Corte di Giustizia Unione Europea, Sez. 1, 18 gennaio 2024, n. 631 - C-631/22 - Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. Divieto di discriminazione fondata sulla disabilità 


 


 


SENTENZA DELLA CORTE

(Prima Sezione)

18 gennaio 2024

"Rinvio pregiudiziale - Direttiva 2000/78/CE - Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro - Divieto di discriminazione fondata sulla disabilità - Infortunio sul lavoro - Inidoneità permanente totale - Risoluzione del contratto di lavoro - Articolo 5 - Soluzioni ragionevoli"

 

Fonte: Sito web Eur-Lex

 

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Nella causa C-631/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dal Tribunal Superior de Justicia de las Islas Baleares (Corte superiore di giustizia, isole Baleari, Spagna), con decisione del 26 settembre 2022, pervenuta in cancelleria il 7 ottobre 2022, nel procedimento

J.

contro

C.N.N. SA,

con l'intervento di:

Ministerio Fiscal,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, T. von Danwitz (relatore), P.G. Xuereb, A. Kumin e I. Ziemele, giudici,

avvocato generale: A. Rantos

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

- per la C.N.N. SA, da I.M. Roa Ruiz, abogado;

- per il governo spagnolo, da M. Morales Puerta, in qualità di agente;

- per il governo ellenico, da V. Baroutas e M. Tassopoulou, in qualità di agenti;

- per la Commissione europea, da F. Clotuche-Duvieusart, I. Galindo Martín e E. Schmidt, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l'avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente



Sentenza
 


FattoDiritto


1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione dell'articolo 2, paragrafo 2, dell'articolo 4, paragrafo 1, nonché dell'articolo 5 della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU 2000, L 303, pag. 16), letti alla luce degli articoli 21 e 26 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (in prosieguo: la "Carta") e degli articoli 2 e 27 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, conclusa a New York il 13 dicembre 2006 e approvata, a nome della Comunità europea, con la decisione 2010/48/CE del Consiglio, del 26 novembre 2009 (GU 2010, L 23, pag. 35; in prosieguo: la "Convenzione dell'ONU").

2 Tale domanda è stata presentata nell'ambito di una controversia tra J. e la C.N.N. SA in merito alla risoluzione del contratto di lavoro di J. da parte della C.N.N. a motivo della sua inidoneità permanente totale ad esercitare la sua professione abituale.

Contesto normativo

Diritto internazionale


3 La Convenzione dell'ONU enuncia, alla lettera e) del suo preambolo, quanto segue:

"[r]iconoscendo che la disabilità è un concetto in evoluzione e che la disabilità è il risultato dell'interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali ed ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri".

4 Ai sensi dell'articolo 1 di tale convenzione, rubricato "Scopo":

"Scopo della presente convenzione è promuovere, proteggere e garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità e promuovere il rispetto per la loro intrinseca dignità.

Per persone con disabilità si intendono coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri".

5 L'articolo 2 di detta convenzione, intitolato "Definizioni", prevede quanto segue:

"Ai fini della presente convenzione:

(...)

per "discriminazione fondata sulla disabilità" si intende qualsivoglia distinzione, esclusione o restrizione sulla base della disabilità che abbia lo scopo o l'effetto di pregiudicare o annullare il riconoscimento, il godimento o l'esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile o in qualsiasi altro campo. Essa include ogni forma di discriminazione, compreso il rifiuto di un accomodamento ragionevole;

per "accomodamento ragionevole" si intendono le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo adottati, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per garantire alle persone con disabilità il godimento o l'esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali;

(...)".

6 L'articolo 27, paragrafo 1, della medesima convenzione, intitolato "Lavoro e occupazione", enuncia:

"Gli Stati parti riconoscono il diritto al lavoro delle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri; segnatamente il diritto di potersi mantenere attraverso un lavoro liberamente scelto o accettato in un mercato del lavoro e in un ambiente lavorativo aperto, inclusivo e accessibile alle persone con disabilità. Gli Stati parti garantiscono e favoriscono l'esercizio del diritto al lavoro, anche a coloro i quali hanno acquisito una disabilità durante l'impiego, prendendo appropriate iniziative, anche legislative, in particolare al fine di:

(...)

h) favorire l'impiego di persone con disabilità nel settore privato attraverso politiche e misure adeguate che possono includere programmi di azione antidiscriminatoria, incentivi e altre misure;

i) garantire che alle persone con disabilità siano forniti accomodamenti ragionevoli nei luoghi di lavoro;

(...)

k) promuovere programmi di orientamento e riabilitazione professionale, di mantenimento del posto di lavoro e di reinserimento nel lavoro per le persone con disabilità".

Diritto dell'Unione

7 I considerando 16, 17, 20 e 21 della direttiva 2000/78 sono così formulati:

"(16) La messa a punto di misure per tener conto dei bisogni dei disabili sul luogo di lavoro ha un ruolo importante nel combattere la discriminazione basata sull'handicap.

(17) La presente direttiva non prescrive l'assunzione, la promozione o il mantenimento dell'occupazione né prevede la formazione di un individuo non competente, non capace o non disponibile ad effettuare le funzioni essenziali del lavoro in questione, fermo restando l'obbligo di prevedere una soluzione appropriata per i disabili.

(...)

(20) È opportuno prevedere misure appropriate, ossia misure efficaci e pratiche destinate a sistemare il luogo di lavoro in funzione dell'handicap, ad esempio sistemando i locali o adattando le attrezzature, i ritmi di lavoro, la ripartizione dei compiti o fornendo mezzi di formazione o di inquadramento.

(21) Per determinare se le misure in questione danno luogo a oneri finanziari sproporzionati, è necessario tener conto in particolare dei costi finanziari o di altro tipo che esse comportano, delle dimensioni e delle risorse finanziarie dell'organizzazione o dell'impresa e della possibilità di ottenere fondi pubblici o altre sovvenzioni".

8 L'articolo 2 di tale direttiva, intitolato "Nozione di discriminazione", ai suoi paragrafi 1 e 2 prevede quanto segue:

"1. Ai fini della presente direttiva, per "principio della parità di trattamento" si intende l'assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all'articolo 1.

2. Ai fini del paragrafo 1:

a) sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all'articolo 1, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un'altra in una situazione analoga;

b) sussiste discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una posizione di particolare svantaggio le persone che professano una determinata religione o ideologia di altra natura, le persone portatrici di un particolare handicap, le persone di una particolare età o di una particolare tendenza sessuale, rispetto ad altre persone, a meno che:

i) tale disposizione, tale criterio o tale prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari; o che

ii) nel caso di persone portatrici di un particolare handicap, il datore di lavoro o qualsiasi persona o organizzazione a cui si applica la presente direttiva sia obbligato dalla legislazione nazionale ad adottare misure adeguate, conformemente ai principi di cui all'articolo 5, per ovviare agli svantaggi provocati da tale disposizione, tale criterio o tale prassi".

9 L'articolo 3 di tale direttiva, intitolato "Campo d'applicazione", al paragrafo 1 enuncia quanto segue:

"Nei limiti dei poteri conferiti alla Comunità, la presente direttiva, si applica a tutte le persone, sia del settore pubblico che del settore privato, compresi gli organismi di diritto pubblico, per quanto attiene:

a) alle condizioni di accesso all'occupazione e al lavoro, sia dipendente che autonomo, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione indipendentemente dal ramo di attività e a tutti i livelli della gerarchia professionale, nonché alla promozione;

(...)

c) all'occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione;

(...)".

10 L'articolo 4 della medesima direttiva, rubricato "Requisiti per lo svolgimento dell'attività lavorativa", prevede, al paragrafo 1, quanto segue:

"Fatto salvo l'articolo 2, paragrafi 1 e 2, gli Stati membri possono stabilire che una differenza di trattamento basata su una caratteristica correlata a una qualunque dei motivi di cui all'articolo 1 non costituisca discriminazione laddove, per la natura di un'attività lavorativa o per il contesto in cui essa viene espletata, tale caratteristica costituisca un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell'attività lavorativa, purché la finalità sia legittima e il requisito proporzionato".

11 Ai sensi dell'articolo 5 della direttiva 2000/78, intitolato "Soluzioni ragionevoli per i disabili":

"Per garantire il rispetto del principio della parità di trattamento dei disabili, sono previste soluzioni ragionevoli. Ciò significa che il datore di lavoro prende i provvedimenti appropriati, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, per consentire ai disabili di accedere ad un lavoro, di svolgerlo o di avere una promozione o perché possano ricevere una formazione, a meno che tali provvedimenti richiedano da parte del datore di lavoro un onere finanziario sproporzionato. Tale soluzione non è sproporzionata allorché l'onere è compensato in modo sufficiente da misure esistenti nel quadro della politica dello Stato membro a favore dei disabili".

Diritto spagnolo

Lo Statuto dei lavoratori


12 L'articolo 49 dell'Estatuto de los Trabajadores (Statuto dei lavoratori), nel testo rifuso approvato dal Real D.Lgs. n. 2 del 2015, por el que se aprueba el texto refundido de la Ley del Estatuto de los Trabajadores (R.D.Lgs. n. 2 del 2015, recante approvazione del testo rifuso della legge sullo Statuto dei lavoratori), del 23 ottobre 2015 (B. n. 255, del 24 ottobre 2015, pag. 100224) (in prosieguo: lo "Statuto dei lavoratori"), al paragrafo 1 prevede quanto segue:

"Il contratto di lavoro cessa:

(...)

e) in caso di decesso, di inidoneità permanente che richiede l'assistenza di un terzo o di inidoneità permanente totale o assoluta del lavoratore, fatte salve le disposizioni dell'articolo 48, paragrafo 2.

(...)".

La LGSS

13 La Ley General de la Seguridad Social (legge generale sulla sicurezza sociale), nel testo rifuso approvato dal Real D.Lgs. n. 8 del 2015 (R.D.Lgs. n. 8 del 2015), del 30 ottobre 2015 (B. n. 261, del 31 ottobre 2015, pag. 103291, e rettifica B. n. 36, dell'11 febbraio 2016, pag. 10898) (in prosieguo: la "LGSS"), al suo articolo 193 prevede quanto segue:

"Per "inidoneità permanente al lavoro" si intende la situazione del lavoratore che, dopo essere stato sottoposto al trattamento prescritto, presenti gravi menomazioni anatomiche o funzionali, rilevabili obiettivamente e prevedibilmente definitive, che riducono o annullano la sua capacità lavorativa. La possibilità che il lavoratore recuperi la propria capacità lavorativa non osta al riconoscimento dell'inidoneità permanente al lavoro se tale possibilità è ritenuta dal punto di vista medico incerta o a lungo termine.

(...)".

14 L'articolo 194 della LGSS così dispone:

"1. Qualunque ne sia la causa, l'inidoneità permanente al lavoro è classificata in gradi come segue, in funzione della percentuale di riduzione della capacità lavorativa dell'interessato, valutata conformemente all'elenco delle patologie stabilito mediante regolamento:

a) inidoneità permanente parziale

b) inidoneità permanente totale

c) inidoneità permanente assoluta

d) inidoneità permanente che richiede l'assistenza di un terzo.

2. La classificazione dell'inidoneità permanente nei suoi distinti gradi è determinata in funzione della percentuale di riduzione della capacità lavorativa stabilita mediante regolamento.

Per determinare il grado di inidoneità, si tiene conto dell'incidenza della riduzione della capacità lavorativa sull'esecuzione della professione esercitata dall'interessato o sul gruppo professionale cui apparteneva tale professione prima del verificarsi del fatto all'origine dell'inidoneità permanente".

15 L'articolo 196, paragrafo 2, terzo comma, della LGSS prevede quanto segue:

"L'importo dell'indennità mensile per inidoneità permanente totale risultante da una malattia non professionale non può essere inferiore al 55% della base contributiva minima per i maggiori di diciotto anni, calcolata annualmente, in vigore alla data del versamento".

La legge generale sui diritti delle persone con disabilità


16 La Ley General de derechos de las personas con discapacidad y de su inclusión social (legge generale sui diritti delle persone con disabilità e sulla loro integrazione sociale), nel testo rifuso approvato dal Real D.Lgs. n. 1 del 2013 por el que se aprueba el texto refundido de la Ley General de derechos de las personas con discapacidad y de su inclusión sociale (R.D.Lgs. n. 1 del 2013 recante approvazione del testo rifuso della legge generale sui diritti delle persone con disabilità e la loro integrazione sociale), del 29 novembre 2013 (B. n. 289, del 3 dicembre 2013, pag. 95635) (in prosieguo: la "legge generale sui diritti delle persone con disabilità), al suo articolo 2, intitolato "Definizioni", lettera m), prevede quanto segue:

""soluzioni ragionevoli": le modifiche e gli adattamenti dell'ambiente fisico, sociale e attitudinale necessari e appropriati alle esigenze specifiche delle persone con disabilità che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo adottati, ove ve ne sia necessità in casi particolari, in modo efficace e pratico, per agevolare l'accessibilità e la partecipazione e per garantire alle persone con disabilità il godimento o l'esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti".

17 L'articolo 4 di tale legge, intitolato "Titolari dei diritti", enuncia quanto segue:

"1. Per persone con disabilità si intendono coloro che presentano minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali presumibilmente durature che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri.

2. Oltre alle persone di cui al paragrafo precedente, le persone cui è stata riconosciuta una percentuale di riduzione della capacità lavorativa pari o superiore al 33% hanno sotto tutti gli aspetti la qualità di persone con disabilità. È considerata pari o superiore al 33% la percentuale di riduzione della capacità lavorativa delle persone iscritte alla previdenza sociale titolari di un'indennità mensile per inidoneità permanente totale, assoluta o bisognosa di assistenza di un terzo (...).

(...)".

18 L'articolo 40 della medesima legge, rubricato "Adozione di provvedimenti volti a prevenire o a compensare gli svantaggi derivanti dalla disabilità a garanzia della piena parità sul lavoro", prevede quanto segue:

"1. Per garantire la piena parità sul lavoro, il principio della parità di trattamento non osta al mantenimento o all'adozione di provvedimenti specifici diretti a prevenire o a compensare gli svantaggi derivanti dalla disabilità.

2. I datori di lavoro devono adottare i provvedimenti appropriati al fine di adattare il posto di lavoro e migliorare l'accessibilità dell'impresa in funzione delle esigenze di ciascuna situazione specifica, allo scopo di consentire alle persone con disabilità di accedere al lavoro, svolgere le proprie mansioni, progredire sotto il profilo professionale e accedere alla formazione, a meno che tali provvedimenti costituiscano per il datore di lavoro un onere finanziario eccessivo.

Per stabilire se un onere sia eccessivo occorre valutare se esso sia sufficientemente attenuato mediante le misure, gli aiuti o le sovvenzioni pubbliche per persone con disabilità, prendendo altresì in considerazione i costi finanziari e di altra natura che dette misure comportano, nonché le dimensioni e il volume d'affari complessivo dell'impresa o dell'organizzazione".

19 Ai sensi dell'articolo 63 della medesima legge, intitolato "Violazione del diritto alle pari opportunità":

"Il diritto alla parità di opportunità per le persone con disabilità definito all'articolo 4, paragrafo 1, si considera violato quando, per il motivo o a causa della disabilità, sussistono discriminazione diretta o indiretta, discriminazione per associazione, molestie, inosservanza dei requisiti di accessibilità e di soluzioni ragionevoli o, ancora, inosservanza delle misure di azione positiva previste dalla legge".

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

20 J. era impiegato dalla C.N.N., dall'ottobre 2012, in qualità di conducente a tempo pieno di automezzi per la raccolta di rifiuti domestici. Nel dicembre 2016 egli ha subito un infortunio sul lavoro, che ha comportato una frattura aperta del calcagno destro.

21 A seguito di tale infortunio sul lavoro, J. è stato temporaneamente inabile al lavoro. In data 18 febbraio 2018, l'Instituto Nacional de la Seguridad Social (Istituto nazionale della previdenza sociale, Spagna; in prosieguo: l'"INSS") ha deciso di porre fine a detta inidoneità temporanea e di riconoscere all'interessato un indennizzo forfettario per lesioni permanenti, per un importo di EUR 3 120. Con tale decisione, l'INSS ha tuttavia rifiutato di riconoscere a J. un'inidoneità permanente al lavoro, ai sensi dell'articolo 193 della LGSS.

22 Il 6 agosto 2018 J. ha chiesto alla C.N. la sua riassegnazione ad un posto adeguato ai postumi del suo infortunio sul lavoro. Avendo la C.N.N. accettato tale richiesta, J. è passato da un posto di conducente a tempo pieno di veicoli a motore pesanti a un posto di conducente nel settore dei punti di raccolta mobili, che era fisicamente meno impegnativo, comportava un tempo di guida inferiore ed era compatibile con le sue menomazioni fisiche.

23 J. ha proposto ricorso avverso la decisione di diniego dell'INSS di riconoscergli un'inidoneità permanente al lavoro dinanzi al giudice competente, il quale, con sentenza del 2 marzo 2020, ha riconosciuto a J. un'inidoneità permanente totale ad esercitare la sua professione abituale, ai sensi dell'articolo 194 della LGSS. Tale sentenza indicava in particolare quanto segue: "Anche se il lavoratore è stato riassegnato dall'impresa a una diversa mansione e può prestare attualmente servizio, poiché deve guidare solo circa 40 minuti al giorno, resta il fatto che lo stato residuo della sua caviglia e del suo piede destro gli impedirebbe di guidare in modo continuativo se dovesse dedicarvisi pienamente, come lo implica la sua professione abituale di conducente di autocarri". Detta sentenza ha altresì riconosciuto a J. il diritto di percepire un'indennità mensile pari al 55% della sua retribuzione giornaliera.

24 Il 13 marzo 2020, la C.N. ha notificato a J. la risoluzione del suo contratto di lavoro, ai sensi dell'articolo 49, paragrafo 1, lettera e), dello Statuto dei lavoratori, per la sua condizione di inidoneità permanente totale ad esercitare la sua professione abituale.

25 Investito di un ricorso proposto da J. avverso tale risoluzione, lo Juzgado de lo Social no 1 de Ibiza (Tribunale del lavoro n. 1 di Ibiza, Spagna), con sentenza del 24 maggio 2021, ha respinto tale ricorso con la motivazione che il riconoscimento dell'inidoneità permanente totale ad esercitare la sua professione abituale giustificava la cessazione del suo contratto di lavoro, senza che il datore di lavoro fosse vincolato da alcun obbligo legale di riassegnazione a un'altra mansione in seno alla propria impresa.

26 J. ha interposto appello avverso tale sentenza dinanzi al Tribunal Superior de Justicia de las Islas Baleares (Corte superiore di giustizia, isole Baleari, Spagna), il giudice del rinvio.

27 Tale giudice rileva che, nella specie, è pacifico che il lavoratore è una persona in situazione di disabilità, ai sensi della direttiva 2000/78. Tale constatazione sarebbe in ogni caso corroborata dall'articolo 4, paragrafo 2, della legge generale sui diritti delle persone con disabilità, che riconosce alle persone in situazione di inidoneità permanente totale la qualità di "persone con disabilità".

28 Il giudice del rinvio rileva che, ai sensi dell'articolo 49, paragrafo 1, lettera e), dello Statuto dei lavoratori, il quale non sarebbe stato modificato dal 10 marzo 1980 e non sarebbe quindi stato adattato al fine di tener conto della direttiva 2000/78 e della convenzione dell'ONU, l'accertamento dell'inidoneità permanente totale all'esercizio della professione abituale consente automaticamente la risoluzione del contratto di lavoro, senza che debba essere rispettata alcuna formalità o che sia versato un indennizzo diverso dall'indennità mensile, pari, nel caso di specie, al 55% della retribuzione del lavoratore. Inoltre, tale risoluzione non sarebbe subordinata al rispetto di alcun obbligo preliminare in termini di "soluzioni ragionevoli", sebbene, nel caso di specie, la fattibilità di un accomodamento fosse stata dimostrata dalla stessa C.N., che aveva infatti riassegnato J. ad un altro posto in seno all'impresa.

29 A tal riguardo, il giudice del rinvio cita la sentenza del 10 febbraio 2022, H.R. (C-485/20, EU:C:2022:85), dalla quale risulterebbe che il datore di lavoro è tenuto ad adottare i provvedimenti appropriati per consentire a una persona disabile di accedere a un lavoro, di svolgerlo o di avere una promozione, a meno che tali provvedimenti non impongano al datore di lavoro un onere sproporzionato.

30 Il giudice del rinvio fa altresì riferimento alla giurisprudenza del Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna), da cui risulta che, sebbene l'inidoneità permanente totale non obblighi il datore di lavoro a licenziare il lavoratore e non osti, in particolare, a una riassegnazione di quest'ultimo a un altro posto in seno all'impresa, dato che tale inidoneità incide unicamente sulla sua attitudine ad esercitare le sue funzioni abituali e non gli impedisce quindi di svolgere altri compiti, detto datore di lavoro non è tuttavia tenuto a procedere a una siffatta riassegnazione, a meno che essa non sia espressamente prevista da un contratto collettivo di lavoro o dal contratto.

31 Di conseguenza, il giudice del rinvio si interroga sulla compatibilità della normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale con l'articolo 5 della direttiva 2000/78, letto alla luce della sentenza del 10 febbraio 2022, H.R. (C-485/20, EU:C:2022:85).

32 In tale contesto, il Tribunal Superior de Justicia de las Islas Baleares (Corte superiore di giustizia, isole Baleari) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

"1. Se l'articolo 5 della [direttiva 2000/78] alla luce dei considerando 16, 17, 20 e 21 del suo preambolo, degli articoli 21 e 26 della [Carta] e degli articoli 2 e 27 della [convenzione dell'ONU], debba essere interpretato nel senso che esso osta all'applicazione di una norma nazionale che preveda come causa automatica di cessazione del contratto di lavoro la disabilità del lavoratore/della lavoratrice (quando viene dichiarata la sua condizione di inidoneità permanente e totale ai fini dello svolgimento della sua professione abituale, senza prospettive di miglioramento), senza che l'impresa abbia preventivamente adempiuto all'obbligo di adottare "soluzioni ragionevoli", come richiesto dall'articolo 5 della direttiva, per preservare l'occupazione (o di dimostrare che tale obbligo costituisce un onere sproporzionato).

2. Se l'articolo 2, paragrafo 2, e l'articolo 4, paragrafo 1, della [direttiva 2000/78], alla luce dei considerando 16, 17, 20 e 21 del suo preambolo, degli articoli 21 e 26 della [Carta] e degli articoli 2 e 27 della [convenzione dell'ONU], debbano essere interpretati nel senso che la cessazione automatica del contratto di lavoro di un lavoratore a causa della sua disabilità (quando viene dichiarata la sua condizione di inidoneità permanente e totale ai fini dello svolgimento della sua professione abituale), senza che l'impresa abbia preventivamente adempiuto all'obbligo di adottare "soluzioni ragionevoli", come richiesto dall'articolo 5 della direttiva per preservare l'occupazione (o dimostrato preventivamente che tale obbligo costituisce un onere sproporzionato), integra una discriminazione diretta, anche quando siffatta cessazione derivi da una norma giuridica nazionale".

Sulle questioni pregiudiziali

33 Con le sue due questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se l'articolo 5 della direttiva 2000/78, letto alla luce degli articoli 21 e 26 della Carta, nonché degli articoli 2 e 27 della Convenzione dell'ONU, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale in conformità della quale il datore di lavoro può porre fine al contratto di lavoro per il fatto che il lavoratore si trova nell'inidoneità permanente a svolgere i compiti a lui incombenti in forza di tale contratto, a causa del sopravvenire, nel corso del rapporto di lavoro, di una disabilità, senza che il datore di lavoro debba prima prevedere o mantenere soluzioni ragionevoli al fine di consentire al lavoratore di conservare il posto di lavoro, né dimostrare, eventualmente, che siffatte soluzioni costituirebbero un onere sproporzionato.

34 Per quanto riguarda l'applicabilità della direttiva 2000/78, occorre ricordare, da un lato, che la nozione di "handicap", ai sensi di tale direttiva, deve essere intesa nel senso che si riferisce ad una limitazione della capacità, risultante, in particolare, da menomazioni fisiche, mentali o psichiche durature, che, in interazione con barriere di diversa natura, può ostacolare la piena ed effettiva partecipazione della persona interessata alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori (sentenza del 10 febbraio 2022, H.R., C-485/20, EU:C:2022:85, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

35 Dall'altro lato, occorre precisare che, in forza del suo articolo 3, paragrafo 1, lettera c), detta direttiva si applica a tutte le persone, sia del settore pubblico che del settore privato, compresi gli organismi di diritto pubblico, per quanto attiene, in particolare, alle condizioni di licenziamento.

36 A tal riguardo, si deve ricordare che, secondo la giurisprudenza, la nozione di "licenziamento" riguarda, in particolare, la cessazione unilaterale di qualsiasi attività menzionata all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2000/78 [v., in tal senso, sentenza del 12 gennaio 2023, TP (Installatore audiovisivo per la televisione pubblica), C-356/21, EU:C:2023:9, punto 62]. Tale nozione dev'essere interpretata pertanto nel senso che comprende qualsiasi cessazione del contratto di lavoro non voluta dal lavoratore e, quindi, senza il suo consenso (v., per analogia, sentenza dell'11 novembre 2015, P.R., C-422/14, EU:C:2015:743, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

37 Nel caso di specie, da un lato, è pacifico che, per quanto riguarda il ricorrente nel procedimento principale, la sua inidoneità risulta da menomazioni fisiche durature connesse ad un infortunio sul lavoro. Secondo le indicazioni del giudice del rinvio e del governo spagnolo, sebbene detta inidoneità non osti a che il lavoratore interessato svolga altre mansioni presso il suo datore di lavoro o un'altra impresa, resta il fatto che a detto lavoratore è riconosciuto lo status di "persona con disabilità", ai sensi della normativa nazionale che recepisce l'articolo 5 della direttiva 2000/78, vale a dire gli articoli 4, 40 e 63 della legge generale sui diritti delle persone con disabilità. La riduzione della capacità lavorativa del ricorrente nel procedimento principale, che risulta da menomazioni fisiche durature, sembra idonea ad ostacolare la piena ed effettiva partecipazione di quest'ultimo alla vita professionale, cosicché la sua situazione rientra nella nozione di "handicap", ai sensi della direttiva 2000/78 e della giurisprudenza ricordata al punto 34 della presente sentenza.

38 Dall'altro lato, è altresì pacifico che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale autorizza il datore di lavoro a risolvere il contratto di lavoro a causa dell'inidoneità permanente totale del lavoratore ad esercitare la sua professione abituale in seno all'impresa. La circostanza che il lavoratore interessato abbia chiesto egli stesso il riconoscimento di tale inidoneità permanente totale e che sapesse che la normativa conferiva al suo datore di lavoro il diritto di risolvergli il contratto di lavoro a seguito di tale riconoscimento non significa, al riguardo, che tale lavoratore abbia acconsentito alla cessazione di detto contratto. Di conseguenza, una risoluzione in forza di detta normativa rientra nelle "condizioni di licenziamento", ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2000/78, in quanto costituisce una cessazione del contratto di lavoro non voluta dal lavoratore.

39 Pertanto, una fattispecie come quella di cui al procedimento principale rientra nell'ambito di applicazione della direttiva 2000/78.

40 Al fine di rispondere alle questioni sollevate dal giudice del rinvio, occorre ricordare, anzitutto, che la direttiva 2000/78 concretizza, nel settore da essa disciplinato, il principio generale di non discriminazione sancito dall'articolo 21 della Carta, che vieta qualsiasi discriminazione fondata, in particolare, su una disabilità. Inoltre, ai sensi dell'articolo 26 della Carta, l'Unione riconosce e rispetta il diritto delle persone con disabilità di beneficiare di misure intese a garantirne l'autonomia, l'inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità (v., in tal senso, sentenza del 10 febbraio 2022, H.R., C-485/20, EU:C:2022:85, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

41 Poi, occorre parimenti ricordare che le disposizioni della Convenzione dell'ONU possono essere invocate al fine di interpretare quelle della direttiva 2000/78, di modo che quest'ultima deve essere oggetto, per quanto possibile, di un'interpretazione conforme a tale convenzione (v., in tal senso, sentenza del 21 ottobre 2021, Komisia za zashtita ot diskriminatsia, C-824/19, EU:C:2021:862, punto 59 e giurisprudenza ivi citata).

42 Orbene, ai sensi dell'articolo 2, terzo comma, della suddetta convenzione, per "discriminazione fondata sulla disabilità" si intende qualsivoglia distinzione, esclusione o restrizione sulla base della disabilità che abbia lo scopo o l'effetto di pregiudicare o annullare il riconoscimento, il godimento o l'esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile o in qualsiasi altro campo. Tale nozione comprende tutte le forme di discriminazione, compreso il rifiuto di un accomodamento ragionevole.

43 Per quanto riguarda tali accomodamenti, dalla formulazione dell'articolo 5 della direttiva 2000/78, letto alla luce dei considerando 20 e 21 di quest'ultima, risulta che il datore di lavoro è tenuto ad adottare i provvedimenti appropriati, vale a dire provvedimenti efficaci e pratici, tenendo conto di ciascuna situazione individuale, per consentire ai disabili di accedere ad un lavoro, di svolgerlo o di avere una promozione o perché possano ricevere una formazione senza imporre al datore di lavoro un onere sproporzionato (sentenza del 10 febbraio 2022, H.R., C-485/20, EU:C:2022:85, punto 37).

44 A tal riguardo, la Corte ha già dichiarato che, qualora un lavoratore divenga definitivamente inidoneo ad occupare il suo posto di lavoro a causa della sopravvenienza di un handicap, la sua riassegnazione a un altro posto di lavoro può costituire un provvedimento appropriato nell'ambito delle soluzioni ragionevoli, ai sensi dell'articolo 5 della direttiva 2000/78, in quanto consente a tale lavoratore di conservare l'occupazione, garantendo la sua piena ed effettiva partecipazione alla vita professionale in base al principio di uguaglianza con gli altri lavoratori (v., in tal senso, sentenza del 10 febbraio 2022, H.R., C-485/20, EU:C:2022:85, punti 41 e 43).

45 Ciò posto, occorre osservare che l'articolo 5 della direttiva 2000/78 non può obbligare il datore di lavoro ad adottare provvedimenti che gli impongano un onere sproporzionato. A tale proposito, dal considerando 21 di tale direttiva discende che, per determinare se le misure in questione diano luogo a oneri sproporzionati, è necessario tener conto in particolare dei costi finanziari che esse comportano, delle dimensioni e delle risorse finanziarie dell'organizzazione o dell'impresa e della possibilità di ottenere fondi pubblici o altre sovvenzioni. Inoltre, occorre precisare che, in ogni caso, la possibilità di assegnare una persona disabile a un altro posto di lavoro esiste solo in presenza di almeno un posto vacante che il lavoratore interessato può occupare (sentenza del 10 febbraio 2022, H.R., C-485/20, EU:C:2022:85, punti 45 e 48).

46 Di conseguenza, la nozione di "soluzioni ragionevoli" implica che un lavoratore il quale, a causa della sua disabilità, sia stato dichiarato inidoneo alle funzioni essenziali del posto da lui occupato, sia riassegnato ad un altro posto per il quale presenta le competenze, le capacità e le disponibilità richieste, purché tale misura non imponga al suo datore di lavoro un onere sproporzionato (v., in tal senso, sentenza del 10 febbraio 2022, H.R., C-485/20, EU:C:2022:85, punto 49).

47 Nel caso di specie, risulta dalla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale che essa consente il licenziamento di un lavoratore non appena quest'ultimo sia formalmente riconosciuto inidoneo ad occupare il suo posto a causa di una disabilità sopravvenuta, senza imporre al suo datore di lavoro di adottare, previamente, provvedimenti appropriati, ai sensi dell'articolo 5 della direttiva 2000/78, o di mantenere i provvedimenti appropriati che abbia già preso. Infatti, dalle indicazioni del giudice del rinvio risulta che il ricorrente nel procedimento principale era stato riassegnato ad un altro posto all'interno dell'impresa tra il 6 agosto 2018 e il 13 marzo 2020, data del licenziamento, notificato dal datore di lavoro undici giorni dopo il riconoscimento formale della sua inidoneità ad esercitare la sua funzione precedente abituale. Orbene, secondo il giudice del rinvio, il nuovo posto al quale il lavoratore era stato riassegnato, per più di un anno, sembrava compatibile con le menomazioni fisiche derivanti dal suo infortunio sul lavoro.

48 Come rilevato dal governo ellenico e dalla Commissione europea nelle loro osservazioni scritte, una siffatta normativa sembra avere l'effetto, salvo verifica da parte del giudice del rinvio, di dispensare il datore di lavoro dal suo obbligo di adottare o, se del caso, di mantenere soluzioni ragionevoli, come una riassegnazione ad un altro posto, anche quando il lavoratore interessato presenti le competenze, le capacità e le disponibilità richieste al fine di svolgere le funzioni essenziali di tale altro posto, ai sensi del considerando 17 della medesima direttiva e della giurisprudenza ricordata al punto 46 della presente sentenza. Inoltre, detta normativa non sembra neppure imporre al datore di lavoro di dimostrare che una siffatta riassegnazione sarebbe tale da imporgli un onere sproporzionato, ai sensi della giurisprudenza ricordata al punto 45 della presente sentenza, prima di procedere al licenziamento del lavoratore.

49 La circostanza che, in forza della normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, l'inidoneità permanente totale sia riconosciuta su domanda del lavoratore e che gli dia diritto ad una prestazione previdenziale, vale a dire un'indennità mensile, pur conservando la possibilità di svolgere altre funzioni, è irrilevante al riguardo.

50 Infatti, una siffatta normativa nazionale, in forza della quale un lavoratore disabile è costretto a subire il rischio di perdere il lavoro per poter beneficiare di una prestazione previdenziale, pregiudica l'effetto utile dell'articolo 5 della direttiva 2000/78, letto alla luce dell'articolo 27, paragrafo 1, della Convenzione dell'ONU, ai sensi del quale occorre garantire e favorire l'esercizio del diritto al lavoro, anche a coloro i quali hanno acquisito una disabilità durante l'impiego, nonché il mantenimento nel posto di lavoro. Assimilando una "inidoneità permanente totale", che riguarda solo le funzioni abituali, al decesso di un lavoratore o a una "inidoneità permanente assoluta", che designa, secondo le osservazioni scritte del governo spagnolo, l'inidoneità a qualsiasi lavoro, detta normativa nazionale contrasta con l'obiettivo dell'inserimento professionale delle persone con disabilità, di cui all'articolo 26 della Carta.

51 Infine, per quanto riguarda l'argomento presentato dal governo spagnolo nelle sue osservazioni scritte secondo il quale lo Stato membro interessato sarebbe l'unico competente ad organizzare il proprio sistema di previdenza sociale e a determinare le condizioni di concessione delle prestazioni in materia di previdenza sociale, occorre ricordare che, nell'esercizio di tale competenza, tale Stato membro deve rispettare il diritto dell'Unione [v., in tal senso, sentenza del 30 giugno 2022, INSS (Cumulo di pensioni d'invalidità professionale permanente) (C-625/20, EU:C:2022:508, punto 50 e giurisprudenza citata].

52 Pertanto, una normativa nazionale in materia di previdenza sociale non può contravvenire, in particolare, all'articolo 5 della direttiva 2000/78, letto alla luce degli articoli 21 e 26 della Carta, erigendo la disabilità del lavoratore a causa di licenziamento, senza che il datore di lavoro debba prima prevedere o mantenere soluzioni ragionevoli al fine di consentire a tale lavoratore di conservare il posto di lavoro, né dimostrare, eventualmente, che siffatte soluzioni costituirebbero un onere sproporzionato, ai sensi della giurisprudenza richiamata al punto 45 della presente sentenza.

53 Di conseguenza, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che l'articolo 5 della direttiva 2000/78, letto alla luce degli articoli 21 e 26 della Carta nonché degli articoli 2 e 27 della Convenzione dell'ONU, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale in conformità della quale il datore di lavoro può porre fine al contratto di lavoro a motivo dell'inidoneità permanente del lavoratore a svolgere i compiti a lui incombenti in forza di tale contratto, causata dal sopravvenire, nel corso del rapporto di lavoro, di una disabilità, senza che tale datore di lavoro debba prima prevedere o mantenere soluzioni ragionevoli al fine di consentire al lavoratore di conservare il posto di lavoro, né dimostrare, eventualmente, che siffatte soluzioni costituirebbero un onere sproporzionato.

Sulle spese

54 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

P.Q.M.


Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

L'articolo 5 della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, letto alla luce degli articoli 21 e 26 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea nonché degli articoli 2 e 27 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, conclusa a New York il 13 dicembre 2006 e approvata, a nome della Comunità europea, con la decisione 2010/48/CE del Consiglio, del 26 novembre 2009, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale in conformità della quale il datore di lavoro può porre fine al contratto di lavoro a motivo dell'inidoneità permanente del lavoratore a svolgere i compiti a lui incombenti in forza di tale contratto, causata dal sopravvenire, nel corso del rapporto di lavoro, di una disabilità, senza che tale datore di lavoro debba prima prevedere o mantenere soluzioni ragionevoli al fine di consentire al lavoratore di conservare il posto di lavoro, né dimostrare, eventualmente, che siffatte soluzioni costituirebbero un onere sproporzionato.