Cassazione Penale, Sez. 4, 17 gennaio 2024, n. 1940 - Caduta dal ponteggio costruito in difformità dalle indicazioni del Piano di montaggio, uso e smontaggio (PiMUS) e responsabilità del datore di lavoro



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta da:

Dott. CIAMPI Francesco Maria - Presidente

Dott. FERRANTI Donatella - Consigliere

Dott. VIGNALE Lucia - Relatore

Dott. ESPOSITO Aldo - Consigliere

Dott. MICCICHÈ Loredana - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

A.A. nato a M il (omissis)

avverso la sentenza del 09/11/2022 della CORTE APPELLO di POTENZA

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere LUCIA VIGNALE;

lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore LUCA TAMPIERI, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso;
 

Fatto


1. Con sentenza del 9 novembre 2022, la Corte di appello di Potenza ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Matera il 12 giugno 2020, con la quale A.A., amministratore unico della "Gioviello Srl", e stato ritenuto responsabile del reato di cui agli artt. 590 commi 1, 2, 3 e 583, comma 1 n. 1, cod. pen. ed e stato condannato alla pena di mesi quattro di reclusione. Per quanto interessa in questa sede, con la sentenza confermata in appello, A.A. è stato condannato anche al risarcimento dei danni cagionati alla parte civile costituita B.B. (da liquidarsi in separato giudizio) e al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva pari ad € 25.000,00.

2. Il procedimento ha ad oggetto un infortunio sul lavoro verificatosi il 15 giugno 2017 a Ma. nel quale B.B. , dipendente della "Gioviello Srl" riportò lesioni personali, dalle quali derivarono una malattia e l'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per più di quaranta giorni.

A.A. è accusato, quale amministratore unico della società con funzioni di datore di lavoro, di aver causato tali lesioni non avendo adottato le misure necessarie a garantire l'integrità fisica dei propri dipendenti. In particolare, secondo i giudici di merito, A.A. non verificò la stabilità del ponteggio sul quale B.B. stava lavorando, consentì che quel ponteggio fosse costruito in difformità dalle indicazioni del Piano di montaggio, uso e smontaggio (PiMUS) e, pertanto, non rispettò l'art. 136 d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81..

Secondo la ricostruzione compiuta dai giudici di merito, B.B. - e il suo collega C.C. - stavano lavorando alla ristrutturazione di un immobile e avevano provveduto alla demolizione della volta di copertura di una grande sala. Poiché dovevano operare in quota, i lavoratori avevano montato un ponteggio e ciò era avvenuto alla presenza di A.A. che lavorava insieme ai propri operai. Il ponte veniva spostato all'interno della stanza via via che la volta veniva demolita e per questo non era stato ancorato alle pareti. I lavori di demolizione erano quasi ultimati e gli operai stavano provvedendo a ripulire dai detriti i piani del ponteggio (che si trovava in quel momento addossato a una parete), quando lo stesso si ribaltò, abbattendosi sul pavimento ingombro dai detriti prodotti dalla demolizione della volta. Sia B.B. che C.C. caddero: C.C. restò illeso; B.B., invece, fu trasportato all'ospedale di Ma., ove furono riscontrati gravi traumi da precipitazione.

Secondo l'ipotesi accusatoria, A.A. si sarebbe reso responsabile dell'infortunio per cui si procede in cooperazione colposa col coordinatore dei lavori, D.D., il quale non aveva verificato il rispetto del piano di sicurezza e coordinamento. Pertanto, e doveroso riferire che D.D. è stato assolto, già in primo grado, dall'imputazione ascrittagli per non aver commesso il fatto.

3. Contro la sentenza della Corte di appello ha proposto tempestivo ricorso il difensore di A.A. munito di procura speciale. Il ricorrente si affida a tre distinti motivi con i quali congiuntamente denuncia difetto di motivazione e violazione di legge in ordine all'erronea individuazione della posizione di garanzia dell'imputato e alla prevedibilità del fatto. Si duole, in particolare, che la sentenza impugnata non abbia confutato le argomentazioni sviluppate dal consulente tecnico della difesa quanto alla dinamica dell'incidente. Osserva che la penale responsabilità dell'imputato e stata affermata senza tenere conto degli obblighi imposti dalla legge - nei cantieri, come quello in esame, nel quale operano più imprese esecutrici - al committente e al coordinatore dei lavori da lui nominato. Rileva che il d.lgs. n. 81/08 disegna "una chiara e autonoma posizione di garanzia" in capo al committente. Sostiene, infine, che la sentenza impugnata non ha argomentato in ordine alla prevedibilità dell'evento e alla rilevanza causale rispetto ad esso della supposta violazione della regola cautelare.

4. Con memoria scritta del 6 novembre 2023, il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.

5. Con memoria in data 14 novembre 2023 la parte civile ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità o, in subordine, il rigetto del ricorso.

 

Diritto


1. I motivi di ricorso non superano il vaglio di ammissibilità.

2. Va premesso che ai sensi dell'art. 606,. comma 1, lett. e) cod. proc. pen., il sindacato del giudice di legittimità sul provvedimento impugnato deve essere volto a verificare: che la motivazione della pronuncia sia "effettiva" e non meramente apparente, cioè realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; non sia "manifestamente illogica", perché sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell'applicazione delle regole della logica; non sia internamente "contraddittoria", sia quindi esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; non risulti fondata su argomenti logicamente "incompatibili" con "altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame" in termini tali da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico. Alla Corte di Cassazione e preclusa - in sede di controllo della motivazione - la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita esplicativa. Un tal modo di procedere, infatti, trasformerebbe la Corte da giudice di legittimità nell'ennesimo giudice del fatto (tra tante: Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 273217; Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Caradonna, Rv. 280747).

Si deve ricordare, inoltre, che una sentenza di appello non può essere censurata sol perché - come è avvenuto nel caso di specie - esamina i motivi di appello con criteri omogenei a quelli del primo giudice e fa riferimento ai passaggi logico giuridici della prima sentenza. In questi casi, infatti, poiché vi e concordanza tra i giudici del gravame e il giudice di primo grado nell' analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo (cfr. tra le tante: Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Caradonna, Rv. 280747; Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, Rv. 277758; Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 273217; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595).

3. Muovendo da queste premesse, si deve osservare che la Corte territoriale, richiamando anche la dettagliata motivazione contenuta nella sentenza di primo grado, ha ritenuto decisive ai fini dell'affermazione della penale responsabilità dell'imputato le dichiarazioni rese dall'infortunato e dal teste C.C. (che si trovava insieme a lui sul ponteggio). Secondo la sentenza impugnata da tali dichiarazioni si desume: che l'impalcatura si ribaltò; che ciò fu possibile perché non era ancorata; che l'ancoraggio era previsto dal Piano di montaggio uso e smontaggio (PiMUS) appositamente predisposto.

A fronte di tali argomentazioni il ricorrente si duole che una diversa ricostruzione del fatto operata dal consulente tecnico della difesa non sia stata presa in considerazione e confutata dalla sentenza impugnata. Non spiega, però, in cosa sia consistita tale diversa ricostruzione e la consulenza non è allegata al ricorso che, pertanto, non è autosufficiente.

Tale considerazione è assorbente, ma a ben guardare dalla stessa si può anche prescindere. La sentenza di primo grado, infatti, ha esaminato (a pagina. 36) la tesi difensiva, secondo la quale al momento dell'infortunio, B.B. non si trovava sull'ultimo piano del ponteggio (ad una altezza di almeno tre metri da terra) bensì su un piano più basso. Poiché questa sembra essere l'argomentazione sviluppata dal consulente tecnico della difesa, è agevole rilevare che tale circostanza di fatto, quand'anche accertata, non escluderebbe l'applicazione dell'art. 136 d.lgs. n. 81/08 che mira a garantire la stabilità dei ponteggi destinati allo svolgimento di lavori in quota e non smette di essere applicabile se il lavoratore opera nella parte più bassa del ponte ad una altezza inferiore ai due metri.

4. L'art. 136 d.lgs. n. 81/08 fissa regole di cautela per la realizzazione di ponteggi destinati alla esecuzione di lavori in quota e, ai sensi dell'art. 107 d.lgs. n. 81/08, "si intende per lavoro in quota" ogni attività lavorativa "che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto ad un piano stabile". Nel caso di specie non v'e dubbio che il lavoro di demolizione della volta dovesse svolgersi a più di tre metri di altezza e, proprio per raggiungere la volta, fu predisposto il ponteggio che si ribaltò. Quel ponteggio, dunque, doveva essere realizzato in conformità alle disposizioni del citato art. 136 d.lgs. n. 81/08, sulla base del PiMUS che era stato appositamente predisposto e, soprattutto, doveva esserne garantita la stabilità ciò che, secondo quanto concordemente riferito dai giudici di merito, non avvenne perché il ponte non era assicurato alle pareti e, proprio per questo, si ribaltò.

Tali conclusioni non sono neppure contestate nel ricorso, La difesa, infatti, non spiega perché, nel caso di specie, l'art. 136 d.lgs. n. 81/08 non dovrebbe trovare applicazione e neppure chiarisce perché non sarebbe stato possibile per il datore di lavoro prevedere ed evitare l'evento. Ed invero, il ricorrente non contesta né che il ponteggio si sia ribaltato, né che non fosse ancorato e neppure che sia stato montato alla presenza del datore di lavoro. A ciò deve aggiungersi che, come risulta dalla sentenza di primo grado (pag. 15), A.A. ha ammesso di non essersi attenuto alle indicazioni del PiMUS e di aver deciso di non ancorare il ponteggio alle pareti sia perché, procedendo nella demolizione della volta, il ponte doveva essere spostato, sia perché, ancorandolo al muro si sarebbero rovinate le pareti. Dalla sentenza di primo grado risulta, inoltre, (pag. 15 e pag. 16) che A.A. ritenne sufficiente ad assicurare la stabilità del ponteggio la predisposizione di "saette" costituite da "tavoloni" e che, quando si verificò l'infortunio, lo stesso A.A. aveva provveduto a rimuovere queste "saette", perché la demolizione della volta era terminata e il ponteggio doveva essere smontato. Se ne desume che l'imputato aveva previsto un sistema di stabilizzazione alternativo a quello indicato nel PiMUS e lo aveva rimosso quando i lavoratori si trovavano ancora sul ponteggio: un ponteggio che era in uso e del quale, pertanto, doveva essere garantita la stabilità ai sensi del citato art. 136.

5. Per quanto esposto, nell'affermare la penale responsabilità di A.A., le sentenze di primo e secondo grado hanno fornito una motivazione completa, non contraddittoria e non manifestamente illogica. Hanno fatto, inoltre, corretta applicazione del d.lgs. n. 81/08 che, all'art. 136, detta regole cautelari volte a garantire la sicurezza dei ponteggi realizzati per consentire ai lavoratori di operare a più di due metri di altezza. Ed invero, il ribaltamento del ponteggio doveva essere impedito a prescindere dal fatto che al momento dell'infortunio i lavoratori si trovassero ad una altezza superiore a due metri e non e controverso che, proprio a causa di tale ribaltamento, B.B. si sia infortunato riportando gravi lesioni.

La decisione assunta non è censurabile né sotto il profilo dell'identificazione del rischio concretizzatosi, né per quanto riguarda le regole cautelari applicabili. Neppure è censurabile, perché coerente con le emergenze istruttorie, l'identificazione della condotta alternativa doverosa, individuata dalle sentenze di merito nella realizzazione di un ponteggio ancorato alle pareti in conformità alle indicazioni contenute del PiMUS.

6. Non ha alcun pregio il motivo di ricorso col quale la difesa si duole che i giudici di merito non abbiano tenuto conto dell'obbligo - gravante sul committente (e sul coordinatore per la sicurezza da lui nominato) - di assicurare il rispetto del piano di sicurezza e coordinamento e prevenire i rischi derivanti dalle interferenze tra le lavorazioni affidate a ditte diverse. Basta in proposito rilevare che l'infortunio in esame non fu determinato da interferenza tra le lavorazioni. Risulta infatti essersi verificato in un luogo nel quale stavano operando solo dipendenti della "Gioviello Srl" ed erano stati i dipendenti della società a realizzare il ponteggio operando alla presenza del datore di lavoro e sulla base delle sue indicazioni.

7. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute per questo grado di giudizio dalla parte civile B.B., che si liquidano come da dispositivo.

Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n.186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, segue, a norma dell'art.616 cod. proc. pen. l'onere del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, determinata, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, nella misura di Euro 3.000,00.

 

P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla costituita parte civile B.B. che liquida in complessivi Euro tremila oltre accessori come per legge.

Così deciso il 28 novembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2024.