORINI del foro di BRESCIA in difesa di A.A., il quale, illustrati i motivi di ricorso, ne ha chiesto l'accoglimento.

 

Fatto


1. La Corte d'appello di Brescia ha ridotto la pena individuata dal GUP del Tribunale di Cremona, con la quale A.A. era stato condannato per omicidio colposo ai danni del lavoratore B.B., reato aggravato dalla violazione delle norme in materia di infortuni sul lavoro per avere, con colpa generica e in violazione dell'art. 93 comma 2, d. Igs. n. 81/2008, nella qualità di responsabile dei lavori commissionati dalla ditta committente alla COSTRUZIONI EDILI C.C. Srl, omesso di verificare il corretto adempimento degli obblighi di cui all'art. 92, comma 1, lett. a) e b), d. Igs. n. 81/2008, in particolare, per non avere verificato che il coordinatore per la sicurezza adeguasse il piano di sicurezza e coordinamento (PSC), in relazione all'evoluzione dei lavori e alle modifiche intervenute e che il datore di lavoro-impresa appaltatrice adeguasse il relativo piano operativo per la sicurezza (POS), cosi cagionando la morte del lavoratore che, essendosi trovato all'interno di una buca, per segnalare al manovratore di una ruspa l'esatta collocazione delle condutture del gas, nel corso di lavori demolizione di una preesistente fognatura, era stato colpito dalla benna del mezzo che, oscillando lateralmente, aveva determinato lo schiacciamento della testa della vittima contro il bordo della buca, causando un grave trauma cranico dal quale era derivato il suo immediato decesso.

2. I giudici del gravame, dando atto della incontestata dinamica dei fatti, hanno respinto le doglianze difensive inerenti alla responsabilità, sia quanto alla sussistenza del profilo di colpa, che avuto riguardo al nesso causale tra l'addebito contestato e l'evento. I lavori avevano riguardato la demolizione di alcuni locali per realizzare altri reparti produttivi all'interno dello stabilimento della LATTERIA SORESINA; in corso d'opera si era presentata l'esigenza di demolire una preesistente fognatura con il relativo basamento in cemento, in corrispondenza dei punti in cui dovevano essere realizzati i plinti per la fondazione del nuovo corpo di fabbrica. Era stato proprio A.A. a conferire verbalmente alla ditta appaltatrice l'incarico di eseguire tali, ulteriori opere e l'infortunio si era verificato nel corso della loro esecuzione (si trattava, in particolare, dello scavo per cercare la vecchia fognatura, della sua demolizione e della rimozione del materiale di risulta con una pala montata sull'escavatore). Secondo l'ipotesi accusatoria, poi recepita dai giudici del doppio grado di merito, tali ulteriori opere, siccome non contemplate nel PSC e nel POS (nei quali si era prevista solo la demolizione completa dei fabbricati esistenti) involgevano rischi diversi e non considerati, non essendo prevista la realizzazione della fognatura e, quindi, logicamente, la previa demolizione di quella preesistente. L'adeguamento di quei documenti si era reso necessario proprio alla stregua del silenzio sulla rimozione della preesistente fognatura, la cui necessita era emersa solo nel corso dei lavori, verosimilmente dopo la demolizione del corpo del vecchio fabbricato, allorquando ci si era avveduti che il vecchio impianto fognario avrebbe interferito con il posizionamento dei plinti della fondazione del nuovo, ciò che aveva determinato la "ripresa" dei lavori di demolizione. La Corte territoriale, condividendo le conclusioni rassegnate nella sentenza appallata, ha ritenuto di non poter condividere la tesi difensiva secondo cui l'attività demolitoria avente a oggetto la vecchia fognatura doveva considerarsi compresa nell'oggetto dell'appalto, posto che non doveva realizzarsi una nuova fognatura e, quindi , non poteva configurarsi un obbligo del responsabile dei lavori di controllare l'adeguamento del PSC e del POS, non necessario, essi contemplando le regole intese a prevenire i pericoli derivanti dalla vicinanza dell'uomo ai macchinari del tipo di quello utilizzato nella specie. La Corte, premesso che il tema introdotto ineriva al mancato intervento sull'operato di altre figure della sicurezza (il coordinatore, quanto al PSC, il datore di lavoro, quanto al POS), ha precisato che non era rilevante verificare se la demolizione del basamento della preesistente fognatura fosse o meno compreso nelle opere di demolizione in generale previse negli adottati piani di sicurezza, bensì se la demolizione di quel basamento ne imponesse un aggiornamento, ritenendo arduo, nonostante la comune matrice demolitoria delle opere (quelle originarie e quelle decise in itinere), negare che quelle successive richiedessero una disciplina ad hoc, avuto riguardo alla presenza delle tubature del gas poste in contiguità della preesistente fognatura da demolire, il che rendeva indispensabile procedere in modo da evitarne la rottura, previo controllo visuale rispetto al movimento dell'escavatrice. A tal fine, ha ritenuto insufficiente la prescrizione di sicurezza intesa a escludere l'esecuzione, nel campo di azione dell'escavatrice, di "altri lavori" implicanti presenza di manodopera, avuto riguardo alla sua estrema genericità, tale da denunciare la inadeguatezza di una simile prescrizione rispetto al caso specifico, nella specie non versandosi in ipotesi di "altri lavori", bensì di lavori di demolizione, mediante un'operazione preventiva, necessaria per eseguire il lavoro principale (demolire i basamenti e rimuovere i detriti).

In ragione di ciò, pertanto, la Corte territoriale ha ritenuto necessario che i piani di sicurezza disciplinassero l'esecuzione di tali interventi, senza che ciò si traducesse in un controllo dell'attività dell'impresa, competendo al responsabile dei lavori attivarsi per "stimolare" le altre figure della prevenzione affinché provvedano ad adeguare detti piani alla stregua delle necessita operative sopravvenute, in merito alle quali la consapevolezza dell'imputato doveva ritenersi incontestata.

Sotto altro profilo, la Corte ha disatteso l'assunto difensivo, secondo il quale il "debito di garanzia" sarebbe stato integralmente adempiuto, una volta prescritto nei documenti adottati il divieto di esecuzione dei lavori nell'area di interferenza dell'escavatore, richiamando gli esiti della disposta integrazione istruttoria (audizione del teste D.D.): era stata la stessa modalità lavorativa adottata dall'impresa, di per sé empirica, a denunciare la mancata programmazione e valutazione "a monte" del rischio specifico, dovendosi tener conto della necessita di una "assistenza visiva" apprestata da un lavoratore che agiva fuori dallo scavo, ritenuta dal teste praticabile, anche se meno agevole, atteso che la tubazione non era troppo nascosta da necessitare di una presenza in prossimità, l'altra opzione operativa essendo più complicata (la interruzione, cioè, dell'erogazione del gas, onde scongiurarne pericolose fuoriuscite in caso di danneggiamento delle tubature), laddove la praticabilità della prima opzione aveva ricevuto conferma anche dai rilievi fotografici. In via risolutiva, la Corte ha richiamato la prevalenza della sicurezza dei lavoratori che imponeva l'adozione di una modalità operativa che garantisse l'esecuzione della lavorazione in condizioni di ragionevole sicurezza, laddove, nella specie, non era stato fatto nulla, a parte la prescrizione di un generico divieto di esecuzione di "altri lavori" in area di interferenza, poco pertinente, l'infortunio essendo stato conseguenza di un fatto tutt'altro che imprevedibile, insito nel dinamismo altamente pericoloso di quel mezzo meccanico.

Infine, la Corte di merito ha ritenuto di dover contenere la pena, considerando eccessivo il superamento del minimo edittale in misura pari a sei mesi, un minore distacco (pari a soli mesi due) garantendo maggiore aderenza della pena ai parametri legali, pur continuando a esprimere l'apprezzabile rilevanza del profilo omissivo.

3. La difesa dell'imputato ha proposto ricorso, formulando tre motivi.

Con il primo, ha dedotto vizio della motivazione, sub specie travisamento probatorio e contraddittorietà quanto al profilo di colpa ritenuto in capo al ricorrente. L'affermazione della Corte di appello si fonderebbe su un assunto smentito dagli atti e, in particolare, dagli esiti della disposta integrazione istruttoria: dalla deposizione D.D., infatti, si ricaverebbe che l'affermata necessita di una verifica visuale da parte di un operatore per evitare che la benna dell'escavatore colpisse una tubatura del gas rappresentava una mera presunzione, non essendo emerso alcun dato alla luce del quale conoscere le reali motivazioni della presenza della vittima nello scavo. Sotto altro profilo, si e evidenziata la contraddittorietà dell'assunto secondo il quale nei documenti, del cui mancato adeguamento si controverte, era contenuta la prescrizione esecutiva che faceva divieto, nel caso di lavori di scavo con mezzi meccanici, di eseguire altri lavori che comportassero impiego di manodopera nell'area di azione del mezzo, tuttavia avendo i giudici territoriali affermato anche che il lavoro di che trattasi era lo stesso, sebbene l'operazione fosse "ancillare" rispetto all'esecuzione del lavoro principale.

La difesa ha rilevato che la previsione dei documenti della sicurezza, al contrario, era esaustiva e chiara, essendo arbitrario disquisire in ordine alla "ancillarità" della lavorazione specifica rispetto a quella principale, la regola cautelare predisposta riguardando il lavoro che implicasse presenza di manodopera nel raggio di azione del mezzo meccanico, con conseguente adeguatezza dei documenti stessi ai sensi dell'art. 93, comma 2, d. Igs. n. 81/2008.

Con il secondo, ha dedotto vizio della motivazione, sub specie travisamento probatorio e mancanza, con riferimento al nesso di causa: la Corte territoriale avrebbe travisato il contenuto della testimonianza D.D., quanto all'unica condotta alternativa ritenuta "percorribile", laddove l'autentico dato probatorio ricavabile da quel riferito e che l'osservazione da parte del lavoratore che assisteva il manovratore dell'escavatore poteva essere effettuata fuori dal raggio di azione del mezzo e non solo fuori dallo scavo. Ove la Corte avesse correttamente valutato il tenore della testimonianza D.D., avrebbe dovuto chiedersi se la misura preventiva e protettiva descritta nei documenti per la sicurezza fosse cosi diversa da quella evocata dal testimone, il deducente ritenendo che il presidio ivi descritto fosse coincidente con quello ipotizzato dal teste, tenuto conto che la regola della non interferenza tra l'area di manovra del mezzo meccanico e la presenza di manodopera costituisce regola di carattere assoluto, cosicché la Corte avrebbe dovuto chiedersi quale ulteriore previsione doveva essere approntata. Al contrario, il ricorrente ha rilevato che la Corte avrebbe espressamente ammesso di non saper indicare l'alternativa lecita in grado di evitare l'evento con un alto grado di probabilità.

Inoltre, sarebbe difettata la verifica del collegamento causale tra la regola violata e l'evento, atteso che la valutazione dei rischi e la individuazione delle misure preventive non avrebbero potuto essere diverse da quelle già contenute nei documenti per la sicurezza, sicché l'evento non potrebbe considerarsi concretizzazione del rischio derivante dal mancato adeguamento di detti strumenti di prevenzione, dal che la difesa ha fatto discendere il difetto dell'elemento psicologico del reato.

Infine, con il terzo motivo, ha dedotto vizio della motivazione, per non avere la Corte effettivamente giustificato la dosimetria della pena, ma solo evocato l'art. 133, cod. pen., conseguentemente risultando violato l'art. 442, comma 2, cod. proc. pen., atteso che la mancata specificazione dei passaggi attraverso i quali sarebbe stata quantificata la pena impedirebbe di verificare la correttezza della riduzione per il rito.

 

Diritto

 

1. Il ricorso va accolto nei termini che si vanno ad esporre.

2. Il tema devoluto riguarda sia la individuazione della regola cautelare ritenuta in capo al responsabile dei lavori, ma anche l'accertamento del nesso causale e la stessa preordinazione della regola che si assume violata a scongiurare il rischio verificatosi (c.d. concretizzazione del rischio).

Quanto al primo punto, attenzionato espressamente dal primo motivo di ricorso, deve intanto ricordarsi che la posizione dell'A.A. e conseguenza della designazione da parte del committente che ne comporta l'esonero da responsabilità limitatamente all'incarico conferito (art. 93, commal, d. Igs. n. 81/2008). Gli obblighi del responsabile dei lavori, dunque, sono esattamente quelli che incombono sul committente, al quale spetta intanto di selezionare l'impresa appaltatrice ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 90, comma 9, d. Igs. n. 81/2008; inoltre, secondo quanto previsto dai commi 3 e 4 dello stesso art. 90, egli e tenuto a nominare il coordinatore per la progettazione dei lavori e quello per l'esecuzione, in caso di cantieri nei quali e prevista la presenza, anche non contemporanea, di più imprese esecutrici. La designazione della figura del coordinatore per la progettazione e per l'esecuzione, peraltro, non esonera il committente (e il responsabile dei lavori) dalle responsabilità connesse alla verifica dell'adempimento degli obblighi da parte di questi, previste dagli artt. 91, comma 1 e 92, comma 1 lett. a), b), c), d) ed e) [sostanzialmente, riguardanti l'adozione del PSC di cui all'art. 100, la verifica della idoneità del POS - strumento complementare di dettaglio - adottato dalle imprese, il suo coordinamento con il PSC, l'adeguamento di quest'ultimo in relazione all'evoluzione dei lavori e alle eventuali modifiche intervenute, la verifica dell'adeguamento del POS, ove necessario, da parte delle imprese esecutrici].

Pertanto, è corretto affermare che al committente ed al responsabile dei lavori e attribuita dalla legge una posizione di garanzia particolarmente ampia, comprendente l'esecuzione di controlli non formali, ma sostanziali ed incisivi in materia di prevenzione, di sicurezza del luogo di lavoro e di tutela della salute del lavoratore, sicché ai medesimi spetta pure accertate che i coordinatori per la progettazione e per l'esecuzione dell'opera adempiano agli obblighi sugli stessi incombenti in detta materia (sez. 4, n. 14012 del 12/2/2015, Zambelli, Rv. 263014-01, in fattispecie in cui la S.C. ha affermato la responsabilità per le lesioni gravissime occorse al lavoratore in capo all'amministratore unico della società appaltante per non aver verificato l'adeguatezza sia del Piano generale di sicurezza e coordinamento sia del Piano operativo di sicurezza; n. 37738 del 28/5/2013, Gandolla, Rv. 256636-01, in cui si e precisato che rientra in tale attività di vigilanza anche quella sul coordinatore quanto all'effettivo svolgimento dell'attività di coordinamento e controllo sull'osservanza delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento).

A ben vedere, la posizione del committente (e, quindi, quella derivata del responsabile dei lavori, ove nominato dal primo) quale soggetto gestore del rischio in materia di infortuni sul lavoro va individuata, da un lato, con riferimento alla scelta dell'impresa appaltatrice, dall'altro, avuto riguardo all'obbligo di vigilanza sull'adozione, da parte del datore di lavoro, delle misure generali di tutela della salute della sicurezza sui luoghi di lavoro e sull'adempimento degli obblighi propri del coordinatore dallo stesso nominato.

3. Tanto premesso, venendo al tema della individuazione della regola violata, la previsione di sicurezza censurata (o meglio del cui mancato adeguamento si discute) e riportata alla pag. 4 della sentenza impugnata: individuato il rischio specifico in relazione all'attività di demolizione con utilizzo della pala meccanica nel pericolo di investimento, ribaltamento, seppellimento e sprofondamento, sia il PSC che il POS contemplavano, quale prescrizione esecutiva, quella per la quale nei lavori di scavo con mezzi meccanici non dovevano essere eseguiti altri lavori comportanti la presenza di manodopera nel campo d'azione dell'escavatore.

La Corte territoriale, nel definire la condotta colposa addebitata all'A.A., ha ritenuto che la necessità (della quale l'imputato era a conoscenza), nel corso delle opere di demolizione del fabbricato preesistente, di procedere anche alla demolizione della vecchia fognatura imponesse un adeguamento dei documenti di sicurezza, con specifico riferimento ai lavori da eseguirsi mediante l'impiego dell'escavatore meccanico. A tal fine, ha ritenuto che le opere di demolizione della fognatura rientrassero nella generale attività di demolizione del fabbricato, ritenendo provata la necessità di un aggiornamento dei piani della sicurezza in relazione alle peculiarità di quel lavoro, da eseguirsi cioè in una buca nella quale insisteva la condotta del gas, necessitante di una verifica visuale della posizione delle relative condutture a beneficio del manovratore. A tal fine, ha analizzato la previsione contenuta nei documenti della sicurezza e ha ritenuto la stessa generica. Genericità che ha considerato non colmabile attraverso il riferimento alla locuzione "altri lavori", trattandosi di dicitura espressione essa stessa di inadeguatezza di quegli strumenti, atteso che, nella specie, non si era trattato di lavori diversi dagli originari, ma di una sopravvenuta operazione esecutiva ad essi strumentale, ritenendo che tale nuovo intervento richiedesse una specifica disciplina, poiché la presenza delle tubature del gas imponeva un monitoraggio visivo, attività che non poteva essere eseguita dal manovratore del mezzo meccanico.

Il ragionamento e, come dedotto, viziato in quanto contraddittorio.

E' la Corte di merito ad affermare che le opere (oggetto dell'incarico verbale dato dallo stesso imputato all'impresa nel corso dei lavori), in occasione delle quali era avvenuto l'infortunio mortale, non costituivano lavori diversi rispetto all'appalto originario, consistendo piuttosto in un'operazione strumentale ad essi, cosicché il rinvio alla dizione "altri lavori" non sarebbe stato sufficiente a ritenere adeguatamente previsto e gestito il rischio diverso connesso a tale specifico intervento. Tuttavia, cosi argomentando, la Corte ha formulato un ragionamento contraddittorio, intanto rispetto alla dizione letterale contenuta nella previsione di sicurezza, pur richiamata in sentenza, nella quale la locuzione "altri lavori" è letteralmente riferita ad attività implicanti presenza di manodopera nel raggio d'azione del mezzo meccanico e non ad attività ulteriori eseguite con lo stesso mezzo meccanico.

Sotto altro aspetto, poi, i giudici d'appello si sono limitati ad affermare l'evidenza della necessità di procedere all'adeguamento degli strumenti di sicurezza, ma lo hanno fatto in maniera apodittica, sostanzialmente sottraendosi per questa via all'obbligo di esporre le ragioni del dissenso rispetto alla tesi difensiva, poiché non hanno indicato gli elementi fondanti tale necessità con specifico riferimento all'utilizzo dell'escavatore in quel contesto e neppure spiegato perché fosse inadeguato il divieto assoluto già contemplato nei piani di sicurezza proprio con riferimento al rischio di interferenza tra il lavoro di scavo e altri lavori da svolgersi nella prossimità del raggio d'azione del mezzo utilizzato per lo scavo stesso. Trattandosi di un divieto assoluto, infatti, la Corte avrebbe dovuto precisare perché quella previsione fosse incompleta rispetto al campo d'azione del mezzo nella specie, atteso che proprio il rinvio ad "altri lavori" implica esattamente lo svolgimento di attività diverse rispetto a quella di scavo in senso stretto che, nella specie, la stessa Corte sembra aver individuato nel monitoraggio della presenza delle tubature del gas, non visibili da parte del manovratore.

Il vizio che inficia il ragionamento svolto con riferimento alla individuazione della regola cautelare violata costituisce un profilo assorbente rispetto alle ulteriori censure, preliminare dunque alle valutazioni inerenti al nesso causale tra la violazione della regola e l'evento e all'elemento soggettivo, entrambe parimenti censurate. Ne deriva, l'assorbimento delle restanti censure.

4. La sentenza deve, pertanto, essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Brescia per nuovo giudizio.

 

P.Q.M.


Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'appello di Brescia.

Deciso il 16 novembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2024.