Cassazione Penale, Sez. 4, 17 gennaio 2024, n. 1965 - Ribaltamento mortale del camion e responsabilità del direttore tecnico di cantiere


 

 

Presidente: DI SALVO EMANUELE Relatore: RANALDI ALESSANDRO
Data Udienza: 19/12/2023
 

 

Fatto




1. Con sentenza del 20.3.2023, la Corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza di primo grado, concesse le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti, ha rideterminato nei confronti di G.V. la pena inflitta per il reato di cui all'articolo 589 cod . pen., per avere, nella qualità di direttore di cantiere della S.I.CO.GEN. S.r.l., cagionato per colpa la morte del dipendente F.DN., deceduto a seguito del ribaltamento dell'autocarro che utilizzava sul cantiere per spostare alcune barriere in cemento del tipo new jersey.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, lamentando (in sintesi, giusta il disposto di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.) quanto segue.
I) Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla valutazione della prova - motivazione apparente.
Si deduce che la Corte torinese abbia ignorato le argomentazioni difensive svolte sulla scorta di dati oggettivi emersi dall'istruttoria dibattimentale e particolarmente le dichiarazioni del consulente del pubblico ministero/ ing. Mario Capello, del consulente della difesa ing. Luigi Quaranta, valorizzando invece la testimonianza dell'agente dello SPRESAL (Servizi Prevenzione e Sicurezza degli Ambienti di Lavoro delle ASL Piemontesi) F.R., tecnicamente meno esperto, il quale si è limitato a svolgere valutazioni del tutto personali. La Corte territoriale ha riconosciuto che il lavoro da compiere dal F.DN. era "semplice e routinario", ma, tuttavia, non lo ha considerato tale per la mancanza di argomentazioni critiche su quanto asserito dai consulenti tecnici e dai testimoni in ordine allo spazio di manovra nella carreggiata, avendo costoro affermato che nell'occorso vi sarebbe stata la possibilità di aprire maggiormente gli stabilizzatori del camion.
Sotto diverso profilo, si denuncia contraddittorietà di motivazione, laddove il giudice di merito per un verso ritiene provato che il datore di lavoro sia A.R. (non già, dunque, l'imputato) e per altro verso ritiene di non poter escludere la responsabilità del G.V. con riferimento al ruolo di direttore tecnico del cantiere. Per contro, osserva la difesa, le mancanze del datore di lavoro costituiscono il presupposto fondamentale per l'esclusione di ogni responsabilità a carico dell'odierno ricorrente. Alla stregua del compendio acquisito, l'imputato non aveva il potere tipico del ruolo ricoperto. Tanto la qualifica di datore di lavoro delegato quanto il ruolo di direttore tecnico di cantiere costituivano investitura formale non avendo l'imputato alcuna concreta capacità decisionale e disponibilità di spesa per la sicurezza.
Il) Violazione di legge quanto alla dosimetria della pena annullata dal giudice di merito nonché quanto alla mancata sostituzione della pena detentiva con pena pecuniaria ai sensi dell'articolo 53 legge 689/81.

3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

4. La difesa dell'imputato ha depositato una memoria di replica con cui insiste nelle rassegnate conclusioni.
 

Diritto




1. Il proposto ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.

2. Innanzitutto, va evidenziato che nel caso di c.d. "doppia conforme" in punto di responsabilità - come nel caso - le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione. La Corte territoriale ha, invero, fornito adeguata spiegazione del ragionamento posto a base della propria sentenza, procedendo alla coerente e corretta disamina di ogni questione di fatto e di diritto. Sul punto, va ricordato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione, di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, cfr. Sez. 4, n. 31224 del 16/06/2016). Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l'illogicità della motivazione, per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché - come nel caso in esame - siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (cfr. Sez. 3, n. 35397 del 20/6/2007; Sez. Unite n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv . 214794). Più di recente, è stato ribadito come, ai sensi di quanto disposto dall'art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene né aIla ricostruzione dei fatti né all'apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell'atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile:
a) l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l'assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (cfr. Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca, Rv. 255542). Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto. Non c'è, in altri termini, la possibilità di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali. Il giudice di legittimità non può procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito. Non va, infine, pretermesso che, in tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo purché specificamente indicati dal ricorrente, è ravvisabile ed efficace solo se l'errore accertato sia idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio, fermi restando il limite del "devolutum" in caso di cosiddetta "doppia conforme" e l'intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio (cfr. Sez. 6, Sentenza n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio, Rv. 258774); ipotesi che, nella specie, deve escludersi.

3. Ciò posto, giova rammentare che, nell'ambito della sicurezza sul lavoro, emerge la centralità del concetto di rischio, in un contesto preposto a governare ed evitare i pericoli connessi al fatto che l'uomo si inserisce in un apparato disseminato di insidie. Rispetto ad ogni area di rischio esistono distinte sfere di responsabilità che quel rischio sono chiamate a governare; il "garante" è il soggetto che gestisce il rischio e, quindi, colui al quale deve essere imputato, sul piano oggettivo, l'illecito, qualora l'evento si sia prodotto nell'ambito della sua
sfera gestoria. Proprio nell'ambito in parola (quello della sicurezza sul lavoro) il d.lgs. n. 81 del 2008 (così come la precedente normativa in esso trasfusa) consente di individuare la genesi e la conformazione della posizione di garanzia, e, conseguentemente, la responsabilità gestoria che, in ipotesi di condotte colpose, può fondare la responsabilità penale.

4. Ebbene, contrariamente a quanto sostenuto nei motivi di ricorso sintetizzati nella narrativa in fatto, i giudici di merito hanno sviluppato un percorso motivazionale congruo, logico e corretto in diritto, mediante il quale sono state ravvisate, previa individuazione dell'area di rischio delimitante la posizione di garanzia del ricorrente, le specifiche condotte colpose del prevenuto, causative dell'evento mortale oggetto del giudizio.

5. Il primo motivo è privo di pregio.
5.1. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la sentenza impugnata ha tenuto conto delle critiche alla valutazione della prova proposte dalla difesa ricorrente, con particolare riguardo a quanto affermato dai consulenti tecnici circa il posizionamento del camion e alla correttezza e (asserita) routinarietà delle operazioni.
5.2. . È stato appurato che la principale causa di ribaltamento del camion è stata la mancata apertura completa degli stabilizzatori anteriori del camion, resa impossibile dal fatto che la corsia chiusa al traffico sulla quale doveva operare la vittima era larga circa m. 3.00/3.50, il camion misurava circa m. 2.50 e gli stabilizzatori anteriori avevano un'apertura massima di m. 1.20 per ciascun lato, sicché, se il F.DN. avesse aperto completamente gli stabilizzatori, avrebbe occupato parte della corsia di marcia aperta al traffico ve colare. La seconda causa di ribaltamento è stata individuata nell'errato posizionamento del camion e nell'eccessivo "sbandieramento" del braccio della gru al quale era appeso il manufatto. È stato riscontrato che se il camion fosse stato posizionato più parallelo al guardrail metallico e più avanzato, sarebbe stato possibile aprire di più lo stabilizzatore di sinistra, circostanza che avrebbe reso più stabile l'autocarro. Pertanto, la presenza dell'imputato nel cantiere, quale direttore tecnico, sarebbe stata di fondamentale importanza per il corretto posizionamento dell'autocarro, quale figura di garante del rischio connesso all'operazione demandata all'operaio, visto che il F.DN. era un operaio polivalente, non specializzato su quella specifica mansione, trattandosi di lavorazione complessa per il particolare e difficoltoso contesto in cui doveva essere realizzata, che avrebbe imposto un maggiore dettaglio dell'ordine di lavoro predisposto dal G.V., per contro molto generico e parziale.
In effetti, la mancanza di direttive specifiche costituisce il principale addebito mosso al direttore tecnico, il quale avrebbe dovuto anche essere presente sul posto al momento dell'incidente, secondo quanto previsto dalla specifica istruzione di lavoro "posa new-jersey" del documento di valutazione dei rischi, che imponeva al direttore tecnico di partecipare personalmente alle operazioni, così vigilando sul loro svolgimento, mentre egli era rimasto assente. Per tali ragioni, il profilo di colpa legittimamente ravvisato dai giudicanti è stato quello di non avere debitamente considerato le caratteristiche e il contesto di particolare

difficoltà in cui doveva essere effettuato il lavo ro, in violazione delle disposizioni cautelari di cui all'art. 71 d.lgs. n. 81/2008.
5.3. Quanto alla doglianza attinente alla posizione del datore di lavoro, è appena il caso di rilevare che il percorso argomentativo della sentenza impugnata si limita a svolgere, sul punto, un ragionamento ipotetico, affermando che eventuali responsabilità del soggetto datoriale, individuato nella persona di A.R., comunque non escludono quelle proprie del direttore tecnico, secondo le congrue e non illogiche motivazioni dianzi accennate. In altri termini, la Corte territoriale appunta il suo interesse e valuta soltanto i profili di colpa correlati alla gestione del rischio demandata al direttore tecnico, non quelli propri del datore di lavoro, soggetto non imputato nel presente procedimento. Sotto questo profilo, la prospettata censura non coglie nel segno e va disattesa.

6. Anche il secondo motivo è destituito di fondamento.
Nessun vizio motivazionale appare riscontrabile nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto di non sostituire la pena detentiva con quella pecuniaria, avendo la sentenza motivatamente tenuto conto dei criteri di cui all'art. 133 cod. pen. nonché della gravità del fatto e dell'elevato grado della colpa, secondo una ponderata valutazione di merito in alcun modo sindacabile nella presente sede di legittimità.

7. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.



P.Q.M.



Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 19 dicembre 2023